ALCALOIDI
(fr. alcaloïdes; sp. alcaloides; ted. Alkaloide; ingl. alcaloids; dall'arabo al-qalī unito al suffisso scientifico -oide: perciò alcaloide "simile ad alcali").
Generalità. - Per il modo con cui si vennero svolgendo le conoscenze chimiche, il vocabolo alcaloide dovrebbe essere riservato a certe sostanze organiche azotate naturali di carattere basico e particolare azione fisiologica ben caratterizzabile, che si trovano in alcune specie di piante (Pflanzenalkaloide, Vegetoalkaloide). Siccome nei vegetali si trovano pur numerose altre sostanze di natura basica e che non posseggono azioni terapeutiche distinte, così queste furono da alcuni denominate basi vegetali (Pflanzenbasen, vegetabilische Basen). Quando ci si accorse che anche dagli animali si possono estrarre composti di carattere basico, si parlò di alcaloidi animali, ed anche in questo caso poteva essere opportuno far distinzione tra alcaloidi animali e basi animali, cosa che però non si fece. Il meraviglioso sviluppo odierno della chimica organica permette di parlare anche di alcaloidi e di basi organiche artificiali. Queste diverse denominazioni non delimitano, né possono farlo, campi netti tra le diverse basi organiche. Poiché il vocabolo alcaloide significa "simile ad alcali" esso dovrebbe logicamente comprendere tutti i composti organici azotati di carattere più o meno basico, e questo indipendentemente dall'azione fisiologica e dal fatto che essi si trovino in natura nel regno vegetale od animale o che si ottengano artificialmente o che si generino dalla scomposizione (in qualunque modo operata) di prodotti originari naturali o artificiali. In altre parole il vocabolo alcaloide può, in senso lato, applicarsi a tutte le basi ammoniche, ivi compresa l'ammoniaca, denominata un tempo alcali volatile perché distinguibile dagli alcali minerali veri e proprî solo per la sua volatilità. Dall'ammoniaca infatti si ottengono tutte sostanze basiche se si sostituiscono gradualmente i suoi tre atomi di idrogeno con radicali alcoolici:
Naturalmente quanto più complesso è il radicale sostituente, tanto più complesso è il prodotto che si ottiene ed i radicali potranno essere a catena aperta (più o meno ramificata), a catena chiusa (nuclei variamente costituiti), oppure ancora potrà l'azoto (di tipo ammoniacale) entrare a far parte di uno o più nuclei eterociclici. Per incidenza rileviamo che l'azione farmacologica dell'ammoniaca e dei sali di ammonio ricorda talora in grado più o meno marcato quella di alcuni alcaloidi e di alcune basi organiche. Si deve però notare che, se la grande maggioranza degli alcaloidi possiede carattere basico, fanno però eccezione alcuni, e specie quelli del gruppo della purina, i quali sono di natura acida.
La trattazione degli alcaloidi così intesi nel loro più vasto senso sarebbe peraltro fuor di luogo qui: perciò, sia per limitarci al campo più importante, sia per chiarezza, serberemo la consuetudinaria suddivisione, soffermandoci di più, in ragione della maggiore importanza storica e fisiologica, sul primo dei seguenti gruppi:
1. Alcaloidi naturali delle piante (veri e proprî alcaloidi di un tempo);
2. Alcaloidi naturali degli animali (scoperti più tardi);
3. Alcaloidi artificiali o sintetici.
Una distinzione fondamentale, specie dal lato chimico, non esiste íra questi tre aggruppamenti; l'unica differenza sta nella diversa origine. Certo è questo uno dei più complessi, ma nel tempo stesso uno dei più interessanti e seducenti capitoli della chimica organica.
Cenno storico. - Fin dalla preistoria erano note le proprietà terapeutiche e velenose di molte piante (papavero, elleboro, mandragora, belladonna, giusquiamo, ecc.) e furono impiegate per armi (frecce avvelenate), a scopo medico, poi nelle pratiche religiose (ad es. oracoli di Delfo) per produrre particolari stati di eccitazione, e persino nelle esecuzioni di giustizia (cicuta presso gli Ateniesi). Coca, china, varie stricnacee erano usate dalle popolazioni d'America prima della conquista europea. I primi ad occuparsi seriamente di questo problema furono gli alchimisti del 500: il Lullo, il Porta, il Cardano, il Libavio, il Sennerto, il Quercetano che cercavano nei farmaci la quintessenza e l'arcano, e più di tutti il celebre Paracelso che affermava compito dell'alchimia essere a medicina scoriam removere. Nel 1688 il Boyle preparando un magistero d'oppio con tartaro calcinato ed alcool ottenne una soluzione che conteneva certamente morfina impura, e preparati analoghi per il tabacco e per altre droghe ebbero fra mano anche il Redi, il Vallisnieri e altri naturalisti di quei tempi. Gli alcaloidi vegetali furono scoperti per la maggior parte nel secolo scorso. Vuolsi che il farmacista Wilhelm Meissner per primo (1818-1819) abbia usato la parola alcaloide per indicare la sabadillina. Derosne nel 1803 fu il primo ad estrarre dall'oppio una sostanza cristallizzata che egli denominò sale d'oppio: nel 1804 Seguin isolò la morfina, ma né l'uno né l'altro diedero importanza alla reazione alcalina constatata. Sertürner, farmacista ad Einbeck nel Hannover, è da considerarsi il vero scopritore del primo alcaloide, poiché, senza conoscere i lavori suddetti, pubblicò nel 1806 di avere isolato dall'oppio un corpo cristallizzato, di carattere basico, capace di unirsi cogli acidi per formare dei sali e che nell'oppio trovasi legato con un acido particolare. Ritenevasi allora che le piante fossero in grado di produrre solo sostanze acide o neutre. Sertürner nel 1817 descrisse la morfina e l'acido meconico e dimostrò in modo definitivo le proprietà basiche della prima caratterizzandola come un alcali vegetale e comparandone la natura a quella dell'ammoniaca. Robiquet (1817) nel confermare tali risultati scoperse la narcotina. Tra i molti ricercatori che, per l'interesse destato dai lavori del Sertürner, tosto seguirono, è doveroso ricordare il Pelletier ed il Caventou. Dal 1817 al 1835 furono scoperti i più importanti alcaloidi. Rimangono celebri i metodi analitici proposti e applicati da Liebig, Gerhardt, Regnault e Laurent per stabilirne la composizione; Berzelius fu il primo a supporre che la reazione basica derivasse dalla presenza di azoto legato sotto forma di ammoniaca a gruppi indifferenti; Liebig (1831-1842) diede la giusta spiegazione della reazione alcalina, ammettendo che tutti gli alcaloidi siano dei derivati dell'ammoniaca in cui l'idrogeno è parzialmente o totalmente sostituito da radicali organici e tali vedute furono confermate dai classici lavori di A. Wurtz e di A. W. Hofmann (1848) che condussero alla preparazione artificiale delle basi organiche. Ulteriori conoscenze apportate alla chimica organica misero in luce che gli alcaloidi stanno in diretta relazione con la piridina, la chinolina e l'isochinolina; e König dimostrò (1879) essere la piperidina (ottenuta dalla scissione della piperina) il prodotto di idrogenazione completa della piridina. Quest'ultimo propose quindi (1880) la definizione, seguita da molti: "per alcaloidi si intendono quelle basi organiche che si trovano nelle piante e che sono derivati della piridina". Così la piridina doveva essere il capostipite per gli alcaloidi, come il metano lo è per i composti della serie grassa ed il benzene per quelli della serie aromatica. La scoperta della acridina (Gräbe e Caro, 1870), dell'isochinolina (Hoogewerff e van Dorp, 1885), ed altre venivano intanto a completare la serie delle basi piridiche e rendevano più evidente il rapporto che esiste tra i derivati piridici e moltissimi alcaloidi. Per contro i risultati (1895) di Liebermann, Pinner, ecc., sulla nicotina, igrina, atropina, e più tardi quelli di Willstätter sul gruppo dell'atropina e della cocaina dimostravano in questi prodotti la presenza di nuclei azotati del tipo della pirrolidina. Così anche nella chimica degli alcaloidi, come già in quella dei terpeni e delle canfore, si constatò l'esistenza di nuclei eterociclici a cinque termini. D'altra parte si mise in evidenza che parecchi alcaloidi non contengono nuclei eterociclici (orden) na, damascenina, narceina, efedrina, colchicina, ecc.) e che altri invece hanno nuclei eterociclici più complessi, come gli indolici, imidazolici, ecc., mentre già era noto che caffeina, teobromina, teofillina contengono nuclei purinici. Questi ed altri risultati condussero alla convinzione che i vegetali sono capaci di fabbricare sostanze basiche appartenenti ai più svariati gruppi della classificazione organica (Pictet).
Si ritenne dapprima che gli alcaloidi fossero contenuti solo nelle piante: se ne trovarono poi anche nel regno animale e si credette allora di vedere una differenza tra i due gruppi nel fatto che gli alcaloidi vegetali parevano in grande maggioranza costituiti da basi a struttura piuttosto complessa (derivati di nuclei eterociclici), mentre basi più semplici e a catena aperta (metilamine, colina, ecc.) parevano di preferenza essere contenute negli alcaloidi animali. Con l'approfondirsi delle conoscenze e col crescere quindi del numero delle sostanze basiche estratte dagli animali si va sempre più constatando che, se pur prevalgono nei veri alcaloidi vegetali le strutture complesse, tuttavia queste non mancano anche negli alcaloidi animali: parecchi alcaloidi poi sono comuni ai due regni.
Il numero degli alcaloidi vegetali attualmente noti, e non tutti completamente studiati, oltrepassa i 200, quello degli alcaloidi animali è di circa 70, quello poi degli alcaloidi artificiali, un tempo assai esiguo, cresce di continuo e si prevede che tutti gli alcaloidi naturali potranno essere riprodotti artificialmente. Anche il passato periodo bellico influì sulla chimica degli alcaloidi, conducendo, con la difficoltà del rifornimento delle droghe medicinali nei paesi circondati da blocco, a speciali perfezionamenti nei processi di preparazione sintetica (cocaina, caffeina, ecc.), a fruttuose ricerche (H. Staudinger) su sostanze simili alla piperina e così via. Assai recenti sono numerosi successi, specie nel campo degli alcaloidi farmacologicamente più importanti. Dopo alcuni risultati incerti, si è trovato ad es. nella ergotammina (A. Stoll) il più attivo preparato odierno di segale cornuta; nella psicaina (R. Willstätter) un anestetico locale superiore alla cocaina. Tra quelli che maggiormente hanno contribuito agli attuali progressi delle conoscenze sugli alcaloidi dobbiamo ancora citare Späth, W. H. Perkin e R. Robinson.
Alcaloidi naturali delle piante (veri e proprî alcaloidi di un tempo). - Composizione e proprietà. Tutti contengono carbonio, idrogeno ed azoto, moltissimi anche ossigeno (alcaloidi ossigenati); pochissimi solfo od altri elementi. In generale quelli non ossigenati sono liquidi incolori, volatili (coniina, nicotina, sparteina, ecc.), di odore sgradevole, alterabili all'aria per fenomeni di ossidazione; quelli ossigenati sono, per la massima parte, solidi, cristallini, senza odore (salvo piperina e pochissimi altri), hanno punto di fusione netto (serve per l'identificazione), scaldati a più alta temperatura si scompongono; qualcuno però distilla o sublima (caffeina). Alcuni ingialliscono, imbruniscono o si resinificano alla luce (coniina, nicotina). Nessuno è colorato (salvo sanguinarina, berberina, coridalis, sinapina, armalina, che sono rossi o gialli). La massima parte ha reazione alcalina, pochi sono neutri, pochissimi mostrano contemporaneamente debole contegno acido e perciò si sciolgono in alcali caustici.
Pochi alcaloidi liberi sono fluorescenti (cocaina, tropacocaina), pochi lo sono allo stato di sali (solfato di chinina, sali di sanguinarina); i sali di chelidonina presentano fosforescenza o triboluminescenza all'atto della cristallizzazione. Di recente è stata studiata la fluorescenza provocata dai raggi ultravioletti (Bayle e Fabre, Comptes rendus de l'Ac. des Sciences de Paris 1924, p.178).
La maggior parte degli alcaloidi (o loro sali) ha sapore marcato, spesso amaro, talora bruciante e persistente: tutti sono velenosi in grado più o meno accentuato. Un gran numero agisce sul piano della luce polarizzata; per la maggior parte sono levogiri, pochi destrogiri (aconitina, chinidina, cinconina, coniina, pilocarpina, pelletierina, ecc.), pochissimi inattivi (berberina, papaverina, piperina); assai raramente in natura si trovano i due antipodi ottici. Talora i sali hanno potere rotatorio opposto a quello della base libera. Molti dànno, nella parte visibile dello spettro o nell'ultravioletto, spettri di assorbimento caratteristici che talora furono proposti per stabilirne la costituzione. La solubilità varia assai col mutare dei solventi. Di regola gli alcaloidi liberi non sono o sono assai poco solubili in acqua (ad eccezione delle basi più semplici e particolarmente di quelle a costituzione betainica), più o meno facilmente solubili in alcool, etere, benzene, cloroformio, tetracloruro e solfuro di carbonio, alcool amilico, glicerina, etere acetico, anilina, piridina, piperidina, dietilammina; poco in etere di petrolio. La morfina si scioglie in etere solo immediatamente dopo che è resa libera dai suoi sali; più tardi non si scioglie più. Pochissimi sono solubili negli idrossidi alcalini (morfina). Negli acidi minerali e in quelli organici forti si sciolgono perché dànno origine ai relativi sali che sono solubili; la salificazione avviene per somma, cioè senza eliminazione d'acqua, come nel caso dell'ammoniaca e delle basi amminiche:
e da queste soluzioni gli alcali spostano o precipitano gli alcaloidi:
I sali, a differenza degli alcaloidi liberi, sono per la massima parte solubili in acqua, insolubili nei solventi organici (etere, cloroformio, alcool amilico, benzene). L'alcool però può scioglierne a caldo. I cloridrati si uniscono col cloruro di platino e con quello d'oro per formare sali doppî poco solubili e ben cristallizzabili, che nella loro composizione corrispondono a quelli dell'ammoniaca e delle basi amminiche:
Con molti altri cloruri, ioduri metallici, e con varî acidi minerali od organici dànno precipitati a cui si ricorre per la ricerca qualitativa.
Principali reattivi generali precipitanti (v. ampia tavola in Mameli, Chim. tossicolog., Torino 1927, pp. 414 segg.).
Soluzione di ioduro potassico iodurato (reatt. Bouchardat-Wagner);
Principali reattivi generali coloranti (v. anche Mameli, op. cit., pp. 418 segg.).
Acido solforico concentrato puro;
Acido nitrico ";
" solforico con poco acido nitrico (reatt. Erdmann);
Soluzione di acido molibdico in acido solforico concentrato (reatt. Fröhde);
Soluzione di acido vanadico in acido solforico concentrato (reatt. Mandelin);
Soluzione di acido selenioso in acido solforico concentrato (reatt. Lafon);
Soluzione di acido cromico in acido solforico concentrato;
Soluzione di formaldeide in acido solforico concentrato (reatt. Marquis);
Acqua di cloro ed ammoniaca (per la chinina).
Principali procedimenti di identificazione:
Analisi elementare e controllo delle costanti fisiche;
Esame microscopico dei cristalli;
" spettroscopico delle soluzioni;
" dell'azione fisiologica.
Costituzione. - La costituzione degli alcaloidi di uso più frequente è oramai nota, di molti (meno comuni) si conosce solo la composizione centesimale; di alcuni nemmeno questa è nota con sicurezza. Il problema della ricerca della costituzione si può scindere in due parti: a) stabilire le varie funzioni chimiche presenti nella molecola; b) definire la struttura dell'anello di carbonio ed azoto in modo da conoscere quale è la sostanza eterociclica fondamentale da cui può considerarsi derivato l'alcaloide. Le diverse funzioni chimiche degli alcaloidi dipendono essenzialmente dal modo con cui stanno legati l'ossigeno e l'azoto. Con i soliti metodi della chimica organica si poté dimostrare che l'ossigeno vi è legato nei più svariati modi, e cioè allo stato di:
L'azoto può impartire agli alcaloidi le proprietà di basi primarie (−NH2), secondarie (=NH), terziarie (≡N) e quaternarie (≣NOH). Serve a distinguere questi varî tipi il contegno con gli ioduri alcoolici, colle anidridi e cloruri degli acidi, coll'acido nitroso, ecc. Di regola (risultati avuti anche con la metilazione completa, v. sotto) la maggior parte degli alcaloidi vegetali naturali sono basi terziarie, pochi sono basi secondarie (coniina, conidrina, guvacina, efedrina), pochi basi quaternarie (colina ed alcaloidi betainici), nessuno è base primaria. Il valore della basicità (mono-, bi-, ecc.) si deduce dalla analisi dei loro sali. Molto spesso negli alcaloidi si trovano uno o più gruppi metilici −CH3 legati direttamente all'azoto; per questo tali alcaloidi svolgono monometilammina CH3NH2, dimetilammina (CH3)2NH o trimetilammina (CH3)3N, quando vengono scaldati in presenza di alcali caustici o di calce viva. Finora in nessun alcaloide naturale è stato riscontrato altro gruppo alchilico (etile, propile, ecc.): questo parla in favore della grande importanza che deve avere l'intervento dell'aldeide formica nelle sintesi fotochimiche. In parecchi alcaloidi (piperina, colchicina, eserina, alcaloidi della xantina) l'azoto è sotto forma amidica (=N−CO. R) poiché per idrolisi si ottiene un acido (RCOOH) e una base secondaria (=NH). Gli alcaloidi più complessi contengono ancora dell'azoto in altre forme e cioè saldato in nuclei od anelli assieme ad atomi di carbonio (azoto ciclico). Lo studio della struttura di questi anelli eterociclici (ve ne sono anche di omociclici, per es. nucleo fenantrenico) che costituiscono lo scheletro fondamentale dell'architettura molecolare, offre varie difficoltà che bisognò superare caso per caso, non potendo esistere metodi generali. Si riuscì a distruggere od a staccare le catene laterali e gli aggruppamenti secondarî, lasciando intatto il nucleo eterociclico fondamentale, più stabile, sul quale sono innestati i diversi gruppi funzionali.
I processi più seguiti per raggiungere questo scopo sono:
1. Distillazione su polvere di zinco (Zinkstaub). - Riducente o deossigenante; ossidante o deidrogenante sui composti ricchi di idrogeno. I nuclei eterociclici azotati non si rompono ma passano ai corrispondenti col minor numero possibile di atomi di idrogeno. La coniina, piperidin-derivato (I) passa a conirina, piridin-derivato (II):
2) Ossidazione con ossidanti energici (acidi cromico, nitrico; permanganato potassico, perossido di idrogeno). - Si riesce talora a ossidare le catene laterali in carbossili che restano nella stessa posizione della preesistente catena; eliminando anidride carbonica, si ottiene il nucleo primitivo: la coniina (I) passa a piperidina (IV) attraverso all'acido pipecolinico (III):
3. Fusione con potassa caustica e distillazione secca. - I nuclei più stabili possono resistervi; i gruppi laterali vengono variamente distaccati. Gli alcaloidi della china generano chinolina, altri originano pirrolo, pirrolidina, basi piridiche. Se il nucleo centrale si rompe, possono formarsi ammoniaca, metilammina, trimetilammina.
4. Metilazione completa (A. W. Hofmann). - Per azione dello ioduro metilico ed ossido d'argento, sussidiata da distillazione secca, si può far eliminare un atomo di azoto da un nucleo eterociclico senza alterare il resto della molecola. La piperidina (IV) passa da piperilene (V):
Analogamente si comportano tutti gli alcaloidi piperidinici. Il metodo dà buoni risultati per quegli alcaloidi che contengono un anello completamente idrogenato, nella costituzione del quale entra anche un atomo di azoto. Nel caso in cui l'azoto ha tutte e tre le sue valenze impegnate per costituire nuclei biciclici, occorre che in un primo stadio uno dei due nuclei si rompa in modo da originare un prodotto monociclico (chinina, cinconina).
5. Azione di composti alogenati del fosforo. - Metodo proposto in sostituzione del precedente da J. v. Braun (Ber. d. deutschen chemischen Ges. XXXVII, 1904). La piperidina e derivati, prima benzoilati all'azoto, poi distillati con pentabromuro di fosforo, eliminano l'azoto ciclico e alle due valenze liberantesi si attaccano due atomi di bromo. Serve anche il bromuro di cianogeno (Braun, ibid., XL, 1907; XLII, 1909; XLIV, 1911.
6. Riduzione od idrogenazione. - I derivati a nuclei (omo- od eterociclici) non saturi hanno caratteri assai diversi dai composti aventi gli stessi nuclei idrogenati (benzene C6H6 è aromatico, esaidrobenzene C6H12 è alifatico; le aniline sono praticamente neutre, i loro prodotti di idrogenazione sono basici e dànno le reazioni delle ammine alifatiche). Se per blanda idrogenazione di un alcaloide si colmano solo i doppî legami del nucleo, questo rimane inalterato e soltanto cambia il carattere chimico del prodotto idrogenato che ne deriva; se l'idrogenazione è energica può rompersi l'anello ed eliminarsi l'azoto come avviene per la coniina (I):
7. Idrolisi. - Per gli alcaloidi di tipo estereo l'idrolisi (ebollizione con acidi minerali, alcali, acqua) separa la parte acida (acidi acetico, benzoico, veratrico, cinnamico, trussilico, tropico, atropico, piperico, ecc.) dalla parte alcoolica (od un'altra che ne fa le veci):
I prodotti meno complessi così ottenuti sono più facili a studiarsi.
8. Disidratazione. - Gli alcaloidi contenenti ossidrili alcoolici dànno anidrobasi (la tropina passa a tropidina, l'ecgonina ad anidroecgonina, la chinina, indirettamente, a chinene): la maggior attività dei prodotti non saturi che così si formano facilita lo studio della costituzione.
9. Dosamento dei metili (Metodo di Zeissel, 1885). - Giovò assai a stabilire la costituzione. Bollendo la sostanza con acido iodidrico concentrato l'ossimetile −OCH3 forma quantitativamente ioduro di metile CH3J che viene poi trasformato in ioduro d'argento e pesato; l'N-metile −NCH3 reagisce analogamente solo a temperatura più elevata: perciò si può dosare separatamente col metodo di Herzig e H. Meyer (1894). La contemporanea presenza di gruppi diossimetilenici non disturba questi dosamenti.
Naturalmente per stabilire l'esatta costituzione di un alcaloide occorre tutto un complesso di ricerche, le quali sono tra le più difficili e delicate e richiedono non solo particolare intuito chimico e padronanza della materia, ma ancora grande abilità di tecnica. Anche per gli alcaloidi gli studî spettrografici hanno recentemente dimostrato che l'assorbimento (specie nell'ultrarosso e nell'ultravioletto) è in stretta relazione con la costituzione, sicché, a quanto sembra, dalle curve di assorbimento di un alcaloide si può concludere a quale gruppo esso appartiene.
Classificazione. - Sono state proposte le più svariate classificazioni. I botanici preferiscono raggrupparli sotto il nome delle famiglie di piante in cui si trovano in natura; i fisiologi e i farmacologi li classificano in base all'azione fisiologica e terapeutica; i chimici in base alla costituzione. La classificazione botanica, che è la più antica, è spesso seguita anche dai farmacologi. È pratica, ma vale solo per gli alcaloidi vegetali naturali; ha l'inconveniente di avvicinarne alcuni chimicamente assai diversi e di enumerare più volte lo stesso alcaloide che si trovi in varie famiglie di piante.
La classificazione fisiologica offre difficoltà di raggruppamento. Quella chimica è certo la più scientifica perché mette in evidenza le eventuali relazioni fra i varî alcaloidi, dà ragione delle loro reciproche trasformazioni e di alcune loro sintesi, del loro significato biologico, delle relazioni tra costituzione e azione fisiologica. Naturalmente essa è ancora incompleta: un certo numero di alcaloidi deve tuttora figurare in un gruppo di "costituzione ignota".
Una tavola completa con l'origine, costituzione, proprietà, trovasi in Mameli, op. cit., p. 378. A scopo di ricerca tossicologica giova una classificazione analitica che raggruppi gli alcaloidi (e le basi affini) secondo i solventi atti ad estrarli e secondo l'alcalinità o l'acidità dei liquidi da cui si devono estrarre (Mameli, op. cit., p. 433).
Estrazione e purificazione. - Questa operazione si compie ora su vasta scala nell'industria. Il processo da seguirsi dipende in buona parte dalla natura e dalle proprietà dell'alcaloide, ma anche da quelle delle altre sostanze che lo accompagnano nella pianta o nella droga. Se l'alcaloide è libero, basta trattare la pianta finemente tritata, seccata o no, con opportuno solvente (etere, alcool, cloroformio, ligroina, benzene, alcool amilico, ecc.) filtrare dalle parti sospese, evaporare il solvente (a pressione ordinaria o ridotta) e raccogliere l'alcaloide greggio che resta nel residuo della evaporazione.
In rari casi sono stati proposti essenze di trementina, olî di catrame, idrato di cloralio; la soluzione acquosa (60-80%) di quest'ultimo è il solvente che ne scioglie di più; diluendo questa soluzione, gli alcaloidi precipitano inalterati.
Siccome di regola gli alcaloidi trovansi salificati coi più svariati acidi, che sempre le piante contengono, così bisogna prima metterli in libertà dalla combinazione salina, trattando con alcali caustico o carbonato (nella pratica si usa calce spenta), e poi estrarli con solventi organici, come sopra è detto. La soluzione ottenuta si dibatte con acqua acidulata con acido cloridrico o solforico che sottrae al solvente organico l'alcaloide, il quale passa in soluzione acquosa sotto forma di cloruro o di solfato; si concentrerà fino a cristallizzazione del sale, oppure si tratterà con alcali (preferibilmente ammoniaca o bicarbonato alcalino) per riprecipitare l'alcaloide. Un altro metodo consiste nel trattare la pianta o le droghe con acidi forti (cloridrico, solforico, tartarico) che spostano gli acidi più deboli con cui è legato l'alcaloide e salificano quest'ultimo: poi si dibatte con acqua, che scioglie i sali formatisi, si filtra, si evapora.
In entrambi i casi si può procedere ad una prima purificazione trattando la soluzione acquosa del sale alcaloideo con eccesso di acetato di piombo (defecazione), filtrando, eliminando nel filtrato l'eccesso di piombo con una corrente di acido solfidrico, filtrando nuovamente dal solfuro di piombo e finalmente alcalinizzando per mettere in libertà l'alcaloide. La purificazione si può anche ottenere col carbone animale. Raramente mediante torchio si estrae dal materiale un succo dal quale si isolerà poi l'alcaloide (solanacee). Nel caso di alcaloidi solubili in acqua, si ricorre alla distillazione in corrente di vapor acqueo, od alla precipitazione con acido tannico, fosfomolibdico, fosfotungstico, silicotungstico, ecc. (v. al capitolo: Principali reattivi precipitanti). L'eliminazione completa delle materie grasse, resinose, proteiche costituisce la maggior difficoltà dell'estrazione e della purificazione.
Separazione dei varî alcaloidi. - Quasi sempre in queste estrazioni si ottiene una miscela di alcaloidi: la loro separazione (non facile) si compie frazionando sia la distillazione (se volatili), sia la precipitazione, sia la soluzione (l'alcool assoluto scioglie la brucina, non la stricnina), oppure trasformandoli in sali variamente solubili (solfato di cinconina più solubile di quello di chinina) ovvero ancora con l'uso di certi ossidanti (l'acido nitrico concentrato ossida la brucina, non la stricnina). Nessun procedimento generale può essere adottato. Nell'industria, per evitare l'uso di solventi costosi, si ricorre spesso agli olî pesanti (di scisto, di petrolio) o a solventi organici che si preparano ora su vasta scala.
Sintesi. - Sono queste le sintesi più eleganti e più svariate, anche perché gli alcaloidi costituiscono forse il gruppo più eteroclito della chimica organica. Mentre i processi di sintesi totale sono lunghi e costosi, quelli invece di sintesi parziale trovano già in parte diretta applicazione nell'industria, potendosi con profitto trasformare un alcaloide naturale di secondaria importanza in un altro di grande uso farmaceutico. Le difficoltà maggiori dipesero dal fatto che gli alcaloidi contengono per lo più anelli azotati piuttosto complessi e di struttura particolare, i quali erano stati studiati ancora poco. Si dovette quindi prima chiarire la chimica di tali nuclei. Siccome i metodi di laboratorio sono assai diversi da quelli blandi con cui la natura opera nelle piante, così i nostri processi sintetici molto differiscono da quelli naturali. Per sintesi totale già si ottennero: piperina, atropina, nicotina, coniina, caffeina, teobromina, narcotina, narceina, papaverina, berberina, ecc. Per sintesi parziale: codeina dalla morfina; cocaina dagli alcaloidi che l'accompagnano nelle foglie di coca; chinina dalla cupreina, e queste sostanze già da varî anni si preparano industrialmente per tale via. Anche la sintesi totale della caffeina è praticata nell'industria; le altre sintesi totali hanno invece per ora quasi solo interesse scientifico, ma non v'ha dubbio che si troverà modo di renderle meno dispendiose e quindi convenienti per la preparazione industriale. L'impiego degli alcooli etilico e propilico in sostituzione del metilico, ha permesso di preparare varî omologhi degli alcaloidi naturali, alcuni dei quali preferibili per l'uso terapeutico. Facendo agire i magnesio-alchili sugli alcaloidi in soluzione eterea (reazione di Grignard) si riuscì a preparare varî alcaloidi e i loro omologhi (Freund). La sintesi rappresenta l'ultimo ed il più probante controllo della costituzione ricavata dallo studio dei prodotti che si ottengono nella demolizione, opportunamente praticata, di una molecola complessa.
Ricerca qualitativa. - I metodi chimici sono fondati su reazioni di precipitazione o di colorazione, i quali, corroborati da reazioni specifiche, permettono spesso di individuare l'alcaloide presente. In caso di ricerca tossicologica, le difficoltà crescono perché in genere si può isolare poca sostanza, spesso impura, per cui le reazioni non sono nette; inoltre queste possono essere comuni a prodotti sintetici farmaco-terapeutici, alle proteine, ai peptoni, ai prodotti della decomposizione cadaverica (ptomaine). Non è ancora in tutti i casi ben accertata l'innocuità delle ptomaine rispetto alla tossicità degli alcaloidi. Ausilio può aversi dalla conoscenza dei fenomeni presentati dalla vittima, dall'esistenza di residui di cibi o di materiale. Le parti del cadavere da prendersi in esame sono: stomaco e suo contenuto, intestini, fegato, milza, reni, cuore, sangue, urina. Durante la putrefazione molti alcaloidi possono venir decomposti; la stricnina però resiste bene. I metodi proposti in tossicologia sono nei loro principî simili a quelli applicati per l'estrazione dalle piante, però più lunghi, e differenti nei particolari tecnici. Essi vanno sotto i nomi di Stas (1852), di Otto (1856) di Erdmann e Uslar (1861), di Dragendorff (1872); il più seguito è quello di Stas-Otto. Per quantità piccolissime si ricorre alla microanalisi (forma, habitus dei cristalli, microfotografia, microsublimazione nel vuoto). Nessuno degli attuali metodi chimici soddisfa a tutte le condizioni ideali della ricerca medico-legale. La prova biologica è più sensibile [midriasi per adrenalina (rana) 1 : 10 milioni; sistole per acetilcolina (rana) 1 : 1 miliardo], permette spesso il ricupero del veleno per sottoporlo a nuovo controllo, può dare la misura del grado di tossicità e riesce positiva anche se il veleno non è puro. Purtroppo, per svariate ragioni, è applicabile con risultato sicuro a pochi casi (stricnina). Osservazioni moderne confermerebbero che i pesci sono tra gli animali più sensibili agli alcaloidi e meno alle ptomaine. Ricerche spettrografiche, particolarmente nell'ultrarosso e nell'ultravioletto, permettono ora di tracciare per alcuni gruppi di alcaloidi curve tipiche di assorbimento con le quali si possono caratterizzare e forse anche dosare.
Dosamento. - Si compie spesso con metodi gravimetrici (precipitazione con acido picrolonico, con ioduro di bismuto e potassio, ecc.) o con metodi volumetrici che subiscono modificazioni più o meno accentuate a seconda dei varî materiali e degli alcaloidi da dosarsi. In casi particolari si ricorre a metodi colorimetrici (chinina). Si possono dosare gli alcaloidi totali oppure solo l'alcaloide principale. Nella ricerca tossicologica il dosamento presenta sempre poca garanzia di esattezza a causa delle difficoltà di estrazione e di purificazione dell'alcaloide: secondo Storm van Leuwen (in Abdeihalden, Handbuch d. biol. Arb.-Meth. Berlino 1920-25), i metodi volumetrici fondati sulla misura dell'alcalinità non servono, perché questa in medicina legale non dà la misura esatta del grado di tossicità. Si cerca ora di rendere quantitativi varî metodi fisico-chimici e specie quelli spettrografici (nell'ultrarosso e ultravioletto).
Azione fisiologica. - Gli alcaloidi hanno elettività per il sistema nervoso, sul quale agiscono esaltandone o deprimendone la funzionalità: con l'eliminazione dell'alcaloide ricompaiono le funzioni normali; quasi tutti sono veleni energici.
Le principali relazioni intercorrenti fra la costituzione degli alcaloidi e la loro azione fisiologica si possono brevemente elencare così:
le basi quaternarie ammoniche paralizzano le terminazioni dei nervi motori;
gli alchili legati all'azoto ne accentuano l'attività (i metilderivati, i soli trovantisi in natura, sono più attivi del relativo composto non metilato, e l'attività va sempre crescendo per gli etilderivati e per i propilderivati mentre torna ad abbassarsi per gli alchili superiori);
l'azione dovuta alla presenza di carbossili è eliminata con l'esterificazione (non ha influenza la natura dell'alcool esterificante);
la sostituzione dell'idrogeno ossidrilico (negli alcooli e fenoli) con il metile, come pure l'introduzione di un ossimetile, non produce regolarità di effetti nell'aumentare o deprimere l'azione terapeutica;
il carbossile abbassa di molto l'attività del residuo basico (gli amminoacidi sono innocui, ma quando perdono anidride carbonica originano delle ammine tutte variamente attive);
l'acetilazione e la benzoilazione producono variazioni assai sensibili.
gli ossidrili liberi comunicano la proprietà di agire specialmente sul cervello (morfina);
l'idrogenazione dei nuclei eterociclici ne aumenta l'effetto farmacologico, che viene invece depresso dall'idrogenazione delle catene laterali non sature (gruppo vinile).
Nell'uomo si hanno talora fenomeni di idiosincrasia (morfina, chinina) e di assuefazione (morfina, cocaina, nicotina). La disintossicazione può tentarsi con contravveleni chimici (antidoti), o con antagonisti che ne paralizzino l'azione (stricnina ed eserina antagonisti della curarina; muscarina, eserina, pilocarpina antagonisti dell'atropina).
Degli alcaloidi poco stabili si preferisce il sale meno alterabile (salicilato di eserina); della stricnina si presceglie il nitrato (che è anidro) al solfato, più solubile, ma capace di cristallizzare con quantità variabile di acqua di cristallizzazione. Le piante o quelle loro parti che più sono ricche di alcaloidi servono a fare estratti tinture e a ricavare industrialmente gli alcaloidi puri. Le droghe alcaloidee sono numerosissime (classificazione in Tschirch, Handbuch der Pharmakognosie, Lipsia III, 1923).
Conservazione. - A causa della grande velenosità degli alcaloidi usati in medicina e farmacia, le farmacopee prescrivono di conservarli in armadio chiuso a chiave; quelli che si alterano alla luce o all'aria devono tenersi in recipienti di vetro colorato e ben chiusi. Preferibilmente si mantengono solidi, poiché le soluzioni acquose loro o dei loro sali si alterano, si colorano e talora vengono invase da microrganismi. La sterilizzazione di queste soluzioni esige in certi casi cure particolari: non tutti gli alcaloidi infatti possono sopportare temperature elevate, o i raggi ultravioletti, che pur furono proposti come sterilizzanti.
Sofisticazione. - La sofisticazione degli alcaloidi con sostanze inerti (polveri minerali, sali di calcio, di magnesio, acido borico, amido, zucchero, acido benzoico) è cosa troppo banale perché possa sfuggire alla ricerca chimica. Le sostanze minerali si svelano perché fanno aumentare la percentuale di cenere, la quale, alla ricerca qualitativa, rivelerà la sofisticazione. Le sostanze organiche si ricercano con metodi speciali che d'ordinario sono indicati nelle farmacopee dei varî stati e nei trattati di chimica farmaceutica. Piuttosto si è tentato di porre in commercio delle droghe quasi completamente private degli alcaloidi; una sofisticazione perfezionata al punto da estrarre un alcaloide per sostituirlo con un altro di poco o niun effetto fisiologico, non è ancora stata compiuta o per lo meno non è facile nè rimunerativa. Se potesse però supporsi un tale tranello, per cui l'analisi chimica desse risultati ingannevoli per la presenza di basi organiche, aggiunte ad arte, aventi alcune proprietà simili a quelle degli alcaloidi vegetali, allora dovrebbe completarsi l'analisi con le prove biologiche.
Alcaloidi animali. - Vennero studiati molto più tardi: si sa ora che sostanze azotate basiche aventi azione fisiologica più o meno marcata possono formarsi anche nel regno animale, con processi forse alquanto diversi da quelli che si compiono nei vegetali. Alcuni alcaloidi animali vennero riscontrati anche nei vegetali, nei quali anzi furono talora scoperti prima. Negli ultimi venti anni molto si sono intensificate le ricerche al riguardo, specie per opera di Kutscher, Ackermann ed allievi, e si sono estese, oltreché ai vertebrati, ai molluschi, artropodi, vermi, echinodermi, celenterati, ecc. Non essendo possibile soffermarci a lungo, riportiamo solo l'elenco dei principali.
Dallo specchio risulta come gli alcaloidi animali (una settantina) sono per ora in numero molto più limitato che non quelli vegetali (oltre duecento). Certo col tempo se ne troveranno altri, specialmente negli animali inferiori meno studiati sotto questo aspetto. Gli alcaloidi animali hanno d'ordinario una costituzione più semplice di quelli vegetali (confr.: chinina, morfina, cocaina, caffeina, papaverina, narcotina, coridalina, ecc.). Nelle presenti condizioni di studio non si può ancora dire se tutti rappresentino dei prodotti di trasformazione dei materiali costituenti le cellule animali o se, come quasi esclusivamente si ammetteva un tempo, si originino invece da questi in seguito a processi putrefattivi o di altre attività batteriche. Per invalsa abitudine tuttora si chiamano ptomaine (o veleni cadaverici, o veleni della putrefazione) alcuni alcaloidi animali che si trovano nel cadavere (e anche in piccola quantità nell'organismo vivente: leucomaine di Gautier) e che in quantità anche maggiore si formano durante la putrefazione.
Il primo studio serio è stato compiuto dal Selmi a Bologna (1872-1881) che propose il nome di ptomaine; seguirono subito quelli di Gautier, Brieger, Ladenburg, Griffith, Kutscher, Ackermann ed altri. Le ptomaine si formano, oltre che nella putrefazione dei cadaveri (e anche di alcuni cibi: carni insaccate, formaggi, pesci putrefatti), anche nel decorso di alcune malattie per cui passano nelle urine (patologiche); alcune si trovano nelle urine normali (Kutscher, Ackermann). Si ritengono come prodotti di scomposizione di sostanze organiche complesse (proteine, lecitine). Le ptomaine hanno grande importanza pel chimico tossicologo, poiché esse, avendo nel contegno chimico e fisiologico una grandissima somiglianza con gli alcaloidi vegetali, costituiscono serie difficoltà nella ricerca e separazione tossicologica degli alcaloidi veri e proprii (v. al capitolo Ricerca qualitativa).
Alcune sostanze speciali, di azione fisiologica tutta particolare, denominate ormoni (Bayliss e Starling, 1902) od increti (Abderhalden), pare siano di natura alcaloidea, come ad esempio l'adrenalina ricavata dalle capsule surrenali (Takamine, 1901); però non si può ancora senz'altro concludere che tutti gli ormoni debbano far parte degli alcaloidi.
Alcaloidi artificiali o sintetici. - Questa denominazione dovrebbe comprendere solo quegli alcaloidi ottenuti per sintesi (parziale o totale), la costituzione dei quali corrisponde realmente a quella degli alcaloidi naturali, e tutt'al più anche quei composti che ne differiscono solo per essere degli omologhi o degli analoghi o per non possedere attività ottica (racemici). Invece, secondo varî autori, vi si comprendono anche le basi organiche più svariate (pirrolina, piridina, piperidina, chinolina, ecc.) e i loro numerosissimi derivati (prodotti tutti che ora si sanno preparare per sintesi) ed ancora quelle molteplici sostanze sintetiche che simulano le proprietà farmacologiche degli alcaloidi naturali e che furono preparate ad arte tenendo presente qualche particolare di costituzione dell'alcaloide di cui si voleva imitare l'azione farmaceutica. Questi ultimi sono da altri denominati semplicemente prodotti farmaceutici sintetici.
Usi. - La scoperta degli alcaloidi è stata del più grande interesse dal punto di vista della fisiologia, della terapia e della tossicologia, perché molti di essi si sono dimostrati, a seconda della dose, o farmaci importanti e preziosi o energici veleni. Già in piccole quantità sono attivi; gr. 0, 1 di stricnina possono uccidere un adulto, cioè una parte di stricnina su 55 mila di sangue, se la distribuzione del veleno avvenisse in modo omogeneo. Per questo è stato possibile ottenere per iniezione endovenosa o sottocutanea l'effetto che non si poteva prima avere se non somministrando grandi quantità di droga per bocca.
Dacché s'incominciarono a conoscere e a studiare da vicino, si riconobbe che l'azione degli alcaloidi è di solito molto complessa, rappresentando la somma di singole azioni particolari che tutte debbono essere conosciute per comprendere bene gli effetti prodotti da queste sostanze. Qualcuna di queste attività però emerge sulle altre in modo così notevole e così caratteristico, che da esse si può riconoscere un alcaloide dall'altro e per esse sono stati dilucidati alcuni problemi di fisiologia rimasti fino allora oscuri od ignorati.
Pur arrecando particolari modificazioni nel protoplasma vivente, gli alcaloidi non determinano alterazioni ben definite e tali da giustificare i disturbi funzionali più o meno gravi che si verificano in seguito alla loro somministrazione; la loro azione è, come si è detto, elettiva, e si esercita eccitando o paralizzando dati elementi, dati territori od organi ben distinti e circoscritti. Ve ne sono di quelli che agiscono sul cervello, altri sul midollo spinale, altri sulle estremità dei nervi motori, o su quelle dei nervi sensitivi, ecc.
È appunto dall'affinità che un alcaloide manifesta verso determinati elementi dell'organismo che si sono potute riconoscere alcune entità ed attività fisiologiche. Così ad es. con l'atropina si sono potuti distinguere i nervi secretori dai vasodilatatori; con la nicotina, che ha la sua sede di azione su punti determinati nel decorso dei nervi autonomi, si è potuto riconoscere in quale ganglio vertebrale o prevertebrale si ramifichino le terminazioni di una cellula nervosa centrale; con l'ergotossina si mette in evidenza una serie ristretta di terminazioni del sistema simpatico, paralizzando essa le terminazioni delle fibre che provocano azione eccitante e lasciando intatte le inibitrici; con l'adrenalina si può rivelare la presenza di fibre che appartengono al sistema simpatico, sia che esse agiscano da eccitatrici o da inibitrici sull'organo o tessuto che innervano.
Dalla conoscenza delle attività fondamentali di un gran numero di alcaloidi e dalla conoscenza delle attività secondarie ed accessorie, la terapia ha tratto profitto per utilizzarli nei casi di malattia e di alterata funzione degli organi. E poiché la loro attività è di regola in relazione alla dose somministrata, perché a mano a mano che aumenta la dose si allarga la sfera di azione, si può in un certo modo localizzare la loro influenza, risultandone così effetti terapeutici utilissimi. Vero è che gli alcaloidi, pur rappresentando i principî attivi fondamentali della droga, non rispecchiano e non riproducono completamente tutti gli effetti dovuti alla pianta intera, cosicché, dal punto di vista terapeutico, pare giustificato in alcuni casi l'avvertimento che giunge da molte parti: torniamo alle droghe.
Origine, distribuzione e funzione degli alcaloidi nei vegetali. - Gli alcaloidi occupano fra i principî immediati vegetali un posto importante, senza dubbio più per le loro oltremodo spiccate e caratteristiche azioni fisiologiche sugli animali, particolarmente sull'uomo, che non per l'ufficio che essi hanno nelle piante e che d'altra parte potrebbe anche essere importantissimo, specie in alcune famiglie. Ma ancora molta incertezza regna, come diremo meglio in seguito, non solo sul loro vero significato biologico, ma anche sulla loro origine e sul modo di formazione nel corpo vegetale.
Queste sostanze basiche sono invero diffuse nelle piante, anche più largamente di quel che potrebbe a prima vista pensarsi; esse sono però molto inegualmente distribuite nelle varie classi e famiglie: così, mentre delle Monocotiledoni solo le Colchicacee e poche altre famiglie producono alcaloidi nel senso stretto della parola (colchicina, veratrina, jervina), troviamo invece tra le Dicotiledoni il maggior numero di famiglie con specie contenenti queste sostanze. Specialmente ricche ne sono le Papaveracee, le Solanacee, le Ranuncolacee, le Rubiacee, le Papilionacee, mentre solo raramente si riscontrano alcaloidi nelle Labiate e nelle Rosacee; ciò che sembra stare anche in rapporto con l'alto contenuto in olî essenziali di queste ultime famiglie.
In una stessa pianta vi possono essere uno o più alcaloidi, talvolta anche molti; così nella corteccia di china ne troviamo più di dieci e nel latice di papavero (oppio) oltre venti. In questi casi però gli alcaloidi hanno molto spesso un'origine comune: a volte sono isomeri tra loro (chinina e chinidina), a volte omologhi (caffeina e teobromina), o si originano l'uno dall'altro per semplice idrolisi od anche per processi di riduzione o di ossidazione (conidrina e conina, chinina e idrochinina).
Lo stesso alcaloide, invece, di rado si riscontra in più famiglie, così la berberina nelle Berberidacee, nelle Menispermacee, nelle Ranuncolacee. Si riteneva anzi che esistesse una certa relazione tra la costituzione chimica di queste sostanze e il genere delle piante che le contengono, poiché, da una parte, le piante morfologicamente meno differenziate, quali le crittogame, mancano di veri alcaloidi, specie se non si considerano come tali l'ergotinina e la licopodina; dall'altra, la composizione chimica di essi diviene generalmente più complessa, quando dalle piante inferiori si passa alle superiori e in queste a misura che si va verso le più perfette: Acotiledoni, Monocotiledoni, Dicotiledoni. Siccome non mancano peraltro esempi di alcaloidi molto complessi nelle Monocotiledoni ad es. la colchicina e la veratrina rispettivamente nel Colchicum e nel Veratrum, non vi è fondamento per ammettere che la capacità di produrre alcaloidi più complessi aumenti nelle piante col crescere della loro differenziazione morfologica.
I principali alcaloidi che sono stati riscontrati nelle diverse famiglie vegetali si possono raggruppare come segue:
La localizzazione degli alcaloidi nei diversi organi delle piante presenta una grande varietà: mentre in alcune specie essi sono diffusi in tutta la pianta, in altre si trovano quasi esclusivamente in organi determinati: nella corteccia (Cinchona, melograno), nelle foglie (tabacco, tè), nelle radici (aconito, idraste), nel latice (papavero), e più comunemente nel frutto e nel seme. In questi sono inoltre generalmente localizzati di preferenza in certe parti: nel pericarpo (Conium maculatum), nello spermoderma (Atropa, Datura, Hyoscyamus), nell'endosperma o perisperma (Areca, Strychnos, Ranuncolacee, Piper), nei cotiledoni (Lupinus). È da notare inoltre come queste basi si accumulino di preferenza nei tessuti giovani, anziché in quelli vecchi e principalmente nei tessuti superficiali, così l'atropina e gli alcaloidi della Cinchona, specie la chinina, negli strati esterni della corteccia.
Gli alcaloidi sono generalmente disciolti nel succo cellulare e nei più piccoli vacuoli del protoplasma. Solo raramente però si trovano allo stato libero: in genere sono invece salificati con i più svariati acidi, sia con quelli organici o minerali di solito contenuti nelle piante, quali acido ossalico, succinico, malico, citrico, tannico, acetico, solforico, fosforico, sia anche con acidi meno frequenti come l'acido solfocianico, o del tutto caratteristici come l'acido chinico nella Cinchona, il meconico nel papavero, l'aconitico e il veratrico, rispettivamente nell'aconito e nell'elleboro. bianco.
La quantità di alcaloidi nei vegetali subisce sensibili variazioni a seconda della specie o varietà delle piante, della natura del terreno, delle concimazioni, della luminosità, dei sistemi di coltivazione, del periodo vegetativo, ecc.
Così nello stesso genere di piante, secondo la specie, sono state trovate differenze sensibili nel contenuto di queste basi; per esempio nel Lupinus luteus si ha un totale di alcaloidi circa doppio di quello contenuto nel Lupinus termis.
Per ciò che riguarda la concimazione, è stato osservato che questa non ha uguale effetto sulle diverse specie; così riesce utile alle culture di Atropa, mentre non arreca alcun vantaggio alla produzione della chinina e si manifesta dannosa per quella della stricnina; una forte somministrazione di nitrato sodico non aumenta il contenuto in nicotina delle foglie di tabacco. Ugualmente può dirsi della coltivazione: così mentre dalle piante coltivate di Cinchona si può estrarre una quantità di chinina superiore a quella che si ottiene dalle piante selvatiche, per la Belladonna si sono ottenuti risultati opposti.
Recentemente diversi autori, che vedono nei tessuti delle foglie la sede dei processi di formazione degli alcaloidi, hanno osservato che la quantità di questi dipende anche dall'intensità luminosa; così per il tabacco (Stutzer e Goy, 1913) e la belladonna (Goris e Deluard, 1922) la proporzione di queste basi è più elevata nelle foglie esposte al sole che in quelle all'ombra.
È infine da notare come varii il contenuto di queste basi nelle piante a seconda del loro periodo vegetativo. In generale quando le piante si trovano in pieno sviluppo, cioé quando l'attività vitale è più intensa, presentano una maggiore quantità di alcaloidi, mentre nella vecchiaia ne sono meno provviste od anche prive del tutto.
Sulla funzione biologica degli alcaloidi nei vegetali sono state emesse parecchie ipotesi spesso contraddittorie. Secondo Errera (1887), Clautriau (1894) e altri, l'alcaloide sarebbe una sostanza di protezione; e ciò starebbero a dimostrare la localizzazione in genere superficiale e l'accumulazione nelle parti giovani delle piante, che sono generalmente preferite dagli insetti fitofagi, e nei frutti e semi che hanno maggior bisogno di difesa contro gli animali. Ma si può obbiettare che esistono molte piante ricche di alcaloidi, come la Cinchona, il Conium maculatum, il Delphinium staphisagria, che vengono fortemente danneggiate ed anche completamente distrutte dagli insetti.
Heckel e Barth invece, avendo constatato sperimentalmente che il contenuto in eserina, stricnina e scopolamina subisce sensibili diminuzioni durante il periodo di germinazione dei semi, ritengono che gli alcaloidi rappresentino sostanze azotate di riserva che la pianta utilizzerebbe per la sintesi delle proteine.
D'altra parte Clautriau (1900), poi Pictet (1906) ed altri, specialmente dal fatto che la caffeina, l'atropina, la cocaina e la morfina si trovano in maggior copia nelle parti ove è maggiore l'attività vitale, hanno creduto poter concludere che gli alcaloidi siano prodotti di rifiuto dell'organismo vegetale provenienti dalla demolizione delle sostanze proteiche.
In questi ultimi tempi poi è stata emessa un'ultima e più seducente ipotesi da Ciamician e Ravenna (1920), secondo la quale gli alcaloidi dovrebbero considerarsi come ormoni vegetali, sostanze cioé esercitanti un'azione regolatrice e stimolatrice sulle funzioni vitali delle piante.
Anche per ciò che riguarda la formazione di queste basi il problema è ancora molto discusso. Secondo Drechsel e altri, queste sostanze azotate hanno origine dalla condensazione di alcuni prodotti del ricambio vegetale privi di azoto, con l'ammoniaca; così il Dunstan (1888) ha dimostrato che diversi acidi organici presenti nelle piante (acido chelidonico, meconico, ecc.), condensandosi con l'ammoniaca possono fornire alcaloidi, e precisamente quelli contenenti l'anello piridinico (coniina, piperina, ecc.).
Altri ricercatori parlano invece di condensazioni dell'ammoniaca con aldeidi aromatiche; ma l'ipotesi più accreditata, e che poggia su ricerche sperimentali di diversi autori, specialmente del Pictet (1905-07), collegherebbe la formazione degli alcaloidi con la decomposizione delle sostanze proteiche. La formazione avverrebbe precisamente in due tempi: dapprima si avrebbe la decomposizione dei prodotti azotati in nuclei semplici contenenti azoto e poi la ricombinazione di questi residui basici tra loro e con altri composti che sono a volte radicali acidi, come nell'Aconitum e nella Coca, e più spesso formaldeide. Quest'ultima condensazione spiegherebbe anche la formazione dei composti metilati, come per esempio la codeina (metil-morfina) nel papavero e in alcuni casi l'aumento del numero di atomi di carbonio del nucleo (formazione dell'anello piridinico). Infatti i nuclei semplici azotati, che sono stati trovati nei diversi alcaloidi vegetali, e che debbono considerarsi come le sostanze madri di questi, sono principalmente:
Cioé nuclei che si possono considerare come derivati di sostanze proteiche vegetali, ad eccezione della piridina e della chinolina, le quali però possono ottenersi rispettivamente dal pirrolo e dall'indolo per introduzione nel loro nucleo di un quinto atomo di carbonio per mezzo della formaldeide.
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