FORTIS, Alberto
Nato a Padova il 9 o il 10 nov. 1741, da Giovanni Antonio Fortis Feracini e da Francesca Maria Bragnis, sua seconda moglie, fu battezzato con il nome di Giovanni Battista, alla presenza di Antonio Vallisneri iunior "compadre al cattechismo".
Il padre, di origini presumibilmente nobili, aveva avuto dalla prima moglie Bianca Modelli due figli, Giustina Laura e Giovanni Paolo. Quest'ultimo divenne frate carmelitano e morì in giovane età, lasciando poesie d'occasione e dissertazioni manoscritte d'argomento letterario. Un fratello più giovane del F., Antonio, ricoprì incarichi pubblici a Bergamo verso la fine degli anni '70.
La morte prematura del padre creò difficoltà economiche alla famiglia e in ragione di ciò i due figli maggiori poterono usufruire della frequenza gratuita al seminario vescovile di Padova. Dal 1754 al 1757 il F. vi frequentò i corsi di umanità e retorica rivelando intelligenza vivace e ingegno versatile. Nel 1757 la madre, donna colta e brillante, sposò in seconde nozze il conte Federico Capodilista e diede vita a un rinomato salotto letterario frequentato da molti professori dell'ateneo padovano tra cui M. Cesarotti, B. Toaldo, A. Vallisneri, C. Sibiliato, M. Caldani e M. Carburi. Fin dall'infanzia, dunque, il F. entrò in contatto con alcuni protagonisti della cultura scientifica veneta del Settecento traendone stimoli molteplici per lo sviluppo dei suoi interessi naturalistici e letterari. Nel muovere i primi passi nel mondo della cultura fu seguito soprattutto dal Vallisneri, dal Toaldo e dal Cesarotti. Tuttavia alla storia naturale e alla poesia il F. poté dedicarsi solo saltuariamente essendo entrato, nel 1757, nell'Ordine degli eremitani di S. Agostino.
I primi anni '60 li trascorse nei conventi agostiniani di Padova, Verona, Bologna e infine di Vicenza, dove studiò teologia; a tutt'oggi non vi è però alcun documento che dimostri la sua ordinazione sacerdotale. Durante i periodi liberi dallo studio compì varie escursioni geologiche al seguito di Giovanni Arduino, il quale contribuì in misura determinante a forgiarne gli strumenti metodologici e a orientarne le scelte teoriche. All'influenza dell'Arduino si aggiunse quella del naturalista camaldolese G. Vio, con cui svolse ricerche di zoologia marina e paleontologia.
In virtù di questi e altri apporti, il pensiero scientifico del F. si andò caratterizzando per l'originale convergenza di alcuni elementi di fondo: per quanto riguarda le teorie, il quadro di riferimento era quello del meccanicismo newtoniano, della storia naturale secondo la tradizione del Vallisneri padre e della chimica del flogisto. Sul piano del metodo si ispirò alla tradizione baconiana, sottolineando il valore pragmatico del sapere in sintonia con la posizione degli enciclopedisti francesi. A questo il F. unì un elemento caratteristico della tradizione galileiana: la difesa dell'autonomia della conoscenza scientifica dal sapere teologico, non a fini antireligiosi, ma per meglio realizzare un ideale filantropico di matrice cristiana. Dalla cultura storico-antiquaria, in particolare da N. Boulanger, trasse altri importanti suggerimenti di metodo per porre in correlazione la "storia delle nazioni" e la storia della Terra.
Fin dai primi scritti geologici, apparsi nel Giornale d'Italia di F. Griselini (1765, 1767, 1770), dimostrò di essere in possesso di un quadro teorico globale ispirato ad alcune tesi della Protogaea di Leibniz e all'opera di Ch. Bonnet. Nel 1768 pubblicò una vera e propria cosmologia sotto forma di poema mitologico (Dei cataclismi sofferti dal nostro pianeta, in L'Europa letteraria, poi Londra 1786).
Rielaborando spunti presenti in autori dell'antichità classica, già utilizzati da R. Hooke e dagli astronomi newtoniani, vi ipotizzò l'esistenza di una lenta modificazione dell'inclinazione dell'asse terrestre che avrebbe portato ciclicamente ogni punto della superficie terrestre sotto diverse latitudini e diversi climi. E poiché la forza centrifuga tende a disporre gli oceani lungo la fascia equatoriale del pianeta si sarebbe prodotta una continua "traslocazione" dei mari. Questi, nel loro lento procedere, avrebbero smantellato i vecchi continenti lasciando allo scoperto nuove terre. A queste "rivoluzioni" lente e graduali, opera delle forze gravitazionali, si sarebbero aggiunti occasionalmente gli effetti prodotti da eventi improvvisi quali terremoti, vulcani e inondazioni.
Le spiccate doti intellettuali del F. lo segnalarono presso i superiori dell'Ordine agostiniano che nell'ottobre 1766 lo chiamarono a Roma per fargli compiere studi teologici superiori sotto la guida di A.A. Giorgi, orientalista e avversario dei gesuiti. Tuttavia, allo studio dei padri della Chiesa il F. preferì le lingue orientali e l'erudizione profana consolidando in tal modo le proprie conoscenze storiche e antiquarie. In effetti l'ingresso nell'Ordine agostiniano era stato dettato da ragioni di opportunità più che da una solida vocazione; a questo si aggiungeva ora la prospettiva di diventare un teologo ufficiale dell'Ordine e di dover abbandonare i prediletti studi naturalistici. Dopo aver tentato inutilmente di trovare una sistemazione adatta alle sue esigenze, nel luglio 1767 fece ritorno in patria ormai in rotta con le autorità dell'Ordine. Ne uscì ufficialmente solo nel 1771 grazie all'interessamento di B. Stay e P.A. Serassi, rimanendo però abate.
Consumato nei fatti il distacco dagli agostiniani, nel luglio 1767 si stabilì a Venezia alla ricerca di un impiego che gli consentisse di mantenersi. Divenne "pubblico revisore de' libri", ruolo che lo vide coinvolto, tra l'altro, nella censura ai danni dell'opera di C. Pilati Di una riforma d'Italia. Si dedicò all'attività di traduttore ed entrò nella redazione del Magazzino italiano, un periodico nel quale, accanto alle vicende del giurisdizionalismo e ai dibattiti economici, trovarono spazio informazioni sulle più recenti indagini naturalistiche di L. Spallanzani e del Bonnet. Ai due famosi scienziati il F. comunicò alcuni risultati delle proprie indagini ricevendone significativi incoraggiamenti. Attraverso R. Cocchi offrì la propria collaborazione a Pasquale Paoli e al popolo corso in lotta per la libertà, ma fu lo stesso Paoli a dissuaderlo dal trasferirsi nell'isola. L'ingresso nella redazione dell'Europa letteraria di Domenico ed Elisabetta Caminer diede inizio a un periodo di intensa attività giornalistica che lo vide promotore entusiasta della cultura dei lumi. Nonostante le interruzioni dovute a viaggi frequenti e a impegni d'altra natura, tale attività rimase uno strumento privilegiato della sua battaglia culturale fin verso il 1794.
In qualità di redattore o di collaboratore esterno, il F. diede recensioni, traduzioni, estratti e interventi originali ad alcune tra le più note testate del giornalismo, non soltanto veneto, dell'ultimo quarto del secolo XVIII. Oltre ai periodici già ricordati, collaborò al Giornale enciclopedico, al Nuovo Giornale enciclopedico d'Italia, agli Opuscoli scelti di C. Amoretti e F. Soave, all'Antologia romana, alle Notizie letterarie di Cesena diretto da Juan de Osuña; inviò estratti e recensioni a J.S. Wyttenbach di Berna, agli Annalen der Geographie und Statistik di Brunswick diretti da E.A.W. Zimmermann; diresse personalmente il Nuovo Giornale enciclopedico e Il Genio letterario d'Europa. Gli interventi sulle pagine dell'Europa letteraria gli guadagnarono una fama di recensore rigoroso e temibile. Ma i contemporanei seppero apprezzarne anche le doti di scrittore. In effetti, la vivacità dello stile e la nitida eleganza della lingua fanno di molte sue pagine alcuni tra i migliori esempi di giornalismo culturale italiano della seconda metà del Settecento.
I compiti assunti nella redazione dell'Europa letteraria a partire dal 1768 non gli lasciarono che poco tempo da dedicare alla ricerca sul campo. Accolse perciò con entusiasmo l'opportunità, offertagli da John Stuart, conte di Bute, di effettuare un viaggio in Dalmazia con J. Symonds e D. Cirillo. Fu questo il primo di una serie di viaggi, finanziati da autorevoli mecenati inglesi e dal Senato veneto, da cui scaturì quella scoperta del mondo slavo che è all'origine di buona parte della fortuna letteraria del F. in Europa. Quella prima spedizione, partita da Venezia nell'estate del 1770, si fermò in visita ad alcune isole della costa dalmatica. I risultati della missione furono compendiati dal F. nel Saggio d'osservazioni sopra l'isola di Cherso e Osero (Venezia 1771), un resoconto di viaggio ricco di osservazioni naturalistiche ma anche di disincantate riflessioni sullo stato dell'economia della Dalmazia. Un secondo viaggio, questa volta al seguito di lord F.A. Hervey, vescovo di Londonderry, fu progettato per la seconda metà del 1771 per visitare l'entroterra dalmata. Incontratisi a Pola nel mese di giugno, i due furono obbligati da circostanze locali a mutare programma. La notizia che il Vesuvio era entrato in eruzione suggerì loro di compiere una visita all'area vulcanica di Napoli. Alla fine di luglio, portato a termine il breve viaggio napoletano, raggiunsero la Puglia e di qui tornarono in Dalmazia per riprendere il programma originario. Una terza missione, affidatagli dal Senato di Venezia per interessamento di A. Memmo, lo portò in Dalmazia nell'estate del 1773 con il compito di studiare la situazione della pesca e suggerire i possibili rimedi al degrado in cui versava quell'arte. Ne ricavò due relazioni e una più approfondita conoscenza del mondo slavo. Tali esperienze gli consentirono di perfezionare e dare alle stampe l'opera sua più nota e apprezzata, quel Viaggio in Dalmazia (Venezia 1774) che, tradotto nelle principali lingue europee, diede un impulso decisivo alla riscoperta delle culture periferiche dell'Europa balcanica.
In ambito veneto l'opera aprì un vivace dibattito tra intellettuali veneziani e dalmati sulla realtà sociale ed economica della Dalmazia. Nella cultura europea più avanzata i canti popolari raccolti dal F. furono tradotti da J.G. Herder e W. Goethe suscitando una vasta curiosità per la poesia dei Morlacchi che confluì nel grande moto romantico di riscoperta delle culture popolari e nazionali.
Un lungo tour italiano, che dal marzo 1775 si protrasse fino alla fine dell'anno, chiuse questa prima, intensa fase di viaggi. Effettuato sotto la supervisione scientifica di J. Strange, ambasciatore britannico a Venezia, il viaggio italiano mirava a ottenere osservazioni attendibili sui vulcani estinti dell'Italia centrale per completare alcuni studi sulla controversa questione dell'origine del basalto. Al di là dei risultati scientifici, il viaggio napoletano del '71 e quello italiano del '75 ampliarono significativamente la cerchia delle sue conoscenze professionali ponendolo in contatto, tra gli altri, con G. Rosa Vairo, L. Dutens, L. Vanvitelli, F. Fontana, G. Targioni Tozzetti, W. Hamilton, J.J. Ferber, I. von Born, E.R. Raspe, A. Baumé, J.D. Cassini e J.F. Corréa.
Tornato in patria il F. intensificò gli studi naturalistici poiché sembrò concretizzarsi l'opportunità di succedere all'anziano Vallisneri nella cattedra di storia naturale dell'università di Padova. Per il F. ciò avrebbe significato la definitiva emancipazione da ogni dipendenza economica e la possibilità di dedicarsi a tempo pieno alla ricerca. Tra le numerose iniziative tese a rafforzare il proprio curriculum scientifico vi è la redazione di un Voyage du naturaliste en Italie, cui dedicò molte energie, che non riuscì a pubblicare, ma del quale ci sono pervenuti ampi frammenti manoscritti. Dei materiali raccolti nel 1777, durante alcuni brevi viaggi italiani, pubblicò un Articolo di lettera su alcuni fenomeni naturali delle montagne del Bergamasco e la Lettera orittografica al sig. ab. Girolamo Carli sull'Illirio e Carniola nel tomo I (1778) degli Opuscoli scelti di C. Amoretti. Il contributo scientifico più rilevante del periodo, che affiancato alle due opere di viaggio doveva assicurargli la cattedra padovana, fu la memoria Della valle vulcanico-marina di Roncà (Venezia 1778). In essa, polemizzando con le teorie vulcanologiche di Nicolas Desmarest, adottò l'ipotesi dello Strange circa l'origine del basalto colonnare da banchi di argilla marina fusi dal fuoco vulcanico e raffreddati lentamente.
Ma alla candidatura del F., sostenuta da autorevoli personalità della cultura veneta, si oppose un anziano senatore, Pietro Barbarigo detto lo Zoppo che, fieramente avverso alle aperture del F. in campo scientifico e culturale, riuscì a sbarrargli il passo in nome della difesa dei valori della tradizione. La personalità del F., impetuosa e poco incline all'ossequio verso i potenti, non giovò certo alla sua causa. L'insuccesso va però addebitato principalmente al clima politico del periodo, in primo luogo al declino dell'influenza dei suoi sostenitori all'interno del Senato, il procuratore Andrea Tron e A. Memmo.
La delusione e lo sconforto gli fecero meditare uno sdegnoso ritiro dalla società nel piccolo podere di Arzignano, che le fortunate traduzioni del Viaggio in Dalmazia gli avevano permesso di acquistare. I primi anni '80 videro invece l'inizio di una nuova fase di viaggi e iniziative culturali. Nel gennaio 1780 era a Spalato dove aprì la sessione inaugurale dell'Accademia locale con un discorso Sulla cultura del castagno da introdursi nella Dalmazia. Da qui, attraversato l'Adriatico, passò in Puglia e giunse in marzo a Napoli dove gli amici partenopei Rosa Vairo e Cirillo lo introdussero in uno degli ambienti più vivaci dell'intellettualità napoletana, il circolo che si riuniva nella casa di A. De Gennaro, duca di Belforte. Qui ebbe modo di avvicinare pressoché tutti gli illuministi napoletani dell'ultima generazione, legandosi in particolare a G. Filangieri e M. Delfico, dei quali condivise profondamente gli ideali di riforma. Approfittò del soggiorno campano per studiare il fenomeno delle mofete vulcaniche in relazione al dibattito in corso tra i chimici sulla natura delle arie. Da Napoli proseguì verso la Sicilia percorrendo l'entroterra calabro ed esaminandone la costituzione geologica. Giunto nell'isola nel luglio 1780, conobbe il vulcanologo G. Gioeni e con lui effettuò l'ascensione all'Etna. Il ritorno via mare gli consentì di visitare l'arcipelago delle Eolie e di approfondire la conoscenza dei prodotti dei vulcani attivi. Attraversato di nuovo l'Adriatico, trascorse un breve periodo a Ragusa presso le famiglie Sorgo e Bassegli; poi, in dicembre, rientrò ad Arzignano. In Veneto rimase stabilmente fino all'autunno 1783 compiendo solo una visita all'amico C.U. von Salis Marschlins in Svizzera nell'ottobre 1781 e qualche visita agli amici di Ragusa. Durante questo periodo fu occupato prevalentemente nella redazione del Nuovo Giornale enciclopedico. Si dedicò, inoltre, alla preparazione di alcune memorie scientifiche in cui difese le proprie opinioni vulcanologiche dai primi attacchi dei geologi nettunisti. Tra di esse vanno ricordate la Memoria geografico-fisica intorno la vera situazione dell'isole Elettridi degli Antichi (1786) e la Memoria sopra lo stato attuale della valle, lago e mofeta d'Ansanto (1789) pubblicate negli Atti dell'Accademia di Padova di cui era membro effettivo dal 1780.
Tornato nel Regno di Napoli nel novembre 1783, forse per studiarvi gli effetti dei catastrofici terremoti calabri dei mesi precedenti, vi compì per caso una scoperta che avrebbe condizionato profondamente il suo destino di studioso e di riformatore. Nelle grotte del Pulo, una località nei pressi di Molfetta, egli rinvenne notevoli quantità di salnitro prodotto spontaneamente dalla roccia tufacea e calcarea della regione. La scoperta di tale sostanza, essenziale per la produzione della polvere pirica, gli consentì di ottenere un incarico stipendiato dalla corte di Napoli: per interessamento del Delfico e del Filangieri, fu nominato consulente mineralogico del sovrano ed ebbe il compito di riorganizzare la produzione del salnitro. Le nuove direttive da lui suggerite per la lavorazione della sostanza e soprattutto il tentativo di ottenere l'abolizione del sistema ingiusto e antieconomico dell'arrendamento, suscitarono le veementi reazioni degli imprenditori privati che detenevano lucrosi appalti nel ramo. Forse su istigazione di questi ambienti, alcuni studiosi napoletani, tra cui A. Fasano, N. Andria e S. Ramondini, negarono il valore della scoperta e costrinsero il F. a scendere in campo per tutelare il proprio prestigio scientifico. Da questo contesto ebbero origine due scritti di taglio polemico: la memoria Del nitro minerale (Napoli 1783) e la Lettera a Melchiorre Delfico (ibid. 1789). Nonostante la stima dei sovrani, del primo ministro J.F.E. Acton e di alcuni amici prestigiosi, il tentativo di riformare il regime di produzione del salnitro incontrò resistenze di ogni tipo. Una lunga permanenza nella capitale borbonica, dal dicembre '86 al maggio '89, giovò solo a convincerlo che l'opposizione dei fermieri del salnitro e l'immobilismo dell'amministrazione erano ostacoli insormontabili. Dopo un breve soggiorno in patria, tornò a Napoli nel febbraio o marzo del 1790 deciso a ottenere in tempi brevi lo scioglimento dagli impegni assunti con la corte, ma la permanenza nel Regno borbonico si protrasse fino al gennaio 1791. Acton infatti lo incaricò di seguire il passaggio della nitriera di Molfetta a una compagnia privata che ne aveva assicurato lo sfruttamento in cambio di un affitto annuo. Alla fine, solo la morte della madre, nel dicembre 1790, sbloccò la situazione permettendogli di ottenere l'autorizzazione a far ritorno in patria.
Durante i lunghi soggiorni napoletani si dedicò all'acquisto di reperti archeologici per conto del marchese Tommaso degli Obizzi, reperti che andarono ad arricchire le collezioni conservate nella villa del Cataio presso Padova. Fino alla morte del Filangieri e del duca di Belforte frequentò i circoli massonici, ma non è chiaro se, e in che misura, ne condividesse gli ideali latomistici. Dal 1788, a eccezione di un viaggio nell'arcipelago pontino e toscano e di periodici sopralluoghi alla nitriera, il F. condusse vita ritirata mantenendo contatti solo con gli amici più stretti e con alcuni naturalisti viaggiatori. Frequentò tra i forestieri A. Bertola De Giorgi, A. Soldani, S. Breislak, J. Hawkins, F. Latapie, E.A.W. Zimmermann, C.U. von Salis-Marschlins e D. de Dolomieu. Tra i sudditi di Ferdinando IV preferì l'amicizia di intellettuali originari delle province, quali G.M. Giovene, V. Comi, C.S. Minervino, G. Capecelatro.
La vicenda della nitriera di Molfetta lo disilluse circa la possibilità di realizzare una riforma dell'economia e della società meridionali, ma non incrinò la sua curiosità per i dibattiti culturali che vi si svolgevano. Dalla riflessione sugli effetti della feudalità ai contrasti con la S. Sede, dai problemi dell'economia rurale alle discussioni sulle credenze popolari, il F. mantenne una vigile attenzione verso i temi più rilevanti della cultura meridionale degli anni '80 e ne riferì nei periodici ai quali collaborava.
Tornato in patria nel febbraio 1791, riprese attivamente gli studi naturalistici e partecipò ad accese dispute letterarie. Particolare sviluppo ebbero i suoi interessi paleontologici. In questa luce va intesa la collaborazione con l'abate G. Olivi che stava lavorando alla Zoologica adriatica (1792). Compì escursioni alla ricerca di fossili in compagnia del giovane G. Brocchi, contribuendo in maniera determinante a orientarne gli interessi scientifici. Interessanti implicazioni teoriche ebbe la disputa con l'abate D. Testa a proposito dell'interpretazione dei pesci fossili di Bolca.
Nel confutare le opinioni fantasiose del Testa, il F. aveva certamente presenti le tesi di E. Pini, autorevole geologo milanese, che tra il 1790 e il 1792 aveva assunto posizioni di chiara impostazione nettunista e diluvialista con l'intenzione esplicita di difendere la cronologia biblica tradizionale. L'idea che all'azione dei vulcani non si potesse rinunciare per spiegare la genesi e la trasformazione del pianeta e che tale processo avesse richiesto tempi estremamente lunghi rimase per il F. una salda convinzione nonostante le tendenze contrarie presenti nella comunità scientifica internazionale.
Si occupò inoltre della scoperta e dell'impiego industriale dei combustibili fossili. Collaborò alla direzione della miniera di litantrace di Sogliano in Romagna di proprietà del conte M. Fantuzzi. Tentò di promuovere l'uso della pozzolana e indirizzò al conte F. Asquini una memoria sulla torba degli Euganei (1795). Nell'aprile 1795 fu ascritto alla Royal Society.
Infine, con la collaborazione di C. Amoretti, tentò di ottenere che la comunità scientifica prendesse in considerazione le esperienze sulla rabdomanzia (o elettrometria animale) effettuate dal medico francese P. Thouvenel. Più volte il F. organizzò riunioni ed esperienze per studiare i fenomeni rabdomantici alla luce delle teorie sull'elettricità. Egli stesso diede un resoconto favorevole degli esperimenti a cui aveva assistito in una Lettera a Spallanzani che apparve negli Opuscoli scelti (1792) in risposta a un intervento critico di questo. Ma il dibattito si trasformò ben presto in una disputa che assunse toni assai aspri e fu all'origine della rottura tra il F. e Spallanzani.
L'accelerazione impressa dalle campagne napoleoniche alla crisi della Serenissima impedì al F. di trascorrere gli ultimi anni nella quiete operosa dei circoli scientifici veneti. Le accuse di giacobinismo che gli furono mosse, il timore di essere coinvolto negli avvenimenti che si annunciavano e motivi personali lo indussero ad anticipare gli eventi. Partito nella prima decade di settembre del 1796, giunse il 22 settembre a Coira dove fu ospitato presso la famiglia Salis. Il 6 ottobre passò a Strasburgo e pochi giorni dopo era a Parigi, dove rimase per quasi tutto il 1797. Tornato in patria probabilmente nel dicembre di quell'anno, vi restò sicuramente fino all'agosto 1798. Ancora a Parigi dal settembre, vi rimase quasi tre anni occupandosi di storia naturale e partecipando alle vicende della comunità degli intellettuali italiani.
I suoi rapporti con alcune influenti personalità della vita politica francese gli consentirono, tra l'altro, di intervenire a favore di G. Fabbroni e del Dolomieu. Fin dalle prime settimane di permanenza fu ammesso alle sessioni del neocostituito Institut national. Frequentando gli scienziati più prestigiosi dell'epoca, seppe introdursi attivamente nella vita scientifica della capitale. In qualità di résident al Jardin des plantes effettuò nuovi studi sulla fauna marina fossile entrando in contatto, oltre che con B. Faujas de Saint-Ford e G. Cuvier, con J. Hermann di Strasburgo e con P. Thunberg di Uppsala. I risultati furono pubblicati in alcune memorie epistolari apparse nel Journal de physique di J.C. De Lamétherie (tomi LI, LII, LV, LVII). Molte energie dedicò alla preparazione di una serie di volumi in cui intendeva raccogliere i migliori contributi scientifici prodotti da naturalisti e geologi italiani nell'ultimo quarto di secolo. Dell'ambizioso progetto iniziale solo una parte vide la luce: due volumi di Mémoires pour servir à l'histoire naturelle de l'Italie uscirono a Parigi nel 1802 senza avere particolare risonanza benché vi fossero esposte alcune tesi ardite. L'opera si apriva con un lungo "Essai de géologie du Vicentin", in cui il F., tracciando un bilancio dei suoi studi geologici, ribadiva le proprie convinzioni contrarie alle teorie nettuniste allora dominanti in Europa. In questo e in altri saggi dei Mémoires affrontò poi un problema che a Parigi era al centro del dibattito scientifico, quello della variabilità delle specie. A tale riguardo assunse una posizione vicina a quella di J.B. Lamarck: dichiarandosi poco disposto ad accettare l'idea dell'estinzione di alcune specie, avanzò l'ipotesi di una loro trasformazione dovuta a mutamenti ambientali. Anche la specie umana, a suo giudizio, era il risultato relativamente recente del perfezionamento di qualche specie antropomorfa.
Il prestigio scientifico e le frequentazioni parigine gli valsero la stima di Napoleone Bonaparte, che lo nominò prefetto della biblioteca e segretario del neocostituito Istituto nazionale italiano con sede a Bologna, dove si recò nell'ottobre 1801 benché il suo stato di salute fosse già precario. Qui visse appartato occupandosi quasi esclusivamente dei suoi doveri d'ufficio, una scelta che va interpretata alla luce del giudizio negativo che egli aveva maturato sulla realtà della Repubblica Italiana. Nell'ultimo anno di vita curò il patrimonio librario di quella che oggi è la Biblioteca universitaria.
Il F. morì a Bologna il 21 ott. 1803.
Alle opere del F. citate nel testo si aggiungano: Volgarizzamento libero del quarto libro dell'Eneide di Virgilio, Venezia 1768; Lettere d'un prete montagnuolo sopra la questione del battesimo degli aborti, in L'Europa letteraria, II (1769), 1, pp. 8-13; Lettera al nob. sig. conte Rados Michieli Vitturi, s.l. 1776; L'abate Fortis al signor Giovanni Lovrich, Brescia 1777; Sermone parenetico di Pietro Sclamer chersino al signor Giovanni Lovrich, Modena 1777; Lettera apologetica d'un naturalista al sig. Giovanni Pietro Maria Dana intorno alla diversità d'alcuni vermi marini molluschi colla risposta di questi al medesimo, Torino 1777; Lettera al sig. dott. Collini, sopra la probabilità della trasmutazione locale dell'argilla marina in lava vulcanica, in Opuscoli scelti, VI (1783), pp. 331-346; Versi d'amore e d'amicizia, Vicenza 1783; Lettere geografico-fisiche sopra la Calabria e la Puglia, Napoli 1784; Delle ossa d'elefanti e d'altre curiosità naturali de' monti di Romagnano nel Veronese, Vicenza 1786; Memoria al signor commendatore F. Deodato de Dolomieu sopra la miniera di carbone in Romagna, Cesena 1790; Tre lettere al signor conte Niccolò Da Rio, ibid. 1791; Osservazioni orittografiche sopra parecchie località de' monti padovani, in Mem. di matem. e di fisica della Soc. ital. delle scienze, VI (1792), pp. 236-255; Tre lettere sopra i pesci fossili di Bolca, Venezia 1793; Della torba che trovasi appié de' Colli Euganei, ibid. 1795; Sulle discoliti, chiamate dianzi pietre lenticolari, in Opuscoli scelti, XXII (1803), pp. 145 s.; Sopra le pretese ossa d'animali terrestri silicee del Mont-Perdu negli alti Pirenei, in Mem. di matem. e di fisica della Soc. ital. delle scienze, X (1803), 2, pp. 172-182.
Fonti e Bibl.: Manoscritti scientifici e resoconti di viaggio inediti sono conservati alla British Library di Londra (Add. Mss. 19308, 19309, 19313, 19314) e alla Biblioteca civica di Bassano del Grappa. Del carteggio edito e inedito, costituito dal oltre 1.600 lettere disperse in numerose biblioteche italiane ed estere, è stato fornito un catalogo aggiornato da Ž. Muljačić, Per un inventario del carteggio di A. F., in Nuncius, V (1990), 1, pp. 127-203, integrato da L. Ciancio, Contributo all'inventario del carteggio di A. F., ibid., VII (1992), pp. 141-159. In alcune lettere sono contenuti poemi inediti, poesie d'occasione, trascrizioni paleografiche. Il miglior ritratto d'insieme rimane quello di G. Torcellan, Profilo di A. F., in Illuministi italiani. Riformatori delle antiche Repubbliche, Milano-Napoli 1965, VI, pp. 281-309, poi in Settecento veneto e altri scritti storici, Torino 1969; importanti dettagli biografici in T. Motterle, Dal conte Azzolino ad A. F., in Valle del Chiampo. Antologia, Arzignano 1975, pp. 12-70. Alla bibliografia precedente il 1975, per la quale si rimanda ai tre studi sin qui citati, si aggiunga: Ž. Muljačić, Gli appunti di A. F. concernenti la lingua romanza, in Archivio glottologico italiano, LXI (1976), 1-2, pp. 108-116; Id., Su alcuni scritti sconosciuti di A. F., pubblicati a Brunswick (1790-1792), in Giorn. stor. della letter. ital., CLV (1977), pp. 261-266; Id., Fortisova putovanja po Dalmaciji (I viaggi del F. in Dalmazia), in Mogucnosti (Possibilità), XXV (1978), 10, pp. 1141-1160; XXVI (1979), 1, pp. 91-107; Id., Putovanja Alberta Fortisa u Istru (I viaggi di A. F. in Istria), in Radovi Centra JAZU u Zadru (Atti del Centro JAZU a Zara), XXV (1978), pp. 269-280; L. Olivato Puppi, Alle origini del museo moderno, in Saloni, gallerie, musei e la loro influenza sullo sviluppo dell'arte nei sec. XIX e XX, a cura di F. Haskell, Bologna 1979, pp. 30, 34; Ž. Muljačić, Un anticruscante poco noto: A. F., in Stimmen der Romania, a cura di G. Schmidt - M. Tiets, Wiesbaden 1980, pp. 277-288; F. Venturi, Venezia nel secondo Settecento, Torino 1980, pp. 65-76; M. Brusatin, Venezia nel Settecento…, Torino 1980, p. 131; P. Del Negro, Giacomo Nani e l'università di Padova nel 1781, in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, XII (1980), p. 89; Ž. Muljačić, Minima fortisiana, in Italienische Studien, IV (1981), pp. 59-66; Id., A. F. als Berater von J. Wynne und B. Benincasa, in Zeitschrift für slavische Philologie, XLII (1981), 2, pp. 297 ss.; M. Infelise, Censura e politica giurisdizionalista a Venezia nel Settecento, in Annali della Fondazione Einaudi, XVI (1982), p. 247; D. Silvestri, I rapporti tra L. Spallanzani e A. F., in L. Spallanzani e la biologia del Settecento, a cura di G. Montalenti - P. Rossi, Firenze 1982, pp. 305-316; P. Corsi, Oltre il mito, Bologna 1983, p. 206; F. Piva, A.M. Lorgna e la Francia, Verona 1983, pp. 91, 100, 127, 217, 220; F. Trentafonte, Giurisdizionalismo, illuminismo e massoneria nel tramonto della Repubblica veneta, Venezia 1984, p. 78; V. Giormani, L'insegnamento della chimica all'università di Padova dal 1749 al 1808, in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, XVII (1984), pp. 114, 119; P. Preto, L'illuminismo veneto, in Storia della cultura veneta, 5, Il Settecento, I, Vicenza 1985, pp. 1-45 (cfr. anche Indice, vol. II); P. Del Negro, Una nota su G. Scottoni e il "Giornale d'Italia", in Archivio veneto, CXXII (1985), 1, pp. 118 s.; M. Cuaz, Giornali e gazzette, ibid., pp. 125-128; G. Da Pozzo, Tra cultura e avventura, ibid., pp. 535-538; K. Pomian, Collezionisti d'arte e di curiosità naturali, ibid., 2, pp. 31 s., 44-46, 49-52; A. Frumento, Le Repubbliche Cisalpina e Italiana con particolare riguardo a siderurgia, armamenti, economia ed agli antichi luoghi lombardi del ferro, 1796-1805, Milano 1985, pp. 370 s.; Ž. Muljačić, Il Garda e i dintorni in due diari odeporici del 1777, in Il Garda nella cultura europea. Atti del Congresso internazionale, a cura di E. Kanceff, Genève 1986, I, pp. 301-316; G. Pizzamiglio, Introduzione, ad A. Fortis, Viaggio in Dalmazia, Venezia 1987, pp. XI-XXX; P. Preto, Fossili, "lumi" e scoperta del territorio nel Veneto del '700, in Anton Lazzaro Moro (1687-1987). Atti del Convegno di studi, San Vito al Tagliamento 1988, pp. 33-48; G. Berti, Un naturalista dall'Ancien Régime alla Restaurazione. Giambattista Brocchi (1772-1826), Vicenza 1988, pp. 25 s., 66, 91, 99; M. Infelise, L'editoria veneziana nel '700, Milano 1989, pp. 69, 130, 268, 350; V. Ferrone, I profeti dell'Illuminismo, Bari 1989, ad Indicem; R. Pasta, Scienza, politica e rivoluzione. L'opera di G. Fabbroni…, Firenze 1989, ad Indicem; F. Venturi, Settecento riformatore, V, 2, La Repubblica di Venezia (1761-1797), Torino 1990, ad Indicem (alcuni cenni sul F. anche negli altri volumi della stessa opera); A. Di Ricco, L'inutile e maraviglioso mestiere. Poeti improvvisatori di fine Settecento, Milano 1990, pp. 100-106, 241 ss.; E. Vaccari, Primo contributo all'inventario del carteggio di Giovanni Arduino, in Nuncius, V (1990), 1, pp. 82, 124; L. Ciancio, La resistibile ascesa della rabdomanzia. Pierre Thouvenel e la "Guerra di Dieci Anni", in Intersezioni, XII (1992), 2, pp. 267-290; Id., Autopsie della Terra. Illuminismo e geologia in A. F. (1741-1803), Firenze 1995; A Calendar of the Correspondence of John Strange…, a cura di L. Ciancio, London 1995, ad Indicem; Ž. Muljačić, Putovanja Alberta Fortisa po Hrvatskoj i Sloveniji (Viaggio di A. F. in Croazia e in Slovenia) (1765-1791), Split 1996.
Per quanto riguarda l'iconografia, si ricordano le incisioni di S. Sellier, in Mem. di matem. e di fisica della Soc. ital. delle scienze, XIV (1809), 1, p. XIV; di M. Comirato, in Galleria dei letterati e artisti illustri delle provincie venete nel secolo XVIII, Padova 1824, I; di A. Farinati, conservata presso il Museo Civico di Padova, Raccolta ritratti, n. inv. 1676; e i tre ritratti conservati presso la biblioteca del Welcome Institute for the history of medicine di Londra, Iconographic collection, n. 1012/1-3 (incisioni di L. Rados su disegno di A. Bramati, di G. Dala da Sellier e di G. Fusinati da Sellier).