ALCIMO ("Αλκιμος, grecizzamento dell'ebraico 'Ēlyāqīm abbreviato in Yāqīm; cfr. Giuseppe Flavio "Αλκιμος ὁ καὶ 'Ιάκειμος, Ant. Jud., XII, 9, 7)
Giudeo ellenizzante, che per lo zelo verso il suo partito e per gl'intrighi orditi da lui nella corte dei Seleucidi fu nominato gran sacerdote da Antioco V Eupatore, per suggerimento di Lisia (162-61 a. C.). Ma da principio, essendo Gerusalemme in potere di Giuda Maccabeo, non poté esercitare il suo ufficio. Allorché Demetrio I Sotere s'impadronì del trono di Siria, A. "con gl'iniqui ed empî d'Israele" (I Maccabei, VII, 5), cioè con i capi del suo partito, si presentò al nuovo re per accusare Giuda Maccabeo e chiedere aiuto contro di lui. Demetrio lo nominò nuovamente gran sacerdote, e lo fece accompagnare a Gerusalemme dal proprio generale Bacchide. Ivi A. s'insinuò con buone maniere e false promesse nell'animo anche di alcuni Asidei (v.), partigiani di Giuda; ma poco dopo, vistosi ormai padrone, ne uccise 60 in un sol giorno (I Macc., VII, 8-16). Costretto di lì a poco dall'avanzarsi di Giuda, fuggì di nuovo presso Demetrio. Costui inviò in Giudea Nicanore, il quale però da principio strinse amicizia con Giuda; tuttavia più tardi, per ordini espressi inviati dal re ad istigazione di A., diede battaglia, rimanendovi però vinto ed ucciso (161 a. C.). Infine un nuovo esercito inviato sotto la guida di Bacchide, accompagnato da A., sbaragliò presso Laisa le forze di Giuda, che vi lasciò la vita, e protesse A. nella presa di possesso del suo ufficio (I Macc. VII, 20-50; IX, 1-18). Questo durò poco: mentre A. secondo i suoi piani di ellenizzazione, attendeva ad abbattere i muri dell'atrio del tempio che circoscrivevano lo spazio destinato rispettivamente ai sacerdoti, agl'israeliti e ai pagani, morì colpito da paralisi nel 160 a. C. (I Macc., IX, 54-56; v. anche maccabei).