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CANOSSA, Alberto

di Tiziano Ascari - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)
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CANOSSA (Canossa Scaioli), Alberto

Tiziano Ascari

Nacque a Reggio Emilia dal conte Alberto e da Lucrezia Confalonieri intorno al 1570. Sua madre, rimasta vedova, si rimaritò col conte Carlo Scaioli, il quale, morendo, lasciò il figliastro erede dei suoi beni, purché assumesse, oltre quello di Canossa, anche il cognome di Scaioli. Verso il 1596 andò al servizio del duca di Parma, Ranuccio Farnese, del quale fu coppiere e cameriere. Pur servendo i Farnese mantenne sempre ottimi rapporti anche con gli Estensi, suoi sovrani naturali.

Nel 1611, scoperta la congiura dei Sanvitale contro il duca Ranuccio, il C., che aveva per moglie Barbara di Marcantonio Simonetta, nipote di Orazio Simonetta, secondo marito di Barbara Sanseverino Sanvitale, ed era cognato del conte Gerolamo da Correggio, due dei principali imputati, fu accusato di avere partecipato a segreti convegni in casa del conte Gerolamo Sanvitale, di essere complice della congiura e di avervi attirato Bartolomeo Roverzani di Reggio, capitano delle guardie del duca. Quando cominciarono gli arresti, il C. si mise in salvo riparando a Reggio. Fu offerta una taglia di 10.000 scudi a chi lo avesse consegnato vivo nelle mani della corte di Parma, ma nella sentenza che condannò a morte i congiurati, il C., contumace, non fu menzionato.

Egli si protestò sempre innocente. I buoni uffici del duca di Modena in suo favore presso Ranuccio rimasero senza effetto: cosa naturale in quanto il duca di Modena, come quello di Mantova e il principe della Mirandola, erano sospettati di aver favorito la congiura. Il C. restò a Reggio per oltre un anno, poi il duca Cesare, forse per evitare complicazioni con la corte di Parma, gli intimò di lasciare lo Stato estense. Ma non gli tolse perciò il suo favore; anzi si servì di lui, che si era trasferito nel Veneto, per diverse incombenze: tra le altre quella di impegnare gioie a Verona. Più tardi prese al suo servizio un figlio del C., Marcantonio.

Il C. non cessò mai di cercare un riconoscimento della propria innocenza. A questo scopo ricorse anche, valendosi della protezione del duca di Modena, all'imperatore Ferdinando II, al quale andò a chiedere udienza in Germania. Gli fu fatto sapere, da parte del card. Farnese, reggente del ducato dopo la morte di Ranuccio (1622), che avrebbe potuto essere graziato se avesse inviato a Parma una supplica; tuttavia egli rispose che non voleva confessare cose che non aveva fatto. Nel 1623 si stabilì a Mirandola, dove era ancora nell'aprile 1630.

Ignoto è l'anno della sua morte.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Cancelleria ducale,Particolari, b. 272; V. Siri, Mem. recondite dall'anno 1601 fino al 1640, II, Roma 1677, pp. 657, 665; A.Ronchini, Vita di Barbara Sanseverino, in Atti e mem. delle RR. Deputazioni di storia patria per le provv. modenesi e parmensi, I (1863), p. 68; A. Barilli, La congiura di Parma del 1611 e le confessioni dei congiurati, in Archivio storico per le provv. parmensi, s. 3, I (1936), p. 139; R. Quazza, Preponderanze straniere, in Storia politica d'Italia, Milano 1938, pp. 432 s.; A. Barilli, I piacentini nella congiura di Parma del 1611, in Arch. storico per le provv. parmensi, s. 4, I (1945-48), pp. 137, 139, 141; G. Mazzatinti, Inventario dei mss. delle biblioteche d'Italia, VI, p. 84.

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