BACCANTI, Alberto
Figlio di Carlo e di Paola Somini, nacque il 25 nov. 1718 a Casalmaggiore (provincia di Cremona), dove passò l'infanzia e la fanciullezza. Compiuti i quattordici anni, fu avviato per volontà paterna, nel 1732, alla carriera ecclesiastica: entrò nel seminario di Lodi e si trasferì poi a Milano. Qui poté forse intravvedere, dalla scuola e dal convento dei barnabiti dove continuò la sua istruzione, un mondo, se non più libero, certo nuovo e più vario, e qui poté allargare e completare la sua preparazione filosofica. Nel 1737 passò al seminario di Cremona, dove rimase quattro anni a studiare teologia, e si addottorò infine, nel 1741, a Pavia, "dopo pubblica disputa contro tredici argomentatori - ci narra il suo biografo ottocentesco - e dopo aver recitato nella chiesa di S. Giacomo un panegirico a S. Filippo Neri". Raggiunse così la dignità sacerdotale.
Se la volontà dei genitori fu determinante nella scelta della carriera, è certo che al giovane B. né turbamenti e incertezze, né tanto meno inquietudini mentali o spirituali dovettero rendere difficile l'abituarsi alla mediocre routine intellettuale cui fu sottosposto; certo è che dai lunghi anni trascorsi in collegi e àeminari, da quella cultura tradizionale e antiquata, da quella specie di insensibilità intellettuale che spesso un tale bagaglio di viete nozioni filosofiche e teologiche ingenerava nelle menti, il B. non seppe più liberarsi, serbandone l'impronta in ogni episodio della sua vita.
Lo spirito che gli fece abbandonare i tranquilli orizzonti della sua campagna lombarda per immergersi nella vita curialesca di Roma non fu, precisamente, quello d'insofferenza per un mondo consueto e ristretto, al quale invece il B. pateticamente finirà per tornare, bensì desiderio d'una carriera onorevole all'ombra d'un potente, ambizione di provinciale di sistemarsi dignitosamente con qualche speranza di lustro mondano. Tramite amicizie paterne con la famiglia Valenti Gonzaga di Mantova ottenne di entrare come "minutante" negli uffici della Segreteria di stato papale, retta in quegli anni, che vedevano il pontificato del Lambertini, dal cardinale Silvio Valenti Gonzaga. Giunto così a Roma alla fine del 1741, il B. si diede con grande zelo al suo nuovo ufficio ricercando per tale via riconoscimenti e amicizie importanti: tali quelle dei cardinali Besozzi e De Rossi, patriarca costantinopolitano, da cui ebbe il titolo di cavaliere. Ambizione mondana fu anche quella che mosse il B. a dedicarsi con grande entusiasmo alle feste letterarie che rallegravano la vita delle Accademie romane (col nome di Penteo Alcimedonziaco entrava, socio attivissimo, a far parte dell'Arcadia, dopo averne corteggiato a lungo i custodi generali), e l'attività che egli dedicò all'Arcadia fu in effetti intensissima: la sua educazione provinciale gli fece scambiare quella falsa aulicità per un'occupazione solenne e non gli permise di superare neppur per un attimo la farsa delle pastorellerie e la debolezza di coscienza culturale che ne facevano una specie di bamboleggiamento malinconico del secentismo.
Continuò frattanto nella sua carriera di funzionario papale, eseguendo nel 1744 una missione a Napoli e in Sicilia; ma a Palermo finì per fermarsi più a lungo del previsto, rimanendovi fino al 1750 quale segretario del principe di Raffadali. L'incarico privato gli era parso più vicino al suo ideale di letterato in cerca di mecenate, e il B. fu Clarino Adagio fra i Pescatori Oretei, Scommosso fra i Periclitanti messinesi, Idillo Efialteo tra gli Ereini di Palermo, dove fu pure chiamato tra gli accademici del Buon Gusto.
Ma tutt'altro che "buon gusto" settecentesco era il suo, ora che il successo aveva finito per guastargli ogni restante prudenza letteraria: verseggiatore sovrabbondante, sempre più chiuso nel secentismo pesante e vacuo, oratore sacro propenso ai fumismi barocchi e senza una vena di spontaneità e di calore, tale egli appare a chi oggi voglia considerare qualche suo scritto di quegli anni, come le rime scritte Professando li sacri voti nell'insigne monastero di S. Chiara Nuova della città di Lodi suor Antonia Fortunata, al secolo la sign. Giulia Ginevra Baccanti (Bologna 1749),o la sua Orazione panegirica... detta la domenica in Albis nell'oratorio della venerabile Compagnia di Santa Maria della Consolazione sotto titolo della Pace... in lode della Compagnia, e del fondatore Marco Lacava (Palermo 1750).
Un lungo viaggio attraverso tutta la penisola lo riportò in patria nel 1750. Divenuto segretario della duchessa Eleonora Carlotta di Guastalla, nata Holstein, la seguì, ormai vedova, in Germania, muovendosi tra Vienna, Dresda, Berlino, Monaco e Praga, ma senza che le nuove esperienze- intaccassero le sue abitudini mentali e senza che l'incontro di uomini come Algarotti, d'Argens, Voltaire gli aprisse nuovi interessi e nuove prospettive. Questa esperienza di vita dovette invece turbarlo e fargli sentire la sua estraneità a un mondo aperto all'avvenire se, dopo un viaggio a Venezia, nel 1755, decise di rientrare nella natia Casalmaggiore, dove ancora egli poteva aver l'impressione d'un qualche prestigio e godere d'una piccola celebrità. Congedato dalla duchessa, investito di un pingue beneficìo canonicale, il B. si diede per mezzo secolo alla poesia e alla predicazione, tutto dedito alla gloria letteraria, e tetragono a ogni soffio di rinnovamento.
Si presentò nel 1777al famoso concorso tragico di Parma con un Massinissa,che il Bertana definì "il più antipatico e sciocco... che sia mai stato concepito, il più ozioso protagonista che forse si sia mai dato" (il ms. della tragedia è nella Bibl. Palatina di Parma, H. H. IV 92);coniò un titolo interessante (Lettere del sig. abate N. N. sopra letterati", che sono stati al mondo,Casalmaggiore 1779)per limitarsi a scrivere le storie dei personaggi biblici,da Adamo a Giobbe, facendo fallire l'opera al primo volume; cercò di adulare la moda con un buffo Poemetto lirico sopra il gioco del pallone, dedicato ai valorosi giuocatori di Casalmaggiore (Casalmaggiore 179o)e diede un singolare esempio di anacronismo pubblicando nel 1791a Casalmaggiore i due volumi del Maometto,un "poema esegetico" che sarebbe apparso vecchio nella sua pesantezza barocca già ai primi del secolo. Al suo Canzoniere (Mantova 1794)le Memorie per servire alla storia letteraria e civile di Venezia (febbraio 179 p. 62) replicavano ironicamente che anche nel mondo letterario ci voleva chi fabbricasse "manifatture di gusto non buono" per i compratori di gusto "depravato".
Morì nella natia Casalmaggiore, dopo aver ancora poetato, indifferente, su argomenti religiosi (Ultime poesie, Casalmaggiore s. d.), il 30 apr. 1805.
Bibl.: Un elenco completo delle sue opere edite ed inedite si legge nella biografia di V. Lancetti, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, VI,Venezia 1838, pp. 52-57, che è anche il più ampio racconto della vita del B.; A.Barili, Notizie storico-patrie di Casalmaggiore,Parma 1812, pp. 142, 269 ss.; V. Lancetti, Biografia cremonese, II, Milano 1820, p. 8; G. Romani, Storia di Casalmaggiore, X,Casalmaggiore 1830, p. 574; E. Bertana, Il teatro tragico italiano del sec. XVIII prima dell'Alfieri,in Giornale storico d. letteratura italiana, suppl.n. 4, 1901, pp. 166 s.; G. Natali, Il Settecento, Milano 1947, pp. 53, 1108, 1123.