FONTANA, Alberto
Nacque verso la fine del sec. XV, probabilmente a Modena, città in cui visse ed operò. Non se ne hanno notizie prima del 1518, quando il F. ricevette pagamenti per aver dipinto otto candelieri, intagliati da un certo maestro Zaccaria, che si trovavano presso la statua di S. Geminiano nel duomo di Modena (Dondi, 1896; Baracchi Giovanardi, 1987, p. 218). Nel 1520 è qualificato come "inaestro" nel momento in cui, il 5 novembre, ricevette pagamenti per aver eseguito affreschi. perduti, sulla torre dell'orologio del palazzo comunale; il F. dipinse La Madonna, Il sole e La luna, nel settore sopra il quadrante, che risulta fosse stato dipinto nel 1480 da Francesco Bianchi Ferrari (Baracchi Giovanardi, 1985).
Il 2 nov. 1524., insieme con i pittori Gian Gherardo dalle Catene, Gian Antonio Scacceri e Andrea Montagnana, fece parte della commissione di periti incaricata di valutare gli affreschi di Adamo e Agostino Setti nella chiesa di S. Lazzaro (Baracchi Giovanardi, 1990).
Dopo questa data non si hanno notizie dei F. sino al 24 sett. 1537, quando gli fu commissionata dalla Comunità l'esecuzione del ciclo pittorico delle Beccherie nuove compiute in quell'anno dall'architetto C. Cesi. Abbattuto nel 1885, ma noto attraverso alcune fotografie, l'edificio costituì un episodio fra i più cospicui nella cultura locale dei primo manierismo. Al F., che si avvalse della collaborazione di Nicolò dell'Abate, fu affidata la realizzazione a fresco dei fregio che si trovava tra lo sporto del cornicione e la corniciatura in cotto. I temi iconografici, suggeriti dall'erudito modenese T. Lancillotti, prevedevano Allegorie moralizzanti, un S. Geminiano e Scene di concerti.
Tali affreschi, staccati agli inizi dell'Ottocento e acquisiti dalla Galleria Estense di Modena, ove si conservano, appaiono la testimonianza più significativa per illuminare la personalità del F., di cui non si è ancora definita la fisionomia artistica. Nessuna opera infatti è sinora riferibile a lui interamente e con certezza e sulla scorta dei documenti si è ipotizzato un suo ruolo non tanto, o non solo, di artefice quanto soprattutto di impresario, responsabile e supervisore di lavori realizzati da altri artisti. Tra questi spicca il giovane Nicolò dell'Abate l'allievo che proprio nelle Beccherie realizzò la prima affermazione pubblica. Il F. risulta infatti unico destinatario della commissione del fregio forse anche per la minore età del dell'Abate.
Il Lancillotti, scrivendo nella sua Cronaca che gli affreschi furono scoperti il 13 ott. 1537, ascrive al F. l'intera esecuzione, probabilmente suggestionato dalla solida fama del maestro. In realtà, tale attribuzione è contraddetta da vari dati: la firma di Nicolò dell'Abate accanto alla figura di S. Geminiano; i pagamenti del 3 nov. 1537 ad entrambi gli artisti - di lire 15 al F. e di lire 2,8 al suo allievo (Modena, Archivio storico comunale, Ex Actis, 1537) - e, infine, la chiara presenza della sigla stilistica di Nicolò, che si palesa anche nei Concerti. Per tali ragioni la critica ha potuto assegnare l'esecuzione del fregio alla mano dell'allievo. Più di recente, riprendendo precedenti contributi, in particolare quello di S. Béguin (1969), G. Guandalini (1985) ha ipotizzato un più consistente contributo del F. nell'esecuzione dell'opera: sembra così di poter riconoscere il suo intervento nell'Allegoria della vendemmia, che già A. Venturi (1882) rapportava agli scomparsi affreschi dei Dossi nel palazzo della Rosa in Ferrara.
Alle suggestioni dossesche si assomma l'influenza della statuaria, di matrice raffaellesca, di A. Begarelli, leggibile soprattutto nella plastica tornitura delle anatomie. Apporti dei F. sono ipotizzati anche nelle quattro superstiti allegorie in monocromo (Fede, Speranza, Prudenza e Pietà); esse mostrano "un dettato formale più legato e fermo" al confronto con i modi del dell'Abate, in un fraseggio che attinge al monumentale plasticismo michelangiolesco - nella Speranza è un'eco dalle Sibille sistine - non meno che dal classicismo di Raffaello, mediato da Giulio Romano e in particolare dal Begarelli (Guandalini, 1985, p. 94).
Nel 1538, e poi ancora nel 1546, il F. rivestì la carica di conservatore della Comunità di Modena, il che prova la sua appartenenza a famiglia notabile. Nel 1542 fu interpellato, con il pittore G. Taraschi, per stabilire il prezzo di un dipinto di Dosso Dossi per la Confraternita di S. Giovanni della Buona Morte, stimato poi 30 scudi (Soli, 1974).
Sempre nel 1546 il F. e Nicolò dell'Abate eseguirono anche un altro fregio, perduto, all'interno delle Beccherie. L'iconografia, elaborata ancora dal Lancillotti, presentava un'effigie della Madonna in posizione centrale e numerose rappresentazioni di animali; i due artisti dovettero cimentarsi inoltre nel fregio (anch'esso distrutto) del palazzo modenese del letterato L. Castelvetro, poi dei nobili Ingoni (Vedriani, 1662).
Un'altra commissione pubblica aveva visto ancora insieme i due pittori: nel 1546 il F. aveva dipinto il soffitto della sala del Fuoco nel palazzo comunale di Modena, affrescata alle pareti da Nicolò dell'Abate con Episodi del triumvirato. I lacunari lignei, intagliati da G. Cavazza, furono dipinti dal F. che, affiancato da L. Brancolini, eseguì festoni di fiori e frutti al centro e, in più ampio riquadro, l'arma del Comune dorata; il contratto, steso il 4 febbr. 1546, fu firmato dal Brancolini anche a nome del F., suo "socio" (Baracchi Giovanardi, 1983).
Sembra inoltre che in data anteriore al 1547 il F. e Nicolò dell'Abate avessero decorato un grandioso arco trionfale in legno per la "Fabbrica di S. Geminiano" nel duomo di Modena (Baracchi Giovanardi, 1987): un episodio "effimero" legato a qualche festività religiosa o all'ingresso in città di un personaggio di rilievo.Il F. morì il 17 maggio 1558 e venne sepolto nel duomo di Modena, sua parrocchia (Baracchi Giovanardi, 1985, p. 258).
Fonti e Bibl.: Modena, Arch. stor. comunale, Ex Actis, anno 1520, 17 settembre, 5 novembre; anno 1537, 3 novembre; anno 1546, 4 febbraio; L. Vedriani, Raccolta de' pittori, scultori et architetti modenesi più celebri, Modena 1662, pp. 69 s.; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese..., VI, Modena 1786, pp. 420-422; T. Lancillotti, Cronaca modenese (1506-1554), in Monumenti di storia patria delle prov. modenesi, V (1862-64), pp. 285, 291 s., 298 s.; R. Riccardi, Mem. edilizie modenesi, II, Nota sul fabbricato delle antiche Beccherie, in Atti e mem. della R. Deputazione di storia patria per l'Emilia, n.s., III (1878), 1, pp. 217-229; A. Venturi, La R. Galleria Estense, Modena 1882, pp. 424-428; A. Dondi, Notizie stor. ed artistiche del duomo di Modena, Modena 1896, p. 121; S. Béguin, in Mostra di Nicolò dell'Abate (catal.), Bologna 1969, passim; A. Mezzetti, in Per Nicolò dell'Abate. Mostra di affreschi restaurati (catal.), Modena 1970, p. 18; G. Soli, Chiese di Modena, a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, II, pp. 162, 169; O. Baracchi, La piazza Grande negli Atti della Comunità di Modena dal 1412 al 1580, in Atti e mem. della Deputazione di storia patria per le antiche prov. modenesi, s. 11, I (1979), pp. 85, 87 s.; G. Guandalini, G. Corni nel manierismo modenese, ibid., pp. 123 s.; C. Volpe, Nicolò dell'Abate, in Mostra di opere restaurate. Secc. XIV-XIX (catal.), Modena 1980, pp. 16 s.; O. Baracchi Giovanardi, Il palazzo civico di Modena, in G. Bertuzzi, Il rinnovamento edilizio a Modena nella seconda metà del Settecento, Modena 1983, pp. 202, 251 ss.; A. Manicardi, I trionfi modenesi dei duchi d'Este. 1452-1584, in Atti e mem. della Deputazione di storia patria per le antiche prov. modenesi,s. 11, VI (1984), p. 124; O. Baracchi Giovanardi, Regesto delle fonti documentarie, in Il palazzo comunale di Modena. Le sedi, la città, il contado, a cura di G. Guandalini, Modena 1985, pp. 258 s.; G. Guandalini, ibid., pp. 86, 94 s., 99, 106; G. Martinelli Braglia, ibid., pp. 75, 82; S. Béguin, Nicolò dell'Abate, in Nell'età di Correggio e dei Carracci (catal.), Bologna 1986, p. 45; O. Baracchi, La cattedrale di Modena nei documenti della Fabbrica di S. Geminiano, in Atti e mem. della Deputazione di storia patria per le antiche prov. modenesi, s. 11, IX (1987), pp. 218, 220; W. Bergarmm, Nicolò dell'Abate, in V. Fortunati Pietrantomo, La pittura bolognese del '500, Bologna 1987, p. 70; O. Baracchi Giovanardi, Regesti, in D. Benati, Francesco Bianchi Ferrari, Modena 1990, p. 182; D. Benati, ibid., pp. 24, 38 n. 5.