RIPALTA, Alberto da e Antonio da
RIPALTA, Alberto da e Antonio da. – Il nome di Antonio è legato agli Annales Placentini dal 1401 al 1463 che suo figlio Alberto ha parzialmente rielaborato e continuato sino al 1484. Si ignora l’anno di nascita di Antonio, che dovrebbe collocarsi verso la fine del Trecento; il padre era Ettore; dalla moglie, che si chiamava Margherita Seccamelica, Antonio ebbe i figli Alberto e Michele e anche delle figlie di cui non è noto il nome.
Non è stabilito con precisione quale rapporto di parentela li abbiano legati al cronista piacentino trecentesco Pietro da Ripalta che apparteneva a un ramo diverso della stessa casata. Nel corso degli Annales Antonio ricorda se stesso in più occasioni, rivelando la sua vicinanza alla famiglia piacentina degli Anguissola e ai domenicani osservanti. Risalgono al biennio 1443-45 le prime note degli Annales in cui egli compare e si rivelano questi legami.
In una lunga pagina dove rilevante è la componente autobiografica e che sembra almeno in parte interpolata da Alberto (alla col. 881 compare tra i personaggi Antonius genitor), Antonio ricostruisce le turbolente vicende legate al trasferimento dei domenicani osservanti nel convento piacentino di San Giovanni in Canale, sottolineando il ruolo da lui ricoperto nel favorire il nuovo insediamento a svantaggio di quello preesistente dei domenicani conventuali.
Il ruolo pubblico che Antonio rivendica nell’episodio ora citato, viene ribadito di lì a breve quando, nel 1447, egli menziona sé stesso come prigioniero, con i figli Alberto e Michele al tempo bambini, durante la guerra tra Milano e Venezia che si combatté anche a Piacenza, assediata e poi saccheggiata dalle truppe di Francesco Sforza. Nella medesima occasione l’elemento autobiografico ritorna nelle righe in cui sono ripercorse le difficoltà che egli incontrò una volta liberato per riavere i propri beni in città e nel contado (col. 897).
Ripalta morì nel 1463: è Alberto a ricordarlo in una nota (col. 912) nella quale egli elogia la dottrina e la religiosità di suo padre che oltre agli Annales avrebbe composto anche altre opere (epistule e carmina) non conservate.
Alberto, nato nel 1436, fu mandato dal padre a studiare a Pavia con il fratello Michele nel 1447, e completò la propria formazione a Bologna (dove si trovava ancora nel 1462: coll. 909 s.) e a Torino (dove dice di essere nel 1463: col. 913). In un anno non definito sposò Giustina, figlia di Francesco Artaria, da cui ebbe Lucia, e in seconde nozze Luisa Raffaele Fulgosi. Rientrato definitivamente a Piacenza nel 1464, si distinse per la sua attività di giurista (accanto al proprio nome egli specifica sempre la qualifica di legum doctor) e di letterato, componendo una storia della famiglia da Ripalta, che non si è conservata, e numerose orazioni alcune delle quali sono inserite negli Annales. Egli pure era vicino ai domenicani osservanti; inoltre fu membro autorevole del Collegio cittadino dei giudici e dottori. Morì nel 1485.
Nel ricco, intricato e ancora poco studiato panorama delle cronache piacentine gli Annales dei Ripalta sembrano porsi come naturale continuazione della cronaca di Giovanni Musso che nell’edizione muratoriana (RIS, XVI, Milano 1731) si interrompe all’anno 1399 (con una nota del 1402). In effetti l’opera di Antonio inizia dal 1401, ma procede velocemente e – dopo avere dedicato qualche attenzione a Facino Cane (coll. 872 s.), primo tra i capitani di ventura che svolsero un ruolo nelle vicende piacentine e vengono ricordati nell’opera (altri sono Ottobono Terzi, Niccolò Piccinino e soprattutto Francesco Sforza) – giunge con rapidi balzi agli anni Quaranta del secolo, periodo al quale risalgono le due parti autobiografiche già citate relative ai domenicani osservanti e alla prigionia di Antonio.
L’anno 1443 ha così tanto peso nell’economia dell’opera da far supporre che proprio intorno a quel tempo egli abbia messo mano agli Annales. Altrettanto ricca di particolari è la sezione relativa al 1447 in cui si raccontano i primi episodi delle vicende che avrebbero visto lo Sforza conquistare il Ducato di Milano.
Al di fuori di queste due lunghe pagine e di una sezione dedicata alla caduta di Costantinopoli, l’opera di Antonio è costituita da note sintetiche che – riservando una certa attenzione alle vicende di storia religiosa (per esempio col. 874: l’arrivo dei benedettini della congregazione di S. Giustina a Piacenza nel 1424) e in particolare alla presenza di predicatori famosi in città – raccolgono informazioni su vicende di Piacenza e della Lombardia, accanto a notizie su fatti climatici e fenomeni meravigliosi (nascite di bambini mostruosi e così via). Manca quindi un disegno, mentre appare evidente il legame con il modello annalistico offerto dalla cronachistica cittadina bassomedievale e in particolare dalle opere di Pietro da Ripalta e Giovanni Musso.
Alberto si è attribuito la continuazione dell’opera di suo padre dall’anno 1464, ma già nella prima parte è esplicito il suo intervento, soprattutto per il periodo posteriore al 1460 quando egli compare nel testo parlando in prima persona (ego Albertus de Ripalta, coll. 909 s.) e dove sono riprodotti alcuni suoi componimenti in versi. Come Antonio, anche Alberto non ha composto un’opera ordinata, ma ha mantenuto l’impianto annalistico alternando sezioni sintetiche ad altre, più rare, prolisse. Egli inoltre, probabilmente per assecondare il proprio gusto, ha inserito nella parte iniziale della cronaca a lui dovuta numerose e talvolta lunghe orazioni (di cui in alcuni casi era stato autore).
Tra gli episodi trattati con maggior rilievo va ricordato quello dedicato al racconto della morte del beato Simonino da Trento che si voleva fosse stato sacrificato dagli ebrei di quella città in occasione della Pasqua del 1475 (coll. 945-949). In questa pagina l’opera di Alberto riprende alla lettera la prima parte della Relatio de Simone puero Tridentino composta dal medico Giovanni Mattia Tiberino e stampata nel 1476 immediatamente a ridosso del processo contro gli ebrei trentini durante il quale Tiberino aveva fatto una perizia medica (il testo riprodotto da Alberto corrisponde a quello edito in Acta sanctorum, martii, III, pp. 494-496). Probabilmente l’attenzione all’episodio dipende anche dal legame del cronista con i domenicani osservanti del convento di San Giovanni in Canale con i quali la famiglia da Ripalta era già legata da tempo (col. 950) e che furono tra i primi a diffondere il culto di Simonino. Altro evento cui è dedicato grande risalto negli Annales di Alberto è costituito dalla disputa nella quale era stato messo in dubbio il diritto del collegio dei dottori di Piacenza di concedere il dottorato in diritto presumibilmente civile e canonico (coll. 932-941). È questa la più lunga e documentata sezione degli Annales di Alberto: egli ha prima inserito un’orazione che riassume la posizione di Pavia, avversa alle prerogative rivendicate dai Piacentini, poi ha illustrato le ragioni del collegio dei dottori della sua città esibendo i documenti che aveva recuperato con una ricerca volta a ripercorrere due secoli di vicende di insegnamento del diritto a Piacenza.
La cronaca si conclude con una sorta di diario delle azioni belliche che seguirono la morte di Galeazzo Maria Sforza.
Fonti e Bibl.: Annales Placentini ab Antonio de Ripalta et Alberto eius filio conscripti, in RIS, XX, a cura di L.A. Muratori, Milano 1731, coll. 869-978.
D. Gatti, Da R., A. e A., in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola (secc. IX-XV), a cura di A. Vasina, Roma 1991, pp. 294-298; G. Fiori, Notizie biografiche di Lancillotto Anguissola, Giovanni Dolzani, Pietro da Ripalta, Lorenzo e Giorgio Valla, Gherardo Rustici e Gaspare Bragazzi, in Archivio storico per le province parmensi, s. 4, XLIV (1992), p. 142; S. Ditchfield, La letteratura storiografica da Pietro da Ripalta a Umberto Lovati, in Storia di Piacenza. 3. Dalla signoria viscontea al principato farnesiano (1313-1545), Piacenza 1997, pp. 496-498; J. Black, The Duchy of Milan in contemporary historical writing, ca 1400-1540, in Reading and writing history from Bruni to Windschuttle. Essay in honour of Gary Ianziti, a cura di Ch.T. Callisen, New York 2014, pp. 57-63.