CORAZZA, Aldo
Nacque a Cavarzere (Venezia) il 16 luglio 1878 da Girolamo e Barbara Tardini. Fece gli studi fino al quarto ginnasio; poi, dopo la morte del padre, tentò diversi lavori senza successo; infine fu assunto, nel 1900, presso l'ufficio postale di Este (Padova) in qualità di impiegato supplente addetto all'accettazione dei telegrammi. Potendo disporre di una sicura, se pur modesta, fonte di reddito, il C. fu in grado di coltivare con maggior convinzione la sua passione per il volo.
Entusiasmato dai primi tentativi compiuti in America da Chanute e dai fratelli Wright, ricevette da costoro, in seguito ad un'assidua corrispondenza epistolare, suggerimenti, fotografie e disegni. Utilizzando i consigli ricevuti, il C., investendo il poco danaro che aveva, riuscì a costruire il suo primo aeroplano per il volo avela, il "Corazza I".
Si trattava di un biplano con superfici alari parallele da 6,30 x 1,60 m, distanti 1,20 m e collegate da sedici montanti; nel centro dell'ala inferiore era praticato un varco da cui partivano, verso la parte posteriore, due aste orizzontali ricurve alle estremità che servivano da appoggio al pilota e che erano sorrette da due tiranti obliqui, collegati don il bordo posteriore dell'ala superiore. La superficie alare era interamente ricoperta in tela e misurava complessivamente 20,8 m2; il peso dell'aereo era di appena 15 kg.
Sull'esempio del tedesco Otto Lilienthal, che fin dal 1891 aveva compiuto dei voli librati, il C., nell'estate-autunno del 1904, compì numerosi voli a Ca' Barbaro, sui Colli Euganei, arrivando a percorrere distanze di oltre 50 m. Dei suoi tentativi si interessarono alcuni giornali italiani, tra cui Il Corriere della sera (14 dic. 1904). Lusingato dall'attenzione con cui era seguito, il C. riprese i voli nella primavera del 1905, fino a che un colpo di vento non fece cadere l'aereo, che andò completamente distrutto.
Dopo l'esperienza fatta col volo planato, il C. completò la costruzione, iniziata fin dal 1902, di un nuovo tipo di aereo, provvisto di eliche per la propulsione, da lui denominato "aerocicloplano": sostanzialmente poteva considerarsi un biplano montato su bicicletta.
Era infatti composto da due superfici alari parallele da 7 x 1,62 m, distanti 1,3 m e collegate da dodici montanti, con al centro del piano inferiore una bicicletta, avente la ruota posteriore sollevata per la trasmissione del moto, mediante cinghie e pulegge, alle eliche; queste erano in numero di due, a pale rettangolari, del diametro di 1,20 m, e giravano in senso opposto. Tra le due superfici alari, in corrispondenza delle estremità, erano disposte due superfici supplementari da 4,65 x 145 m. Il timone di profondità si trovava davanti e misurava 2,37 x 1 m. L'aereo poggiava al suolo con due ruote di legno con i cerchioni rivestiti in gomma poste sotto l'ala inferiore; la ruota posteriore di appoggio era costituita dalla ruota anteriore della bicicletta che, completamente rivestita di tela da ambo i lati, funzionava anche da timone di direzione. La superficie totale era di 35 m2 e il peso di 50 kg. L'aerocicloplano, che ebbe la medaglia d'argento all'Esposizione internazionale di Milano del 1906, non riuscì tuttavia mai a volare.
Dopo vari infruttuosi tentativi su terreni in discesa (la pendenza ottimale era del 17 %) il C. tornò a interessarsi del volo a vela. Costruì così il "Corazza II", biplano che aveva le stesse caratteristiche del "Corazza I", con la sola eccezione dell'intelaiatura, fatta con aste di legno di noce d'America invece che con tubo d'acciaio. Anche questo aereo, terminato nel 1907, non fu fortunato: dopo una serie di voli, in cui arrivò a percorrere distanze di un centinaio di metri, si fracassò al suolo. Scoraggiato dall'insuccesso, il C., considerato che nessuno si era concretamente mosso in suo aiuto (solo il conte Almerico da Schio gli aveva scritto lettere di incoraggiamento), non potendogli il modesto impiego di ufficiale postale dargli le necessarie disponibilità di tempo e denaro, decise di rinunciare a ogni altro tentativo. Nonostante tutto, il C. può essere considerato il primo italiano che, seguendo gli insegnamenti di Chanute e dei Wright, sia riuscito a volare con un apparecchio più pesante dell'aria.
Morì a Padova il 12 dic. 1964.
Fonti e Bibl.: L'Aviatore italiano, II (1910), 11, pp. 54 s.; F. Locati, L'aerocicloplano di A. C...., in L'Ala d'Italia, V (1927), 6, pp. 345-48, Le Vie dell'aria, V (1933), 6, p. 7; La Domenica del Corriere, 9 dic. 1956; N. Lobbia, In groppa al vento, Asiago 1976, pp. 17 s. Alcune notizie sono state fornite dalla figlia del C., Annina altre ricavate dalla consultazione di documenti originali esistenti presso il Museo Caproni a Roma.