RABAGLIATI, Alberto
RABAGLIATI, Alberto. – Nacque a Milano il 27 giugno 1906 da Leandro Valentino e da Delfina Besso, di origine piemontese. Trascorse l’infanzia e la giovinezza nella città natale, dove ricevette anche la prima formazione musicale con lo studio del violino. La prima svolta nella sua vita e l’avvio verso la carriera artistica avvennero nel 1926, quando partecipò a un concorso internazionale indetto dalla casa cinematografica Fox: nell’agosto di quell’anno era morto Rodolfo Valentino e Rabagliati, che aveva vinto nella composizione, si distinse come un possibile sosia e successore.
A seguito dell’esito della competizione, nel 1927 si trasferì negli Stati Uniti, a Hollywood; qui interpretò un ruolo secondario di poliziotto nel film Street Angel (1928; L’angelo della strada) di Frank Borzage. Nel 1930 fu scritturato come protagonista maschile per il film-operetta di produzione italiana dal titolo Sei tu l’amore? di Alfredo Sabato e Guido Trento. Lo scarso successo del film e, in generale, del suo tentativo di carriera cinematografica in America (che nelle proprie memorie americane l’attore imputò all’imprudenza di una relazione con una donna già legata a un influente personaggio della sua casa cinematografica), lo indusse a tornare in Italia nel corso dello stesso anno.
Negli Stati Uniti Rabagliati aveva conosciuto le nuove tendenze della musica nordamericana, segnatamente le sue caratteristiche ritmiche e le nuove tipologie di vocalità: forte di quest’esperienza, si orientò verso la carriera musicale ed entrò a far parte dell’orchestra Blue Star di Pippo Barzizza. La compagine contribuì a portare nel panorama musicale italiano le suggestioni e le sonorità d’Oltreoceano, cui il Paese, malgrado la formale opposizione del regime fascista, era assai permeabile. Nell’orchestra Rabagliati avrebbe voluto suonare il violino, ma Barzizza aveva necessità di un cantante e come tale lo scritturò. Nel 1932 Rabagliati pubblicò le proprie memorie dell’esperienza americana, invero piuttosto romanzate e autocelebrative (Quattro anni fra le ‘stelle’: aneddoti e impressioni, Milano 1932), ed entrò nel gruppo cubano dei Lecuona Cuban Boys, che prendeva il nome dal fondatore Ernesto Lecuona: con loro incontrò i primi successi (come Maria la O dello stesso Lecuona, che avrebbe ripreso nella versione di Nicola Salerno, nel 1941).
Alla fine del decennio Rabagliati chiuse l’esperienza con il gruppo cubano; dopo un paio di audizioni all’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) riprese la collaborazione con Pippo Barzizza, stavolta con l’orchestra Cetra: grazie anche alla diffusione radiofonica, rapidamente s’impose in Italia come uno dei più acclamati cantanti del momento. All’inizio degli anni Quaranta riprese anche l’attività cinematografica, in ruoli che gli consentivano di esibire le proprie doti vocali (La scuola dei timidi, 1941, e La vita è bella, 1943, di Carlo Ludovico Bragaglia; Lascia cantare il cuore, 1943, di Roberto L. Savarese). La sua fama fu tale che nel 1941 l’ENIC (Ente Nazionale Industrie Cinematografiche) gli affidò un intero spettacolo radiofonico, una sorta di one man show intitolato semplicemente Canta Rabagliati, messo in onda ogni lunedì sera: il cantante vi proponeva canzoni note oppure nuove, sia melodiche, come Mattinata fiorentina di Giovanni Danzi e Michele Galdieri (1941), sia d’impronta marcatamente swing, per le quali era particolarmente rinomato, come Ba-ba-baciami piccina di Riccardo Morbelli e Luigi Astore (1940). Egli stesso ripercorse in seguito, in interviste e testimonianze, questo periodo di grande successo ricordando, non senza nostalgia e compiacimento, che data la sua presenza costante nella programmazione radiofonica, la sigla EIAR si sarebbe potuta parodiare in Ente Italiano Audizioni Rabagliati. In quel periodo emerse pure come attore di teatro leggero; nel 1945 partecipò allo spettacolo collettivo Roma città chiusa, allestito a Roma per celebrare la rinascita al termine della guerra (vari divi dello spettacolo, tra cui Aldo Fabrizi, vi interpretarono i propri successi).
Il dopoguerra segnò l’inizio di un periodo difficile. Il cantante tentò di nuovo il successo sia in patria sia all’estero, ma non ritrovò la popolarità che aveva mietuto fino ai primi anni Quaranta. Negli anni Cinquanta intensificò la propria attività cinematografica, spesso in piccoli cammei canori nei quali di fatto interpretava se stesso e alcuni celebri successi del momento. Si ricordano in particolare Susanna tutta panna (1957) di Steno, Domenica è sempre domenica (1958) di Camillo Mastrocinque e Il vedovo (1959) di Dino Risi.
Il 19 maggio 1954 sposò la marchigiana Maria Antonietta Tonnini: le cronache riportarono che nell’occasione intonò il ritornello di uno dei suoi successi del 1941, C’è una casetta piccina, meglio nota come Sposi di Carlo Prato e Mario Valabrega, celebre anche per l’uso che ne aveva fatto il regime fascista a sostegno della propria politica demografica.
Malgrado gli impegni e i riconoscimenti, Rabagliati visse gli anni del dopoguerra come una fase di lento tramonto: si era imposto come personaggio radiofonico e si sentiva legato a un’epoca ormai definitivamente sorpassata.
Morì d’improvviso a Roma il 7 marzo 1974 per una trombosi. La sua partecipazione al programma televisivo Milleluci, registrata poco prima, andò in onda postuma. Fu sepolto al cimitero Flaminio assieme alla madre, deceduta nel 1956.
Fonti e Bibl.: G. Borgna, Storia della canzone italiana, Milano 1992, pp. 153 s. e ad ind.; F. Liperi, Storia della canzone italiana, Roma 1999, pp. 134-136 e ad ind.; R. Chiti, R., A., in Gli attori. Dal 1930 ai giorni nostri, a cura di E. Lancia - R. Poppi, II, Roma 2003, p. 137; A. Mazzoletti, Il jazz in Italia: dalle origini alle grandi orchestre, Torino 2004, p. 345 e ad indicem.