VACCARI, Alberto
– Nacque a Bastida de’ Dossi (Pavia) il 4 marzo 1875, sesto degli undici figli di Giovanni, che fu sindaco per quarantaquattro anni di Bastida de’ Dossi, e di Serafina Meardi, e fratello maggiore dello storico del diritto Pietro.
Frequentò a Voghera le scuole elementari e dal 1885 al 1892 fu al seminario diocesano di Tortona, dove ricevette una formazione umanistica modellata, come egli stesso affermò, «sopra la famosa Ratio studiorum dei Gesuiti» (Scritti di erudizione..., 1952-1958, I, p. XXXVI). Nel 1891 ebbe come compagno di camerata il futuro don Luigi Orione, il quale fu per lui guida preziosa nel percorso di maturazione vocazionale, tanto che Vaccari gli dedicò un articolo su La Civiltà cattolica definendolo l’«apostolo della carità» (Un apostolo..., 1940).
Il 20 giugno 1892 entrò per gli studi nella casa della Compagnia di Gesù a Chieri, presso Torino, dove rimase per tre anni. Nel 1896 insegnò lingue classiche in una scuola privata nel Principato di Monaco, incarico che abbandonò l’anno successivo per partire come soldato nel corpo della Sanità. Ritornò a Chieri nel 1899; dopo essersi dedicato allo studio della filosofia e dopo un breve periodo di insegnamento nuovamente nel Principato di Monaco, nel 1902 cominciò a frequentare il corso di Sacra Scrittura tenuto dal padre Luciano Méchineau, il quale, per primo, lo incoraggiò a realizzare una traduzione in italiano della Bibbia a partire dai testi originali.
Ordinato sacerdote il 30 luglio 1905 sempre a Chieri, Vaccari fece l’ultimo anno di noviziato a Sartirana, in Brianza, sotto la direzione spirituale del padre Riccardo Friedl. Dal 1907 si volse agli studi biblici e orientali prima presso l’Università di S. Giuseppe a Beirut, compiendo anche viaggi di istruzione in Palestina, Egitto e Siria (1907-09), e poi presso il Pontificio Istituto biblico di Roma da poco fondato da Pio X, dove seguì un corso di assiriologia per un semestre nel 1911. Nel frattempo, dopo il biennio a Beirut, fu professore di Sacra Scrittura a Chieri (1909-11).
Dal 1912 insegnò esegesi dell’Antico Testamento, storia del testo e delle antiche versioni bibliche, e storia dell’esegesi presso il Pontificio Istituto biblico, e nel novembre del 1924 ne divenne il vicerettore. Fu quindi «il consulente privilegiato del futuro cardinale Bea, quando costui era rettore del Biblico, per dirimere le questioni più spinose (tra cui le derive moderniste) riguardanti la giusta interpretazione della Bibbia, sotto il vigile controllo del Sant’Uffizio di allora» (Rizzi, 2015, p. 27). Aveva un’ottima preparazione linguistica: conosceva perfettamente l’ebraico, l’aramaico e il greco, oltre ovviamente a parlare il latino, lingua dei corsi, e aveva studiato l’arabo abbastanza da poter scrivere una grammatica elementare, L’arabo scritto e l’arabo parlato in Tripolitania (Torino 1912, ristampa 1921). La Rivista biblica deve a lui i suoi inizi, così come fu sua l’iniziativa di organizzare le Settimane bibliche per la formazione permanente dei professori di Sacra Scrittura (dal 1930), che incontrarono subito l’appoggio di Pio XI. Vaccari fu inoltre tra i fondatori dell’Associazione biblica italiana (1948) e ne ricoprì la carica di presidente tra il 1954 e il 1958. Dunque, «non solo fu studioso e professore, ma fu animatore dell’ambiente delle scienze bibliche in Italia» (Peloso, 1999, p. 6).
Dal 1938 fu socio ordinario dell’Accademia degli Arcadi; nel 1958 l’Università Cattolica di Lovanio gli conferì la laurea honoris causa in sacra teologia.
La sua competenza scientifica venne posta anche al servizio della Curia romana: nel 1924 fu nominato qualificatore del S. Uffizio e dal 1929 fu consultore della pontificia commissione biblica. Il 12 luglio 1960 papa Giovanni XXIII lo nominò membro della commissione teologica centrale preparatoria del Concilio Vaticano II e, due anni dopo, perito conciliare. Padre Vaccari diede un contributo nella fase preparatoria, i cui schemi in materia biblica erano legati alla tradizione dei papi ‘Pii’, ma non partecipò ai lavori conciliari a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni fisiche.
La sua influenza nell’ambiente esegetico italiano fu consistente, come testimoniano anche le molte pubblicazioni: Giuseppe De Luca raccolse 450 contributi di Vaccari sotto il titolo Scritti di erudizione e di filologia, in due volumi (Roma 1952-1958; si veda anche Nober, 1962). Vaccari si dedicò innanzitutto allo studio delle versioni latine pregeronimiane e delle opere e della figura di s. Girolamo, del quale divenne uno dei più profondi conoscitori del tempo.
La sua eredità è ancora attuale grazie soprattutto a studi quali: Un commento a Giobbe di Giuliano di Eclana (Roma 1915); Codex Melphictensis rescriptus. Ezechielis fragmenta graeca (Roma 1918); Institutiones biblicae scholis accommodatae, in collaborazione con A. Fernández Truyols et al. (Roma 1925, 1951); I Salmi tradotti dall’ebraico con la Volgata di fronte (Torino 1936, 1945); Il Diatessaron in volgare italiano. Testi inediti dei secoli XIII-XIV, in collaborazione con V. Todesco - M. Vattasso (Città del Vaticano 1938). L’opera che più di tutte lo rese celebre fu però la traduzione in italiano della Bibbia dai testi originali, iniziata nel 1923 con il Pentateuco.
Anche se un’agiografia vede in Vaccari il primo ad affrontare una tale impresa (Rizzi, 2010, p. 45), in realtà egli era stato preceduto dalla grande edizione commentata di Antonio Martini e da quella protestante di Giovanni Diodati e, nel Novecento, da Giovanni Luzzi. L’iniziativa di traduzione di Vaccari era stata suscitata da una richiesta di Pio X al Pontificio Istituto biblico, ma venne completata solo alla fine degli anni Cinquanta, con l’aiuto di altri collaboratori. L’opera fu pubblicata in nove volumi (più uno di indice) a Firenze, presso la casa editrice Salani, tra il 1943 e il 1958, con il titolo La Sacra Bibbia tradotta dai testi originali con note a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma. Vaccari non ne fu soltanto il direttore e redattore capo, ma curò anche personalmente le versioni di Genesi, Levitico, alcuni libri storici, libri poetici, profeti maggiori, nove profeti minori, Vangelo di Luca, Lettera agli Ebrei, Lettere cattoliche e Apocalisse. Con questa sua scrupolosa attenzione filologica ai testi originali e alle traduzioni antiche della Bibbia, inaugurò uno stile e un metodo di studio nuovi, che padre Giovanni Rinaldi (1966) definisce con una felice espressione «umanesimo ecclesiastico-esegetico» (p. 5).
L’attività sua e degli altri professori del Pontificio Istituto biblico incontrò tuttavia diversi ostacoli: quando, negli anni Trenta, si sviluppò un forte dibattito su e contro l’esegesi storico-critica che coinvolse i massimi gradi delle gerarchie ecclesiastiche, il lavoro esegetico del Biblico venne attaccato da più parti e accusato, secondo uno stereotipo eresiologico, di fondarsi su basi ‘razionalistiche’ e dunque di ricadere sotto le condanne del modernismo di papa Sarto. Il metodo scientifico dell’Istituto e la sua attività improntata sulla critica testuale trovarono rifugio e una parziale accoglienza negli interventi ottenuti da Pio XI e Pio XII, fino a giungere, nel settembre del 1943, alla pubblicazione dell’enciclica Divino afflante Spiritu (Sul modo più opportuno di promuovere gli studi biblici), che aprì la strada a un nuovo approccio cattolico nell’esegesi e diede, di fatto, ragione al Biblico.
Dopo un’intensa attività nel campo dell’esegesi biblica, impegno cui consacrò tutta la sua vita, Vaccari morì a Roma il mattino del 6 dicembre 1965, all’età di novant’anni, alla vigilia della conclusione del Vaticano II, in cui la costituzione dogmatica sulla divina rivelazione aveva chiuso una stagione di sospetti e condanne e riportato la Scrittura al centro della vita liturgica, della concezione del ministero e della dottrina morale. All’annuncio della sua morte, papa Paolo VI inviò personalmente il seguente telegramma: «Rievochiamo con grato e commosso pensiero figura religioso esemplare et dotto cultore scienze bibliche che per lunghi anni ha prestato con fedeltà sua preziosa opera alla santa Sede» (Martini, 1966, p. 420). Vaccari riposa a Roma nel cimitero di Campo Verano.
Opere. Un apostolo della carità: D. Luigi Orione, in La Civiltà cattolica, XCI (1940), 3, pp. 90-104; Lo studio della Sacra Scrittura. Lettera della Pontificia Commissione Biblica con introduzione e commento, Roma 1943; Scritti di erudizione e di filologia, I-II, a cura di G. De Luca, Roma 1952-1958.
Fonti e Bibl.: P. Nober, Bibliografia del R. P. A. V., S.J., vicerettore del Pontificio Istituto Biblico, in Biblica, 1962, vol. 43, pp. 277-294; A. Bea, P. A. V.: In Memoriam, ibid., 1966, vol. 47, pp. 158 s.; P. Boccaccio, P. A. V., S.J. (1875-1965), ibid., pp. 159-162; C.M. Martini, Padre A. V. S.J., in Il Messianismo, Atti della XVIII Settimana biblica, Brescia 1966, pp. 419 s.; G. Rinaldi, Ricordo del Padre A. V., in L’Osservatore romano, 6 gennaio 1966; C.M. Martini, Biblisti italiani, in Enciclopedia della Bibbia, I, Leumann 1969, coll. 1237-1243; F. Peloso, P. A. V., religioso esemplare e dotto cultore delle scienze bibliche, in L’Osservatore romano, 13 ottobre 1999; V. Vaccari - M. Vaccari - E. Vaccari, Padre A. V. S.J. (1875-1965). Religioso esemplare e dotto cultore di scienze bibliche, Pavia 2000, 2010; P. Boccaccio, V. A., in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús: biográfico-temático, a cura di C.E. O’Neill - J.M. Domínguez, IV, Roma-Madrid 2001, p. 3867; M. Gilbert, Il Pontificio Istituto Biblico. Cento anni di storia (1909-2009), Roma 2009; G. Rizzi, Le versioni italiane della Bibbia. Dalla Bibbia del Malermi (1471) alla recente versione CEI (2008), Cinisello Balsamo 2010; F. Rizzi, V., l’esegeta di don Orione, in Avvenire, 5 dicembre 2015.