PERATONER, Alberto
PERATONER, Alberto. – Nacque a Catania il 18 giugno 1862 da Augusto, piccolo imprenditore di origine austriaca, e da Emilia Jacob, di ricca famiglia tedesca.
Si iscrisse alla facoltà di chimica dell’Università di Catania e nel gennaio 1881, ancora studente, divenne preparatore presso il gabinetto universitario diretto da Michele Fileti, dal 1879 professore ordinario di chimica generale. Quando, nel dicembre del 1881, Fileti ottenne il trasferimento all’Università di Torino, Peratoner lo seguì, si laureò nel 1886 e tenne per due anni – dal 1885 al 1887 – l’incarico di preparatore del gabinetto di chimica a Torino.
A quel periodo risalgono i suoi studi volti a determinare, tramite opportune reazioni chimiche, la costituzione dell’acido
bibromosalicilico (Sulla costituzione dell’acido bibromosalicilico, in Gazzetta chimica italiana, XVI (1886), pp. 401-404). Fin dall’inizio la sua ricerca appare quindi inserita nel campo della chimica organica, lo stesso coltivato da Fileti e in genere da tutta la scuola siciliana di Stanislao Cannizzaro. La permanenza di Peratoner a Torino fu tuttavia breve; nel 1887 riuscì a tornare in Sicilia, all’Università di Palermo, come assistente di Emanuele Paternò, il chimico che aveva ereditato da Cannizzaro la guida del laboratorio chimico palermitano allorché questi aveva ottenuto il trasferimento a Roma.
Le tematiche scientifiche di cui Peratoner si occupò nei suoi primi anni a Palermo furono influenzate dagli interessi di Paternò. Circa vent’anni prima, nell’ambito di sue considerazioni sui derivati dell’etano, Paternò aveva anticipato in qualche misura il concetto dell’atomo di carbonio tetraedrico alla base della moderna stereochimica. In questi studi giovanili l’idea era stata peraltro solo un’ipotesi da lui non ulteriormente perseguita. Dal 1875, a partire dall’opera La chimie dans l’éspace di Jacobus Van’t Hoff, si era avuta tuttavia una progressiva accettazione dell’idea di un’effettiva disposizione spaziale degli atomi nelle molecole. Molti autorevoli chimici si erano mostrati pronti a verificare sperimentalmente l’attendibilità dell’idea e anche Paternò volle riprendere gli studi in quel campo. In collaborazione proprio con Peratoner vennero quindi svolte delle ricerche allo scopo di sintetizzare e caratterizzare senza incertezze i possibili isomeri aventi formula chimica C2H2I2 (E. Paternò - A. Peratoner, Sui due bijoduri di acetilene, in Gazzetta chimica italiana, XIX (1889), pp. 580-601).
In quegli anni Paternò aveva iniziato a coltivare un nuovo campo di ricerca. Sulla scia degli studi di François-Marie Raoult sull’abbassamento della temperatura di congelamento delle soluzioni e sulla possibilità che tali esperimenti davano per la determinazione della massa molecolare di soluti disciolti in opportuni solventi, lo scienziato palermitano aveva esteso il numero di solventi utilizzabili. Aveva poi applicato il metodo per risolvere alcune problematiche sulle relazioni fra sostanze di uguale composizione elementare per arrivare a decidere se una fosse un isomero dell’altra o invece una forma polimerica. Paternò e Peratoner studiarono in particolare le soluzioni acquose di acido fluoridrico, comparate a quelle di acido cloridrico, per cercare di arrivare per tale via all’attribuzione per il primo di una formula dimera (E. Paternò - A. Peratoner, Sulla formola dell’acido fluoridrico, ibid., XXI (1891), pp. 149-152). I risultati ottenuti, che a posteriori si possono considerare influenzati dalla diversa capacità di dissociazione dei due acidi, non furono per altro concludenti.
Nel 1891 Peratoner iniziò una sua linea di ricerca nel campo della chimica delle sostanze naturali, che avrebbe seguito con successo per parecchi anni a venire.
La ricerca aveva come oggetto i pironi e le sostanze a essi correlate. I pironi sono costituiti da un anello a sei termini contenente un atomo di ossigeno e un gruppo funzionale chetonico. Esistono due isomeri, ovvero il 2-pirone (α-pirone) e il 4-pirone (γ-pirone), a seconda della posizione reciproca del gruppo chetonico rispetto all’ossigeno dell’anello. In particolare, il 4-pirone si trova in alcuni composti naturali come, per es., il maltolo, presente nella corteccia del larice, negli aghi di pino e nel malto arrostito. All’epoca in cui Peratoner intraprese le sue ricerche, altri chimici avevano già isolato un derivato del 4-pirone, l’acido chelidonico, estratto dalla Chelidonium majus, in cui all’anello pironico sono attaccati due gruppi carbossilici. Da tale acido per eliminazione di anidride carbonica si otteneva il 4-pirone e questo aveva fatto avanzare un’ipotesi sulla sua formula. L’esattezza di questa ipotesi aveva bisogno tuttavia della conferma per via sintetica e questo fu il primo contributo che Peratoner diede sull’argomento, riuscendo a preparare sinteticamente l’acido chelidonico (Sintesi del pirone e dell’acido chelidonico, in Gazzetta chimica italiana, XXIa (1891), pp. 300-312, con B. Strazzeri).
Nel 1892 anche Paternò, divenuto nel frattempo senatore, si trasferì all’Università di Roma. In quello stesso anno Peratoner vinse il concorso di professore straordinario di chimica generale all’Università di Catania dove restò solo due anni senza compiere nemmeno il triennio di straordinariato. Nel dicembre del 1894 fu trasferito al laboratorio di chimica generale dell’Università di Palermo, alla cattedra che prima di lui avevano ricoperto Cannizzaro e Paternò.
Nel frattempo Peratoner continuò i suoi studi nel campo del pirone e dei suoi derivati.
Legate al 4-pirone erano altre sostanze, l’acido meconico, ricavato dall’oppio, e suoi derivati, l’acido comenico e l’acido piromeconico, ottenuti dal primo sempre per eliminazione di anidride carbonica. In questi casi però nessuno aveva con esattezza determinato le strutture, in quanto per scissione alcalina si ottenevano miscele non definite. Peratoner risolse brillantemente il problema, prima preparando gli esteri etilici di tali acidi e poi sottoponendo i prodotti ottenuti a scissione alcalina. Poté così ottenere dei composti ben definiti e arrivare ad attribuire con certezza ai tre acidi le rispettive strutture. L’acido meconico risultava essere un acido ossichelidonico, mentre l’acido comenico derivava dal meconico per eliminazione di un carbossile e l’acido piromeconico aveva la struttura di un ossi-pirone. A conferma di ciò Peratoner riuscì anche a preparare l’acido piromeconico proprio a partire dal 4-pirone (Ricerche nel gruppo del pirone, VI, La costituzione degli acidi meconico, comenico, e piromeconico, in Gazzetta chimica italiana, XXXa (1900), pp. 539-565, con G. Leonardi).
I risultati ottenuti forniscono un esempio di come, pur in condizioni di lavoro certo non paragonabili ai laboratori di molte università europee, in particolare tedesche, la chimica organica italiana mostrasse all’epoca abilità sperimentali decisamente adeguate, guidate da notevoli intuizioni e conoscenze teoriche. La stessa precisione nella conduzione delle esperienze ed eleganza nelle relative deduzioni Peratoner evidenziò nella determinazione della struttura di un’altra sostanza della classe, il già citato maltolo, che dimostrò essere identico al cosiddetto acido laricico, ricavato da altri dalla corteccia del larice (Identità dell’acido laricico di Stenhouse col maltolo, ibid., XXXIIIb (1903), pp. 478-482).
Meritano di essere ricordate altre due ricerche di taglio leggermente diverso. La prima, del 1895, in collaborazione con Giuseppe Oddo (Sulla decomposizione di alcuni trazoturi, ibid., XXVb (1895), pp. 13-21), riguardò un tema del tutto generale della chimica, la tavola periodica degli elementi e l’apparente contraddizione che aveva costituito la scoperta nel 1894 del gas nobile argon da parte di Lord Rayleigh e William Ramsay.
Alcuni chimici e lo stesso Mendeleev, per non accettare un elemento che, preso da solo, sembrava non trovare posto nella tavola, avevano ipotizzato che il gas isolato dai due scienziati inglesi fosse azoto in una molecola triatomica N3, in analogia con la molecola dell’ozono rispetto all’ossigeno elementare. Oddo e Peratoner entrarono nel dibattito cercando di ottenere argon tramite decomposizione per via elettrolitica dell’acido triazotidrico HN3 e di alcuni suoi sali. I due chimici siciliani però ricavarono dal procedimento una miscela di gas contenente soprattutto azoto elementare N2 oltre a prodotti secondari, senza alcuna traccia di argon, affermando quindi l’impossibilità di isolare il presunto N3.
L’altra tematica più generale affrontata da Peratoner prese le mosse da una linea sperimentale che occupò i suoi ultimi anni palermitani. Dal 1906 aveva iniziato a utilizzare il diazometano CH2N2 per preparare diversi composti eterociclici partendo da sostanze contenenti doppi e tripli legami. In queste ricerche Peratoner, studiando in particolare la reazione tra diazometano e HCN e osservandone l’estrema lentezza, ipotizzò che questa fosse dovuta all’esistenza nell’acido cianidrico di un equilibrio tra la forma HCN e una forma tautomerica HNC con l’idrogeno legato all’azoto e non al carbonio (Azione dei diazoidrocarburi grassi sul cianogeno e suoi derivati, III, Acido prussico, in Gazzetta chimica italiana, XXXVIIIa (1908), pp. 102-128, con F.C. Palazzo). La possibilità dell’esistenza di tale equilibrio era all’epoca un tema dibattuto, anche se anni più tardi tale ipotesi sarebbe stata abbandonata, rivelandosi la presenza della forma HNC solo in indagini astronomiche negli spazi interstellari.
Dal 1907 Peratoner fu socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei, per la quale era stato proposto senza successo anche negli anni precedenti. Nel 1909 fu trasferito a Roma sulla cattedra di chimica farmaceutica; gli venne affidato in seguito anche l’insegnamento di chimica bromatologica. Due anni dopo lo raggiunse uno dei suoi allievi palermitani, Francesco Carlo Palazzo, che lo lasciò nel 1913, avendo vinto la cattedra di chimica forestale all’Istituto superiore forestale di Firenze. Di fatto, con il trasferimento nell’università romana, l’attività vera e propria di ricerca di Peratoner cessò. Durante la prima guerra mondiale non gli furono assegnati particolari incarichi nell’ambito dell’impegno bellico a cui anche gli scienziati furono chiamati a collaborare. La causa fu probabilmente da ricercare nelle sue origini austriache e nel suo matrimonio con una cittadina tedesca, come un suo collega, Giuseppe Oddo, non mancò all’epoca di sottolineare (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Istruzione pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Fascicoli del personale docente, Oddo, Giuseppe). In quegli anni Peratoner si occupò di ricerche più applicative nel campo delle tecniche di estrazione di essenze di agrumi con metodi fisico-meccanici. Ottenne per esse quattro brevetti, negli anni tra il 1914 e il 1916.
Dopo la guerra subentrarono disturbi di salute via via più gravi che lo portarono a rinunciare al ruolo di presidente della commissione incaricata di revisionare la Farmacopea ufficiale.
Le sofferenze sempre più intense che la malattia gli procurava lo spinsero il 28 novembre 1925 al suicidio mediante ingestione di cianuro di potassio.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Istruzione pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Fascicoli del personale docente, ad nomen; Roma, Archivio storico dell’Università, Personale docente, ad nomen. Necrologi: P. Ginori Conti, A. P.: commemorazione, in Giornale di chimica industriale ed applicata, VIII (1926), pp. 17-18; N. Parravano, A. P.: commemorazione, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti, s. 6, VI (1927), pp. 3-8.