ALCOVA
. Questa parola, che deriva dal vocabolo spagnuolo alcoba, proveniente dall'arabo al-qubbah "ambiente a volta", indica quella parte della stanza che racchiude il letto.
Secondo il Forcellini, pare che gli antichi chiamassero zothäca (ζάω "vivo", ϑήκη, repositorium, "ripostiglio") ciò che viene da noi denominato alcova; egli cita in proposito un passo di Plinio il Giovane (Epist., II, 17, 21), ove questa voce è adoperata in modo che può darsi ad essa una spiegazione corrispondente in tutto alla moderna idea di alcova: "contra parietem medium zotheca perquam eleganter recedit, quae, specularibus et velis obductis reductisve, modo adicitur cubiculo, modo affertur" (verso il mezzo del muro è praticato con molta eleganza uno sfondo, il quale, per mezzo di un assito con vetri e tende che s'apre o chiude a piacere, ora si aggiunge e ora no alla stanza principale). Secondo il Winckelmann, alcove fatte a forma di nicchie si possono osservare nella Villa Adriana a Tivoli e nelle case di Pompei. Ma incerti e vaghi sono gli elementi che al riguardo possono fornirci gli avanzi delle antiche case. Testimonianze più sicure ci sono offerte dai bassorilievi e dalle pitture antiche, come, per es., dal noto dipinto che va sotto il nome di Nozze Aldobrandine, ove si vedono letti circondati da una specie di recinto o balaustrata, talora all'altezza d'appoggio, talora più elevato, quasi a formare una stanza piccola nella grande. Queste specie di recinti appaiono spesso ornati con drappi e tendaggi.
L'uso dell'alcova - che oggi, per evidenti ragioni igieniche, tende a scomparire - fu diffusissimo nelle case signorili dal Rinascimento in poi. Assume forma e decorazioni diverse, secondo la sontuosità della decorazione e del mobilio dell'ambiente principale. Quasi sempre costituita da una parte della camera adorna di specchi, era separata dal resto o da colonne con sontuosi drappeggi, o da balaustrate, in genere di legno, più raramente di marmo, spesso accuratissimamente lavorate. Nell'État du Mobilier de la Couronne (Parigi 1684) si vede figurare una balaustrata da alcova, d'argento cesellato, pesante oltre 4000 marchi e rappresentante un valore di oltre 500.000 franchi! Soprattutto nel sec. XVII e nella prima metà del sec. XVIII l'alcova era assai più ampia di quel ridotto stretto e mal aereato che oggi porta il medesimo nome; e assumeva forme planimetriche varie, secondo il gusto e l'originalità dell'architetto. Poiché in quell'epoca era invalsa, in Francia più che altrove, la moda di ricevervi le visite degli amici più cari e dei parenti più prossimi, l'alcova era diventata come un piccolo salotto riservato, e doveva necessariamente essere abbastanza ampia per contenere sedie e piccoli divani a destra e a sinistra del letto (Marot e de Lepantre, Estampes). Nella seconda metà del sec. XVIII l'alcova diventa più piccola, perché cessa di esser luogo di ricevimento, tornando ad essere esclusivamente luogo di riposo. È ancora guarnita di artistici specchi, protetta dalla luce del giorno mediante tendaggi elegantemente drappeggiati, e non contiene che il letto e un piccolo divano (Moreau le Jeune, Estampes d'alcove).