BENDIDIO (Bendedei), Alberto
Figlio di Nicolò, segretario del duca Ercole I, poi di Alfonso I, nacque probabilmente a Ferrara intorno al 1470. Non si capisce perché il Vedriani, che del resto mostra di non saper quasi nulla di lui, lo metta tra i dottori modenesi. Ebbe in moglie una sorella di Gerolamo Zilioli, massaro ducale camerario, e, non si sa se prima o dopo, Leonora di Marco Provani. Nel 1502 lo troviamo tra gli stipendiati del duca. Nel 1504 era a Roma al seguito del cardinale Ippolito, e nel 1510 era a Modena, incaricato dal cardinale di acquistare e far fabbricare armi per l'esercito. Poi fu a Ferrara cancelliere ducale. Fu nuovamente mandato a Modena nel 1520, subito dopo la morte del cardinale Ippolito, per assicurare al duca Alfonso la riscossione dei frutti dei benefici appartenuti al defunto. A tal proposito ebbe colloqui ed anche qualche contrasto col Guicciardini, che governava la città per Leone X. Nel 1522 era a Milano, commissario del nuovo arcivescovo, cioè del giovinetto Ippolito II, ed anche, se non soprattutto, osservatore ed emissario ferrarese presso il duca Francesco II Sforza.
La situazione era assai difficile, causa l'atteggiamento politico di Alfonso, che, sebbene il nuovo papa Adriano VI avesse annullato le censure pubblicate contro di lui da Leone X, gli avesse confermato il possesso di Ferrara e promessa la restituzione di Modena e Reggio, non si decideva a lasciare il partito francese e ad aderire alla lega imperiale. La missione del B. fu piuttosto burrascosa. Cercando di assicurare al duca Alfonso quanto più era possibile delle entrate dell'arcivescovato, incontrò la violenta ostilità di ecclesìastici milanesi e in primo luogo dell'economo della curia. Francesco Sforza lasciò che costoro lo facessero per ben tre volte incarcerare, poi ogni volta intervenne a farlo mettere in libertà, cercando di indurlo a patrocinare presso il duca Alfonso i suoi piani, che prevedevano il passaggio di Alfonso stesso alla parte imperiale e una stretta intesa tra Milano, Ferrara e Mantova nell'ambito della lega antifrancese. Posto tra le lusinghe del duca Francesco e l'ostilità della curia arcivescovile, il B. chiese più volte al duca di essere sostituito, fors'anche perché si era, a quanto pare, persuaso che Alfonso avrebbe fatto bene ad accettare le proposte dello Sforza e tuttavia sentiva quanto ciò fosse difficile. Finalmente, dopo quasi un anno di vita travagliata, ottenne di tornare a Ferrara, dove riprese la sua attività di cancelliere. Nel 1525 fu mandato a Bologna per trattare con quel Comune certi capitoli relativi all'uso delle acque del Reno e nel 1531 fu inviato, sempre per questioni d'acque, a Mantova. Morì in Ferrara il 2 marzo 1541 e fu sepolto nella chiesa di S. Paolo.
Il B. fu amico dell'Ariosto per conto dei quale riscosse, mentre si trovava a Milano, le quote che gli spettavano sui proventi della cancelleria arcivescovile; nel 1526 fu testimone a un atto stipulato dal poeta e nel 1529 Isabella d'Este gli spedì un libro perché lo restituisse all'Ariosto che glielo aveva prestato. Anche con altri letterati il B. ebbe rapporti d'amicizia e dovette essere egli stesso letterato, giacché Celio Calcagnini scrive d'aver composto le sue disquisizioni sul De Officiis di Cicerone dopo avere discusso con lui alcuni passi dell'opera, all'intero terzo libro della quale il B. aveva dato un certo suo ordinamento.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Particolari, ad vocem; Ambasc., Roma, b. 14, Milano, b. 24, Bologna, b. 1, Mantova, b. 2; C. Calcagnini, Opera aliquot, Basileae 1544, p. 253; L. Vedriani, Dottori modenesi, Modena 166 s, pp. 106 s.; Tomasino de' Bìanchi, Cronaca modenese, IV, Parma 1865, p. 29; [G. Baruffaldi], Continuazione delle Memorie istor. di letterati ferraresi, Ferrara VII, pp. 150 s.; M. Catalano, Vita di L. Ariosto, I, Genève 1931, p. 484.