Albino
Il termine albino, che in origine indicava quei negri dell'Africa occidentale che mostravano pigmentazione bianca, viene oggi utilizzato per designare un individuo affetto da un'anomalia congenita ereditaria, detta appunto albinismo, che consiste nella mancanza totale o parziale di pigmento nella cute, nei capelli, nell'iride.
Le persone affette da albinismo generalizzato sono incapaci di trasformare la tirosina in melanina a causa dell'assenza dell'enzima tirosinasi, che provoca un blocco nella catena metabolica.L'albinismo costituisce un esempio di eredità autosomica recessiva: l'allele mutato che provoca il deficit per la tirosinasi è cioè localizzato su un cromosoma (autosoma) non coinvolto nella determinazione del sesso e deve essere presente su entrambi i cromosomi omologhi perché si determini il fenotipo albino (sono infatti sufficienti le molecole di tirosinasi prodotte da un singolo allele non mutato a garantire il normale svolgimento della funzione). L'albino può quindi nascere, oltre che da genitori entrambi affetti da albinismo, anche da genitori clinicamente normali che siano però entrambi portatori di un allele mutato (eterozigoti) o da una coppia in cui un genitore sia albino e l'altro portatore eterozigote. In accordo con la prima legge di Mendel sulla segregazione degli alleli, nel primo caso tutti i figli saranno affetti da albinismo; nel secondo nascerà in media un bambino albino su quattro; nell'ultimo caso il 50% della prole sarà albino. Nelle popolazioni di razza bianca, l'albinismo da deficit di tirosinasi colpisce una persona su 40.000 nati vivi, con grandi differenze tra le diverse popolazioni (per es., 1 su 10.000 in Irlanda del Nord e 1 su 70.000 circa nella Columbia Britannica, Canada); nelle popolazioni europee si ha una frequenza media di un caso su 20.000. In alcuni gruppi etnici, molto probabilmente a causa del loro isolamento genetico, la frequenza dell'allele per l'albinismo può essere molto più elevata, come per es. fra gli indiani cuña di Panama (1 su 143). Il gruppo etnico di origine può dunque fornire indicazioni utili nel calcolo delle probabilità che da genitori clinicamente normali nasca un bambino affetto da albinismo. Anche la consanguineità tra i genitori rappresenta un fattore di rischio, poiché in tal caso è maggiore la probabilità che entrambi siano portatori allo stato eterozigote dell'allele mutato.L'ipotesi che l'albinismo fosse dovuto a un singolo allele recessivo fu contraddetta da P.D. Trevor-Roper nel 1952, con la descrizione del caso di una coppia di albini dal cui matrimonio erano nati tre figli normalmente pigmentati.
Esclusa con certezza l'illegittimità, dato che padre e figli erano compatibili per molte altre caratteristiche, l'unica spiegazione plausibile era che i genitori avessero una differente costituzione genetica, fossero cioè albini per motivi diversi. In questo caso si dovrebbe ammettere che nell'albinismo siano coinvolti più geni, ognuno dei quali controlla un differente passaggio enzimatico nella catena metabolica da tirosina a melanina.Questa ipotesi ha trovato conferma nell'osservazione di bulbi piliferi di individui albini messi in coltura in presenza di tirosinasi: alcuni di questi bulbi riescono a produrre in vitro melanina, dimostrando che la sostanza mancante in vivo è la tirosinasi, mentre altri, nelle stesse condizioni di coltura, non sono in grado di produrre melanina, indicando così che il blocco metabolico si verifica per la mancanza di una sostanza diversa dalla tirosinasi. Nel primo caso si parla di albinismo tirosinasi-negativo (I tipo), nel secondo di albinismo tirosinasi-positivo (II tipo). Entrambi questi tipi di albinismo sono forme generalizzate, interessano cioè cute, capelli e occhi, e sono difficilmente distinguibili nella pratica clinica, in particolar modo nei caucasici.
Nel 1986 R.A. King e i suoi collaboratori identificarono una nuova forma di albinismo (III tipo), in cui alla nascita l'albinismo è generalizzato, ma nel corso dei primi dieci anni di vita si sviluppa nell'iride una piccola quantità di pigmento.Oltre a quelli descritti sono noti una decina di altri tipi di albinismo. Tra questi, una forma di albinismo generalizzato, dovuto a un allele autosomico dominante, e due tipi di albinismo oculare, uno più raro autosomico recessivo, l'altro dovuto a un allele localizzato sul cromosoma sessuale X. In entrambi i casi le persone affette da tali anomalie hanno pelle e capelli normalmente pigmentati, mentre il fondo oculare è depigmentato e l'occhio mostra tutte le caratteristiche dell'occhio albino.
Oltre all'accentuata sensibilità alla luce (fotofobia), dovuta all'assenza di pigmento, gli albini presentano in genere varie anomalie dell'occhio, che indicano che il gene dell'albinismo interessa contemporaneamente più caratteristiche non correlate in maniera diretta. Spesso si riscontra una riduzione dell'acutezza visiva, tale che in molti casi i pazienti possono essere dichiarati legalmente ciechi; questa condizione è dovuta a un involontario, rapido movimento dei bulbi oculari (nistagmo). La vista in questi casi può essere lievemente migliorata, almeno per quanto riguarda la capacità di lettura, da una particolare postura della testa.
Le persone albine mal sopportano la luce del sole, poiché la mancanza di melanina nella cute rende i tessuti sottostanti sensibili agli effetti potenzialmente dannosi delle radiazioni solari; per lo stesso motivo sono anche più suscettibili alle neoplasie cutanee. Negli individui albini sono ovviamente assenti nevi pigmentari o lentiggini. Non vengono rilevate altre compromissioni dello stato di salute, né sono note forme di discriminazione nei confronti delle persone albine. In alcune popolazioni, come gli indiani hopi dell'Arizona, gli albini erano addirittura oggetto di una venerazione quasi religiosa.
Allo stato selvatico i casi di albinismo sono piuttosto rari perché eliminati dalla selezione naturale. Tuttavia individui albini si ritrovano in tutti i Vertebrati, Mammiferi e non (Pesci, Uccelli, Anfibi), anche se in questi ultimi la depigmentazione non è sempre imputabile a mancanza di melanina. Tra i Mammiferi, oltre ai ceppi albini di topi, ratti, cavie e conigli utilizzati come materiale di laboratorio per ricerche scientifiche, sono noti anche cavalli completamente privi di pigmento, di colore bianco puro o crema, con pelle rosa e occhi scuri o azzurro chiaro, bruno o nocciola.
J.M. Connor, M.A. Ferguson-Smith, Essential medical genetics, Oxford-Boston, Blackwell, 1984 (trad. it. Principi di genetica medica, Bologna, Esculapio, 1986).
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R.A. King et al., Minimal pigment: a new type of oculocutaneous albinism, "Clinical Genetics", 1986, 29, p. 42.
P.D. Trevor-Roper, Marriage of two complete albinos with normally pigmented offspring, "British Journal of Ophthalmology", 1952, 36, p. 107.
F. Vogel, A.G. Motulsky, Human genetics: problems and approaches, Berlin, Springer, 19973.