PASINI, Alberto
– Nacque a Busseto, in provincia di Parma, il 3 settembre 1826 da Adelaide Crotti Balestra e da Giuseppe, funzionario dell’amministrazione pubblica del Comune parmense, artista dilettante ed appassionato compositore.
Dopo la morte del padre, avvenuta a Monticelli d’Ongina il 4 agosto 1828, località nel Piacentino in cui si trovava per lavoro (Botteri Cardoso, 1991, p. 33, n. 2), la madre si trasferì con Alberto e i quattro fratelli maggiori (Ettore, Gustavo, Clementina e Leopoldina) da Monticelli a Parma, presso il prozio paterno Antonio, pittore e miniaturista, collaboratore di Giambattista Bodoni. A Parma, il 5 dicembre dello stesso anno, nacque il sesto e ultimo figlio, Giuseppe (Botteri Cardoso, 1991, p. 23). Proprio la consuetudine col prozio artista portò Alberto ad iscriversi (1843) all’Accademia di belle arti, poi non conclusa, scegliendo dapprima la sezione di paesaggio e scenografia diretta da Giuseppe Boccaccio (Botteri Cardoso, 1991, p. 24), e successivamente (1848) quella di disegno e litografia guidata dall’incisore Paolo Toschi. Di questo periodo di formazione accademica rimangono vari disegni con paesaggi immaginari, vedute di castelli ed alcuni studi per personaggi teatrali (Tosini Pizzetti, 1996, p. 23).
Nel 1849 Pasini partecipò alla prima guerra d’indipendenza nella colonna dei volontari di Modena (Botteri Cardoso, 1991, p. 26). Rientrato a Parma, oltre a realizzare insegne pubblicitarie di negozi, ed etichette per gazose ed acque minerali delle Terme di Tabiano, eseguì le Trenta vedute di castelli del Piacentino, in Lunigiana e nel Parmigiano, litografie di sua invenzione stampate a Parma dalla Tipografia Zucchi (1850-51), in parte poi riproposte ad olio (Id., 1991, p. 35 n. 22) e ad acquerello: quest’ultime furono donate alla famiglia Ruffini (Id., 1996, p. 11).
Incoraggiato dalla tutela e dalle preziose lettere di presentazione di Toschi, nel 1851 Pasini lasciò Parma per perfezionarsi a Parigi. Durante il viaggio sostò per circa due mesi a Torino: qui vendette un suo primo quadro al marchese Ferdinando di Breme (Botteri Cardoso, 1991, p. 26), e, col ricavato, proseguì il suo viaggio per Ginevra, dove strinse contatti col paesaggista romantico Aléxandre Calame. A Parigi si stabilì al Marais, nell’abitazione dell’amico parmigiano Giovanni Berchot, lavorando presso il litografo Jean Louis Thierpenne. Fu ancora però il Toschi ad indirizzarlo dall’incisore Louis P.H. Dupont, che lo inserì in una fitta rete di contatti e conoscenze professionali: da Théodore Chassériau, pittore orientalista amante della fotografia, al noto editore Joseph Lemercier, e soprattutto ad Étienne Eugène Cicéri, che lo assunse come litografo nel suo studio (1852). Grazie al Cicéri, proprietario di una casa di campagna a Marlotte, presso Fontainbleau, Pasini instaurò contatti con i paesaggisti dell’École de Barbizon (1852-53), dedicandosi alla pittura a olio en plein air e approfondendo soprattutto la resa dei diversi effetti della luce sulla natura, come dimostrano le due litografie inviate a Parma nel 1854 per la mostra della Società di incoraggiamento degli artisti di belle arti (Interno di un casolare rustico in Normandia; La sera), e le due tele (Un bel mattino d’autunno dopo una notte piovosa; Tramonto nella pianura di Sicilia; Botteri Cardoso, 1991, pp. 29, 36 n. 32). Alla fine dello stesso anno aprì uno studio con Chassériau (Campanini, 2001, p. 142), e nel 1855, come disegnatore, sostituì quest’ultimo in quella che rappresentò la svolta della sua vita artistica: la missione coloniale in Persia, Turchia, Arabia ed Egitto del ministro plenipotenziario Prosper Bourée. Durante la spedizione, durata diciotto mesi, Pasini, che «sentiva il paesaggio in modo proprio, sapeva disegnare preciso e con incredibile sveltezza» (Botteri Cardoso, 1991, p. 32), trovò «la sua definitiva e ideale fonte d’ispirazione» (Lapi Ballerini, 1996, p. 30).
Di quell’esperienza, in cui strinse amicizia con lo scià di Persia (Botteri Cardoso, 1991, pp. 53 s., 60 n. 38), ci restano numerosi disegni conservati in parte a Firenze (Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi), in parte a Torino (GAM [Galleria d’arte moderna]; raccolti in due volumi dal titolo Croquis d’Orient; Villari 2011, p. 85), e in diverse collezioni private italiane e non italiane (ripr. in Botteri Cardoso, 1991, pp. 209 s.). Da quei fogli Pasini trasse litografie, che appaiono quasi puntuali illustrazioni del libro Trois ans en Asie, testo che Joseph Arthur de Gobineau, altro componente della missione, aveva dedicato all’evento (Botteri Cardoso, 1996, p. 11). Alcune di quelle immagini furono poi pubblicate (1856-57) nella rivista L’Illustration Journal universel, a corredo degli articoli del linguista Barbier de Meynard, mentre dodici di esse andarono a formare l’album Viaggio nell’Egitto, in Persia e nell’Armenia – raccolta di litografie, stampate a Parma (1857) ed a Parigi da Lemercier (1859), dedicate alla madre (Botteri Cardoso, 1991, p. 64) –, che segnò il congedo dell’artista dal lavoro litografico.
Rientrato a Parigi (1856) Pasini si trasferì nel quartiere di Pigalle (ibid., p. 61), guadagnandosi da vivere con lezioni private di pittura, decorazioni di interni e quadri su commissione per ricchi collezionisti e case d’aste, non smettendo mai di inviare opere anche a Parma, che, nonostante la sua lontananza, grazie all’interessamento del fratello Giuseppe, aveva sempre potuto contare sulla sua partecipazione a mostre locali (ibid.).
Il 10 dicembre 1856 ottenne dall’Accademia di Parma la nomina di accademico d’onore, primo riconoscimento ufficiale della propria affermazione professionale (ibid.).
Nel 1859 effettuò un secondo viaggio in Oriente (Egitto, Palestina, Persia, Libano e Grecia). Dell’itinerario abbiamo un resoconto parziale in una lettera al fratello Giuseppe (Botteri Cardoso, 1991, p. 66), ma sono senza dubbio le sue opere, basate sullo sterminato materiale grafico realizzato in loco ed eseguite a Parigi all’indomani di quel viaggio (Pasini, infatti, non riportò dall’Oriente nessun quadro ad olio; Lapi Ballerini, 1996, p. 30), che ci fanno ripercorrere le varie tappe di quell’itinerario.
Tra le tante ricordiamo: Sosta di una carovana (1859, Milano, Galleria d’arte moderna), Cammelli in riposo (1859, Piacenza, Galleria d’arte moderna Ricci Oddi), Moschea di Tulun (1860, Piacenza, Galleria d’arte moderna Ricci Oddi), Il Partenone e Giardino di Patiza con panorama di Atene (1860, Milano, Pinacoteca di Brera), Caccia al falco nei dintorni del lago d’Urmia (1861, Torino, GAM), Il Nilo (1862, Torino, GAM), Una carovana che pernottò in un’oasi e preparasi alla partenza, Rovine di un tempio nel deserto (1864, Parma, Galleria Nazionale), Accampamento arabo (1866, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza).
Rientrato a Parma (1860) sposò Mariannina Celi di Borgotaro, e poi, subito dopo, ripartì per Parigi, dove nacque l’unica figlia Claire. Nello stesso anno Pasini rifiutò l’offerta della cattedra di paesaggio all’Accademia di Parma, rimasta vacante per l’improvvisa morte di Luigi Marchesi (Botteri Cardoso, 1991, p. 69). Dell’estate trascorsa a Cannes (1865) rimangono alcuni studi dominati dalla luminosità solare delle isole Lérins (Id., 1991, p. 13). Nell’ottobre 1867 partì di nuovo per Costantinopoli, città in cui rimase per nove mesi, realizzando ben «51 studi ad olio e non pochi disegni» (Id., 1991, p. 81).
Di questi segnaliamo: Fontana di Eyoup (1868, Bologna, Pinacoteca Nazionale), Perchembé Bazar (1868, Parigi, Musée d’Orsay), Mercato di Costantinopoli (1868, Madrid, Museo Thissen-Bornemisza), Buyukdéré-Piccola moschea di campagna (1869, Torino, GAM), Porta della moschea di Yeni Djami a Costantinopoli (1870, Nantes, Musée des beaux-arts).
Pur continuando ad avere casa a Parigi fino agli anni ’90 (Botteri Cardoso, 1991, p. 90), Pasini nel 1870 acquistò la ‘Rabaja’ (già Vigna Rabagliati), una villa in stile orientaleggiante, più volte oggetto dei suoi dipinti (ibid., p. 93 e n. 14), situata sul promontorio che domina il corso Moncalieri e la strada Sabaudia nel quartiere Cavoretto, antico borgo di Torino, città nella quale abitava il fratello Ettore, magistrato (ibid., p. 89).
Gli anni Settanta videro la sua regolare presenza ai Salons e a mostre italiane, nonché la collaborazione alla rivista L’Arte in Italia, in cui si rivelò abile acquafortista. Furono anche gli anni di un secondo viaggio in Turchia, avvenuto nel 1873 – la cui meta fu la città di Bursa, che ispirò, tra gli altri, i dipinti (Botteri Cardoso, 1991, pp. 93 ss.): Finestra con smalto verde (1873, Parigi, Musée d’Orsay) e Moschea del Sultano Amurat I con fontana (1873, Trieste, Museo Revoltella).
Nel 1876 partì di nuovo per l’Oriente, in compagnia di Émile Regnault, ma, per i disordini scoppiati a Salonicco, in seguito all’uccisione dei consoli francese e tedesco (6 maggio 1876),i due si diressero da Vienna a Venezia (Botteri Cardoso, 1991, p. 95).
Nel 1879, e poi di nuovo nel 1883, con Jean-Léon Gérôme ed Adolphe Goupil, titolare (quest’ultimo) della famosa Casa d’aste, effettuò due viaggi in Spagna, focalizzando la sua lucida attenzione su Cordova e Granada (a testimonianza di questi soggiorni, presso la Galleria civica d’arte moderna di Torino si conserva il dipinto Granada-Alhambra: cortile dei leoni, 1879).
Nel 1879, di ritorno dalla Spagna sostò ancora in laguna, realizzando «ben 15 studi» (Botteri Cardoso, 1991, p. 98), preludio ad un più proficuo soggiorno avvenuto nel 1880, in cui eseguì luminose vedute che presentano punti di contatto con lo stile di Giacomo Favretto (Venezia, 1881, Torino, GAM; Canal Grande, 1882, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna).
La cultura figurativa di livello internazionale ed europeo fece di lui un artista innovatore, un poliedrico sperimentatore a cui ogni ‘scuola’ stava stretta; chiaro appare il suo pensiero nell’intervista rilasciata nell’autunno 1895 a Giulio Carotti: «sentivo luce e colore dinanzi al vero, e non pensavo al modo con cui gli artisti del tempo mio li rendevano sulle loro tele» (Carotti, 1899, p. 487).
Nel 1878 partecipò all’Esposizione universale di Parigi con ben undici opere, ottenendo la nomina di ufficiale della Legion d’onore, la medaglia d’oro del Salon e quella per la sezione Italia (Botteri Cardoso, 1991, p. 97).
A partire dal 1887 i viaggi divennero sempre meno frequenti, circoscrivendosi alle sole esposizioni: fu a Parigi in occasione dei Salons (frequentati assiduamente dal 1853 al 1896) e a Londra per l’Esposizione italiana di belle arti del 1888 (Botteri Cardoso, 1991, p. 100). Allo stesso 1888 risale l’Autoritratto (Firenze, Galleria degli Uffizi). Tra il 1891 e il 1899 ultimò la serie di quadri dedicati a Cavoretto e al castello di Issogne (Botteri Cardoso, 1996, p. 18). Nel 1895 partecipò sia al Comitato di patrocinio della Biennale di Venezia che alla giuria dell’Esposizione nazionale di Torino (1898): in quell’occasione, che fu l’ultima sua partecipazione pubblica, espose i suoi circa duecento studi dal vero (ibid.).
Morì a Cavoretto il 15 dicembre 1899 seguito poco dopo dalla moglie Mariannina.
Alla scomparsa della figlia Claire (1922) l’intera eredità Pasini – costituita dagli studi e dai quadri eseguiti dall’artista (dei quali presso la Rabaja esistevano due inventari compilati dalla figlia e dal genero, nel 1909 e nel 1917), da opere antiche e da un nutrito gruppo moderno di pitture e sculture di artisti italiani e internazionali (Botteri Cardoso, 1991, p. 109) – passò all’ingegner Ferria, marito di Claire, che, come già aveva fatto precedentemente attraverso una serie di esposizioni (Biennale di Venezia del 1909; Mostra retrospettiva d’arte emiliana di Parma del 1913; Esposizione organizzata a Milano dalla Galleria centrale d’arte per l’incremento artistico; Esposizione postuma delle opere di Alberto Pasini piemontese del 1917; Mostra d’arte Città di Busseto nel centenario della nascita di Alberto Pasini e nel XXV anniversario della morte di Giuseppe Verdi, nel 1926; Mostra tenutasi presso la galleria Scopinich di Milano nel 1926), continuò a valorizzarla.
Alla morte di Ferria la collezione Pasini andò dispersa per ragioni ereditarie in una doppia asta tenutasi a Milano nel febbraio e nel maggio 1929 presso la Galleria Scopinich.
Fonti e Bibl.: G. Carotti, Artisti contemporanei: A. P., in Emporium, X (1899), pp. 485-504; Vendita Pasini: le antichità, Galleria Scopinich (MI), Milano 1929; Collezione Ferria: eredi di A. P., Galleria Scopinich (MI), Milano 1929; V. Botteri Cardoso, Pasini, Genova 1991, passim; Id., La sua vita: affetti, luce, colore, in A. P.: da Parma a Costantinopoli via Parigi, a cura di G. Godi - C. Mingardi, Parma 1996, pp. 11-18; I. Lapi Ballerini, A. P. e l’età della critica, ibid., pp. 29-43; S. Tosini Pizzetti, Pasini e l’Accademia parmense di Belle Arti, ibid., pp. 23-28; C. Campanini, in Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. L’Otto e il Novecento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano 2001, pp. 141-143 nn. 1050 s.; A. Villari, A. P., viaggiatore, disegnatore e pittore in Oriente, in Incanti e scoperte: l’Oriente nella pittura dell’Ottocento italiano (catal.), a cura di E. Angiuli - A. Villari, Milano 2011, pp. 105-107; G.L. Marini, L’Oriente di A. P. (catal.), Torino 2014.