CATTANEO, Alberto
Nulla si sa delle origini del C., tranne che nacque forse a Piacenza verso la metà del XV sec. e che era dottore in diritto. La sua fama presso i posteri è dovuta all'energica azione che condusse contro i valdesi del Delfinato nel 1487-88. Il suo intervento fu dovuto allo zelante arcivescovo d'Embrun Jean Baile, che si rivolse direttamente al papa perché gli fosse inviato un commissario efficiente; la scelta di Innocenzo VIII cadde sul C., nominato nunzio e commissario apostolico in Savoia e nel Delfinato con una bolla datata 27 apr. 1487. Da parte sua il papa scrisse al re di Francia e al duca di Savoia per sollecitare il loro appoggio a questo nuovo inquisitore.
Sul piano locale il C. doveva agire contro i valdesi residenti nella giurisdizione del Parlamento di Grenoble i quali, per quanto riguardava la sfera spirituale, dipendevano dall'arcivescovo di Embrun, se abitavano le vallate occidentali delle Alpi, e da quello di Torino o dal prevosto di Oulx, se vivevano nelle vallate del versante orientale. Il C. cominciò dunque la sua missione chiedendo la collaborazione del suo collega Biagio da Berra, inquisitore del Piemonte residente a Pinerolo: costui rispose il 18 luglio che non poteva abbandonare la sua sede. Risposte analoghe gli giunsero in agosto dai vicari del prevosto di Oulx e dell'arcivescovo di Torino; sembra anzi che Biagio da Berra abbia opposto all'attività del commissario apostolico una sorda opposizione. Durante questo primo periodo tuttavia il C. riuscì a far riconoscere i suoi poteri dal Parlamento di Grenoble, che il 7 agosto emanò un'ordinanza con la quale si ingiungeva alle giurisdizioni di Briançon e di Embrun di riconoscere l'inviato pontificio.
Il 24 agosto il C., che si trovava a Oulx, inviò a tutti i curati che dipendevano da quella prepositura una lettera circolare per informarli della sua missione e per annunciare loro che stava per iniziare una inchiesta nelle parrocchie della Val Cluson, Mentoulles, Usseaux, Fenestrelles e Pragelas. Da quel momento si stabilì a Briançon, dove rimase per tutta la durata del suo incarico: la prudenza gli suggeriva tale precauzione. L'11 settembre convocò davanti a sé undici abitanti della Val Cluson, ritenuti capi dei valdesi; due soltanto si presentarono e vennero assolti. Il 18 erano ventisette i valdesi che furono citati a comparire; e il 24 centotrenta di Pragelas, settantadue di Mentoulles. Non essendosi presentato nessuno, duecentodiciassette valdesi vennero nominatamente scomunicati e minacciati di essere dichiarati eretici se non si fossero presentati dinnanzi al nunzio apostolico entro venticinque giorni a partire dal 9 ottobre.
Contemporaneamente il C. si era preoccupato di affermare la sua autorità presso i poteri civili ed ecclesiastici: il 15 settembre il Parlamento di Grenoble lo autorizzò a ricorrere al braccio secolare per operare gli arresti e il 23 ottobre il papa gli fece sapere di aver sospeso i poteri e il titolo di inquisitore a Biagio da Berra. Il 30,Innocenzo VIII firmò un altro breve con cui ingiungeva al C. di non lasciare il paese in cui si trovava prima di averlo purgato dalla eresia. Tuttavia, malgrado le minacce, nessuno comparve davanti all'inquisitore; in seguito a ciò il C. invocò l'intervento della forza armata. Dopo il fallimento di un tentativo di mediazione compiuto dai cattolici della Val Cluson, con la massima solennità dichiarò eretici e recidivi i valdesi della vallata e li consegnò al braccio secolare. Coloro che credevano di poter ottenere aiuto dal re di Francia furono delusi: Carlo VIII scrisse al governatore del Delfinato Filippo di Savoia, il futuro duca Filippo II, di appoggiare la repressione con tutti i mezzi a sua disposizione. Mentre si preparava la spedizione militare, il C. volse verso i valdesi della diocesi di Embrun. Il 24 dicembre iniziò l'inchiesta procedendo all'interrogatorio di alcuni indiziati all'Argentière. Di fronte alle conversioni in massa a cui assistette in quella circostanza, dubitò della loro sincerità e avrebbe voluto infierire: tuttavia il papa, cui si era rivolto per avere disposizioni, gli rispose con un breve del 3 genn. 1488 di agire con la maggiore prudenza possibile e di esaminare ogni caso in particolare: soltanto gli eretici dichiarati potevano essere consegnati al braccio secolare. Eppure, nonostante l'episodio di Argentière, il C. incontrò una resistenza tale che, l'8 marzo, fu costretto a dichiarare eretici e recidivi i valdesi della diocesi di Embrun.
Era trascorso l'inverno e una piccola armata era stata raccolta. Un ultimo tentativo di riconciliazione tra i valdesi e l'inquisitore, organizzato da un consigliere del Parlamento di Grenoble, Jean Rabot, fallì. Gli appelli rivolti dagli eretici e dalle popolazioni di quelle valli al re e al papa non sortirono altro effetto che la conferma dell'operato del Cattaneo. Da ultimo, alcuni deputati valdesi della Val Cluson minacciarono all'inquisitore le punizioni celesti se egli avesse persistito nella sua azione. Le operazioni militari iniziarono durante il mese di marzo, sotto il comando di Hugues de la Palud, luogotenente del governatore del Delfinato. I valdesi della Val Cluson, vinti con le armi, accettarono di presenziare a una solenne cerimonia di riconciliazione che ebbe luogo a Mentoulles il 31 marzo. Quindi, prendendo di mira la diocesi di Embrun,il C. si recò a Vallepute, dove il massacro di un centinaio di valdesi operato dall'esercito costrinse i superstiti alla resa. Durante il mese di aprile il C. convocò davanti al suo tribunale o a quello dei suoi delegati duecentotrenta persone. È citato per l'ultima volta nel Delfinato il 4 luglio 1488.
La resa degli eretici era un fatto ormai compiuto. I verbali dei numerosi interrogatori cui il legato pontificio sottopose gli abitanti delle Valli ci sono stati in gran parte conservati. Anche se l'attendibilità di questa fonte di prima mano è stata messa in dubbio da alcuni storici di fede valdese, essa resta cionondimeno una testimonianza eccezionale delle idee e dei costumi delle comunità valdesi delle Alpi alla fine del Medioevo, testimonianza che, fino ad ora, non è stata studiata e conosciuta se non in modo estremamente limitato.
Nel successivo anno 1489 il C. doveva trovarsi nel Milanese, se il cardinale Ardicino della Porta intervenne in suo favore presso il nunzio a Milano per fargli concedere da Ludovico il Moro la prepositura di S. Nazario, cosa che avvenne nell'agosto. Di lui non sappiamo in seguito più nulla sino al 4 maggio 1497, quando venne nominato membro del Consiglio segreto del duca di Milano: nelle relative lettere viene detto protonotario apostolico. Tra il 1501 e il 1510 dedicò al cardinale Georges d'Amboise, luogotenente generale del re di Francia in Italia, un'opera intitolata De gentis Francorum regum epitome, nella quale si definisce arcidiacono di Cremona. Non è improbabile che in quel periodo di tempo, durante l'occupazione francese, il C. abbia cercato di giocare un suo ruolo nell'amministrazione del ducato di Milano. Non possiamo, tuttavia, dire qualcosa di più: è questa, infatti, l'ultima notizia che abbiamo sul suo conto.
Del De gestis Francorum regum epitome conosciamo due manoscritti: uno di essi, il num. 5939 dei Manuscrits latins della Biblioteca nazion. di Parigi proviene dalla biblioteca del cardinale d'Amboise, cui l'opera è dedicata. La trattazione, che arriva sino agli inizi del regno di Luigi XII, è interessante soprattutto per il resoconto dell'azione svolta contro i valdesi dal C., nella sua qualità di nunzio e di commissario politico in Savoia e nel Delfinato tra il 1487 e il 1488. Di tale relazione, nota col titolo di De ortu et de lectione valdesium, sono stati editi solo alcuni frammenti, apparsi nell'Histoire de Charles VIII di Th. Godefroy, ripubblicata nel 1684 da Denys Godefroy.
Fonti e Bibl.: Parigi, Bibl. nazionale, Manuscrits latins, nn. 5938 e 5939;Grenoble, Archivi dipartim. dell'Isère, B 4350 e B 4351; Dispacci e lettere di G. Gherardi, a cura di E. Carusi, Roma 1909, pp. 311, 339; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, (1450-1500), Milano 1950, p. 28; D Godefroy, Histoire de Charles VIII, Paris 1684, pp. 277-283; L. Delisle, Le cabinet des manuscrits, I, Paris 1868, pp. 246, 251; J. Chevalier, Mémoire histor. sur les héresies en Dauphiné, Valence 1890, pp. 36-100, 145-155; J. Jalla, Histoire des vaudois des Alpes et de leurs colonies, Pignerol 1926, pp. 50-53; A.A. Hugon-G. Gonnet, Bibliografia valdese, in Boll. della Soc. di studi valdesi, LXXIII (1953), p. 69; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1959, pp. 299 s.