GILLI, Alberto Maso
Nacque a Chieri, presso Torino, il 28 luglio 1840 da Vincenzo e da Felicita Serra, entrambi di professione sarti. Giovanissimo iniziò gli studi all'Accademia Albertina di Torino frequentando, fin dal 1854, le lezioni di M. Cusa, C. Arienti ed E. Gamba. Fu anche allievo di A. Gastaldi, che nel 1865 lo scelse come suo assistente alla scuola di pittura. Durante questo periodo si dedicò anche allo studio dell'incisione avendo come insegnante A. Lauro, futuro docente del corso libero di incisione all'acquaforte presso l'Albertina.
Nel 1860, con il dipinto La vendetta del conte di Monforte (ubicazione ignota) prese parte per la prima volta alle esposizioni della Società promotrice belle arti di Torino dove, tre anni dopo, presentò Michelangiolo nella cappella Sistina. Quest'opera, della quale si sono perse le tracce, testimonia il particolare interesse dell'artista verso Buonarroti, del quale diede conto anche Stella riferendolo, in particolare, a non meglio documentate sculture (connotate da "gagliardia michelangiolesca") e a una parte dei disegni del Gilli. Risale al 1863 la pubblicazione sull'Album della Società promotrice torinese, edito in occasione della mostra, di una delle sue prime prove di incisione, la riproduzione del dipinto di D. Faconti raffigurante Werther. Per quanto riguarda gli inizi della sua attività di incisore è tuttavia importante segnalare almeno anche l'acquaforte I prigionieri di Chillon, dal quadro di A. Gastaldi, pubblicata sull'Album speciale della Promotrice tenutasi nel 1864, con un commento di G. Vico che ne sottolineò la fedeltà di traduzione.
Nel 1865 il G. partecipò con i dipinti S. Giorgio e Margherita al confessionale (ubicazione ignota) alla Promotrice di Torino dove, quattro anni dopo, presentò il quadro di ambientazione cinquecentesca Una visita schernita (Torino, Galleria civica d'arte moderna).
La Visita fu riprodotta sull'Album della mostra, accompagnata da un approfondito articolo di critica di G. Camerana, già apparso - sempre nel 1869 - sulla rivista L'Arte in Italia, dove si sottolineavano le capacità del G. di coniugare la sua passione verso i primitivi tedeschi con le istanze della realtà moderna, ma anche si evidenziavano i limiti dell'artista nell'uso del colore, la mancanza di equilibrio e di naturalezza ("manca la quiete, manca l'impressione del vero").
Come pittore il G. è tuttavia noto principalmente per il dipinto Arnaldo da Brescia dopo il diverbio con papa Adriano IV (Torino, Galleria civica d'arte moderna), presentato nel 1872 sia alla Promotrice di Torino sia all'Esposizione nazionale di Milano.
Il quadro è ispirato alla tragedia di G.B. Niccolini Arnaldo da Brescia, pubblicata nel 1843, ed è incentrato sulla figura del frate eretico nel momento in cui rifiuta di inginocchiarsi davanti ad Adriano IV in segno di sottomissione. Gli evidenti riferimenti alla realtà politica contemporanea del soggetto vennero condivisi da una parte della critica coeva che vide nell'Arnaldo da Brescia dipinto dal G. un "Mazzini del duodecimo secolo" (F. Dall'Ongaro, in Pinto). L'opera, tuttavia, ricevette, particolarmente a Milano, giudizi negativi o perplessi per quanto riguardava una certa rigidità della figura di Arnaldo e la disarmonia della composizione, mitigati però dal riconoscimento della capacità dell'artista di ritrarre i due personaggi storici con espressioni "abbastanza vere e parlanti" (ibid.). Sandra Pinto ha individuato nel dipinto un accenno precoce al gusto neobizantino della Roma capitale degli anni Ottanta.
Oltre all'Arnaldo da Brescia, all'Esposizione di Milano del 1872 il G. presentò anche il dipinto Lavater, dove raffigurò lo studioso di fisiognomica J.K. Lavater al lavoro. L'opera gli valse nel 1879 il conferimento della cattedra di pittura presso l'Accademia di Tokyo, incarico che il G. rifiutò (De Grada).
Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi del decennio successivo il G. collaborò come acquafortista a L'Arte in Italia (I [1869], tavv. 2, 16 s., 26; IV [1872], tavv. 7, 37; V [1873], tavv. 8, 16, 35). Sulla rivista il G. pubblicò, tra gli altri, i ritratti di V. Vela, A. Antonelli e C. Arienti; riproduzioni di dipinti di quest'ultimo, di G. Boschetti e di V. Marinelli; l'incisione del proprio dipinto Finis coronat opus. Tutte le opere appaiono riprodotte con un commento di C.F. Biscarra o di G. Camerana. Quest'ultimo, in particolare (ibid., I [1869], p. 100), evidenziò l'influenza sul G. dei maestri dell'incisione tedesca A. Dürer e H. Holbein, come avrebbe riconosciuto anche Stella parlando di un culto del G. verso l'antica scuola tedesca "contemperato ad una precisa intelligenza della modernità".
Nel 1873 il G. lasciò l'incarico di assistente all'Accademia Albertina e si recò in Francia per collaborare con il giornale parigino L'Art. A Parigi iniziò anche un proficuo rapporto con la Maison Goupil durato circa dieci anni. Nel 1878 si confermò incisore di livello internazionale vincendo il primo premio all'Esposizione universale che si tenne quell'anno nella capitale francese. Da questo momento il G. abbandonò momentaneamente l'acquaforte originale proponendosi piuttosto come "illustratore riproduzionista" (Giubbini) e aprendo così la strada, in Piemonte, a incisori quali C. Turletti. Questo tipo di attività mise il G. a confronto con opere di pittori come F. Carcano e P. Morgari, oltre che con quelle degli artisti già citati a proposito della sua collaborazione con l'Arte in Italia.
Nel 1881 il G. accettò la nomina di professore di disegno all'Accademia Albertina. Tornato a Torino, tra il 1883 e il 1886 venne incaricato dal Municipio di sovrintendere alle scuole di disegno della città e di presiedere alla conservazione del castello medioevale. In questo periodo il G. manifestò anche un profondo interesse per le arti decorative e industriali partecipando al clima di revival medievalistico esemplificato a Torino nella costruzione del Borgo e della Rocca medioevale del Valentino per l'Esposizione nazionale del 1884. In questo contesto Alfredo D'Andrade gli affidò il compito di effettuare una ricognizione sul patrimonio artistico medievale del Piemonte, insieme con il pittore Federico Pastoris, e di disegnare l'arredo del castello medioevale. Il G. collaborò inoltre con V. Avondo al completamento e al restauro del mobilio del castello di Issogne.
Nel 1885 il G. si trasferì a Roma per assumere la direzione della Reale Calcografia. In questa veste egli contribuì in modo significativo a rinnovare le linee di programmazione culturale di questa istituzione.
Oltre a riprendere la tradizione ritrattistica delle grandi genealogie, rivolgendosi in particolare ai ritratti ufficiali dei componenti della casa Savoia e ai personaggi più significativi del Risorgimento, egli favorì la riproduzione in incisione delle opere contemporanee, in particolare quelle collegate ai momenti salienti del periodo risorgimentale. Sotto la sua direzione fu inoltre istituito un nuovo settore di attività della Calcografia - dedicato alla fotoincisione e diretto da G. Gargiolli - e venne creata una scuola di incisione con la duplice finalità, come sottolinea M. Miraglia, di salvaguardare "le capacità disegnative di un tempo" e di portare l'attività della Calcografia anche verso un lavoro di "invenzione" e non unicamente di "traduzione", recuperando così un'autonomia espressiva del linguaggio grafico.
Il G. morì a Calvi dell'Umbria il 24 sett. 1894.
Presso la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma è custodita un'interessante raccolta di undici incisioni all'acquaforte realizzate dal G. nei vari periodi della sua attività, oltre a un suo dipinto a olio (Paesaggio valsesiano) e a due disegni a china (Una visita schernita e Rembrandt). Alla Galleria civica d'arte moderna di Torino sono conservati, tra l'altro, i ritratti a olio su tavola di Carlo Emanuele III e del Principe Tommaso di Savoia Carignano (1873). Parte dei principî d'insegnamento del G. furono raccolti in un'opera intitolata La prospettiva dei piani inclinati e dei corpi liberi nello spazio edita a Chieri nel 1881.
Fonti e Bibl.: G. Camerana, Una visita schernita (costume del secolo XVI). Quadro a olio del signor A. G. di Chieri, in Società promotrice delle belle arti in Torino. Album della pubblica Esposizione del 1869, Torino 1869, pp. 21-23; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte 1841-1891, Torino 1893, pp. 345-349; A. Cornaglia, Discorso commemorativo letto in Chieri il dì 4 giugno 1899 alla solenne inaugurazione di un ricordo marmoreo in onore di A.M. G. insigne pittore e calcografo chierese, in Bollettino d'arte, I (1917), 4, pp. 31 s.; L. Mallé, Museo civico di Torino. I dipinti della Galleria d'arte moderna, Torino 1968, pp. 185 s.; Romanticismo storico (catal.), a cura di S. Pinto, Firenze 1974, pp. 322 s.; G. Giubbini, L'acquaforte originale in Piemonte e in Liguria 1860-1875, Genova 1976, pp. 217 s., 320-322, 337; F. Dalmasso - P. Gaglia - F. Poli, L'Accademia Albertina di Torino, Torino 1982, p. 58; L'Ottocento a Palazzo Isimbardi nelle collezioni della Provincia di Milano (catal.), a cura di R. De Grada, Milano 1987, pp. 58 s.; I disegni della Calcografia 1785-1910, a cura di M. Miraglia, Roma 1995, pp. 11 s.; M. Zambelli, A.M. G., Arnaldo da Brescia dopo il diverbio con papa Adriano IV, in Le sorprese di un museo. Pittura dell'Ottocento in Piemonte dalla G.A.M. di Torino (catal., Moncalieri), a cura di R. Maggio Serra, Torino 1998, p. 65; C. Thellung, in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, pp. 852 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 39 s.