ALCOOLISMO
Storia. - L'alcoolismo, che significa l'abuso delle bevande alcooliche fermentate (vino, birra ecc.) o distillate, con tutte le conseguenze funeste agl'individui, alle famiglie, alla società, alla razza, si conobbe dall'uomo fin da quando si preparò la prima bevanda fermentata, dunque dai tempi più remoti della storia dell'umanità. Omero narra che quando Ecuba si apprestava a porgere al figlio Ettore la coppa del dolce vino, perchè gli rinvigorisse le forze esauste nelle battaglie, Ettore la rifiutò:
ch'egli scemar potria mie forze e in petto
addormentarmi la natia virtude
Nel Vangelo di S. Luca si racconta che l'angelo di Dio apparve al sacerdote Zaccaria, gli annunziò la nascita del figlio Giovanni e aggiunse: "egli sarà grande al cospetto di Dio e non berrà vino né altra bevanda inebriante". Nella narrazione lasciata da Giulio Cesare (De bello gallico, IV) dei costumi dei Suebi, popoli della Germama, si legge: Vinum ad se omnino importari non sinunt, quod ea re ad laborem ferendum remollescere homines atque efleminari arbitrantur.
La preoccupazione dei governi di fronte al danno sociale dell'abuso delle bevande alcooliche, trova nell'antichità, molti secoli avanti Cristo, la più potente manifestazione nella pena di morte a chi se ne mostrava colpevole con l'ubbriachezza, nelle leggi del fiero arconte ateniese, che la leggenda volle scritte con il sangue. E dopo tanti secoli tale sentimento di responsabilità si manifesta ora nella maniera più grandiosa negli Stati Uniti d'America con la legge del proibizionismo, cioè il divieto della fabbricazione, della vendita e del trasporto delle bevande alcooliche. Tale legge, ormai scritta nella costituzione federale, coronamento di un'opera lunga, perseverante delle società americane di temperanza, per la cui severa applicazione il governo impiega mezzi veramente colossali, costituisce il più notevole esperimento, che sia stato fatto finora, per liberare una nazione dall'alcoolismo, intorno al quale si agitano importanti controversie fra medici, sociologi, giureconsulti, professori, uomini del clero e politici negli stessi Stati Uniti d'America. Nelle altre nazioni civili, senza il proibizionismo, si sono emanate leggi dirette a frenare l'abuso delle bevande alcooliche, la cui seduzione tiene avvinte legioni di uomini.
Statistica. - Fra le statistiche che riguardano l'alcoolismo, fatte nelle diverse regioni della terra, ne ricordiamo una, non recente, che si trova nel trattato sulle malattie nervose dell'insigne neuropatologo inglese Gowers: in 25 anni morirono in Inghilterra 11.846 persone di delirium tremens. Se si consideri che questo episodio dell'alcoolismo cronico si verifica nel 46% dei forti bevitori, che l'esito più frequente n'è la guarigione, si può formarsi un'idea del numero degli alcoolisti, fra i quali si ebbero quelle morti. Riguardo all'alcoolismo in Italia, dalle comunicazioni della Direzione di sanità si rileva che, dal 1919 al 1925, la mortalità per alcoolismo era più che raddoppiata: da 551 a 1336. Si deve inoltre considerare che la cifra della mortalità per alcoolismo nelle statistiche ufficiali non dà la giusta misura dell'abuso alcoolico in un paese; perché, fatta eccezione degli ospedali e dei manicomî, la diagnosi di decesso per alcoolismo è raramente data nella pratica privata. E poi quante malattie del cuore e dei vasi sanguigni, del fegato, del sistema nervoso sono designate nei certificati di morte, senza aggiungere che la causa ne fu l'alcoolismo? L'alcoolismo in Italia è inegualmente diffuso, né è maggiore nelle regioni vinifere. Nelle regioni settentrionali, ove è più frequente l'abuso degli spiriti, si osserva la massima mortalità per alcoolismo; nelle regioni meridionali: Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia, la mortalità per quella causa è minima; le altre regioni hanno una posizione intermedia, sebbene ve ne siano, come alcuni paesi del Lazio, ove l'abuso è grave. Mentre nelle classi superiori e medie, fra gli esercenti le varie professioni, i funzionarî dello stato, gli addetti alle aziende private, cresce l'amore della temperanza e non è rara l'astinenza, l'abuso alcoolico continua nelle classi operaie dei grandi aggruppamenti urbani; assai minore nei lavoratori agricoli, nei quali peraltro sono frequenti gli eccessi del vino nei giorni festivi. Nella relazione statistico-sanitaria sulle malattie mentali in Italia, recentemente pubblicata da G. Modena, viene affermato, d'accordo con le comunicazioni della Direzione di sanità, che nei manicomî si osserva un aumento progressivo delle psicosi alcooliche, con provenienza maggiore dai capoluoghi di alcune provincie settentrionali e centrali, con tendenza alla diminuzione nella Sicilia e nella Sardegna. In alcune regioni d'Italia e maggiormente in altri paesi, l'alcoolismo è l'effetto dell'abuso dei liquori, degli spiriti, dell'acquavite, spesso con alcool diversi dall'alcool etilico o spirito di vino, vieppiù nocivi alla salute, quando vi siano commiste essenze, come l'assenzio, e quando, come suole farsi più spesso, vengano presi a stomaco digiuno. In Francia il consumo dell'assenzio ebbe un'impressionante diffusione, sì da salire da 6713 ettolitri, nel 1873, a 350.000 nel 1910. Appunto in conseguenza del sempre crescente consumo e degli effetti funesti che ne derivavano, il Parlamento francese si decise nel secondo anno di guerra alla proibizione della fabbricazione e della vendita dell'assenzio. Se non che all'assenzio, si sono sostituiti spiriti con altre essenze, cui si è dato il nome di aperitivi; a proposito dei quali un medico igienista francese scriveva di recente che la soppressione degli aperitivi e l'abolizione del privilegio dei bouilleurs de au basterebbe a dare alla Francia la migliore salvaguardia contro l'abuso alcoolico. In Norvegia, ove è consentita la vendita del vino e della birra, è vietata quella di tutti i liquori alcoolici al disopra del 21%. In Russia, prima della guerra, si proibì la vendita di quello spirito chiamato vodka; ma ora è ritornato fra gli operai. In Italia l'abuso degli spiriti non è diffuso come in altri paesi e prevale l'abuso del vino, del quale si producono circa 50 milioni di ettolitri per il valore di molti miliardi, con scarsa esportazione, e che si vende e si consuma in molta parte nelle osterie, dove non è raro si conducano anche i bambini ed i fanciulli, i quali, quando pure non si dia loro da bere, sono avvelenati dagli effluvî alcoolici emanati dalle bottiglie, dai bicchieri, dall'alito dei bevitori.
Azione fisiologica dell'alcool. - L'alcool è una sostanza potente e quindi pericolosa: se usato con moderazione in una bevanda, come il vino genuino, durante il pasto, anche fino alla tarda età, non è dannoso e può essere utile, sebbene non necessario, all'uomo sano ed infermo. L'apostolo Paolo, mentre biasimava acerbamente l'ignobile ebbrezza, scriveva al suo discepolo Timoteo utere modico vino propter stomachum et frequentes infirmitates. E quel grande fisiologo, che fu Claude Bernard, considerava una genuina bevanda alcoolica, in piccola quantità, come un benefico e gradito stimolante dell'appetito e delle secrezioni dell'apparecchio digerente. Ma, nelle mani dell'intemperante, la bevanda alcoolica, pur genuina, si converte in un veleno, che consuma la salute, il miglior bene della vita, addormenta la voce del dovere in tutti i campi della attività umana, disperde ogni nobile ideale, e, come dice Orazio, abbassa nella polvere l'intelligenza di origine divina (adfigit humo divinae particulam aurae).
Intorno alla durata del soggiorno dell'alcool nel sangue, la quantità che vi arriva in rapporto a quella ingerita, la sua diffusione nei varî organi, il suo passaggio nelle varie secrezioni, la sua sorte finale, sono state fatte numerose ricerche nell'uomo e negli animali. Conviene ricordare che l'alcool ingerito circola inalterato per parecchie ore nel sangue e che si trova non soltanto in questo ma nei varî organi: cervello, midollo spinale, liquido cefalo-rachidiano, fegato, reni, organi genitali e nelle varie secrezioni: saliva, latte, urina e nell'aria espirata; che l'alcool, secondo Grehant, viene eliminato per l'urina, la pelle, i polmoni nella quantità corrispondente al 15% della ingerita e che l'85% rimane nell'organismo per esservi bruciato. Oltre l'alcool etilico, o spirito di vino, si conoscono altri alcoli di maggior peso molecolare e di più elevato grado di ebollizione; cioè gli alcoli propilico, butilico ed amilico, i quali soggiornano assai maggior tempo nel sangue, bruciano più lentamente, onde un tempo maggiore di azione venefica; sono spesso impuri e dànno origine a prodotti di azione più dannosa della loro. E questi alcoli differenti da quello del vino, sono non di rado impiegati nella fabbricazione dei liquori, degli spiriti, e così si ha la spiegazione della loro azione assai tossica e delle morti avvenute dopo l'abuso di una sola volta.
Sulla tolleranza dell'alcool nell'organismo umano ci sono notevoli differenze: piccole dosi di alcool possono avere azione tossica; si sa di un giovine che per un solo bicchiere di vino cadeva tramortito; dall'altro estremo sono uomini, i quali rimangono apparentemente sani fino a tarda età facendo uso generoso delle bevande alcooliche. Questo fatto è l'eterna risposta ai medici consiglieri di moderazione ed eventualmente di astinenza. Ma quanto errata! Quei vecchi che hanno abusato di bevande alcooliche sono come le rare foglie verdi, che si vedono ancora sui rami degli alberi nel tardo autunno, di fronte al numero infinito delle compagne inaridite, che ricoprono la terra d'attorno e che il vento ha trasportato lontano. Ben maggiore è il numero dei vecchi che possono ripetere con il vecchio Adam di Shakespeare: la mia vecchiezza è forte, perché nella gioventù non introdussi liquori rivoltosi nel mio sangue.
Azione patologica dell'alcool e forme cliniche acute. - A tutti è nota l'ubbriachezza acuta, alla quale gli Spartani solevano condannare i miseri Iloti, per ispirarne il disgusto alla gioventù; perché nella ignobile ebbrezza si rende manifesta la grave offesa alle più elevate funzioni della mente. Negli animali si provoca facilmente: così nei conigli, con l'introduzione di una quantità di alcool corrispondente a quattro grammi per chilo, dopo poco tempo si vedono gli animali muoversi disordinati, barcollare atassici con paresi degli arti posteriori e poi rimanere immobili, istupiditi in paralisi completa, che, dopo parecchie ore, si risolve e gli animali ritornano nelle condizioni normali. Come risulta da ricerche sul comportamento dell'alcool nel sangue degli ubbriachi, la gravità dei fenomeni e la durata dell'ubbriachezza acuta variano nei non abituati alle intemperanze alcooliche e nei bevitori antichi. Nei primi l'alcool assorbito dai vasi sanguigni e linfatici dello stomaco aumenta lentamente nel sangue, rimane nella stessa quantità per parecchie ore e lentamente decresce, mentre nei bevitori abituali l'alcool aumenta rapidamente, rimane per breve tempo nella stessa quantità e rapidamente diminuisce; dimostrandosi così nell'organismo dei bevitori la capacità, forse per una maggiore e più rapida formazione di un fermento ossidante, di cominciare più presto la combustione dell'alcool per liberarne sollecitamente l'organismo, come avviene di altri veleni. Ora, poiché il grado e la durata della ubbriachezza è in rapporto alla quantità dell'alcool circolante nel sangue e al tempo che vi rimane, si comprende come l'ubbriachezza dei novizî, sia più lunga e più grave di quella dei veterani. Il Manzoni, dopo averci descritto, nel modo che tutti sappiamo, la prima e l'ultima ubbriachezza del povero Renzo, cui, se non costò la vita, fu causa di tante sventure, ci fa giustamente osservare che "il non essere egli uso agli stravizî fu cagione in gran parte che il primo gli riuscisse fatale: quei pochi bicchieri gli diedero subito alla testa; a un bevitore un po' esercitato non avrebbero fatto altro che levargli la sete".
Dall'ubbriachezza solita a vedersi, che può dirsi fisiologica, si distingue la patologica, per ragioni individuali, in soggetti psicopatici, con accessi di furore, impulsi omicidi, stati crepuscolari, nei quali l'ubbriaco può commettere atroci delitti di sangue, compiere atti turpi, provocare incendî e può cadere nel coma ed esser colto dalla morte per la paralisi dei centri della respirazione e della circolazione. Delle risse sanguinose, che spesso si accendono per futili motivi, specialmente nelle serate dei giorni festivi, nelle osterie o nei pressi di queste, l'abuso alcoolico è la causa prima. Saziata largamente la sete del vino, si sveglia in taluni bevitori l'impulso alla rissa e la sete di sangue, la inhumanitas ebriosa. Il poeta latino, cui l'anfora del vecchio Cecubo non era sgradita, così in un banchetto ammonisce gli amici commensali:
Natis in usum laetitiae scyphis
Pugnare Thracum est: tollite barbarum
Morem, verecundumque Bacchum
Sanguineis prohibete rixis.
L'analisi quantitativa con il metodo di Nicloux, o con altri metodi, misura la quantità dell'alcool nel sangue, nelle urine, negli altri umori e nell'aria espirata; onde le applicazioni pratiche alla diagnosi della ubbriachezza e della sua intensità, nella medicina, specialmente nella psichiatria, nella medicina legale e in materia di assicurazioni e d'infortunî.
Alcoolismo cronico. - All'alcoolismo acuto segue, quando si continui l'abuso, l'alcoolismo cronico, del quale riassumeremo le principali funeste conseguenze. Seguendo l'alcool nelle vie che percorre nel nostro organismo, notiamo che esso provoca nelle vie digerenti, quando se ne abusi, le prime alterazioni funzionali e materiali, le quali sono assai più gravi, se venga preso a stomaco digiuno, come fanno spesso i bevitori d'acquavite, di grappa, ecc. Quest'abitudine non è recente, poiché già era biasimata da Seneca, che di crapule e di orge doveva pur conoscerne nella corte del suo degenere alunno; in una delle lettere a Lucilio, egli scriveva: hoc est luxuriae propositum: gaudere perversis... isti non tibi videntur contra naturam vivere, qui ieiuni bibunt, qui vinum recipiunt inanibus venis et ad cibum ebrii transeunt? Sono note le modificazioni della cavità boccale dei bevitori, onde l'alito cattivo, quando non è il nauseante alito alcoolico; la lingua sordida e tremante. Nello stomaco avvengono alterazioni, che gradatamente portano all'infiammazione cronica dei bevitori, onde la dispepsia, che toglie l'appetito del cibo e provoca il vomito mattutino. Se molte persone provano che una piccola quantità di vino, 100-200 grammi, stimola l'appetito e rende facile la digestione, non sono pochi i casi nei quali, come sanno i medici, per la rinunzia al vino, cessano i disturbi della digestione, precipuamente l'acidità, e dilegua quel senso di stanchezza di svogliatezza, di pesantezza dolorosa del capo, che rende difficile e molesto il lavoro e l'adempimento del proprio dovere dopo il pasto. Delle glandole annesse all'apparecchio digerente il fegato, che è l'organo più voluminoso del corpo, dalle funzioni molteplici per l'economia animale, fra le quali la svelenatrice, è maggiormente danneggiato dall'alcool che deve in gran parte traversarlo per giungere nella grande circolazione. Tutti i medici sono ormai concordi nel giudizio che le bevande alcooliche, in quantità eccessiva, sono la causa precipua di quella malattia del fegato che si chiama cirrosi del fegato o, come dicono gli Inglesi, fegato dei bevitori, per la quale il fegato si rimpicciolisce e indurisce perché al tessuto glandolare, cui si devono la secrezione della bile e le altre funzioni, si sostituisce il tessuto connettivo, che si ritrae e, per la compressione dei vasi sanguigni, dà origine alla idropisia. La cirrosi epatica può osservarsi anche nei fanciulli e nei giovanetti abituati a fare largo uso di vino da genitori essi stessi bevitori, e se ne sono veduti alcuni casi con esito letale nella idropisia (fig. 2):
la grave idropisia che sì dispaia
le membra con l'umor che mal converte
che il viso non risponde alla ventraia.
Entrato l'alcool nella grande circolazione, circola con il sangue nei varî territorî del corpo. Nel sangue diminuisce la resistenza dei globuli rossi, il potere battericida, e aumenta la colesterina. L'ipercolesterinemia sarebbe, secondo il Ducceschi, l'anello di congiunzione fra l'alcoolismo e l'arteriosclerosi. Il Ruggeri (cit. dal Franceschi) nell'avvelenamento acuto per alcool metilico ha trovato nel sangue aumento di acidi grassi e di colesterina. Il Marchiafava crede all'azione nociva dell'alcool sulle arterie, specialmente quando si congiunga all'eccesso del cibo e del tabacco. L'alcool è nemico delle arterie perché insidia la nutrizione delle loro membrane e per un'azione meccanica, provocando oscillazioni brusche della pressione arteriosa oltre i limiti normali. Che per l'abuso alcoolico si manifestino malattie del cuore è pure ammesso da tutti i medici, anzi in alcuni trattati sulle malattie del cuore si trova un capitolo intorno alle malattie di quest'organo per l'abuso alcoolico. In Germania è stata osservata la ipertrofia del cuore dall'enorme abuso della birra, onde il nome di cuore della birra (Bierherz) datole, parecchi anni or sono, da un patologo bavarese; per la genesi di essa si devono considerare la pletora acquosa e l'azione tossica dell'alcool. All'ipertrofia seguono fatalmente, presto o tardi, i sintomi della insufficienza della funzione del cuore a mantenere normale la circolazione del sangue. Ciò che avviene in Germania per l'abuso della birra si verifica in altri paesi, come in Italia, per l'abuso del vino; né può sorprendere, quando si sappia che in alcuni paesi vi sono persone che sogliono consumare tre, quattro e anche cinque litri di vino al giorno e quando si veda la quantità di vino che, d'un fiato, come fosse una bravura, arrivano a tracannare alcuni veterani dell'alcoolismo. Del danno sul cuore, derivante da questo enorme abuso di vino, il Marchiafava è convinto, avendo avuto modo di osservare casi genuini d'ipertrofia del cuore senza lesione delle valvole, senza grave arteriosclerosi, senza malattie dei reni, in soggetti bevitori abituali delle ricordate quantità di vino, morti di malattie intercorrenti, più spesso di emorragia cerebrale.
Eredità alcoolica. - Molte sono le indagini fatte intorno all'azione dannosa dell'alcool sopra gli organi essenziali dell'apparecchio della generazione, le ovaie ed i testicoli. L'alcool viene portato con il sangue alle glandole genitali, come hanno dimostrato numerose ricerche recenti, e anche nelle vescichette seminali, ove la quantità che vi si trova è pressoché uguale a quella del sangue. Ciò rende ragione delle alterazioni che nelle glandole genitali furono ritrovate nell'alcoolismo cronico, fino alla completa cessazione della spermatogenesi per l'atrofia dell'organo e propriamente delle cellule formatrici degli spermatozoi. Da alcune esperienze eseguite nell'Istituto di anatomia patologica di Roma, si resero manifeste le alterazioni delle glandole sessuali maschili nei conigli avvelenati per lungo tempo con l'alcool etilico, simili a quelle descritte nell'uomo, e precipuamente la diminuzione della spermatogenesi così notabile, da riconoscersi a prima vista confrontando i preparati di animale normale con quelli di animale alcoolizzato. Ora, poiché negli alcoolisti cronici incorreggibili l'atrofia delle glandole sessuali ha un decorso lento e si mantiene per lungo tempo la formazione e la capacità fecondatrice delle cellule sessuali, avverrà che se ne formino di minor valore, di avariate nella sostanza ereditaria in esse contenuta, onde la generazione di una prole malsana nelle condizioni somatiche, psichiche e morali, che piangerà e farà piangere per le colpe dei padri.
Fra le ricerche sperimentali sugli animali dirette a indagare gli effetti sulla prole della intossicazione alcoolica dei genitori, ricordiamo, per il rigore del metodo e la ricchezza degli esperimenti quelle che nel 1918 pubblicò lo Stockard, un anatomico americano, eseguite su molte migliaia di porcellini d'India normali, onde erano già nati figli normali, sottoposti per lungo tempo alle quasi giornaliere inalazioni di vapore di alcool. Gli effetti dannosi si osservarono sulla prole di questi animali intossicati dall'alcool, non soltante quando alle inalazioni erano sottoposte le femmine gravide, onde il passaggio dell'alcool dalla placenta ai feti; ma anche quando vi erano sottoposti solamente i maschi, onde la prova dell'offesa alcoolica alle cellule sessuali maschili, quando dalla unione con femmine non alcooliche si manifestavano nella prole le conseguenze funeste dell'intossicazione. Le quali erano evidenti nella prima generazione con la frequente sterilità, il maggior numero di aborti, con la più alta mortalità prenatale e postnatale prima della maturità, con la costituzione gracile, con le deformità. Nella terza e nella quarta generazione continuavano gli effetti dell'alcoolismo dei nonni e dei bisnonni, senza che nei genitori si rinnovasse l'intossicazione alcoolica, sebbene in progressiva diminuzione per l'eliminazione ininterrotta, a ogni generazione, degli sterili, dei deformi e per l'unione degli individui più vigorosi con individui di stipite normale, finché nella quarta generazione era compiuto il risanamento dell'albero genealogico per virtù dell'avvenuta selezione. Nei discendenti della prima generazione, quando le sole madri erano alcooliche, si osservarono effetti peggiori che quando lo erano i soli padri. Così, per citare un solo dato, la mortalità prima di giungere alla maturità, calcolata 100 negli animali normali senza l'intossicazione alcoolica, arrivava, con questa, se dei soli padri a 171, se delle sole madri, a 243. Per giunta si osservò che le femmine alcoolizzate, oltre ai parti prematuri e ai molti nati morti, abbandonavano i figli che sopravvivevano, come se in esse fosse soppresso l'istinto materno. Da queste e da altre esperienze (che per l'importanza dell'argomento si dovrebbero ripetere sopra animali di mole maggiore, prima di farne l'applicazione all'eugenica umana), congiunte a ciò che si vede frequentemente nell'uomo nei discendenti degli alcoolisti (mortalità infantile maggiore, malformazioni congenite, debolezza mentale, idiozia, epilessia, passione alcoolica, immoralità, criminalità), non può dubitarsi che l'alcool apporti offesa diretta alla sostanza ereditaria delle cellule sessuali, come si era già supposto. Il Forel, uno dei più convinti degli effetti funesti sulla prole dell'alcoolismo dei genitori, esprimeva il guasto del germe dal veleno alcool con la parola blastoftoria (da βλαστός "germoglio" e ϕϑείρω "rovino"). All'eredità alcoolica per offesa delle cellule sessuali e del germe, che ne risulta per la fecondazione, si deve aggiungere che la madre che abusa di bevande alcooliche durante la gravidanza avvelena l'embrione e il feto perché l'alcool passa liberamente dalla placenta nel sangue del feto; che la madre alcoolista avvelena il bambino con il suo latte, perché l'alcool passa nel latte, onde le convulsioni dei bambini lattanti, che cessano con l'astinenza delle madri; che ai bambini si suole dare da madri incoscienti, schiave dei pregiudizî, il vino che poi si fa bere ai fanciulli e agli adolescenti: così si aggravano le tare dell'eredità alcoolica, per queste abitudini perverse peggiorate dall'esempio malvagio dei genitori.
I bevitori sono spesso figli di bevitori e quindi si può pensare che abbiano ereditato il fattore di quell'abnormità psichica, onde viene l'indomabile passione del bere. Secondo una statistica citata in uno dei congressi internazionali contro l'alcoolismo, sopra 100 bevitori, 70% circa erano figli di bevitori: 60% del padre, 5% della madre, 15% di ambedue i genitori. Per la criminalità precoce, secondo la statistica del Garnier, 80% dei criminali adolescenti sono figli di bevitori. E si può aggiungere che dal 20 all'80% dei delitti di sangue si compiono sotto l'influenza dell'alcool.
Si crede comunemente che la fecondazione durante il periodo di ubbriachezza di uno dei generanti sia funesta alla prole. La questione è stata discussa e si sono addotti esempî che confermerebbero la comune credenza, dati dall'osservazione dei medici e dall'esperienze sugli animali. Fra i primi ricordiamo che il Bezzola, in un lavoro statistico pubblicato nel 1902 sull'etiologia alcoolica della demenza primitiva, ha osservato che di 8186 dementi e idioti relativamente molti erano stati procreati nel tempo del carnevale e del vino nuovo. Non si può quindi escludere che l'alcool provochi alterazioni nelle cellule sessuali già formate, mature, pronte, cioè, alla fecondazione, onde la nascita di figli malsani. L'influenza dannosa ai figli dell'alcoolismo acuto dei genitori non era sfuggita agli antichi Greci. È riferito in molti dei libri sull'alcoolismo che Diogene, secondo il racconto di Plutarco, imbattutosi in un giovinetto dalla faccia d'idiota, gli dicesse con il suo abituale disprezzo delle convenienze sociali: "ragazzo, tuo padre doveva essere molto ubbriaco quando tua madre ti ha concepito".
Alterazioni del sistema nervoso. - L'abuso dell'alcool provoca alterazioni non soltanto negli organi della vita vegetativa e della propagazione della specie, ma anche nel sistema nervoso, che domina e coordina le funzioni di quegli organi ed è l'origine di quelle più elevate della vita di relazione. L'alcool, a potiori, è un veleno che ha azione elettiva sul sistema nervoso centrale e periferico, ove rimane quando già è scomparso in tutti gli altri organi; è un nemico sotto le sembianze di un amico, che dà la giocondità, la sensazione dell'aumento del calore, del maggior vigore, del benessere, sensazioni fugaci cui segue una condizione opposta di malessere, di depressione, di sconforto, dalla quale il bevitore, con nuovi abusi, ritorna entro la cerchia delle illusioni. Può darsi che in certi momenti della vita una moderata quantità di vino giovi al corpo e allo spirito: tu spem reducis mentibus anxiis, "tu ridai la speranza alle anime scoraggiate", diceva Orazio alla pia anfora antica. E ciò è vero, ma guai a passare dalla giocondità nell'ebbrezza. Uomini veramente eminenti nelle scienze, nelle lettere, nelle arti hanno affermato in tutti i tempi la più schietta avversione all'uso immoderato delle bevande alcooliche, soprattutto per l'offesa che l'alcool arreca al bene supremo dell'intelligenza. A nominarli tutti, sono una legione. Leonardo Bianchi, in un lavoro scritto poco prima della morte, afferma che il maggior numero di epilettici e di soggetti che presentavano caratteri degenerativi, da lui osservati, provenivano dalle regioni più vinicole, ove la lenta intossicazione alcoolica esercita un'azione oscura e insidiosa sui centri nervosi. Quel geniale fisico che fu il Helmholtz soleva dire che una piccola quantità d'alcool bastava a impedire che nella sua mente nascessero quelle idee originali, quegli sprazzi subitanei di luce viva, che gli facevano risolvere i problemi difficili, intorno ai quali si affaticava il suo intelletto. Anatole France, nel discorso per la morte di Zola, disse che l'alcool è il veleno dell'intelligenza e della volontà, vero flagello sociale, da combattersi aspramente per la grandezza della Francia. Qualunque sia l'opinione intorno all'uso delle bevande alcooliche, si dovrebbe da tutti convenire che, per la maggior parte degli uomini, il lavoro mentale, i lavori che richiedono consapevolezza piena del dovere e delle responsabilità, che esigono attenzione ferma, percezione rapida, giudizio pronto, e precisione degli atti, debbano compiersi nell'astinenza dalle bevande alcooliche, perché queste annebbiano quelle facoltà, ne ostacolano il libero e spedito svolgimento, e possono quindi essere causa di danni irreparabili. Negl'infortunî, nelle disgrazie, in quei disastri immani che atterriscono il mondo, si è mai domandato quante volte l'alcool abbia contribuito a ritardare o ad impedire l'esplicazione di quella fulminea prontezza di un attimo, che può decidere della vita o della morte di tanta gente?
Nell'alcoolismo cronico si manifestano sintomi psichici e neurologici. I primi, e cioè l'indebolimento dell'intelligenza, la diminuzione della memoria, l'infiacchimento della volontà, i pervertimenti dell'affettività, del senso etico, onde il cinismo, la mancanza di sentimento del dovere, il disamore al lavoro, la negligenza, la disattenzione, onde i frequenti infortunî sul lavoro, l'intolleranza della disciplina, l'irritabilità, la brutalità, sono le sorgenti di tutte le sventure, i danni che colpiscono gli alcoolisti cronici, le loro famiglie, le aziende ove prestano l'opera loro, la società.
Nel decorso dell'intossicazione cronica non sono rari i delirî sistematizzati, specialmente il delirio di gelosia, onde l'uxoricidio, e altre forme di psicosi come la melanconia, causa di suicidio, la mania spesso omicida, la paranoia allucinatoria alcoolica con delirio di persecuzione, e inoltre uno stato demenziale con idee melanconiche ipocondriache e anche di grandezza, con sintomi paralitici, difficoltà nella pronunzia, attacchi epilettiformi, onde il quadro della paralisi progressiva, la così detta pseudo-paralisi alcoolica (per distinguerla dalla demenza paralitica di origine luetica), la quale presenta una forma emendabile e guaribile con l'astinenza, e una forma inguaribile. È noto infine, anche ai non medici, che nel decorso dell'alcoolismo cronico può insorgere quella sindrome che è il delirium tremens, nel quale l'alcoolista, in continua agitazione motoria, delira in preda a illusioni e ad allucinazioni di tutti i sensi, che si succedono ininterrotte con contenuto mutevole, e lo tormentano senza tregua; egli vede spesso animaletti che corrono sulle coperte del letto, sulle pareti della camera e cerca di prenderli; reagisce contro persone immaginarie, che gli propinano veleni, che vogliono ucciderlo, che lo trascinano al patibolo. Questa condizione di agitazione motoria e di delirio dura di regola pochi giorni, dopo i quali, se non avviene l'esito letale nel collasso, l'alcoolista cade in un sonno profondo, lungo, riparatore. Il delirium tremens può recidivare e manifestarsi nel decorso di malattie infettive acute, come la polmonite.
Dalle forme ora ricordate deve distinguersi la dipsomania, da taluni neuropatologi equiparata alla epilessia psichica, caratterizzata da accessi, con intervalli di varia durata, di depressione psichica, sulla quale insorge l'impulso, la passione indomabile, irresistibile, disperata dell'eccesso alcoolico, che può essere dí quantità enorme di bevande alcooliche, più spesso di spiriti, nel cui decorso si manifesta un turbamento profondo della coscienza, onde le azioni criminose, delle quali si rendono colpevoli i dipsomani. L'attacco ha varia durata: da giorni a settimane. In un caso osservato dal Marchiafava, in un giovine straniero, di genitori sobrî, si manifestarono convulsioni epilettiche, che si succedevano a brevi intervalli, un vero stato di male. Nella camera del giovine il pavimento sotto il letto e un'armadio erano pieni di bottiglie, in gran parte vuote, di cognac, di whisky, di anisetta, di marsala e di altri spiriti e vini. La dipsomania può presentarsi anche in persone intellettualmente ed eticamente normali (Oppenheim). Sembra che un dipsomane sia il triste eroe del romanzo dell'Ohnet: Il mercante di veleno. Nell'epilogo del romanzo, il giovine, già nell'attacco di dipsomania, conduce la sua amante nella distilleria paterna, apre la chiavetta di un grande recipiente di alcool puro, ne beve a grandi sorsi e poi, inondatone il pavimento e datovi fuoco, muore bruciato con l'amante nel vasto incendio della distilleria.
Ai sintomi psichici sono concomitanti sintomi nevrologici: il tremore delle mani, delle labbra, della lingua, più manifesto nelle ore mattutine "il tremore dei nervi, inzuppati dal vino", come diceva Seneca, e poi le nevralgie, le paralisi, l'atassia, le perturbazioni della vista fino alla cecità, specialmente per l'alcool metilico, l'epilessia, della quale si ha veramente una forma alcoolica, che guarisce con l'astinenza, lasciando spesso incurabili deficienze mentali. Esiste inoltre. indubbiamente un'infiammazione acuta e cronica dei nervi, di origine alcoolica; anzi questa nevrite alcoolica è la più frequente delle nevriti e si riscontra prevalentemente nei bevitori di acquavite e di altri spiriti. I dolori precedono la paralisi con atrofia dei muscoli paralizzati con sede prevalente nell'estremità inferiori, con non rara diffusione alle superiori e meno frequentemente ai muscoli esterni degli occhi. Alla polinevrite alcoolica si possono complicare sintomi psichici e talora una vera psicosi con confusione mentale, disorientazione, agitazione ansiosa, incapacità di fissare l'attenzione sulle cose nuove, onde una rapida dimenticanza delle stesse. Dalla forma paralitica della polinevrite alcoolica si distingue la forma atassica, che presenta una sindrome simile a quella della tabe dorsale di origine luetica, onde il nome di pseudo-tabe. Nella polinevrite alcoolica recente, la prognosi è buona se l'astinenza dalle bevande alcooliche sia completa, mentre nella forma atassica, se possono verificarsi notabili miglioramenti e anche guarigioni, occorrono parecchi casi inguaribili.
Di maggiore gravità sono i patimenti del sistema nervoso quando l'abuso alcoolico è originato da spiriti con miscele di essenze, fra le quali la più perniciosa è l'assenzio (con predominio dell'Artemisia absinthium L.), alla cui intossicazione i medici francesi hanno dato il nome di absinthisme. Nell'intossicazione cronica da assenzio ai sintomi dispeptici gravi con denutrizione e anemia, si aggiungono presto i sintomi nervosi: tristezza, vertigini, dolori nervosi con parastesie tormentose, delirî maniacali, con frequenti convulsioni per la presenza nell'assenzio di un tossico convulsivante, stato demenziale terminale. Dalle osservazioni cliniche e dalle ricerche sperimentali risulta che l'assenzio provoca con frequenza attacchi epilettici. Parecchi uomini di talento, specialmente letterati, nell'illusione di avere da questo liquore l'ispirazione al loro lavoro, vi hanno trovato la rovina dell'intelligenza e la morte.
Alterazioni anatomiche dei centri nervosi. - Tutte le manifestazioni patologiche psichiche e nevrologiche ora ricordate procedono dall'intossicazione alcoolica dei centri nervosi e dei nervi e dalle alterazioni che avvengono nelle loro mirabili strutture le quali sono descritte nei trattati di nevropatologia e di psichiatria. Così, nel suo trattato sulle malattie mentali, il Tanzi espone le alterazioni regressive alcooliche delle cellule e delle fibre nervose nel cervello, nel cervelletto e nel midollo spinale, e nel grande trattato del Lewandowski sono riassunte dal Bumke le alterazioni del sistema nervoso finora trovate, fra le quali le degenerazioni pseudo-sistematiche del midollo spinale, come nell'anemia perniciosa, le emorragie puntiformi frequenti nel delirium tremens, i disfacimenti delle cellule e delle fibre nei centri nervosi con aumento della nevroglia. Né sono mancate ricerche istologiche nei centri nervosi di animali intossicati con l'alcool. Se non che nel cervello degli alcoolisti cronici si possono verificare alterazioni, che ormai è consentito di giudicare specifiche dell'alcoolismo cronico, come quelle del midollo spinale nella tabe dorsale. Queste alterazioni furono studiate negl'Istituti di patologia generale e di anatomia patologica dell'università di Roma principalmente dal Bignami e dal Nazari dopo la prima osservazione fatta dal Marchiafava nel 1897 sopra un'alterazione del corpo calloso, non ancora descritta, trovata nel cervello di un bevitore morto con la diagnosi di demenza alcoolica, e poi nei cervelli di altri due bevitori nel 1903. Il fatto precipuo, più evidente, più costante, più caratteristico, è un'alterazione degenerativa primitiva, sistematizzata delle fibre nervose che formano le vie per le quali principalmente si collegano i due emisferi del cervello e che si chiamano il corpo calloso o trave e la commessura anteriore, il primo ritenuto nel passato da medici e da filosofi come la sede dell'anima e ora come via di associazione infra- ed interemisferica per le funzioni simultanee di centri diversi della corteccia cerebrale dell'emisfero dello stesso lato e dei due emisferi. L'alterazione degenerativa è limitata allo strato medio delle due commessure e consiste essenzialmente in un'atrofia delle guaine midollari delle fibre nervose, delle quali persistono i cilindrassi assottigliati, con cellule granulose, quando l'alterazione è poco avanzata, senza manifeste alterazioni progressive della nevroglia, che rappresenta il tessuto connettivo dei centri nervosi. Un'alterazione simile fu riscontrata poi, sempre unita a quella delle due commessure, nei peduncoli medî del cervelletto, ed aree di degenerazione della stessa natura a decorso longitudinale, simmetriche, furono trovate nei due emisferi cerebrali. Ma, come si è detto, l'alterazione più costante nel cervello degli alcoolisti è quella delle commessure interemisferiche, riconoscibile ad occhio nudo per il colorito grigio nelle sezioni frontali del cervello, così tipica nella sua localizzazione da consentire che dalla sua presenza nel cadavere si risalga alla etiologia alcoolica, come avviene per le lesioni tabetiche del midollo spinale e per quelle della demenza paralitica nel cervello per la etiologia sifilitica (fig. 3).
Di questa malattia alcoolica del cervello i casi osservati da quando vi fu richiamata l'attenzione, cioè da appena trent'anni, sono molti: oltre quaranta. Tutti si verificarono in uomini dai 39 ai 77 anni. La durata fu sempre di anni, e in alcuni casi si poté stabilire la eredità alcoolica e l'alcoolismo nei collaterali. Le osservazioni fatte negl'istituti ricordati furono poi confermate da osservazioni fatte nel manicomio di Roma dal Mingazzini e dai suoi allievi; nella clinica psichiatrica di Firenze da O. Rossi; nell'Istituto patologico di Pisa da Cesaris-Demel; nell'Istituto di anatomia patologica di Parma dal Guizzetti, in un uomo di 55 anni, il quale, oltre all'abuso del vino, soleva fare colazione inzuppando il pane nella grappa. Lo stadio iniziale di questa degenerazione primitiva delle fibre nervose del corpo calloso e di altre formazioni del cervello nell'alcoolismo è stata dimostrata sperimentalmente con il metodo Donaggio, nei cani morti di avvelenamento subacuto, da U. Testa nel laboratorio della Clinica neuropsichiatrica di Modena diretta dal prof. Donaggio.
L'andamento progressivo con alternative di miglioramenti e di peggioramenti, la gravità dei sintomi psichici nelle sfere intellettiva, affettiva e morale, la disartria, il tremore, l'atassia, la frequenza degli attacchi epilettiformi ed apoplettiformi dànno l'impronta clinica a questa malattia alcoolica del cervello, vera demenza alcoolica, da distinguersi dalla pseudo-paralisi alcoolica guaribile e dalla vera demenza paralitica. La morte avviene in un attacco apoplettiforme o in una malattia intercorrente o per infortunio. L'ultimo caso di alcoolismo cronico nel quale, all'autopsia, il Marchiafava riscontrò nel cervello la degenerazione delle grandi commessure (fig. 3), riguardava un uomo sui cinquant'anni, il quale, notissimo bevitore di vino e di spiriti, presentava molti dei sintomi descritti; una mattina, dopo avere bevuto parecchi bicchierini d'acquavite, fu trasportato incosciente all'ospedale, dove gradatamente riavutosi domandò di mangiare e, mentre mangiava, morì soffocato da un boccone di carne troppo grosso.
Quale significato ha la sede delle descritte alterazioni per la interpretazione dei disordini mentali? Se la fisiologia sperimentale poco c'insegna sulle funzioni delle grandi commessure cerebrali, dalla clinica e dall'anatomia patologica sappiamo che alterazioni, come tumori e rammollimenti, circoscritte al corpo calloso, sono accompagnate da disordini psichici i quali, come noi pure abbiamo potuto vedere, precedono spesso tutti gli altri sintomi e, nel loro complesso (la sindrome callosa mentale del Raymond), possono simulare la paralisi progressiva. Non è dunque ardito mettere in rapporto una parte almeno dei disordini mentali, osservati in alcuni alcoolisti cronici, con le degenerazioni commessurali, alle quali si possono aggiungere, come si è veduto, degenerazioni in altre parti del cervello e del cervelletto. Se si consideri l'insieme delle alterazioní degenerative e distruttive delle grandi vie di associazione, che si trovano nel cervello di alcuni alcoolisti cronici, si farà palese la tragica realtà di quelle parole che Shakespeare fa dire da Cassio al perfido Iago, cessata la crisi di ebbrezza: "O Dio, perché gli uomini devono introdurre nella bocca un veleno, che rubi loro il cervello?".
Azione predisponente verso altre malattie. - Fin qui dell'abuso dell'alcool come causa diretta di malattia. Si deve peraltro aggiungere che quell'abuso può così sinistramente modificare l'organismo da renderlo più disposto a contrarre malattie di altra etiologia e avere influenza funesta sul decorso di queste. Il clinico francese Landouzy soleva dire che l'alcool est le lit de la tuberculose. Di questa opinione sono molti medici, mentre per altri l'alcoolismo agevola indirettamente lo sviluppo della tubercolosi per le tristi condizioni in cui mette le sue vittime. L'alcoolista infatti, nella sua vita di miseria, di abbiezione e di sofferenze, dispeptico, con il sangue quasi perennemente perfuso dall'alcool, deve avere fiaccati i meccanismi di difesa ed essere quindi più facile preda di quella infezione, come lo è il diabetico con il sangue intossicato dal troppo zucchero; e, come nel diabetico così nell'alcoolista, la tubercolosi ha decorso rapido e spesso galoppante.
Quanto all'influenza dell'alcoolismo sul decorso delle malattie acute, ricordiamo la polmonite, della quale i medici distinguono una forma, che chiamano la polmonite dei bevitori, spesso accompagnata dal delirio, simile al delirium tremens, e dal rapido infiacchimento del cuore, onde il frequente collasso e l'elevata mortalità, fino al 50%.
Ricordiamo infine l'opera nefasta dell'alcool quando si fa complice di altri veleni, come il piombo, il mercurio, il solfuro di carbonio, spianando così la via alle intossicazioni professionali, come il Pieraccini ha già ben dimostrato.
Profilassi. - Di fronte a questa succinta rassegna dei misfatti più gravi dell'alcoolismo contro gl'individui, le famiglie, la società, la razza, si comprende il dovere di provvedimenti diretti a frenarlo, a diminuirlo, a ridurlo nei più ristretti limiti, per quanto sia possibile. Il vivo desiderio della cessazione del vizio funesto dell'alcoolismo, come di altre sventure sociali delle quali l'uomo è artefice, non potrà realizzarsi finché la natura umana sarà quella che è, con le sue passioni, con i suoi istinti non sempre dominati dalla ragione. La profilassi dell'alcoolismo si fonda sull'istruzione, sulla educazione e sul miglioramento delle abitazioni delle classi operaie. Con l'istruzione e l'educazione si dissipano l'ignoranza, gli errori, i pregiudizî che non consentono la conoscenza del bene e del male nella preservazione della salute degl'individui e nel miglioramento della prole. Non è piccolo il numero dei pregiudizî che acuiscono la seduzione delle bevande alcooliche, fra i quali che il vino sia alimento e dia forza, che il vino riscaldi, che il vino faccia sangue, che sia il latte dei vecchi, che giovi allo sviluppo dei bambini, che preservi dalle malattie, che, quando è genuino, non noccia anche bevuto in dosi generose, che la cessazione della consuetudine di bere vino sia dannosa alla salute. Ora di questi pregiudizî dannosi, e pur troppo diffusi, si deve liberare lo spirito umano. A questo scopo contribuirà non poco il divieto, che è nella legge sulla protezione della maternità e dell'infanzia, dell'uso di qualsiasi bevanda alcoolica nelle scuole e in tutti gl'istituti di educazione. Se la legge verrà applicata senza eccezioni, i genitori vedranno che i fanciulli crescono sani, vigorosi, buoni, allegri, diligenti nello studio e nel lavoro, e le nuove generazioni cresceranno con la convinzione, data dall'esperienza vissuta, che il vino non entra di necessità a far parte delle sostanze alimentari e a sostentare la vita e che l'astensione giova alla salute del corpo e della mente. La proibizione dell'uso del vino in tutte le scuole e gl'istituti per fanciulli sarà un efficace insegnamento antialcoolico anche alle loro famiglie. Di vantaggio alla salute dei fanciulli sarà l'utilizzare maggiormente l'uso dei prodotti non alcoolici dell'uva come marmellate, conserve, il cosiddetto miele d'uva, che riescono graditi, si digeriscono bene, sono nutrienti e ricchi di calorie. Sappiamo di collegi, di colonie, di scuole dove si usano largamente le marmellate d'uva con gradimento e utilità dei fanciulli.
All'istruzione e all'educazione, che dovrebbe darsi anche agli operai, si deve aggiungere il miglioramento delle abitazioni, perché siano igieniche, confortevoli, così che il soggiorno in esse sia preferito a quello delle osterie. La casa igienica è il mezzo di lotta più efficace contro le malattie, l'alcoolismo, la criminalità. Al desco familiare l'operaio dovrebbe bere la parca quantità di vino non superiore al mezzo litro al giorno. La diminuzione progressiva del numero delle osterie e di qualsiasi altro luogo di vendita di bevande alcooliche (fiaschetterie, bottiglierie, bar, ecc.), la limitazione delle ore d'apertura, sono provvedimenti utili, perché diretti a diminuire le occasioni degli abusi alcoolici agli operai, dei quali alcuni solevano passare nelle osterie le tarde ore della notte e sciuparvi la mercede del loro lavoro. Alle osterie si dovrebbero sostituire sale di ricreazione, dove gli operai possano trascorrere una parte del tempo libero con la lettura di giornali, di libri, con il cinematografo istruttivo e onestamente ricreativo e avere bevande non alcooliche, gradite, a buon mercato. E così i godimenti intellettuali, artistici e del benessere del corpo salveranno gli operai da quelli ignobili dell'abuso alcoolico. Di sicuro stimolo alla sobrietà sono la preferenza e i premî agli operai che si astengono dalle bevande alcooliche. I provvedimenti accennati sono già in via di progresso in parecchie città d'Italia per opera delle società di temperanza, delle leghe antialcooliche, dei giornali contro l'alcoolismo, e adesso dei sindacati.
Nell'ultima legge (1926) emanata dal nostro governo per combattere l'alcoolismo, le disposizioni principali riguardano l'ulteriore limitazione del numero degli esercizî di vendita di bevande alcooliche, che viene raggiunta con l'elevazione del rapporto limite, oltre il quale non è lecito di accordare nuove licenze; cioè l'elevazione da un esercizio ogni 500 abitanti a un esercizio ogni 1000 abitanti. Tale diminuzione si otterrà gradatamente tenendo fermo il principio della personalità e della non trasmissibilità delle licenze. Si aumenta inoltre il rigore della vigilanza sulla limitazione del tempo d'apertura degli esercizî di bevande alcooliche. Se tali norme saranno ovunque applicate, ne risulteranno necessariamente una benefica riduzione di molte centinaia di osterie e una conseguente diminuzione dell'alcoolismo.
Guaribilità. - Si può guarire l'alcoolismo? Bisogna considerare la qualità del soggetto alcoolista e il tempo che ha durato l'abuso. Negli individui con degenerazione spesso ereditaria, onde la passione alcoolica, i tentativi varî di cura sogliono riuscire inutili. Vi sono alcuni di questi bevitori che confessano e riconoscono il loro vizio e possono anche promettere di smetterlo e rimanere per un certo tempo nell'astinenza, ma poi ricadono e anche con eccessi maggiori. In questi casi è necessario l'internamento in una casa di cura, ove siano medici specialisti per la dissuefazione dei bevitori. In soggetti non degenerati, che trovano nell'abuso sensazioni di godimento della vita, non è raro che il dominio della volontà riesca a vincere la funesta tendenza: si è osservato il caso di parecchie persone che abusavano del vino e dei liquori, le quali, impressionate dalle severe ammonizioni del medico, hanno smesso anche l'uso del vino e sono divenute astinenti. Quando l'abuso alcoolico, per la lunga durata, ha già provocato alterazioni organiche gravi in organi essenziali alla vita e quelle degenerative, distruttive, già ricordate, nei centri nervosi, è vana la speranza della guarigione.
Bibl.: Fra i libri e le memorie principali, citiamo i trattati di psichiatria di E. Tanzi ed E. Lugaro, R. v. Krafft-Ebing, K. Mendel, M. Craig e i trattati di neurologia di W. E. Gowers, H. Oppenheim, G. Mingazzini, M. Lewandowsky. Inoltre: H. Triboulet, F. Mathieu, R. Mignot, Traité de l'alcoolisme, Parigi 1905; L. Valensi, Le corps calleux, Parigi 1910; E. Marchiafava, A. Bignami, A. Nazari, Über syst. Degen. der Kommissurbahnen des Gehirns bei chronischem Alkoholismus, Berlino 1911; H. Hoppe, Die Tatsachen über den Alkohol, Berlino 1911; W. Schweisheimer, in Arch. f. klin. Med., 1913; L. Krehl, Die Erkrankungen d. Herzmuskels, Vienna 1913; P. Guizzetti, Degenerazione primitiva sistematizzata delle vie commessurali del cervello da alc. cronico (Morbo di Marchiafava), in Riforma medica, 1915; Nicloux, in Presse médicale, 1918; G. B. Franceschi, L'alcool metilico alle Assise, Bologna 1920; G. Mingazzini, Der Balken, Berlino 1922; L. Luciani, Fisiologia dell'uomo, Milano 1923; L. Bianchi, Eugenica mentale e profilassi delle malattie nervose e mentali, Napoli 1925; U. Testa, Lesioni del corpo calloso nell'alcoolismo subacuto sperimentale, in Clinica delle malattie nervose e mentali della R. Università di Modena, Modena 1927; F. Neville, La preuve chimique de l'ivresse et la mesure chimique de son intensité, in Revue médicale de la Suisse Romande, ottobre 1928; G. Modena, Le malattie mentali in Italia, in Psicosi alcoliche, Roma 1928.
Legislazione.
L'alcoolismo è oggetto di provvedimenti legislativi di carattere fiscale o di polizia.
Quelli fiscali consistono nell'imposizione di una tassa speciale o nell'assunzione del monopolio da parte dello stato (monopolio dell'importazione e produzione dell'alcool assunto dalla Confederazione svizzera nel 1885; monopolio della rettificazione e vendita della vodka assunto gradualmente dallo stato in quasi tutta la Russia tra il 1894 e l'inizio della guerra europea; tassa molto elevata sugli alcoolici ammessi all'importazione, nelle colonie contemplate dalla convenzione di Saint Germain del 10 settembre 1919, cioè situate nel continente africano o nelle isole poste a meno di cento miglia dalla costa, ad esclusione del Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Unione Sud-Africana).
Le misure di polizia consistono in una limitazione della libertà di commercio degli alcoolici, o nel divieto del traffico di qualsiasi bevanda alcoolica (sistema del proibizionismo adottato fin dal secolo passato in varî stati degli Stati Uniti e, in virtù dell'emendamento alla costituzione votato il 27 dicembre 1917 ed entrato in vigore il 29 gennaio 1918, esteso a tutti gli Stati Uniti; adottato pure per quelle zone delle colonie, di cui alla citata convenzione, nelle quali l'uso degli alcoolici non sia sviluppato, con l'eccezione del permesso d'introduzione di quantità limitate, destinate ai non indigeni), o vietando il traffico di alcune determinate bevande (divieto d'importazione, circolazione e detenzione dell'alcool da tratta e di bevande distillate contenenti certe speciali sostanze nelle colonie contemplate dalla citata convenzione), o proibendo la fabbricazione (divieto della fabbricazione di bevande distillate nelle colonie di cui alla convenzione citata, salvo che per quelle italiane, in cui è consentita, purché sottoposta a un diritto d'accisa pari a quello di entrata), o affidando lo spaccio delle bevande alcooliche a società di temperanza o istituzioni di beneficenza (sistema di Göteborg adottato nei paesi scandinavi), o limitando il numero degli spacci e regolandone l'apertura e l'esercizio (Francia, Germania, Inghilterra).
Il sistema del diritto italiano (quale risulta dagli art. 84, 85, 87-105, 109-110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 6 novembre 1926, n. 1848, in cui sono state trasfuse le disposizioni della legge 19 giugno 1913, n. 632, e del regolamento 22 ottobre 1914, n. 1238) rappresenta un'applicazione del secondo sistema (divieto di fabbricazione, importazione, ecc. dell'assenzio, art. 103 legge pubblica sicurezza) e dell'ultimo. Le disposizioni limitatrici del commercio degli alcoolici sono ispirate al principio di eliminare le circostanze che favoriscono il vizio di bere. È perciò vietata la vendita ambulante di bevande alcooliche (art. 85); il numero degli esercizî di vendita e di consumo non può superare il rapporto di i per 400 abitanti, e di 1 per 1000 per le bevande con alcool in quantità superiore al 4½% (art. 93). La vendita delle bevande con alcool in quantità superiore al 21% del volume è subordinata ad una speciale autorizzazione del prefetto, che non può essere concessa per le cantine delle caserme, per gli spacci di cibi o bevande negli stabilimenti dipendenti dalle pubbliche amministrazioni e per gli esercizi temporanei (art. 87, 91). Nelle nuove concessioni di licenze si tien conto delle distanze tra esercizî e officine, scuole e caserme (art. 96). L'orario di questi esercizî è soggetto a varie limitazioni, più rigorose per quelli nei quali è autorizzata la vendita di bevande con alcool al di sopra del 21% (art. 94, 95). Una limitazione al commercio degli alcoolici, di natura diversa dalle precedenti perché ispirata al proposito di tutelare persone che non possono essere lasciate in balia di sé stesse, si ha nel divieto di somministrare bevande alcooliche di qualsiasi specie ai minori dei 16 anni e alle persone che appariscono in stato di ubbriachezza o comunque in stato anormale di mente (art. 99). Per i minorenni va anche ricordato che essi non possono essere impiegati in esercizî di vendita di alcoolici, salvo che non appartengano alla famiglia dell'esercente (art. 99), e che nelle scuole, nei convitti e in tutti gl'istituti di educazione e ricovero sono vietati la somministrazione e l'uso di bevande alcooliche ai fanciulli e adolescenti (legge 10 dicembre 1925 n. 2277 art. 23). Vi sono infine altre disposizioni ispirate al proposito di togliere le occasioni che favoriscano l'alcoolismo, ma distinte dalle precedenti, perché limitatrici della libertà d'industria e commercio in genere e non di quella dei soli venditori di alcoolici (divieto di adibire il locale di vendita ad ufficio di collocamento o per il pagamento di mercedi agli operai, art. 99, divieto di corrispondere in tutto o in parte mercedi o salarî in bevande alcooliche di qualsiasi specie, art. 102).
Bibl.: Un ampio quadro dei varî sistemi adottati per combattere l'alcoolismo in A. Zerboglio, L'alcoolismo, Torino 1892; varî cenni alla voce Alcool e Alcoolismo, in Digesto italiano (red. Bertagnolli). Sulla legge del 1913, v. Noseda, I provvedimenti per combattere l'alcoolismo, in Riv. di dir. e proc. pen., I (1913), p. 290; id., L'elaborazione, il sistema e le norme della legge contro l'acolismo, in Scuola pos., 1913, p. 701. Per l'alcoolismo nelle colonie, v. Lulli, L'alcoolismo in Africa, in Antischiavismo, 1925, p. 189. Cfr. anche i commentarî e le trattazioni sistematiche delle leggi di pubblica sicurezza, e in particolare O. Ranelletti, Polizia di sicurezza, in Tratt. dell'Orlando, IV, parte 1ª, p. 797 segg.