Alberti, Alberto dei conti di Vernio e di Mangona
Figlio del conte Alberto A. di cui è ricordato il testamento, dettato prima del 1210, in favore di questo figlio (vedi Alberti), e della sua seconda moglie Tabernaria; fu padre di Alessandro e Napoleone, i fratelli rivali conficcati nella gelatina della Caina (If XXXII 41-60). La citazione dantesca mette subito in evidenza l'elemento che provocò la tragedia della discendenza del conte A.: la valle onde Bisenzo si dichina / del padre loro Alberto e di lor fue (vv. 56-57); contese patrimoniali, la cui origine si può far risalire al testamento paterno, furono dunque, come esplicitamente nota Benvenuto (" venientes ad discordiam propter hereditatem se interfecerunt ") motivo primo della lotta in cui persero la vita entrambi i fratelli. Il conte A. infatti, quando il 4 gennaio 1250 combatteva gli assalti della sua ultima malattia con l'aiuto di messer Bartolo, medico pratese, dettò a un notaio Guido le sue ultime volontà. Il testo integrale del documento è ancora inedito, ma il Barbi ne fece conoscere la parte dispositiva: dopo alcuni legati a chiese, egli lasciò alla figlia Beatrice, per dotarla, 900 libre di denari pisani vecchi, all'altra figlia Margherita le 100 simili libre che egli le aveva assegnato come dote quando era andata in moglie a un certo Giovanni, alla moglie Gualdrada l'usufrutto vitalizio del castello e della corte di Vernio. Eredi universali furono i figli Guglielmo e Alessandro, mentre l'altro figlio, Napoleone, doveva restar contento della decima parte dei domini paterni. Non si sa perché il conte A. volle in tal modo diseredare e forse punire quel figlio, per quanto sembra fosse il maggiore d'età; e sì che la cosa fu fatta a bella posta e col consiglio di valenti avvocati fiorentini come i messeri Iacopo Tornaquinci e Odaldo, i quali fecero anche da testimoni al testamento. Questo divenne esecutivo alla morte del conte A., e da allora ha origine il grande odio che arse tra il figlio diseredato e suo fratello Alessandro (v.). Da questo odio, lo scontro mortale tra i due fratelli, che provocò la loro dannazione eterna. La data del misfatto, per il Barbi si deve collocare dopo la pace del card. Latino (febbraio 1280) e prima del 1286. Il Piattoli, forte di documenti non conosciuti dal Barbi, fermo lasciando il " terminus ante quem " (novembre 1286), ritiene che il " terminus post quem" debba essere collocato dopo l'ottobre 1282.
Bibl. - M. Barbi, rec. a P. Toynbee, Dictionary of proper Names and notable Matters in the Works of D., in " Bull. " VI (1899) 204-205.