CIBO MALASPINA, Alderano
Nacque a Massa il 22luglio 1690, terzogenito del duca Carlo II e di Teresa, figlia di Camillo Pamphili principe di San Martino e di Olimpia Aldobrandini. La matura età del padre, che aveva allora cinquantanove anni, e la diversa educazione già impartita ai due fratelli, alquanto maggiori del C., costrinsero quest'ultimo in un certo isolamento, che ebbe più tardi conseguenze assai gravi. Ebbe come primo istitutore il sacerdote Andrea Guerra, che gli fornì le prime basi di una cultura classica ed umanistica. Ben presto tuttavia, all'età di dodici anni. fu inviato a Roma ove studiò per tre anni nel Collegio Romano e dove gli giunse la notizia della morte della madre, il 7 ag. 1704. L'anno seguente, il 20 maggio 1705, tornò a Massa e si trattenne alcune settimane presso il padre. Ma quasi subito venne inviato nuovamente in collegio, questa volta a Parma presso i gesuiti, ove si fermò altri tre anni, per terminare il corso delle, "scienze e delle arti cavalleresche". Sicché al suo ritorno a Massa non stupisce che non si trovasse di buon accordo né col padre Carlo II ormai settantasettenne né col fratello primogenito Alberico. E a questa circostanza sono dunque da ricollegare le due "fughe" del giovane C. dalla corte di Massa.
Una prima volta alla fine dell'ottobre 1709 si allontanò da Massa rifugiandosi a Genova, presso la casa del principe Doria. Qui venne ritrovato da alcuni gentiluomini della corte ducale che lo convinsero a rientrare a Massa. Ma dopo alcuni mesi, il 17 apr. 1710, si allontanò nuovamente in segreto da Massa e dopo alcuni giorni a Genova si recò a Torino. Il duca Carlo II evitò tuttavia questa volta di farlo ritornare, aspettando il suo rientro volontario. Cosa che il C. fece alcuni mesi dopo, probabilmente costrettovi da necessità finanziarie. Tentò anche di rappacificarsi col padre e con il fratello Alberico, ma solo dopo la morte del padre fu riammesso a corte.
Alla morte di Carlo II infatti il primogenito Alberico ottenne l'investitura iniperiale il 14 giugno 1712. Dal suo matrimonio con Nicoletta Grillo tuttavia non aveva avuto figli né sperava di averne. E nello stesso tempo non avendo il fratello Camillo alcuna intenzione di abbandonare la carriera ecclesiastica, il terzogenito venne considerato presunto successore al ducato e riconosciuto quindi principe di Carrara. Dopo due anni trascorsi ricoprendo alcune cariche nel governo dei ducato, nel marzo del 1715 egli partì per Milano, ove il fratello Alberico aveva concordato il matrimonio con Ricciarda, figlia del conte Camillo Gonzaga di Novellara e di Matilde d'Este. Celebrato il matrimonio a Milano il C. e la sposa giunsero a Massa il 26 maggio del 1715, accolti con gran festa dallo stesso duca. Pochi mesi dopo quest'ultimo, dopo soli cinque anni di governo, moriva il 20 nov. 1715 senza discendenza e senza aver fatto testamento.
La successione. spettava al fratello Camillo, prelato nella, Curiaioniana già da vari anni; questi preferì però rinunciarvi a favore.del C., cedendogli le sue ragioni in forza di una convenzione sottoscritta in Montefiascone il 2 dicembre dello stesso anno e ratificata a Roma il 2 febbr. 1716, riservando per sé le entrate feudali e allodiali dei beni posseduti nello Stato della Chiesa e nel Regno di Napoli. Il C. ottenne il 17 apr. 1717 l'investitura imperiale, anche se già aveva preso possesso dei ducato il 21 dic. 1715.
Del governo dei C., durato poco più di quindici anni, è rimasta una relazione manoscritta di un contemporaneo, Odoardo Rocca, canonico della collegiata di Massa dal 1704 al 1751. Tale relazione è servita di base a tutti gli autori successivi, senza che sulla sua attendibilità si muovessero obiezioni, benché sia palese l'ostilità dell'autore verso il duca e il suo governo. Indubbiamente i vari episodi riportati dal Rocca illustrano una situazione poco felice.
Già nel 1716 il C. aveva dovuto affirontare un grave incidente diplomatico con la Repubblica di Lucca: in seguito ad alcuni torbidi fra gli abitanti dci due Stati presso il confine, un corpo di truppe lucchesi era avanzato fin presso la villa ducale della Rinchiostra presso Massa. Il duca si appellò prima al granduca Cosimo III di Toscana, quindi direttamente all'imperatore, il quale tramite l'arbitrato del duca di Modena condannò Lucca al pagamento di tutte le spese e dei danni causati al ducato.
L'anno seguente tuttavia furono gli stessi -sudditi di Carrara a ribellarsi al duca e, occupata Massa, penetrarono nel palazzo ducale, richiedendo al duca l'abolizione dei carichi fiscali e l'allontanameto degli ufficiali del fisco forestieri e invisi alla popolazione. A seguito di tali disordini venne inviato a Massa il fiscale imperiale Giovanni Giovanelli, dal conte Carlo Borromeo Arese, plenipotenziario dell'imperatore in Italia.
Sicché in soli due anni il C. fu costretto a guardare in faccia la realtà: non solo ogni iniziativa politica spettava all'imperatore, ma anche nel campo economico e finanziario ogni iniziativa doveva ricevere l'approvazione, di Vienna o dei suoi rappresentanti. D'altro canto le spese e i contributi per la lunga guerra di successione spagnola, l'eredità rivendicata dal fratello Camillo a Roma avevano ridotto grandemente le entrate del ducato. Sicché i tentativi dì una nuova politica fiscale tentati dal C., e culminati nel rivendicare alla sua amministrazione e non alle Comunità gli uffici dell'annona e dei sale, rispondevano ad esigenze ben precise.
A tal fine lo stesso duca si recò a Vienna, ove giunse il 18 ott. 1717; rientrò a Massa il 22 maggio dell'anno seguente, dopo aver ottenuto il decreto del possesso della dogana del sale a favore della Camera ducale. Ma le difficoltà economiche continuarono negli anni seguenti, anche per l'eccessivo costo della casa ducale. Benché fosse stato raggiunto un accordo fra il C. e le Comunità del ducato, accordo stipulato il 6 ag. 1719, il duca per soppenre alle sue spese si diede ad alienare parte del suo patrimonio privato. Dapprima vendette tutta l'argenteria del suo guardaroba, benché vincolata, e alcuni stabili in Massa. Quindi cedette alla Repubblica di Genova tutta l'artiglieria in dotazione al suo piccolo esercito: venti cannoni di bronzo.
Infine, ormai disgustato dalla pratica di governo e nell'impossibilità di trovare nuove entrate, il C. tentò di risolvere tutti i suoi problemi in una sola volta. Ancora privo di eredi, pensò di cedere e alienare l'intero ducato alla Repubblica di Genova, che da sempre mirava all'acquisto. Quindi, in gran segreto, nel 1724 spedì a Genova l'auditore generale Diego Nozzardi e il colonnello Vela per trattare con la Repubblica. Tuttavia fu la stessa duchessa, quando ormai l'accordo per la cessione era stato raggiunto, a farlo fallire avvertendo sia il granduca di Toscana sia l'imperatore a Vienna. Carlo VI inviò immediatamente un commissario imperiale con ordini severissiná e il duca fu costretto a rinunciare al suo progetto. L'anno seguente inoltre la duchessa ebbe una bambina, Maria Teresa Francesca, e negli anni seguenti altre due, Maria Anna Matilda e Maria. Abbandonati quindi i progetti di vendita il C. tornò ad occuparsi direttamente del governo del ducato. Grazie soprattutto all'influenza della moglie Ricciarda la situazione finanziaria migliorò, anche se fino alla fine del suo governo il duca fu costretto a ricorrere a nuove imposte e a cercare nuovi crediti. Già il fratello Camillo, patriarca di Costantinopoli (verrà creato cardinale da Benedetto XIII nel 1729), aveva richiesto all'ixnperatore, con un breve di Clemente XI, che il duca fosse obbligato al pagamento dei legati pii e "richiamato a miglior vita", dopo le numerose avventure galanti nella piccola corte ducale di Massa.
A causa della sua incerta salute il C., in mancanza di credi maschi, cercò ed ottenne dall'imperatore il riconoscimento della successione della piccola Maria Teresa. Poco tempo dopo, il 18 ag. 1731, egli morì a Roma all'età di 41 anni.
Nel testamento fatto pochi giorni prima della morte lasciò come erede universale e proprietaria di tutti i suoi beni la principessa Maria Teresa, nominando il cardinale Camillo e la duchessa Ricciarda tutori della pupilla e capi della reggenza dello Stato. Alle altre due figlie Marianna e Maria assegnò una dote di 30.000 scudi d'oro ciascuna.
La reggenza dello Stato fu assunta con mano ferma dalla duchessa Ricciarda, riconosciuta tutrice delle tre figlie con diploma imperiale, del 15 sett. 1732. Il problema più importante da affrontare per la reggente era quello del matrimonio della figliaprimogenita. Fallito quello concordato con il principe Eugenio Francesco di Savoia Soissons per la prematura morte di quest'ultimo, Maria Teresa sposò il 16 apr. 1741 Ercole Rinaldo d'Estè, figlio ed erede di Francesco III duca di Modena, e raggiunta la maggiore età, ottenne l'investitura imperiale del ducato, il 23 giugno 1744.
Delle altre due figlie del C., Marianna sposò nel 1748 il principe Orazio Albani e Maria, nel 1754, il duca di Popoli.
Fonti e Bibl.: Le più importanti fonti manoscritte si conservano presso l'Arch. di Stato di Massa, anche se altri docum. si ritrovano presso altri archivi; in partic. per i rapporti con Vienna presso lo Haus-, Hof- und Staatsarchiv di Vienna. Si veda: Arch. di Stato di Massa, Archivio ducale, n. 73: Rescritti di Alderano I, 1722-1731; nn. 138-142: Negozi dello Stato e della casa, 1716-1731; nn. 384-389: Lettere di Alderano I, 1715-1731; O. Rocca, Varie memorie dei mondo ed in specie dello Stato di Massa e Carrara dal 1481 al 1738 (ms). Dello stesso Rocca risultano edite: Massa di Lunigiana nella prima metà del sec. XVIII, a cura di G. Sforza, Modena 1906; Ristretto della vita di A. duca di Massa, in Cronache di Massa di Lunigiana, a cura di G. Sforza, Lucca 1882, pp. 195-208. Per i capitoli dell'accordo fra il C. e il fratello Camillo per la successione del ducato nel 1715. vedi J. C. Lúnig, Codex Italiae Diplomaticus..., II, Francofurti-Lipsiae 1726, col. 419; per l'investitura imperiale al C., ibid., col. 427. Si vedano anche: G. Viani, Mem. della famiglia Cybo e delle monete di Massa di Lunigiana, Pisa 1808, pp. 55-59, 148-150; G. Sforza, Ilprincipe Eugenio di Savoia conte di Soissons e il suo fidanzamento con MariaTeresa Cibo duchessa di Massa, in Miscellanea di storia italiana, s. 3, XIII (1909), pp. 364-368;I. Mussi, Il duca A. C. M., Assisi 1916.