ALCMENA ('Αλκμήνη, Alcmēna)
Figlia del perseide Elettrione e di Anasso, figliuola di un altro perseide, Alceo. Una leggenda la fa nascere da Anfiarao e da Erifile. La sua patria è quasi sempre Tirinto, talora Micene o Midea. Bella e saggia come poche donne, è desiderata in isposa dal cugino Anfitrione, figlio d'Alceo, che riconquista ad Elettrione i suoi armenti rapitigli dai Tafii, i quali in quell'occasione avevano pure ucciso gli otto fratelli d'Alcmena. Per un disgraziato accidente, però, Anfitrione è causa della morte d'Elettrione: un bove si sbanda, egli gli scaglia dietro la clava, e questa, rimbalzando dalle corna del bove, colpisce a morte Elettrione. Non per ciò tralascia Alcmena di amare l'innocente cugino e lo segue in esilio a Tebe, dove Anfitrione è purificato da Creonte.
Prima però di accostarsi ad Alcmena, egli vuole vendicarne i fratelli: parte pertanto, e infine riesce, dopo molte peripezie, specie pel tradimento di Cometo, figlia di Pterelao re dei Tafü, a impossessarsi di Tafo. Ma durante la sua assenza Zeus, invaghito d'Alcmena, si presenta a lei sotto le spoglie del marito (soggetto poi ampiamente svolto dalla commedia greca, donde Plauto trasse il suo Amphitruo). Per volere di Zeus, la notte del concepimento di Eracle si prolunga sino ad avere una durata tripla o quintupla o anche maggiore. Torna intanto vittorioso Anfitrione, e Alcmena concepisce di lui un figlio mortale, Ificle: questo almeno secondo la leggenda più recente, che nell'antica Ificle non figura. Una imprudenza di Zeus decide dell'infelice destino di Eracle: Zeus si vanta nell'adunanza degli dei che sta per nascere del suo sangue un eroe, il quale dominerà sui circonvicini tutti. La maliziosa Era prende Zeus in parola, e come divinità protettrice dei parti ritarda quello di Alcmena e affretta quello della moglie di Stenelo, altro perseide. Così per l'imprudenza di Zeus il fortissimo Eracle resterà soggetto all'imbelle Euristeo. Alcmena è madre affettuosissima tanto di Eracle quanto d'Ificle. - Vedasi in particolare l'‛Ηρακλίσκος ("Ercolino") teocriteo (XXIV carme della silloge).
Una leggenda fa che A. dopo la morte d'Anfitrione sposi Radamanti, che insegna ad Eracle l'arte cretese del trar d'arco: più comune la leggenda che unisce Alcmena e Radamanti solo nell'isola dei beati.
Dopo la morte di Eracle, Alcmena cerca con gli Eraclidi riparo contro Euristeo presso Ceice re di Trachine, ma Ceice non vale a difendere i supplici e li invia ad Atene, dove Demofonte, figlio di Teseo, li accoglie benevolo e li difende in battaglia contro l'accorso Euristeo. Nella battaglia anzi Euristeo cade in mano di Iolao o in mano d'Illo, oppure è preso vivo da Iolao e da Illo e portato ad Alcmena, che lo fa morire. Da allora in poi essa può vivere tranquilla coi nipoti in Tebe, donde, appena è venuta a morte, Ermete per ordine di Zeus la trasporta all'isola dei beati e la dona come consorte a Radamanti.
Alcmena ("la possente") è in origine una divinità ctonia, come quel Radamanti di cui essa diviene la sposa nella vita ultramondana.
Bibl.: Cfr. gli articoli Alkmene e Amphitryon di Stoll, in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Mythol., I, i, coll. 246 segg., 321 segg.; art. Alkmene di Wernicke, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., I, col. 1572 segg.; Preller-Robert, Griech. Myth., 4ª ed., II, ii, pp. 605-615.