ALBO (lat. album, più propriamente tabula dealbata)
È la tavola di legno ingessata, che in Roma e nel mondo romano serviva alla pubblicazione degli atti ufficiali, e anche di altre notizie che si volessero rendere di pubblica ragione: l'uso di λευκώματα, o πινάκια λελενκωμένα, vigeva del resto per fini analoghi anche in Atene e in altre città della Grecia classica. Su tavole imbiancate erano scritti ed esposti al pubblico i fasti e gli annali dei pontefici; in un albo - si narra - Gneo Flavio espose i formularî delle actiones, sottratti ai nascondigli pontificali; e allo stesso modo si annunciavano le operazioni del censo, le convocazioni dei comizî e del senato, le pubbliche feste, gli atti dei collegi riconosciuti. Dai papiri d'età romana apprendiamo l'uso di albi con elenchi dei nati liberi o degli accusati da sottoporsi a giudizio.
Largo uso si fece degli albi, per esporre i nomi dei giudici privati; non sappiamo se ne fossero esposti nel tribunale, quando soli giudici erano i senatori e quando la funzione del giudicare passò ai cavalieri (ma non è escluso che ciò avvenisse per facilitare alle parti la scelta); certo furono esposti dal 70 a. C. in poi, quando la lista dei giudici fu costituita di tre decurie rispettivamente scelte fra i senatori, i cavalieri e i tribuni aerarii. Ugualmente venivano pubblicati i nomi dei cittadini nominati a far parte delle quaestiones perpetuae o, in provincia, dei consilia: cfr., p. es., la lex Acilo repetundarum, l. 14, e il primo capo dell'editto di Augusto ai Cirenei. A decorrere dal 9 a. C. (Dio Cass., 55, 3, 3) si espose annualmente al pubblico un albo dei senatori: e l'uso fu seguito per i collegia decurionum dei municipî, tanto che la cancelleria imperiale poteva con l'espressione albo eximi indicare l'esenzione dalla carica (Cod., X, 32 de decurion., 3: cfr. Dig,. L, 3 de albo scrib.).
Particolare importanza ebbero gli albi dei magistrati giusdicenti (come i pretori, urbano e peregrino, gli edili curuli, i governatori delle provincie), contenenti le direttive alle quali la giurisdizione si atteneva, e le formule delle azioni e delle eccezioni: qui album equivale a edictum, ma, per i significati più ristretti che quest'ultima parola suole assumere, la prima è preferita a indicare il documento nel suo complesso.
Contro chiunque falsificasse il suo albo, il pretore urbano (seguito anche in ciò dai magistrati provinciali) diede un'azione popolare per una multa di 500 mila sesterzî (Dig., II, 1 de iurisd., 7 pr.); più tardi tali falsificazioni, a qualunque documento della pubblica autorità si riferissero, furono considerate analoghe ai delitti colpiti dalla Legge Cornelia de falsis (Dig., XLVIII, 10 de lege corn., 25; 32 pr.; 33) e punite ad arbitrio dell'autorità (extra ordinem: Paul., 1, 13, 3).
Nei tempi moderni e in Italia la parola albo viene usata in questi casi fondamentali: albo pretorio o municipale, che è quello in cui si affiggono e si pubblicano i provvedimenti delle autorità comunali; albo degli avvocati e dei procuratori, o di altri professionisti, che è la lista o l'elenco di coloro che sono abilitati all'esercizio di tali professioni; albo (più propriamente ruolo) dei curatori di fallimento e dei periti giudiziarî nel medesimo senso di elenco di questa specie di persone. Particolare menzione, per la maggiore importanza che ha nella stessa legge italiana, merita il cosiddetto albo degli avvocati e dei procuratori (per cui v. avvocatura).
Esistono anche albi di giornalisti, di abilitati all'insegnamemo medio, di ragionieri, ecc.
Un ultimo significato del nome albo è infine quello (per cui esso conserva più solitamente la forma originaria di album) di "libro di ricordi personali". Nei tempi moderni gli albi amicorum (secolo XVI) servirono primamente a raccogliere i ricordi di persone care. Già dal principio del sec. XI, secondo quanto scrive il cronista francese Guibert de Nogent, taluno avrebbe cominciato a fare scrivere versi e prose in libretti dalle pagine bianche, preparati a questo scopo; ma il più antico tra gli albi amicorum è del 1507 circa (esemplare della 1ª ed. del trattato di Gaston Phébus, Des deduiz de la chasse, Poitiers 1560, con numerosi autografi di cacciatori). Fioriti in modo straordinario in Germania e in Francia per tutto il sec. XVI ed oltre (registri genealogici o Stammbücher, raccolte di emblemi, albi studenteschi, ecc.), gli albi divennero in seguito, da lussuosi e ornati, assai semplici ed intimi, e servirono più che altro a riunire poesie, scritti d'occasione, brani di musica, ecc., rimanendo, in massima, prerogativa delle fanciulle. In Italia cominciarono ad apparire sul principio del sec. XIX, ma non ebbero eccessiva fortuna. Maggior interesse possono presentare gli albi contenenti per lo più raccolte di firme, sontuosamente legati, quali si sono offerti e ancora si offrono a pontefici, a sovrani, a uomini celebri. Per gli autografi contenuti negli albi, v. autografo.
Bibl.: Per la bibliografia, come per le notizie più copiose sulle singole pubblicazioni in albi, si rimanda alle voci: costituzioni, decurioni, editto, senato, ecc.; una trattazione abbastanza minuziosa è quella dello Schmidt, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., I, col. 1332 segg.; cfr. anche Weiss, Studien zu den röm. Rechtsquellen, Lipsia 1914, p. 119 segg. La descrizione dell'albo del pretore urbano è in Lenel, Edictum perpetuum, 3ª ed., p. 1 segg.