MASCARDI, Alderano
– Nacque a Sarzana nel 1557 da Francesco e da Chiara Manecchia. Il nonno paterno Niccolò è ricordato come uno dei giureconsulti che, verso il 1511, riformarono gli statuti di Sarzana (pubblicati a Parma nel 1529), mentre il padre Francesco fu chiamato a compilare gli statuti di Carrara nel 1574 e nel 1592 quelli di Massa, città dove aveva ricoperto la carica di uditore nel 1564.
Il M., al contrario dei fratelli Niccolò, vescovo di Mariana, e Giuseppe, protonotario apostolico e famoso giureconsulto, non abbracciò la carriera ecclesiastica. Dopo aver terminato nel 1584 la sua prima formazione nel Collegio romano, studiò giurisprudenza a Pavia e si addottorò il 7 marzo 1580. Nel 1581 sposò Faustina de’ Nobili di Vezzano, che gli dette molti figli tra cui Giovanni, futuro vescovo di Nebbio, il giureconsulto Gerolamo e Agostino, letterato di fama.
La prima parte della carriera pubblica del M. si svolse a Sarzana, dove fu degli Anziani nel 1583. L’anno seguente iniziò l’attività di auditore generale e giudice di appello nelle cause civili e criminali del Principato di Massa e Carrara, ufficio che ricoprì fino al 1602. La breve distanza da Sarzana gli consentì periodi di sosta nel luogo natio dove, nel 1595, era ancora tra i consiglieri del Comune. Nell’ottobre dello stesso anno fu nominato advocatus pauperum e, negli anni seguenti, si segnalò sia come estensore dei capitoli regolanti gli appalti dei macelli, sia per la partecipazione alla revisione degli statuti cittadini, approvati, nel 1599, dalla Repubblica di Genova (inglobata con altre aggiunte in Reformationes…, Genova 1705, p. 392). La sua fama di buon giurista è attestata da una lettera commendatoria che il doge di Genova, Agostino Doria, indirizzò alla Signoria di Lucca il 17 giugno 1602 per appoggiare l’aspirazione del M. alla carica di uditore di Rota. La candidatura fu accettata il 29 luglio ed egli esercitò la funzione di giudice dal 1602 al 1604.
Tornato a Sarzana, oltre a incarichi quale quello di deliberare l’incanto delle terre di Marinella – di una «causa Marinelle contra Ameliam» che coinvolse «Domini mei Canonici Lunenses Sarzanenses» si accenna anche nella sua opera sugli statuti (Communes I.U. conclusiones, p. 143) –, affrontò il compito di redigere in volgare gli statuti cittadini. L’operazione produsse un testo di buona qualità sia tecnico-giuridica sia linguistica in un momento in cui il problema della fruizione dei testi di diritto (che sarebbe stato approfondito dottrinalmente da G.B. De Luca nel Dottor volgare, Roma 1673) era affrontato anche dalle autorità di altri centri urbani.
La tappa successiva della carriera pubblica del M. fu la nomina a uditore della Rota di Bologna il 3 luglio 1604.
Nel documento del 7 sett. 1603 inviato alle autorità che avrebbero operato la scelta dei giudici sono attestati i passaggi precedenti dell’attività del M., a partire dagli studi, ma risulta interessante l’inserimento, tra le referenze, dei meriti scientifici del fratello Giuseppe, alla cui opera il M. aveva concretamente contribuito accollandosi la revisione e la stampa del terzo volume, postumo, delle Conclusiones probationum omnium quae in utroque foro quotidie versantur (Venezia, Damiano Zenaro, 1588). Dalla documentazione bolognese emerge, inoltre, il precario stato di salute del Mascardi. In effetti, il 7 sett. 1605 il Senato approvò la sua richiesta di prolungare un’assenza dovuta a malattia. Tornato a Sarzana, lo stato di salute non gli impedì di essere confermato, il 26 ott. 1605, protettore dell’ospedale di S. Lazzaro. L’8 apr. 1606 il M. inviò una nuova lettera con cui chiese ancora licenza di assentarsi per motivi di salute. A quel punto il Senato bolognese invitò l’Assunteria di Rota a esaminare la richiesta e a riferirne: il 6 giugno una lettera comunicava al giurista G.P. Nicchi che «Heri mattina per nostro legittimo partito alla presenza di mons. Vice-legato eleggessimo la persona di V.S. per Auditore di Rota per quattro anni in luogo del sig. Mascardi che non ha potuto continuare nell’ufficio per sua indisposizione» (Arch. di Stato di Bologna, Senato, Lettere, I, 1606). La malattia trattenne il M. a Sarzana dove, infatti, il 17 sett. 1607 compare in un atto di vendita.
Il M. dettò il testamento il 18 nov. 1608 e morì a Sarzana il 20 novembre, così come attesta un altro atto notarile.
Non sono note testimonianze dirette, per esempio sentenze, dell’attività svolta dal M. come magistrato. Nell’opera dottrinaria, i riferimenti ai tribunali in cui fu giudice e alla loro giurisprudenza non sono particolarmente visibili e, per quanto riguarda le persone incontrate nel corso degli incarichi, l’unico accenno è a Girolamo Mariliano (autore di una raccolta di Decisiones aureae et peregrinae edite a Pavia nel 1597), ricordato come «collega meus in Rota Bononiensi» (Communes I.U. conclusiones, p. 264). Tuttavia l’opera dottrinale del M. è connotata da costanti riferimenti alla pratica giudiziaria e normativa della sua epoca, con particolare riferimento a Sarzana ma anche a Genova, in quanto capitale dello Stato di cui la sua città natale era parte. La sudditanza politica estendeva le sue conseguenze anche sul piano statutario, con una gerarchia delle fonti che interponeva, tra gli statuti cittadini e lo ius commune, l’applicazione della normativa della città dominante.
Mentre l’attività di correttore e di editore dell’ultimo volume de probationibus del fratello Giuseppe non ha lasciato tracce evidenti, l’opera è spesso presente e lodata nel libro sull’interpretazione degli statuti scritto dal Mascardi. Nel 1608, infatti, pubblicò a Ferrara le Communes I.U. conclusiones ad generalem quorumcumque statutorum interpretationem accomodatae… (altre edizioni: Francoforte 1609 e 1615, Colonia 1623, Saragozza 1637). Nel 1787 il tipografo G.B. Caffarelli avrebbe voluto ristamparla a Genova, perché «proficua a chi lo studio del diritto ama amplamente distendere sui generali principi, che variamente modificati dalle azioni e dai tempi sono però in fondo i medesimi» (Mannucci, p. 3 n. 1), ma il tentativo non ebbe esito positivo. Già il titolo dell’opera è indicativo degli scopi che il M. si proponeva: il fondamentale problema teorico dell’interpretazione e i suoi necessari adattamenti alla fonte statutaria, spesso autonoma quando non addirittura irriverente nei confronti della grande tradizione del diritto dotto, devono piegarsi alle esigenze della pratica del diritto dell’epoca e non è, quindi, casuale che il M. ricordi ai possibili fruitori dell’opera, siano essi giusdicenti, avvocati o notai, di essere stato giudice di Rota in due importanti piazze come Lucca e Bologna. L’opera, oltre a essere un repertorio dei temi e dei problemi proposti dall’interpretazione statutaria, è anche un’importante e significativa testimonianza del momento che viveva, all’inizio del XVII secolo, la scienza giuridica. Nelle Communes conclusiones, infatti, il M. difficilmente si distaccò dai risultati più largamente accettati dalla dottrina a lui precedente o contemporanea, e da questi testi egli trasse materia per effettuare complesse operazioni di previsione di tutte le possibili implicazioni, sia teoriche sia pratiche. Espresse di rado una propria opinione e le sue esperienze personali, trasfuse nel testo, riguardarono soprattutto Sarzana e i suoi statuti, e anche la Repubblica di Genova e gli statuti della città capitale. L’attenzione è soprattutto rivolta all’integrazione della materia statutaria in un contesto il più possibile unitario. All’interno di questo atteggiamento di condivisione delle opinioni maggiormente accettate si può inserire il costante atteggiamento di favore verso le persone, i beni e gli enti ecclesiastici, facendo anche frequenti riferimenti ai deliberati del concilio di Trento. Fu quindi rappresentante tipico della più tarda e avvocatesca dottrina, che muta radicalmente la considerazione dello statuto e allarga gli spazi per la communis opinio. Sbriccoli ha affermato che basta aprire le opere repertoriali del M. per rendersi conto di quanto fossero avvocateschi i problemi suscitati dallo statuto e dalla sua interpretazione in quest’epoca di opinioni consolidate. Emerge la crisi delle istituzioni cittadine e il giurista riconsidera la legislazione statutaria togliendole ogni carattere di peculiarità e valutandola secondo i canoni, negli schemi e coi principî del diritto comune. Sono, pertanto, le esperienze condotte all’interno di strutture giurisdizionali di primo piano, come le rote, che qualificano la biografia professionale del M., mentre la metodologia di studio, applicata al fenomeno statutario, si appiattisce nell’utilizzazione dei più consueti canoni della ripetitività scolastica.
Fonti e Bibl.: Sarzana, Arch. notarile, Notaio Zacaria de Medici seniore, filze 10, 11; Ibid., Arch. comunale, Liber deliberationum, nn. 344 (1572-83), p. 366; 732 (1595-1608), cc. 2r, 12r, 14r, 16r, 23r, 24r, 58r, 142v, 143v, 158v, 161r, 169r, 187r, 329r, 332r, 333v; Liber decretorum, n. 109, p. 12; Arch. di Stato di Massa, Anziani, filza 483; Arch. di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, Lettere, reg. 555, n. 443; Arch. di Stato di Bologna, Senato, Carteggi, 1606; R. Soprani, Li scrittori della Liguria e particolarmente della Marittima, Genova 1667, p. 11; G. Somis di Chiavrie, Dello allegare nel foro i dottori…, Genova 1823, pp. 76 s.; E. Gerini, Memorie storiche d’illustri scrittori e di uomini insigni dell’antica e moderna Lunigiana, Massa 1829, I, p. 109;. G. Sforza, Saggio d’una bibliografia storica della Lunigiana, Modena 1874, p. 50; Id., A. M., giureconsulto sarzanese, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., III (1878), 1, pp. 231-235; F.L. Mannucci, La vita e le opere di Agostino Mascardi, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XLII (1908), pp. 28-33; M. Sbriccoli, L’interpretazione dello statuto. Contributo allo studio della funzione dei giuristi nell’età comunale, Milano 1969, p. 391; Repertorio degli statuti della Liguria (secc. XII-XVIII), a cura di R. Savelli, Genova 2003, pp. 391 s.