Alchimia
L'epoca federiciana corrisponde al periodo in cui l'Occidente iniziò a elaborare il proprio sapere alchemico. Se già dal sec. XII, infatti, la trasmissione di alcune opere, in primis le Meteore di Aristotele, aveva stimolato il formarsi di un'alchimia latina, i primi testi originali risalgono proprio alla prima metà del Duecento.
La nuova disciplina giunse in Europa assieme al corpus aristotelico, che si andava imponendo come quadro di riferimento del sapere filosofico-naturalistico. Le ricerche alchemiche non vi trovavano, però, una chiara collocazione: nelle Meteore, opera in cui Aristotele analizza i fenomeni naturali del mondo sublunare, i capitoli De mineralibus ‒ in realtà una traduzione del De congelatione et conglutinatione lapidum di Avicenna aggiunta alla fine del sec. XII ‒ tralasciano alcuni concetti alchemici fondamentali, quali la scala dei metalli e la correlazione fra questi ultimi e i pianeti, negando la trasmutazione della materia.
Infatti, l'arte è più debole della natura, e se gli alchimisti possono spogliare i metalli vili dei loro accidenti (colore, gusto, sonorità), per ottenere una vera trasmutazione dovrebbero modificarne la struttura elementare, riportandoli ai loro costituenti primari: pertanto, "sciant artifices alkimie species transmutari non posse" (Halleux, 1994, p. 161).
La difficile integrazione dell'alchimia nel sistema aristotelico si accompagnava a un'analoga difficoltà rispetto all'istituzione universitaria: attribuirle uno statuto preciso all'interno della gerarchia risultava arduo, poiché essa rivestiva una posizione intermedia fra teoria e pratica senza potersi ridurre all'una o all'altra. Rispetto agli schemi classificatori e disciplinari della cultura scolastica l'alchimia, sapere in primo luogo operativo ma sostenuto da una fondamentale base teorica, era eccentrica e indefinibile, né arte liberale, né arte meccanica, né scienza naturalistica; il carattere segreto e rivelato ne accentuava, inoltre, l'emarginazione suscitando timori e sospetti.
In tal senso, dalla metà del Duecento si tentò di dimostrare la compatibilità fra le dottrine alchemiche e il sistema aristotelico. Alberto Magno tradusse e cercò di rendere tra loro omogenei i testi alchemici, istituendo regole di corrispondenza tra l'alchimia e la filosofia naturale aristotelica, mentre Ruggero Bacone, distinguendo due forme di alchimia ‒ la speculativa e l'operativa ‒, ne sottolineava le radici comuni alla filosofia naturale e alla medicina, definendola come teoria complessiva di generazione e trasformazione delle cose sensibili, non solo dei metalli.
La fase iniziale dell'alchimia latina è rappresentata da alcuni testi, in parte elaborati alla corte di Federico II. Come è noto, il disegno politico e culturale federiciano era fondato sul legame fra scienza e potere, fra interessi filosofici e obiettivi istituzionali, secondo un ideale di governo che interpretava il suo discendere da cause e leggi divine, naturali e umane, per individuare i legami tra l'ordine fisico del mondo e l'ordine delle realtà giuridiche e politiche (Morpurgo, 1995, p. 185).
In base al principio dell'unità del sapere, la cultura di corte federiciana diede vita a un modello scientifico pluridisciplinare ed enciclopedico, attraverso il quale cogliere le regole della natura e organizzare in modo armonico la società, fornendo al re gli strumenti utili a esercitare al meglio i propri compiti di governo.
Anche l'alchimia rientrò in questo programma politico e culturale, e ciò è assai significativo poiché risulta quasi un unicum: la sua presenza fra le scienze praticate alla corte di Federico costituisce un caso isolato di riconoscimento ufficiale del sapere alchemico, poiché, come si è detto, l'alchimia non ottenne mai uno statuto istituzionale e mancano prove documentarie anche sull'esistenza di scuole informali o private. Tale singolarità è in parte giustificata dal fatto che la corte sveva era formata da un circolo di dotti che strutturavano le proprie ricerche, anche le alchemiche, in relazione alle curiosità scientifiche dell'imperatore e alle sue iniziative politico-culturali. Si trattava, dunque, di una realtà legata in modo sostanziale a Federico e in tal senso anomala a sua volta rispetto a strutture più definite dal punto di vista istituzionale, come le università.
A Michele Scoto (v.), che dedica alcuni accenni all'alchimia anche nel Liber introductorius, sono attribuite due opere, l'Arsalchemie e il Lumenluminum: entrambe si richiamano a un ricettario ascritto a Ermete Trismegisto e al Libro degli allumi e dei sali, traduzione di un'opera araba del sec. XII, e riportano procedimenti comunicati da altri praticanti, secondo una modalità di trasmissione tipica del sapere alchemico. Fra essi è citato tre volte Elia da Cortona (v.), autore di un Lumen luminum che avrebbe scritto alla corte imperiale dopo esser stato deposto da ministro generale dell'Ordine francescano nel 1239. L'opera, in sei libri, tratta della trasmutazione e dei suoi principi teorici, basandosi sulle stesse fonti di Michele Scoto. Allo stesso periodo appartengono le Quaestiones Nicolai Peripatetici, che riprendono soggetti trattati nelle Meteore, il De perfecto magisterio, attribuito ad Aristotele e relativo alla composizione dei metalli e alla purificazione e preparazione delle sostanze, il Liber sacerdotum, un elenco di duecentosette procedimenti chimici (Halleux, 1994, passim).
Tali opere compongono il corpus testuale riferibile all'epoca e alla corte federiciana e propongono un'alchimia essenzialmente pratica, un insieme di ricette operative che classificano le sostanze indicandone anche le fonti di approvvigionamento. Dal punto di vista teorico, invece, il problema maggiore era dovuto alle contraddizioni presenti nei testi tradotti. In tal senso si tentò di inserire l'alchimia nell'ambito della scientia naturalis, individuandola come una delle otto scienze subordinate, anche se più fecondo fu il collegamento con l'astrologia: Michele Scoto ricorda i patronati astrologici dei metalli, mentre nel De perfecto magisterio l'alchimia è definita un'astrologia inferiore.
fonti e bibliografia
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