De Gasperi, Alcide
Politico e statista (Pieve Tesino, Trento, 1881-Sella di Valsugana, Trento, 1954). Di ispirazione cattolico-liberale, D.G. fu il principale protagonista del primo decennio della Repubblica italiana. Presidente del Consiglio dal 1945 al 1953, incarnò, dal 1947, la linea politica del , fondata sulla collaborazione tra democristiani e laici. I suoi governi guidarono la ricostruzione postbellica e, in politica estera, ancorarono l’Italia al mondo occidentale e all’Europa. In politica interna il suo contributo più importante è stato quello di tutelare, in una situazione politica molto delicata, l’autonomia statale dalle ingerenze confessionali. La sua giovinezza fu tutta impegnata nella lotta irredentistica, come vicepresidente del Comitato d’agitazione trentino (1903) e direttore della Voce cattolica (1904). Nel 1904, mentre era studente di lettere a Vienna, fu coinvolto nelle dimostrazioni universitarie di Inns bruck per l’istituzione di una facoltà giuridica italiana e, arrestato dalle autorità austriache, rimase in carcere 22 giorni. Dopo la laurea, militò dal 1905 nell’Unione politica popolare e come direttore del giornale Il Trentino (1906) difese l’italianità culturale e gli interessi economici della sua regione. Nel 1911 fu eletto al parlamento austriaco nel collegio di Fiemme. Da deputato prese posizione per una sempre più completa autonomia trentina. Durante la Prima guerra mondiale si batté per affermare i diritti e gli interessi delle popolazioni italiane, sedendo costantemente all’opposizione e votando sempre contro il governo. Il 25 ott. 1918, insieme con gli altri deputati italiani al parlamento di Vienna, proclamò la volontà delle popolazioni trentine di essere annesse all’Italia. Dopo l’annessione D.G., che era uno dei membri più in vista del Partito popolare italiano fondato nel 1919, fu il primo eletto della deputazione trentina nelle elezioni del maggio 1921. Ostile al fascismo, dopo la marcia su Roma sostituì L. Sturzo, andato in esilio, alla direzione del partito e fu membro attivo del comitato dell’Aventino; dopo lo scioglimento forzato del Partito popolare fu condannato a quattro anni (1927) per antifascismo e rimase in carcere per 16 mesi. Riacquistata la libertà (marzo 1929), ottenne un modesto impiego nella Biblioteca vaticana. Durante la Resistenza riorganizzò il Partito popolare con il nome di Democrazia cristiana (DC) e, dopo la liberazione di Roma (1943), fece parte del governo Bonomi come ministro senza portafogli. Procedette quindi a un’ulteriore riorganizzazione del partito su basi sempre più ampie, assicurando alla DC una notevolissima affermazione nella vita politica italiana. Ministro degli Esteri nel secondo gabinetto Bonomi e in quello Parri (dic. 1944-dic. 1945), fu poi ininterrottamente presidente del Consiglio dal dic. 1945 fino all’ag. 1953. Fino al 1947 i governi da lui presieduti compresero tutti i partiti che avevano preso parte alla Resistenza, inclusi socialisti e comunisti. Nel delicatissimo biennio 1945-47 si tenne il referendum che vide il passaggio dalla monarchia alla Repubblica, fu eletta l’Assemblea che avrebbe redatto la nuova Costituzione e fu varata l’amnistia, voluta in modo particolare da P. Togliatti, ministro della Giustizia e segretario del Partito comunista, per pacificare il Paese. Ma dal 1947 in avanti, anche in seguito al delinearsi della divisione internazionale tra blocco occidentale e campo socialista, la linea di D.G. divenne incompatibile con quella dei socialisti e dei comunisti, ancora legati all’Unione Sovietica. Si consumò così, all’indomani dei colloqui di D.G. negli USA, la rottura con i partiti di sinistra, che furono esclusi dal governo, e dal maggio 1947 egli governò con la partecipazione dei repubblicani, dei socialdemocratici e dei liberali; mantenne questa coalizione anche dopo le elezioni dell’apr. 1948, che videro il confronto tra i partiti favorevoli alla collocazione dell’Italia nel blocco occidentale e i partiti socialista e comunista, uniti nel Fronte popolare. Benché la DC ottenesse la maggioranza assoluta alla Camera e una forte maggioranza relativa al Senato, D.G. non ritenne opportuno governare da solo; anzi, fece della collaborazione con i partiti laici (repubblicani e liberali) una scelta di fondo, cui diede il nome di «centrismo », perché escludeva tanto la sinistra quanto l’estrema destra. Sotto la sua guida i governi centristi giocarono un ruolo decisivo nella ricostruzione del Paese dalle rovine della guerra. Essi legarono l’Italia al mondo delle democrazie occidentali, stabilendo un saldo rapporto con gli Stati Uniti; ottennero i finanziamenti del Piano Marshall, con i quali fu avviata la ricostruzione; rimisero in moto l’economia di mercato e consolidarono la democrazia parlamentare, sia pure portando a fondo lo scontro con l’opposizione; affrontarono la questione di Trieste, giungendo (1954) alla spartizione di fatto tra l’Italia e la Iugoslavia del cd. Territorio libero di Trieste, e soprattutto fecero dell’Italia uno dei protagonisti del progetto dell’unificazione europea. Alla fondazione della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (CECA), D.G. fu il primo presidente della sua assemblea (dal 1954). Fautore di una politica filoatlantica, partecipò anche al progetto, fallito, per la costituzione della Comunità europea di difesa nell’ambito della NATO, e in politica estera ebbe sempre chiara la necessità di salvaguardare l’interesse nazionale. Le elezioni del 1953 si tennero dopo una dura battaglia parlamentare per l’approvazione di una legge elettorale (definita dall’opposizione «legge truffa») che modificava in senso maggioritario il sistema proporzionale vigente dal 1946 e garantiva al partito o al raggruppamento che avesse raggiunto la maggioranza dei suffragi un cospicuo premio di maggioranza. La DC, che aveva fortemente voluto l’approvazione della legge, forzando finanche le procedure parlamentari, fu sconfitta. Alle elezioni politiche di giugno la DC e i partiti apparentati (PSDI, PLI, PRI, Südtiroler Volkspartei e Partito sardo d’azione) non raggiunsero la maggioranza e il premio non scattò. Le elezioni anzi registrarono un generalizzato arretramento dei partiti che avevano voluto la legge. La DC, in particolare, perse l’8,4% dei voti, mentre si rafforzarono PCI, PSI e all’estrema destra il Partito nazionale monarchico e il Movimento sociale italiano. D.G. tentò allora un governo di soli democristiani che però non riuscì a ottenere la maggioranza in Parlamento. Tornò quindi alla segreteria del partito per rilanciarlo politicamente (1953-54), fino all’improvvisa scomparsa.
Nasce a Pieve Tesino
Entra nell’Unione politica popolare
Eletto al parlamento austriaco nel collegio di Fiemme
Guida il Partito popolare italiano
D.G. è incarcerato, dopo lo scioglimento del Partito popolare italiano
Insieme ad altri ex dirigenti del Partito popolare fonda la Democrazia cristiana
Ministro degli Esteri
Presidente del Consiglio
Primo presidente della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (CECA)
Muore a Trento