VIANI, Alberto Gaspare
Nacque a Quistello (Mantova) il 26 marzo 1906 da Oreste e da Itala Costanza Bettini, ultimo di cinque figli.
Dopo il trasferimento della famiglia a Mestre nel 1916, frequentò dapprima il locale liceo tecnico scientifico e in seguito l’istituto tecnico Giovanni Battista Belzoni di Padova, dove si diplomò nel 1926. Congedato dal servizio militare, nel 1929 intraprese gli studi artistici e s’iscrisse al corso di scultura di Eugenio Bellotto all’Accademia di belle arti di Venezia. Diplomatosi nel 1933, prese a frequentare la casa del collezionista Carlo Cardazzo, fondatore nel 1934 delle Edizioni del Cavallino e nel 1942 dell’omonima galleria d’arte, dove si riunivano i principali esponenti del rinnovamento artistico e culturale di Venezia. Presso il salotto Cardazzo strinse durevoli legami con Giuseppe Santomaso, Carlo Scarpa, Mario Deluigi, Armando Pizzinato e con il critico Giuseppe Marchiori, e vi conobbe, tra gli altri, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Eugenio Montale e Leonardo Sinisgalli. Insieme con Santomaso e Giuseppe Cesetti, contribuì all’attività editoriale del Cavallino, curando la veste grafica delle prime edizioni, e nel 1940 illustrò I sette giorni di Massimo Bontempelli. La vasta biblioteca del collezionista lo introdusse all’arte moderna internazionale di Pablo Picasso, Constantin Brancusi, Georges Braque e altri, attraverso i libri e le riviste d’arte, quali Verve, L’Esprit Nouveau, Cahiers d’Art, allora censurati dal regime fascista. Tra il 1938 e il 1939 prese parte alle mostre dell’Opera Bevilacqua La Masa, organizzate dal sindacato fascista di belle arti, con le opere Maternità e Ritratto.
La produzione scultorea di Viani fino al 1939, modellata in creta ma oggi dispersa e tramandata da fotografie, risentì della lezione novecentista di Arturo Martini, nella formulazione di un linguaggio figurativo di ascendenza mitica e mediterranea, quale condizione formale e culturale della figura umana (Orfeo, 1932; Le baccanti, 1933; Acrobata, 1939-40). Accanto al tema mitologico, interesse che rimase costante per lo scultore, egli attese in quegli anni ad alcune opere di carattere religioso, quali Il ritorno del figliol prodigo (1933). L’insegnamento del maestro trevigiano, cui la Biennale di Venezia tributò una sala personale nel 1932, si rivelò decisivo a partire dal 1942, quando Martini assunse la cattedra di scultura presso l’Accademia di belle arti di Venezia. Dopo aver insegnato al liceo artistico della città dal 1940, nel 1942 Viani ottenne l’incarico di docenza presso l’Accademia di belle arti e, dal 1944 al 1947, vi rivestì il ruolo di assistente di Martini.
Le prove di Viani dal 1939 al 1944 inaugurarono un percorso di progressiva sintesi formale ed estetica che da allora s’incentrò sul tema del nudo, declinato attraverso i valori materici e luministici del gesso (Torso virile, 1939; Nudo femminile, 1939; Nudo, 1943). Presentò la nuova ricerca al pubblico nel 1944 alla prima mostra personale presso la Piccola Galleria di Venezia, in occasione della quale Martini gli dedicò una poesia e Virgilio Guidi un testo critico. Annullato ogni afflato monumentale, in assonanza con le riflessioni teoriche di Martini sulla crisi della statuaria (La scultura lingua morta, Venezia 1945), accolse le suggestioni dell’arte cicladica ed ellenistica e dei miti antropomorfici, coniugandole a un’originale lettura del surrealismo e della poetica dell’ermetismo, come emerse in opere quali Nudo (1944), Torso femminile (1945), Idolo (1949). L’innovativa ricerca plastica attirò l’attenzione della critica e nel 1946 uscì la sua prima monografia, con le testimonianze, tra gli altri, di Luciano Anceschi, Umbro Apollonio, Marchiori, Renato Birolli e Sergio Bettini, al quale ultimo lo unì un vincolo di parentela e di profonda amicizia. Emerse allora una koinè culturale, nel segno dell’astrattismo avanguardista, tra l’arte di Viani e gli esiti internazionali di Alberto Giacometti, Picasso, Brancusi, Henri Laurens e Hans Jean Arp. In particolare, fu con l’astrazione biomorfa di Arp che il nome di Viani si associò di sovente, anche in ragione del sostrato allusivamente ironico di entrambi, cosicché i due artisti finirono per legarsi in amicizia, come attestano i Petits poèms à l’intention de Viani, inviati al critico Enrico Crispolti nel 1957 (H.J. Arp, in Alberto Viani. Sculture in bronzo, catal., Roma 1961, pp.n.nn.).
A Venezia, nell’ottobre del 1946, Viani aveva sottoscritto il manifesto della Nuova secessione artistica italiana, che riunì le tendenze espressioniste e astratte, di Renato Birolli (suo amico), Bruno Cassinari, Renato Guttuso, Leoncillo Leonardi, Carlo Levi, Ennio Morlotti, Pizzinato, Santomaso ed Emilio Vedova. Nel 1947, anno che segnò il matrimonio con Ida Rosini, un suo Nudo (1946) fu illustrato sulla rivista Forma 1, dove apparve il manifesto dell’omonima compagine astrattista. Quell’anno Viani prese parte alla storica «Prima mostra del Fronte nuovo delle arti», presso la galleria della Spiga di Milano, che, sotto l’egida di Marchiori, riunì alcuni degli artisti neo-cubisti e astrattisti della Secessione. Dal 1947, anno della scomparsa di Martini, Viani tornò a insegnare al liceo artistico di Venezia, dove rimase fino al 1953.
Nel 1948 espose a due importanti rassegne romane sulle tendenze artistiche nazionali: «Arte astratta in Italia», organizzata dall’Art Club presso la Galleria di Roma, e la V edizione della Quadriennale alla Galleria nazionale d’arte moderna. L’adesione di Viani alle istanze di rinnovamento dell’arte italiana assunse un respiro internazionale in occasione della XXIV Biennale di Venezia (1948), quando presentò cinque nudi nella sala dedicata al Fronte e ottenne il premio della Presidenza Biennale per giovani artisti italiani riservato a uno scultore. Nel 1949 prese parte alla mostra collettiva «Twentieth-Century Italian Art», ordinata da James Thrall Soby e Alfred H. Barr, presso il MoMA di New York, dove comparve tra gli esponenti della recente produzione scultorea, accanto a Martini, Marino Marini, Giacomo Manzù, Pericle Fazzini, Emilio Greco e Lucio Fontana. In quell’occasione Torso (1945), opera in marmo, entrò nelle raccolte dell’istituzione americana. Quattro anni più tardi Viani tornò ad esporre al MoMA, nella prestigiosa rassegna itinerante «Sculpture of the Twentieth Century», che annoverò, tra gli altri, i capolavori di Giacometti, Alexander Calder, Arp, Antoine Pevsner, Umberto Boccioni e Henry Moore.
Eletto a propria dimora veneziana il palazzo Venier dei Leoni, la collezionista Peggy Guggenheim nel 1949 vi allestì, con Marchiori, una mostra di scultura contemporanea internazionale, con due gessi di Viani disposti nel giardino. Qualche mese prima lo scultore ottenne il Gran premio di scultura Città di Varese, con un Nudo in gesso, collocato per la prima volta en plein air, che suscitò l’ammirazione della giuria per l’armoniosa rispondenza con il parco di villa Mirabello. Nella produzione di Viani il confronto dialettico della scultura con lo spazio o con l’ambiente circostanti rivestì un ruolo determinante. Tra gli esiti più innovativi della sua ricerca plastico-spaziale si annoverano Nudo astratto (1949) e Torso femminile (1954), entrambi in marmo di Carrara, acquisiti dal parco di sculture Middelheim Museum di Anversa, e il Nudo in bronzo (1958), esposto nel 1962 a Spoleto in occasione di «Sculture nella città», V Festival dei due mondi.
Negli anni Cinquanta la parabola artistica di Viani, inventore di iconiche forme scultoree, produsse alcuni dei suoi capolavori: a partire dal Nudo seduto (1949), egli ideò con Cariatide (1951) un nuovo archetipo scultoreo, in cui l’andamento curvilineo delle superfici e la maestria del modellato, dai valori tattili e sensuali, veicolarono una rarefazione di forme e l’apparente de-materialità del medium artistico. Ciò indusse la critica a considerare la contenuta monumentalità delle sue sculture come il portato di un classicismo scisso tra la figura umana e la presenza fenomenica della forma (G.C. Argan, Il classicismo di Viani, in Letteratura, 1954, n. 7, pp. 53-58). Dal modello in gesso di Cariatide furono tratte diverse versioni in marmo e in bronzo, e l’opera fu esposta alla XXVI Biennale di Venezia (1952), che gli tributò per la prima volta una sala, e gli conferì il premio del Comune di Venezia. A fronte della costante partecipazione all’esposizione veneziana (1954, 1956, 1964, 1968, 1972), le sale personali del 1958 e del 1966 (Premio internazionale di scultura) suggellarono il sodalizio artistico di Viani con Scarpa, che ne ideò gli allestimenti in un connubio tra arte e architettura. Nel 1958 l’architetto allestì presso il negozio Olivetti di piazza S. Marco Nudo al sole (1956), bronzo dorato dell’omonimo gesso esposto alla XXVIII Biennale, appositamente acquistato da Adriano Olivetti.
Intanto Viani dal 1953 aveva ripreso l’incarico di docente all’Accademia di belle arti di Venezia, dove insegnò plastica ornamentale, e nel 1956 aveva ottenuto la nomina di professore di ruolo in scultura presso l’Accademia di belle arti di Bologna. Nonostante la partecipazione a numerose mostre internazionali (nel 1955 la III Biennale di San Paolo del Brasile e la Documenta di Kassel) e il clamore suscitato dalle sue opere, apparse sui rotocalchi di costume accanto a celebrità del cinema quali Alberto Sordi e Sofia Loren, egli rimase un artista dall’indole solitaria e riflessiva, un colto e appassionato bibliofilo. Coltivò vasti interessi in ambito filosofico, che inclusero il pensiero di Pierre Teilhard de Chardin, Martin Heidegger, Edmund Husserl e Maurice Merleau-Ponty, e nell’ermetismo poetico di Stéphane Mallarmé, Paul Valery ed Eugenio Montale.
Interessato alla progettualità della scultura, come attesta il cospicuo corpus dei disegni, produsse le sue forme plastiche con una lenta e ponderata elaborazione. Al principio degli anni Sessanta pervenne, con la serie delle Chimere, a un processo di destrutturazione formale attraverso grandi linee arcuate e convergenti, dislocate nello spazio mediante appoggi sul terreno. In questo periodo compì opere centrali, quali Il pastore dell’essere (1963), che presentò alla IX Quadriennale d’arte di Roma, Omaggio a Michelangelo (1964), Grande idolo (1965), esposte nel 1965 alla VIII Biennale di San Paolo, e La grande madre (1966), un gesso tradotto in bronzo. Dal 1956 al 1965 circa elaborò una serie di strutture filiformi in ferro, distinte dalle armature strutturali dei gessi, che furono oggetto di un’intera mostra presso la galleria La Nuova Pesa di Roma nel 1989.
L’ultima e intensa stagione creativa si inaugurò con il ciclo Bagnanti (dal 1968), di dimensioni ambientali, di cui un esemplare bronzeo fu collocato nel 1971 sul Canal Grande di Venezia, e incluso nell’importante personale presso la sala dell’Arengo di Rimini (1974). Nel 1977 la Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro tributò una mostra all’intero percorso di Viani, che si concluse con la serie Odalisca (dal 1974). Tre anni più tardi, l’esposizione al palazzo dell’Imperatore di Prato, poi ospitata presso il palazzo Te di Mantova, s’incentrò sui bronzi dal 1949 al 1975, introdotti da un saggio del critico d’arte e amico di lunga data, Carlo Ludovico Ragghianti.
Viani morì a Venezia il 10 ottobre 1989.
L’anno seguente Pier Carlo Santini fornì una prima ricostruzione filologica del suo percorso, attraverso fotografie inedite delle opere distrutte per mano dello stesso artista oppure disperse, mettendone in luce il modus operandi, il rapporto con i diversi materiali artistici e il rigore delle soluzioni formali. In occasione del centenario della nascita (2006), si registrò una ripresa degli studi che incluse l’esposizione «Alberto Viani (1906-1989)», presso le chiese rupestri di Matera, e un convegno tenutosi all’Accademia di belle arti di Venezia, che ne approfondì la figura nel dibattito culturale del tempo. Nel 2010 sue sculture, nella collezione permanente di Ca’ Pesaro (Venezia), furono incluse nella collettiva Le forme del moderno.
Opere di Viani sono conservate presso musei nazionali e stranieri, tra i quali la Fondazione Musei civici di Venezia, Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna, il Museo Novecento (Firenze), il Museo del Novecento (Milano), il MoMA - Museum of Modern Art (New York), l’Albright-Knox Art Gallery, Buffalo (New York).
A. V. (catal., Mantova), a cura di P.C. Santini, Milano 1990; A. Viani, Lettere da lontano. Vita, progetti, pensieri nell’amicizia tra uno scultore famoso e un suo collezionista, Venezia 1996; A. V.: i disegni (catal., Venezia), a cura di G. Nonveiller, Milano 1996; A. V. (catal., Venezia-Mestre), a cura di R. Caldura, Milano 1998; A. V.: opere dal 1939 al 1984 (catal., Matera), a cura di G. Appella, Roma 2006; A. V.: pensieri sull’arte, a cura di E. Bordignon Favero, Padova 2006; A. V. e il suo tempo. Atti del Convegno di studi … Venezia… 2006, a cura di S. Simi de Burgis - M. Tosa - G.F. Tramontin, Gorizia 2007; Scarpa, Viani, Deluigi. Dialogo tra arti. Dialogo tra artisti (catal.), a cura di M. Manzelle, Venezia 2014.