MAGALOTTI, Alberto
Nacque intorno al quarto decennio del XV secolo. Si ignora il nome dei genitori del M., che si firmò sempre "Albertus Magaloctus de Urbisveteri", senza indicare il patronimico. Il padre potrebbe essere quel Domenico che nel 1432 si trovava a Firenze come capitano del Popolo, ma da accertare restano le origini milanesi del M., sostenute da Perret e Cerioni. L'unico riferimento esplicito a un legame familiare è la menzione di un fratello, Calabriano, in una lettera da Tours al duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, nel luglio 1471 (Arch. di Stato di Milano, Carteggio Sforzesco, Potenze estere, Francia, 538, c. 16).
Sin da giovane il M. fu comunque nel Ducato milanese, dove iniziò la sua carriera sotto la guida di Francesco e Galeazzo Maria Sforza. Le prime notizie risalgono al 1464, quando "Alberto cavallaro" è citato nei dispacci degli ambasciatori milanesi in Francia. L'anno successivo era ancora impiegato con la stessa mansione e anche la tratta sulla quale si muoveva era sempre quella verso la Francia; nella primavera del 1465 fu catturato nel Borbonese, ma riuscì a liberarsi e fuggire portando con sé le lettere. L'ambasciatore milanese a Limoges, Alberico Maletta, in quell'occasione gli consigliò di consegnare i dispacci a un altro cavallaro e di modificare l'itinerario, scegliendo percorsi più lunghi ma più sicuri per tornare in Italia.
Istituiti nel 1455 da Francesco Sforza, i famigli cavalcanti erano persone molto vicine al duca e da questo utilizzate per le più svariate mansioni, con incarichi di una certa importanza e delicatezza. Il cavallaro non era sempre un semplice fattorino impiegato per recapitare i dispacci; spesso aveva anche notizie da riferire a voce, così importanti che si preferiva non affidarle alla carta. Con l'accrescersi della fiducia e dell'apprezzamento del duca, uomini come il M. divennero veri e propri ambasciatori.
Oltre al carattere, all'intraprendenza e alle doti che in generale doveva aver dimostrato di possedere, l'elemento che favorì il M. fu la conoscenza della lingua francese. Messosi in luce presso il re di Francia, Luigi XI, il M. ne divenne segretario e consigliere dal 1468. Nell'estate di quell'anno, per volere dello stesso sovrano, che aveva licenziato Giovan Pietro Panigarola, il M. fu designato come agente incaricato di mantenere le relazioni con il Ducato sforzesco. Da Compiègne, il 26 luglio 1468 indirizzò a Milano la sua prima lettera scritta in qualità di ambasciatore residente; il 22 agosto era a Senlis, da dove scrisse in favore del Panigarola per spiegare che il congedo del collega era solo frutto de "lengue captive", e il 27 agosto, mentre si trovava con la corte a Noyon, stilò per lo stesso Panigarola una lettera consolatoria. La sua corrispondenza, inoltrata a Galeazzo Maria Sforza, oltre che al segretario ducale Cicco Simonetta, si infittì con il passare delle settimane e in essa il M. utilizzò spesso il cifrario di cui era stato dotato. Alla fine del 1468 rimase fra Compiègne e Noyon al seguito della corte; il 13 ottobre si spostò in Piccardia, a Péronne, dove assistette a un incontro fra il re e il duca di Borgogna, Carlo il Temerario. In quel giorno replicò anche a missive ducali che proponevano di mandare in Francia un nuovo ambasciatore ufficiale: Luigi XI era più che soddisfatto dell'operato del M.; un nuovo giovane fidato avrebbe solo potuto coadiuvarlo, ma non era affatto indispensabile. All'inizio di novembre la corte si mise in viaggio verso il centro della Francia: il 17 era a Senlis dove giunse Sforza Bettini, nuovo ambasciatore milanese; il 30 a Orléans e il 17 dicembre a Tours. La corte si trattenne nei dintorni per tutto il 1469, muovendosi fra Bléré, Amboise, Tours e Orléans, con una puntata a settembre in Vandea, a Niort. In quei mesi, grazie alla presenza di Sforza Bettini, il M. poté dedicarsi maggiormente alle sue attività di segretario regio: operava nella Cancelleria e la maggior parte delle lettere che Luigi XI indirizzò al duca di Milano, alcune anche in lingua francese, furono vergate dal M., il quale nel novembre 1469 vide sfumare la possibilità di compiere un viaggio a Milano per portare al duca il collare dell'Ordine di S. Michele.
Gli anni in cui il M. visse e operò in Francia furono particolarmente vivaci dal punto di vista politico-diplomatico. Luigi XI, oltre che con potenze come l'Inghilterra, la Borgogna di Carlo il Temerario, e la Savoia della duchessa Iolanda di Francia, sua sorella, aveva forti contatti con tutti gli Stati italiani. In difesa del duca Galeazzo Maria Sforza, il sovrano francese si era schierato contro l'aggressività di papa Paolo II, di Venezia e del re di Napoli Ferdinando d'Aragona, ma l'attacco alla Cristianità a opera dei Turchi indusse ciascuno a mettere da parte i rancori e le mire personali. Lo stesso fece, o tentò di fare, Luigi XI nei confronti di Ferdinando.
Alla fine di gennaio del 1471 Luigi XI deliberò di inviare a Napoli il M. per trattare una composizione pecuniaria fra gli Angioini e Ferdinando d'Aragona. In quell'occasione le proteste di Sforza Bettini caddero nel vuoto: il re di Francia rispose che "Alberto predicto stava con essa [maestà] v'erano già passati dui anni che lo era alli serviti soi et che non la aveva altro italiano che lui, et che havendo a mandare in Italia li pareva che fussi più al suo proposito che uno francioso" (Arch. di Stato di Milano, Carteggio Sforzesco, Potenze estere, Francia, 538, c. 242). Il M. giunse in Italia alla fine di marzo. Le tappe previste erano Milano, Firenze e Napoli, ma fu fermato a Milano perché il duca era convinto che la missione si sarebbe risolta in un insuccesso e voleva tentare di aprire personalmente la strada della composizione. Il M. sua sponte decise di avviarsi comunque verso Sud e il 23 marzo arrivò a Firenze. Alla richiesta di aiuto militare (Luigi XI era in guerra contro la Borgogna) la Signoria rispose solo l'8 aprile, esprimendo parere negativo. Il M. ritornò allora a Milano, dove si trattenne sino al 24 maggio. Il 18 giugno si presentò a Compiègne, al cospetto del re.
Per tutto il mese di luglio il M. rimase con la corte nei dintorni di Tours e all'inizio di agosto si rimise in viaggio verso l'Italia. Suoi compagni furono il signore di Bois, ambasciatore regio, e il napoletano Boffillo Del Giudice, agente del re Renato d'Angiò. Scopo della missione era esporre a Galeazzo Maria Sforza le intenzioni di Luigi XI per fronteggiare la situazione che vedeva protagonista Iolanda di Francia. Ignari dell'accordo di pace firmato da Iolanda e da suo cognato Filippo di Savoia signore di Bresse a La Pérouse l'8 agosto, il M. e gli altri due ambasciatori, giunsero il 13 agosto a Lione e da lì proseguirono per Milano, dove arrivarono il 31. Il 6 settembre, stesso giorno in cui Luigi XI prese sotto la sua protezione Iolanda, il M. fu congedato dallo Sforza, che gli consegnò una lettera credenziale da portare in Francia.
Nel 1472 l'impegno profuso dal M. al servizio di Luigi XI gli fruttò un notevole avanzamento di carriera: nel mese di maggio, da Tours, si recò a Parigi dove fu nominato maître des comptes, ossia uno dei quattro maestri delle Entrate del Regno.
Il 21 nov. 1472 il M. fu designato come ambasciatore, insieme con Jean de Blanchefort, Michelet Gaillard e Ymbert de Varey, per incontrare a Lione gli agenti milanesi. Sul tavolo delle trattative c'era il rinnovo dell'investitura di Genova e Savona al duca di Milano, accordo che fu raggiunto e firmato solo il 16 genn. 1473. Una minuta ducale a Cristoforo da Bollate, ambasciatore residente in Francia, accenna a un ulteriore viaggio in Italia del M. alla fine dell'anno, ma non è noto quali fossero le commissioni ricevute da Luigi XI. L'11 dicembre il M. aveva "traversato per Italia, andato in giuso e poi tornato in suso [(] per bene de la maestà del re" (Arch. di Stato di Milano, Carteggio Sforzesco, Potenze estere, Francia, 540, c. 221).
Nel 1476 Luigi XI chiese al suo agente una prova di fedeltà. I rapporti - incrinatisi dopo che Milano aveva stabilito una lega con la Borgogna - cessarono definitivamente quando il sovrano definì il M. "tucto milanese" e il 16 agosto gli pose un ultimatum. Luigi XI pretendeva che il M. "prendesse donna a Paris" entro il successivo "dì de San Michele" (29 settembre), pena la revoca dei due importanti uffici e l'allontanamento dalla Francia. Il M., che risiedeva in Francia da oltre otto anni, scelse di "non essergli condempnato a perpetuità" e chiese aiuto al duca di Milano (ibid., 542, c. 198). Non tardò a raccogliere i frutti: l'essere cresciuto alla corte sforzesca, l'esperienza maturata, i prestigiosi incarichi ricoperti e il titolo di cavaliere acquisito sempre in Francia erano ottime credenziali per gli uffici amministrativi.
Il 13 maggio 1478 Gian Galeazzo Maria Sforza e la madre Bona di Savoia, reggente, raccomandarono il M. a Lorenzo de' Medici il Magnifico per l'incarico di podestà di Firenze e rinnovarono la richiesta l'8 settembre. Non furono disattesi: il 5 marzo 1479 il M. fu nominato podestà per sei mesi al termine dei quali, sempre dietro loro pressioni, fu rieletto per altrettanto tempo e rimase in carica fino al 30 apr. 1480.
Il 16 maggio 1480 Lorenzo de' Medici scrisse ad Agostino Biliotti, uno dei dirigenti del banco Medici, in favore del M. e l'11 novembre si appellò a Ercole I d'Este perché il M. ottenesse la podesteria di Ferrara. In quel periodo si collocano anche altre richieste simili, inoltrate a Ludovico Sforza, Roberto Sanseverino e Tommaso Ridolfi, per le podesterie della Lombardia: Milano, Parma, Pavia e Cremona.
Nel settembre del 1481, in seguito a una raccomandazione del duca di Calabria, Alfonso d'Aragona, il M. fu nominato podestà di Lucca, ufficio nel quale si prodigò fino al febbraio dell'anno successivo; nell'ultimo giorno di attività, il 28 febbraio, scrisse al Concistoro di Siena in favore di Lorenzo Sozzi e di Stefano Alberti. In quell'occasione l'incarico non fu rinnovato, nonostante fossero giunte in favore del M. petizioni da papa Sisto IV e da Girolamo Riario.
Il M. decise allora di rientrare nella città dei suoi avi, Orvieto. Là si trovava già nel mese di maggio del 1482, quando il Magnifico gli indirizzò una lettera di benservito da consegnare a Simone de' Simoncelli, ex giudice della Mercanzia. Per circa cinque anni il M. risiedette a Orvieto, dove divenne un membro di spicco del ceto dirigente e partecipò molto attivamente alla vita politica e diplomatica cittadina. Al tempo di papa Alessandro VI fu anche membro di una commissione per la correzione degli statuti. Oltre a essere membro dei Dodici buonuomini, il M. fece parte di quasi tutti i consigli speciali istituiti per fronteggiare situazioni particolari: il suo nome, accompagnato dai titoli dominus ed eques, era sempre il primo della lista (Arch. di Stato di Terni - Sezione di Orvieto, Riformagioni). Il 5 giugno 1482 era a Ficulle, da dove scrisse ai conservatori della pace di Orvieto che le ronde notturne e diurne recentemente istituite "per suspecto de alcuni li quali hanno assai da fare a combattere con la fame" erano solo causa di scandali (ibid., Lettere originali, b. 687, filza 2-II, f. 34, n. 473). Nel dicembre di quell'anno si trovava a Roma e mandava a Orvieto istruzioni precise perché la città si facesse trovare pronta in occasione dell'annunciata visita del papa. Fra il 1484 e il 1485, insieme con Cherubino Marabottini, il M. fu spesso mandato a Roma per brevi missioni.
Nel giugno 1484 ottenne parere positivo a una richiesta personale inoltrata al Comune di Orvieto il 30 maggio: egli aveva un podere "in plano Castripetri" e chiedeva di poter usare il legname e l'acqua del fiume in località "Pelaorso" e in una zona di palude detta "L'Acqua" per costruire una serra ad acqua e "unam piscinam" (Ibid., Riformagioni, 227, cc. 148-150).
Sul finire del 1486 il M. si trasferì a Roma, dove acquistò subito una casa; viste le sue esperienze in Francia si occupava di questioni finanziarie e politiche, e partì per varie missioni diplomatiche a nome dei Conservatori di Orvieto e di papa Innocenzo VIII. Nel giugno 1487 era a Osimo, nelle Marche, durante la ribellione sollevata da Boccolino Guzzoni, e nel marzo del 1488 a Monteleone: inutilmente aveva chiesto che in suo luogo fosse inviato Nerone da Bagno. Nel settembre 1487 il M. si appellò all'ambasciatore fiorentino a Roma, Giovanni Lanfredini, per essere sistemato in qualche ufficio. Il nome del M. fu invece proposto a Lorenzo de' Medici: il M. era una persona più che adatta, un "huomo di governo e di compagnia" da porre al fianco di Francesco Cibo, figlio di Innocenzo VIII e da poco genero del Magnifico (Lorenzo de' Medici, XI, p. 232).
Gli sforzi e la costanza del M. furono premiati: nel 1493 papa Alessandro VI lo inviò a Napoli come commissario. Nello stesso anno fu nominato senatore di Roma: il desiderio del M. fu esaudito con una decina d'anni di ritardo, poiché già il 6 nov. 1483 Lorenzo de' Medici aveva scritto al suo ambasciatore a Roma, Guidantonio Vespucci, che il M. desiderava quel titolo. La prestigiosa onorificenza fu riconfermata nel 1494 e fece il vanto del M., che nelle sue lettere appose come data topica Roma-Campidoglio e per celebrare la doppia nomina, l'11 marzo, fece apporre proprio sul Campidoglio una lapide con il suo stemma.
Le ultime lettere del M. conservate risalgono all'estate del 1495, quando si recò il 14 giugno a Perugia e il 26 a Firenze. Non si conoscono i motivi del viaggio né la durata, ma è possibile che non fossero strettamente professionali, visto che la moglie era fiorentina. Il 18 maggio 1480, quando era podestà in quella città, il M. aveva infatti sposato Costanza di Simone Altoviti. La cerimonia dello scambio degli anelli era stata celebrata nel "popolo" di S. Lorenzo, in casa di Lorenzo de' Medici, testimoni Francesco Gaddi e Niccolò Michelozzi. Dal matrimonio nacquero diversi figli, ma il solo nome reperito è quello di Pierfrancesco, morto a circa 5 anni verso la fine di giugno del 1493 e sepolto nella chiesa romana dell'Aracoeli. L'8 luglio il M. ne diede notizia ai Conservatori della pace, chiedendo che gli altri suoi figli potessero rientrare a Orvieto per sfuggire a una pestilenza che si stava diffondendo a Roma (Arch. di Stato di Terni - Sezione di Orvieto, Lettere originali, b. 689, filza 1, f. 8, n. 48).
Non è nota la data della morte del M., che tuttavia è da collocarsi in data anteriore al 1498, anno in cui un documento fa esplicito riferimento ai suoi eredi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, 47, nn. 266, 272, 274, 411; Notarile antecosimiano, 2308, c. 273v; Podestà, 5163, 5164; Arch. di Stato di Terni - Sezione di Orvieto, Lettere originali, b. 684, filza 7, ff. 18, 22; b. 685, filza 9, f. 7 e filza 10, f. 20; b. 686, filza 6, f. 58, filza 7, f. 13 e filza 8, f. 19; b. 687, filza 1, f. 44 e filza 2-II, f. 34; b. 688, filza 3, f. 15 e filza 3, ff. 18, 19; b. 689, filza 1, f. 8; b. 690, filza 2-II, ff. 64, 65; b. 699, filza 3, f. 21; b. 701, filza 2, f. 5; Riformagioni, 227, cc. 30v, 34r, 87v, 96v, 116r, 126r, 138r, 148r, 150v, 151r, 162r, 179r, 198v, 219v, 227, 344r; Orvieto, Arch. dell'Opera del duomo, Collezione Cartari, Mss., 2, cc. 2r, 73r, 178; 6, cc. 1v, 2r; Arch. di Stato di Siena, Concistoro, 2046, 60; Arch. di Stato di Milano, Sforzesco, Potenze estere, Francia, 534, cc. n.n.; 535, c. 1 (14 ott. 1468) e cc. n.n.; 536, cc. 18 (9 giugno 1469), 75-76 (28 febbr. 1469), 80-81 (5 marzo 1469), 90 (4 apr. 1469), 131 (13 giugno 1469), 137 (14 giugno 1469), 138 (28 giugno 1469), 199-200 (22 n0v. 1469); orig. del 29 giugno 1469 in c. n.n.; orig. del 10 sett. 1469 in c. n.n.; orig. del 22 sett. 1469 in c. n.n.; orig. del 23 nov. 1469 in c. n.n.; minuta del 13 marzo 1469 in c. n.n.; 537, cc. 3, 224, 225; 538, cc. 16 (luglio 1471), 75-77 (19 giugno 1471), 80 (2 sett. 1471), 146 (30 maggio 1472), 154 (13 ag. 1471), 181 (4 sett. 1471), 205-207 (21 sett. 1471), 208-210 (21 sett. 1471), 211-213 (21 sett. 1471), 231 (19 luglio 1471), 300 (settembre 1471); orig. del 4 luglio 1471 in c. n.n.; orig. del 13 luglio 1471 in c. n.n.; 2 decifre di cui una alla c. 218; 540, c. 221; 542, c. 198; J. Burckard, Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, a cura di E. Celani, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXXII, 1, vol. I, p. 410; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins, I, Paris 1859, p. 156; Regesti, Carteggio degli Anziani, 1473-90, V, Pescia 1943, pp. 112, 143, 482, 496; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 127, 129, 192, 264, 434; Lorenzo de' Medici, Lettere, I, a cura di R. Fubini, Firenze 1977, pp. 272, 325; III, a cura di N. Rubinstein, ibid. 1977, pp. 37 s.; IV, a cura di N. Rubinstein, ibid. 1981, p. 26; XI, a cura di M.M. Bullard, ibid. 2004, p. 232; Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca, I, a cura di I. Lazzarini, Roma 1999, p. XVI; VIII, a cura di M.N. Covini, ibid. 2000, pp. 564-567; A. Vendettini, Serie cronologica de' senatori di Roma, Roma 1778, p. 99; Guida storico artistica della città di Orvieto, a cura di T. Piccolomini Adami, Siena 1883, p. 308; E. Colombo, Iolanda duchessa di Savoia (1465-1478), in Miscellanea di storia italiana, t. XXXI, Torino 1894, pp. 175 s.; P.M. Perret, Histoire des relations de la France avec Venise, Paris 1896, I, pp. 503-508, 543-546, 562, 572, 576; II, p. 4; L. Cerioni, La diplomazia sforzesca nella seconda metà del '400 e i suoi cifrari segreti, Roma 1970, I, p. 189; II, pp. 26, 94 s.; L. Fumi, Note storiche e biografiche, Roma 1978, pp. 216 s.