PIO, Alberto
PIO, Alberto. – Nacque nel castello avito a Carpi, il 23 luglio 1475, primogenito di Leonello e Caterina Pico, sorella del più famoso Giovanni. Solo due anni dopo, nel 1477, rimase orfano di padre. La tutela della madre poco poteva rispetto all’altro cosignore di Carpi, il cugino del padre, Marco Pio, che cercò di allontanare Alberto da Carpi e dalla vita politica per favorire il proprio figlio Giberto nella successione all’intero dominio su Carpi.
Sin dall’infanzia, ebbe un’eccezionale esperienza educativa, destinata a lasciare un segno inconfondibile nella sua personalità. Marco Pio propiziò la sua raffinata formazione letteraria e filosofica, più adatta a un uomo di Chiesa che a un futuro signore di un piccolo Stato; favorì quindi, probabilmente, la volontà della madre Caterina che si fece consigliare da Giovanni Pico un precettore d’eccezione per Alberto e Leonello, il secondogenito: Aldo Manuzio. Questi, ottenuta la cittadinanza da Marco Pio il 18 marzo 1480, rimase a lungo a Carpi, prima di trasferirsi a Venezia fra il 1489 e il 1490. Dopo Manuzio giunse a Carpi anche Marco Musuro, che gli insegnò il greco durante i suoi soggiorni in città, da collocarsi fra il marzo del 1500 e la fine del 1502. Dal 1503 Musuro, chiamato allo Studio di Padova, venne sostituito probabilmente dal dalmata Triphonio Bizanti.
Già dai primi anni Ottanta Alberto e Leonello, accompagnati da Manuzio, ebbero modo di compiere numerosi soggiorni di studio a Ferrara e furono probabilmente frequenti le visite a Firenze allo zio Giovanni Pico. Nel frattempo, sul finire del 1484, la madre convolò a nuove nozze con Rodolfo Gonzaga. Durante gli anni Novanta Pio visse prevalentemente tra Carpi e Ferrara. Fra il 1497 e il 1499 fu stabilmente a Ferrara, costretto anche dalle vicende politiche di Carpi. Qui instaurò legami di amicizia, fra gli altri, con Ludovico Ariosto, Iacopo Sadoleto, Pietro Pomponazzi (già suo docente a Carpi), Celio Calcagnini, Pietro Bembo, Thomas Linacre ed Ercole Strozzi. Anche nei primi anni del Cinquecento a Carpi ospitò importanti teologi scolastici, come il francescano Graziano da Brescia e l’agostiniano Juan Montesdoch, che fecero stampare loro opere dal carpigiano Benedetto Dolcibelli. Pio, nella cui educazione, accanto agli autori della classicità, occuparono un posto non secondario i filosofi medievali, fu uno dei più importanti sostenitori dell’aristotelismo.
Il giovane Alberto, però, dovette ben presto pensare a come conservare i propri possedimenti, difendendosi soprattutto dai parenti e sottraendo tempo agli studi. Nel 1490, con l’appoggio dei Gonzaga e dei Pico, ottenne l’investitura della sua metà di Carpi da Federico III. Continuarono tuttavia gli scontri con Marco Pio: questi si riteneva derubato da Alberto, che rilanciava le stesse accuse. A seguito dei continui contrasti, Alberto si rifugiò per qualche tempo dallo zio a Firenze, dove si trovava anche in occasione della morte di questi, il 17 novembre del 1494. Abile fu la sua politica matrimoniale, per sé e per il fratello, per il quale, nel 1492, combinò le nozze con Maria, figlia di Bernardino Martinengo.
Con la morte di Marco Pio (22 marzo 1494) divenne più autonoma l’attività amministrativa di Alberto, che cominciò a intessere una sottile tela di rapporti diplomatici. Punti di riferimento nella politica del giovane furono il marchese di Mantova Francesco Gonzaga e il duca di Ferrara Ercole I d’Este: dai due potenti vicini dipendeva l’autonomia di Carpi. In questo quadro nel 1494 stipulò un contratto di matrimonio con Margherita, primogenita del duca di Mantova, estinguendo quello contratto in precedenza per lui dalla madre nel 1478 con Eleonora di Niccolò, signore di Correggio.
Nel frattempo gli scontri tra i cugini si intensificarono e divennero una faida familiare: documenti della primavera-estate del 1496 ci informano di combattimenti fra gli uomini di Leonello, fratello di Alberto, e quelli di Giberto, figlio di Marco. L’8 ottobre 1496 Giberto incontrò l’imperatore Massimiliano a Genova e riuscì ad assicurarsi l’investitura dell’intero dominio di Carpi. Alberto reagì con una lettera all’imperatore, scritta da Carpi il 1° maggio 1497, in cui toccava il problema dei rapporti con il cugino Giberto e i suoi fratelli: li accusava di aver attentato alla sua vita fin dalla più tenera età e poi, senza sosta, durante l’adolescenza. Alberto riuscì a dimostrare a Massimiliano I la sua fedeltà, rientrando così nei suoi diritti. Dalla seconda metà del 1497 fino al 2 aprile 1500 visse prevalentemente a Ferrara, mentre il duca Ercole, su incarico dell’imperatore, cercava di dirimere, ma a proprio vantaggio, la contesa tra i Pio.
Il 16 luglio 1499 Giberto cedette al duca di Ferrara, su pesanti insistenze di quest’ultimo, la sua parte di Carpi in cambio di Sassuolo e di altre terre. Questa mossa ruppe un equilibrio secolare che aveva garantito una certa indipendenza di Carpi da Ferrara.
Il 2 aprile 1500 Alberto tornò a Carpi. Iniziò così un periodo di relativa tranquillità: furono avviate o continuate in città, di comune accordo tra i due signori, opere di ristrutturazione edilizia. Alberto portò avanti i lavori, iniziati nel 1493, alla chiesa dei frati minori osservanti di S. Nicolò e avviò la trasformazione del castello in palazzo, affacciato a ovest verso la preesistente schiera di case con portico e formando così una nuova grande piazza.
Mentre riprendeva la lotta tra fazioni opposte, Alberto cominciò a muoversi da vero diplomatico al di fuori dei confini del suo Stato, rivolgendo da subito le sue attenzioni verso la Francia.
Appena dopo il suo rientro a Carpi, nel 1500, si colloca l’acquisizione della biblioteca di Giorgio Valla per 800 scudi d’oro. Cercò anche, invano, di riportare a Carpi Aldo Manuzio.
Pochi furono gli spostamenti da Carpi dei quali siamo a conoscenza nel 1501: si recò a Milano, in luglio, a Ferrara, in ottobre, e a Mantova, in dicembre, per brevi periodi. Ai primi di dicembre la madre fu avvelenata, provocando in lui dolore e sdegno irrefrenabili.
Nel 1502 partecipò agli scontri avvenuti a Mirandola per via del dissidio tra i fratelli Pico, Giovanfrancesco, da lui sostenuto, e Ludovico. Nel 1504 si ebbero nuovi tafferugli in Carpi. In questo anno e nel successivo, Alberto si recò, durante il periodo pasquale, a visitare la promessa sposa Margherita Gonzaga a Urbino. Nel gennaio del 1505 Alfonso I d’Este, succeduto a Ercole, attuò una politica più invadente nei confronti dei feudatari minori. Alfonso, già infastidito dalle continue chiamate in causa nelle questioni di Carpi del marchese di Mantova, divenne ancor più ostile dopo la scoperta, nel 1506, della congiura ordita contro di lui da don Giulio d’Este, nella quale credeva che Alberto avesse avuto un ruolo. Proprio nel 1506, su incarico di Francesco Gonzaga, Alberto si recò presso il re di Francia Luigi XII: fu a Tours e a Milano. Da allora in poi si dedicò intensamente all’attività diplomatica, affidando il governo di Carpi, nei periodi di assenza, a suoi luogotenenti. I frequenti viaggi per l’Europa arricchirono e affinarono in senso eclettico i suoi gusti artistici (Svalduz, 2001, p. 103).
Il 25 settembre 1506 assistette all’entrata in Urbino di Giulio II; nell’ottobre era a Forlì, come ambasciatore mantovano alla corte papale. Il pontefice fu colpito, oltre che dall’eloquenza, dall’abilità diplomatica di Alberto, che seguì Giulio II a Imola in novembre ed ebbe modo di discorrere con lui anche della situazione di Carpi. Nel febbraio del 1507 si recò a Bologna per conferire con il papa che con un breve del 26 febbraio 1507, da Forlì, metteva sotto la sua protezione Alberto e le sue proprietà.
Il 7 maggio 1507, per conto del marchese di Mantova, era a Genova dove era rientrato Luigi XII. Seguì il re per tutto il mese nei suoi spostamenti, assistendo, il 24 giugno, all’incontro a Savona con Ferdinando il Cattolico. A Tortona ricevette la proposta di entrare al servizio di Luigi XII: accettò e comunicò la notizia al marchese di Mantova il 14 luglio; l’11 agosto era a Roma con l’incarico di rassicurare il pontefice sulle intenzioni del re di Francia. In seguito svolse importanti missioni per Luigi XII: il 5 settembre era a Milano e il 12 ottobre a Lione; si trattenne in Francia fino alla fine dell’anno, e anche per gran parte dell’anno successivo: fu tra i promotori della Lega di Cambrai (10 dicembre 1508) insieme a Étienne Poncher, e dell’adesione a questa da parte del papa (23 marzo 1509). Dopo una serie di spostamenti tra le Fiandre e Lione per perorare nelle varie sedi l’attuazione dei patti, accompagnò Luigi XII in Italia nei giorni della vittoria francese ad Agnadello contro l’esercito veneziano. Alberto Pio dimostrò di sapersi muovere con disinvoltura tra Francia e Impero, così da conseguire il suo scopo: il recupero dell’intero dominio su Carpi, feudo imperiale. Dopo aver scritto da Peschiera il 1° giugno 1509 a Manuzio, il 13 giugno raggiunse a Trento Massimiliano I e gli raccontò la sua versione dei fatti sulla situazione di Carpi. Il 14 giugno 1509 l’imperatore tolse al duca di Ferrara la sua metà di Carpi e rese Alberto unico signore della città, concedendogli il titolo di conte, il diritto di battere moneta e quello di conferire lauree.
L’atto imperiale lo rese solo formalmente l’unico signore di Carpi. Nel febbraio del 1510 Luigi XII lo mandò, inutilmente, a Roma per impedire la rottura dell’alleanza tra la Francia e la S. Sede: Giulio II, infatti, aveva già deciso di attaccare Ferrara, alleata dei francesi. Così la mediazione fallì. Alberto si recò in Francia tra agosto e settembre del 1510, mentre Carpi, coinvolta nella guerra fra il duca Alfonso e Giulio II, veniva prima conquistata dall’esercito del papa e poi ripresa dai francesi. A screditare il suo operato, giunsero a Luigi XII voci di sue manovre per dare al papa la fortezza di Mirandola, controllata dai francesi. All’inizio del 1511 fu richiamato in Francia per giustificarsi; a giugno, durante il viaggio, fu arrestato ad Alessandria e tenuto prigioniero per alcuni giorni a Milano. Nonostante il chiarimento, il rapporto di fiducia con i francesi era rotto. In quelle circostanze, come conte di Carpi e avversario degli Este, Alberto coltivava interessi opposti a quelli del re di Francia, che pur rappresentava. Avrebbe dovuto sostenere le posizioni di Alfonso d’Este contro il tornaconto di Giulio II e suo. Il comportamento di Alberto suscitò le critiche di Francesco Guicciardini e, più tardi, di Ludovico Antonio Muratori.
Caduto Pio in disgrazia presso Luigi XII, Alfonso ottenne dai francesi il riconoscimento delle sue rivendicazioni su Carpi. Il 7 agosto 1511 le truppe guidate da Roger de Béarn assediarono la città consegnandola agli inviati del duca di Ferrara. Alberto si riavvicinò allora a Massimiliano I, che gli diede protezione e gli conferì nuovi incarichi: era a Trento in ottobre e nel dicembre del 1511 fu inviato come ambasciatore imperiale a Venezia, dove rimase fino al maggio del 1512, quando tornò a Roma.
Il 29 maggio 1512 l’imperatore Massimiliano, da Treviri, ingiunse ad Alfonso di restituire la metà di Carpi che deteneva, risarcendo Alberto dei danni. Le truppe imperiali estromisero il duca di Ferrara e occuparono la città, restituendola ad Alberto Pio, che restò il solo padrone di Carpi. Ciò non pose fine alla sua inimicizia verso gli Este: durante un congresso a Mantova nell’agosto del 1512 tentò, senza riuscirci, di far scacciare Alfonso anche da Ferrara. Nel dicembre era a Roma, dove, sempre come ambasciatore imperiale, assisté alla terza sessione del Concilio Lateranense V.
Gli anni che vanno dal 1513, con l’elezione al soglio pontificio di Leone X, fino al 1519, quando Carlo d’Asburgo fu eletto imperatore, segnarono il periodo di massimo splendore del signore di Carpi. Alberto risiedette prevalentemente a Roma. Il governo di Carpi, salvo i suoi brevi periodi di permanenza (per esempio, dal 23 dicembre 1515 al febbraio del 1516), fu affidato dal 1512 a un consiglio di reggenza e poi, dal 1515, a Niccolò Bosi da Forlì e, dall’anno successivo, ad Andrea Crotti; alla morte di questo, l’8 ottobre 1518, il governo fu retto dal fratello naturale di Alberto, Teodoro Pio; per gli incarichi diplomatici più delicati il conte si serviva di Sigismondo Santi. A Roma la politica di Alberto, che in qualità di ambasciatore imperiale occupava un ruolo chiave nelle scelte diplomatiche del papa, era tesa al perseguimento della pace in terra italiana, secondo i desiderata di Leone X; ma anche in questo contesto non venne mai meno l’odio per gli Este: nel 1513 fece fallire la missione diplomatica del cardinale Ippolito e dal 1515 cercò di procrastinare la restituzione di Modena e Reggio agli Este. Dal 1514 incominciò a soffrire sempre più frequentemente di gotta. Il 1515 vide l’arrivo sul trono francese di Francesco I: Alberto gestì il parziale riavvicinamento fra il papa e la Francia.
A Roma, munifico mecenate di artisti e letterati, frequentò gli ambienti dell’Accademia romana e strinse rapporti amichevoli con Pietro Bembo, Jacopo Sadoleto (amici dai tempi dei soggiorni ferraresi), Girolamo Aleandro, Paolo Giovio e Baldassarre Castiglione, nonché con rinomati artisti come Donato Bramante, Baldassarre Peruzzi e Raffaello Sanzio.
Venuta meno la possibilità del matrimonio con Margherita Gonzaga a seguito del raffreddamento dei rapporti con il marchese di Mantova, il 13 febbraio 1518 Alberto sposò Cecilia Orsini, figlia del cardinale Franciotto e imparentata con Leone X, consolidando ancor di più i suoi rapporti con il papa.
In questo periodo su incarico di Alberto Pio vennero intraprese a Carpi significative opere di rinnovamento edilizio. Tale programma, pensato già agli inizi del secolo, fu realizzato solo dopo il 1512 (Svalduz, 2001, p. 144). Leone X lo avallò, favorendo l’affermarsi dei modelli edilizi romani. Peruzzi fu la figura centrale nella definizione di progetti relativi alla pieve di S. Maria in Castello, detta la Sagra, al castello dei Pio e alla piazza antistante, chiusa dalla nuova collegiata di Carpi, terminata con la cupola solo nel 1770.
La situazione mutò con l’elezione a imperatore di Carlo V il 28 giugno 1519. Questi ritenne Alberto inaffidabile e non ne confermò la carica di ambasciatore. Quest’ultimo rimase a Roma, ufficialmente al servizio di Leone X, ma offrendo, in modo informale, i suoi servigi ai francesi. Con l’elezione di Adriano VI (9 gennaio 1522), Alberto, come chiarì egli stesso in una lettera a Matteo Giberti del 25 aprile 1522, tentò una politica di equilibrio tra Francia e Impero, servendo il papa: tornò a Carpi, dove rimase per tutto l’anno, accettando la supervisione di Reggio e la custodia di Modena. Rotto ogni rapporto di fiducia con Carlo V, il 3 gennaio 1523 Alberto, che aveva già lasciato Carpi, fu estromesso dai suoi possedimenti dal comandante dell’esercito imperiale Prospero Colonna. Legò allora il suo destino ufficialmente a Francesco I che, il 31 agosto, permise alle truppe guidate da Leonello di riconquistare Carpi. Dopo l’elezione di Clemente VII nel novembre del 1523, Alberto lavorò da Roma per la pace tra Carlo V e Francesco I. Intanto, alla fine di dicembre del 1524, nacque l’atteso erede; il nome era forse Francesco, ma visse solo fino al giugno del 1525. La rovinosa sconfitta francese di Pavia (24 febbraio 1525), con la cattura di Francesco I, indebolì l’influenza di Parigi sull’Italia e anche le speranze di Alberto: il 9 marzo le truppe imperiali entrarono a Carpi ed egli ritornò allora stabilmente a Roma. Verso la fine di giugno del 1525 la reggente di Francia, Luisa di Savoia, lo incaricò di proseguire le negoziazioni con il papa per formare una lega antimperiale. La proposta fu elaborata da Alberto e dal veronese Lodovico Canossa, ma non ebbe l’esito sperato: con la pace di Madrid (14 gennaio 1526) Francesco I tornò libero in cambio della rinuncia a ogni pretesa francese sugli Stati italiani.
All’inizio del 1526 fu impegnato nella formazione della Lega di Cognac, stipulata il 22 maggio. Fra i beneficiari di questa lega c’era lo stesso Pio, che avrebbe dovuto recuperare Carpi. Tuttavia, nel settembre del 1526, tra la preoccupazione di Alberto manifestata nelle lettere a Lodovico Canossa, Clemente VII, spinto dalle azioni militari dei Colonna, firmò una tregua con l’imperatore. Nel marzo del 1527 Pio fu uno dei principali fautori della spedizione pontificia contro il Regno di Napoli.
Mentre tutto questo accadeva, si andava rafforzando, per motivazioni di carattere personale, politico e culturale, l’adesione di Pio alle ragioni del papato, l’inimicizia verso i protestanti e la diffidenza per Erasmo da Rotterdam. Alberto riteneva che l’olandese, incline allo studio delle lingue più che a quello della teologia, avesse propiziato la nascita del movimento protestante ed espresse le sue opinioni presso il papa e i cardinali. La cosa giunse all’orecchio di Erasmo che, il 10 ottobre 1525, scrisse ad Alberto chiedendogli se veramente egli lo avesse accusato di non essere né teologo né filosofo. Erasmo ribadì di non essersi mai schierato a fianco di Lutero e sostenne che non le sue idee, ma la corruzione degli uomini di Chiesa era stata la causa della rivolta luterana. Alberto probabilmente ricevette la lettera nel novembre del 1525, e lavorò alla risposta fino al maggio del 1526, in stretta collaborazione con il gruppo di intellettuali che lo attorniavano, soprattutto con Juan Ginés de Sepúlveda: gran parte della copia di lavoro usata in questo periodo si trova alla Biblioteca Ambrosiana. La lettera fu spedita il 15 maggio del 1526; Pio imputava a Erasmo di aver anticipato le idee poi sostenute con maggior forza da Lutero e, riprendendo le accuse già scagliate da altri, citava passi delle opere dell’olandese che richiamavano il pensiero di Lutero per dimostrare la continuità ideologica tra il padre della Riforma e l’autore dell’Elogio della Follia. Concludeva poi esortando Erasmo a porre fine alla sua ambiguità, a condannare Lutero e a schierarsi con il papa. Erasmo non rispose per tutto l’anno seguente.
Intanto, all’inizio del 1527, i lanzichenecchi si erano spostati in Emilia, privi di vettovaglie. Il duca di Ferrara, approfittando della situazione, nel marzo si fece consegnare Carpi. Il 6 maggio i lanzichenecchi entrarono a Roma. Pio rimase accanto al papa durante il sacco, rifugiandosi in Castel S. Angelo. Dopo gli accordi tra Clemente VII e Carlo V del giugno del 1527, Alberto partì con moglie e figlie per la Francia, e già ai primi di settembre era alla corte di Francesco I. Nell’aprile del 1528 era a Lione, dove venne insignito dell’Ordine di S. Michele; nel settembre è ricordato in un’assise di principi e dignitari a Parigi, dove rimase fino alla morte. Qui Pio abitava in rue Saint-Antoine, davanti alla residenza reale, vicino al centro del potere. Tenne sempre vivo comunque il suo legame con Clemente VII: ancora nel 1530, dopo la pace di Cambrai, il papa perorò, inutilmente, la sua causa per la restituzione di Carpi.
In questo periodo ebbe modo di riprendere gli studi e impegnò le sue ultime forze nella polemica con Erasmo. Indispettito dalla mancata risposta e spinto dagli amici, rimise mano alla lettera-trattato inviata a Erasmo (si veda il ms. Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, Guelf. 85.4.2 Aug. 2) e la stampò a Parigi presso Badius Ascensius il 9 gennaio 1529 con il titolo: Ad Erasmi Roterodami expostulationem responsio accurata et paraenetica. L’opera ebbe successo, fu ristampata e anche tradotta in francese. Erasmo pubblicò nel marzo del 1529 da Froben la sua Ad exhortationem clarissimi doctissimique comitis Alberti Pii Carporum principis responsio; Pio, a sua volta, incominciò subito ad annotare la risposta di Erasmo, sviluppando poi gli appunti in un ampio trattato che uscì postumo nel marzo del 1531 a Parigi e, pochi mesi dopo, a Venezia, per le cure di Francesco Florido Sabino (Tres et viginti libri in locos locubrationum variarum D. Erasmi Rotterdami, Parisiis, Badius Ascensius, 1531, e Venetiis, in Aedibus Lucae Antonii Iunte, 1531). Erasmo, dopo la morte di Pio, avrebbe risposto a questo trattato stampando da Froben nel giugno del 1531 l’Apologia adversus rapsodias calumniosarum querimoniarum Alberti Pii quondam Carporum principis e, lo stesso anno, il dialogo satirico Exequiae seraphicae. Sepúlveda avrebbe difeso Alberto e pubblicato a Roma e a Parigi nel marzo del 1532 la sua Antapologia pro Alberto Pio principe Carpensi in Erasmum Roterodamum. I Tres et viginti libri avrebbero dato un contributo importante alla propaganda cattolica e avrebbero avuto un profondo influsso sulla progressiva elaborazione del pensiero controriformista, poi cristallizzatosi nelle deliberazioni del Concilio di Trento.
Vestiti gli abiti francescani, Pio morì a Parigi l’8 gennaio 1531 ed ebbe l’onore, il 16 di quel mese, di una solenne cerimonia funebre alla presenza di Francesco I. Il testamento dettato a Parigi il 21 luglio 1530 è stato oggetto di studi (Svalduz, 2001, pp. 238-242) che ne hanno messo in evidenza l’importanza sotto più punti di vista.
Fonti e Bibl.: Carpi, Archivio storico comunale, Archivio Pio, Archivio Guaitoli e Archivio Ettore Spaggiari; ibid., Archivio capitolare (cfr. N. Rocca, Lettere e documenti interessanti la storia del Duomo e della collegiata di Carpi, Modena 1863); Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo Falcò Pio di Savoia (cfr. U. Fiorina, Inventario dell’Archivio Falcò Pio di Savoia, Vicenza 1980); ms. E.30.inf.; Archivio di Stato di Mantova (cfr. A. Sabattini, Alberto III Pio, politica, diplomazia e guerra del conte di Carpi: corrispondenza con la corte di Mantova, 1506-1511, Carpi 1994). A Parigi è conservata la corrispondenza con la corte francese: Bibliothèque nationale de France, mss. fr. 2963, c. 165, 2968, c. 3, 3002, cc. 23, 84, 3003, c. 7, 3005, c. 191, 3012, c. 98, 3019, c. 17, Collection Dupuy, 261, 265, 736, 452, Collection Clair, 321, 322, ms. lat. 17908; ibid., Archives nationales (cfr. G. Molini, Documenti di storia italiana copiati dagli originali, I, Firenze 1835, pp. XXVII, XXX, XXXII, XLI, 105); Philadelphia, Rare Book & Manuscript Library, University of Pennsylvania, Ms. Coll. 637; a Vienna la corrispondenza con Massimiliano: Österreichisches Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Maximiliana, Karton 29, Konv. III, cc. 17r-20r, 85r-86r; Konv. IV, cc. 47r-52; Karton 30, Konv. II, cc. 23r-25r; Karton 31, Konv. I, cc. 9r-12v. A Verona, Biblioteca capitolare, DCCCXVIII-DCCCXXXI (lettere di Canossa a Pio). Per altri manoscritti con lettere di o a Pio e per un elenco di quelle a stampa: F. Forner, Nuovi documenti della polemica tra A. P. ed Erasmo da Rotterdam, e alcune lettere, in A. P. da Carpi contro Erasmo da Rotterdam nell’età della Riforma, a cura di M.A. Marogna, Pisa 2005, pp. 47-116. Manoscritti con i testi della polemica con Erasmo: Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo Falcò Pio di Savoia, scatola 282, n. 6; lacerti di questo ms. a Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Archivio Cittadella, Autografi n. 2284; Modena, Biblioteca Estense, Autografoteca Campori, s.v. Pio di Savoia, Alberto; Harvard, Houghton Library, ms. lat. 299; Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, Guelf. 85.4.2 Aug. 2. Traduzioni francesi: Parigi, Bibliothèque nationale de France, Fr. 462; Chantilly, Musée Condé, 187 (709).
Sulla biblioteca di Pio: J.L. Heiberg, Beitraege zur Geschichte Georg Vallas und seiner Bibliothek, Leipzig 1896, p. 118; G. Mercati, Codici latini Pico Grimani Pio e di altra biblioteca ignota del secolo XVI esistenti nell’Ottoboniana e i codici greci Pio di Modena, Città del Vaticano 1938; A. Nuovo, Il commercio librario a Ferrara tra XV e XVI secolo: la bottega di Domenico Sivieri, Firenze 1998, pp. 74-82; P. Di Pietro Lombardi, I codici greci e orientali di Alberto III Pio, in Alberto III e Rodolfo Pio da Carpi collezionisti e mecenati, a cura di M. Rossi, Tavagnacco 2004, pp. 215-227.
Per la biografia di Pio: G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, IV, Modena 1783, pp. 156-201; P. Litta, Famiglie celebri d’Italia, IV, Milano s.d., s.v. Pio di Carpi; P. Guaitoli, Memorie sulla vita di Alberto III Pio, in Memorie storiche e documenti sulla città e sull’antico principato di Carpi, I, Carpi 1877; Carpi. Ein Fürstensitz der Renaissance, a cura di H. Semper - F.O. Schulze - W. Barth, Dresden 1882, pp. 3-35 (trad. it. Pisa 1999); F. Lauchert, Die italienischen literarischen Gegner Luthers, Freiburg im Breisgau 1912, pp. 279-281; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1912, ad ind.; R. Bacchelli, La congiura di don Giulio d’Este, Milano 1931; O. Rombaldi, Profilo biografico, in Alberto Pio III, signore di Carpi (1475-1975), Modena 1977; C. Vasoli, Alberto III Pio da Carpi, Carpi 1978; importanti i contributi editi in Società, politica e cultura a Carpi ai tempi di Alberto III Pio. Atti del Convegno internazionale... 1978, Padova 1981; M. Bernuzzi -T. Deutscher, A. P. Prince of Carpi, in Contemporaries of Erasmus, ed. P.G. Bietenholz - T.B. Deutscher, III, Toronto 1987, pp. 86-88; fondamentali: A. Sabattini, Alberto III Pio, cit., pp. 1-91; N.H. Minnich, P. A., in The Oxford Encyclopedia of the Reformation, III, a cura di H.J. Hillerbrand, New York-Oxford 1996, pp. 274-276; E. Svalduz, Da Castello a «città»: Carpi e A. P.: 1472-1530, Roma 2001; C. Vasoli, Alberto III Pio da Carpi, in L’immagine del principe, a cura di M. Rossi, Carpi 2008; F. Forner, L’ultimo principe, in Storia di Carpi, II, a cura di M. Cattini - A.M. Ori, Modena 2009, pp. 69-85; J. Jacoby, Zeitpunkt und Wortwahl: Der Bericht A. P. da Carpi über die Übergabe einer Motette Heinrich Isaacs an Papst Leo X, in Italia Medioevale e Umanistica, LII (2011), pp. 265-282.
Sulla famiglia di Pio: A. Morselli, Da Margherita Gonzaga a Cecilia Orsini, in Memorie storiche e documenti sulla città e sull’antico principato di Carpi, XI (1931), pp. 185-204; Id., Caterina Pico della Mirandola, in Studi e documenti della Deputazione di storia patria per l’Emilia Romagna, III (1939), pp. 1-9; E. Spaggiari, I figli di A. P.: breve saggio storico, bibliografia generale su A. P., Modena 1978; A.M. Ori, La famiglia Pio di Savoia e il monastero di Santa Chiara, in Le clarisse in Carpi, a cura di Ead. - G. Zarri, I, Reggio Emilia 2003, pp. 63-85.
Sui rapporti con Manuzio: Aldo Manuzio editore: dediche, prefazioni, note ai testi, introduzione di C. Dionisotti, a cura di G. Orlandi, Milano 1975, pp. XI-XII e ad ind.; L. Balsamo, A. P. e Aldo Manuzio: editoria a Venezia e Carpi fra ’400 e ’500, in Società, politica e cultura a Carpi, cit., pp. 133-166.
Sull’attività mecenatesca anche in campo edilizio: Carpi. Ein Fürstensitz, cit.; imprescindibile il contributo di E. Svalduz, Da Castello a «città», cit.; Alberto III e Rodolfo Pio da Carpi, cit.; Il palazzo dei Pio a Carpi: sette secoli di architettura e arte, a cura di M. Rossi - E. Svalduz, Venezia 2008 (in partic. E. Svalduz, «Fabbriche infinite»: il palazzo di A. P., pp. 61-70; L. Giordano, A. P. e l’edificare per magnificenza, pp. 117-122); F. Forner, I Pio tra lettere ed armi, in Storia di Carpi, II, cit., pp. 231-244.
Sulla polemica con Erasmo da Rotterdam: S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia (1520-1580), Torino 1987, ad ind.; E. Rummel, Erasmus and his catholic critics, II, Nieuwkoop 1989, pp. 115-123; N.H. Minnich, The debate between Desiderius Erasmus of Rotterdam and A. P. of Carpi on the use of sacred images, in The catholic reformation: council, churchmen, controversies, Aldershot 1993, pp. 379-413; A. P. da Carpi, Ad Erasmi Roterodami expostulationem responsio accurata et paraenetica, a cura di F. Forner, Firenze 2002; Responsio ad epistolam paraeneticam A. P., Apologia adversus rhapsodias A. P. Brevissima scholia, a cura di N.H. Minnich - D. Sheerin, Toronto 2005; F. Forner, Erasmo e A. P., biografia e autobiografia nello specchio deformante della polemica, in L’auteur à la Renaissance, a cura di R. Gorris - A. Vanautgaerden, Turnhout 2009, pp. 313-327; Réponse à la ‘Responsio paraenetica’ d’A. P. da Carpi accompagnée des annotations marginales d’A. P. da Carpi et des réponses d’Érasme de Rotterdam, a cura di M. Theunissen-Faider, Turnhout 2011; Opera omnia Desiderii Erasmi Roterodami, IX, 6, Polemics with A. P. of Carpi, a cura di C.L. Heesakkers, Leiden 2014.