FASCETTI, Aldo
Nacque a Pisa il 22 ott. 1901 da Giuseppe e da Genny Coppini.
Giuseppe (Calci, 14 luglio 1863-Pisa, 4 genn. 1954), attivo nel mondo imprenditoriale e bancario (fu consigliere d'amministrazione del Piccolo Credito tirreno e del Piccolo Credito toscano), era stato fatto cavaliere del lavoro per l'industria alimentare il 21 dic. 1952. Esponente del movimento cattolico pisano, fu uno dei firmatari dell'appello "Ai liberi e forti" e tra i fondatori nel 1919 della sezione cittadina del Partito popolare italiano.
Impegnato fin da giovanissimo nelle file del movimento cattolico pisano, in quegli anni particolarmente vivace sotto la guida dell'arcivescovo cardinale P. Maffi, il F. aderì fin dalla fondazione al Partito popolare italiano. Presidente del circolo pisano "Galileo Galilei" della Federazione universitaria cattolica italiana dal 1921 al 1923, risalgono a questo periodo i contatti e l'amicizia con G. Gronchi, che saranno deterininanti per la sua carriera politica nel secondo dopoguerra. Compiuti nel 1924 gli studi giuridici presso l'università di Pisa, laureandosi sotto la guida di D. Supino con una tesi su "La costituzione delle società per azioni", durante gli anni del regime fascista si mantenne appartato, esercitando la professione legale.
Nel 1943 fu tra i fondatori della Democrazia cristiana pisana, partecipando alla lotta partigiana. Subito dopo la liberazione fu designato dal Comitato di liberazione nazionale (CLN) presidente della provincia di Pisa, e mantenne l'incarico fino al febbraio 1948, impegnandosi particolarmente nella ricostruzione dei servizi e delle infrastrutture del territorio e della città, gravemente colpiti dalle vicende belliche e dalla ritirata tedesca. Nello stesso periodo esplicò attività pubblicistica sul settimanale cattolico pisano Vita nova e sul quotidiano democristiano livornese Giornale del popolo. I suoi interventi erano di sostanziale adesione alla linea di politica generale degasperiana, con una particolare sensibilità per le esperienze del Jaburismo inglese nel campo delle nazionalizzazioni.
Primo dei non eletti della Democrazia cristiana (DC) alle elezioni per la Costituente nel collegio di Pisa, Livorno, Lucca e Apuania, fu poi eletto deputato per il collegio di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara nella prima (1948-1953) e nella seconda (1953-1958) legislatura repubblicana.
La sua opera di deputato riguardò prevalentemente temi di politica economica e industriale; rilevante fu la sua attività nella decima commissione (Industria e commercio), di cui fu vicepresidente dal 4 luglio 1950 al termine della 1 legislatura. Partecipò anche alla commissione speciale per la legge sulla valorizzazione della Sardegna e alla commissione (di cui fu vicesegretario) per l'esame dei disegni di legge sull'ordinamento e le attribuzioni del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Fu inoltre componente della giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale.
Dal 1954 al 1956 fu presidente della Società Larderello, che operava in provincia di Pisa nei settori della chimica e geotermoelettrica. Nel 1956 fu nominato presidente dell'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), carica che mantenne fino alla morte.
La nomina del F. presentava notevole valenza politica. Vi confluivano la crescente consapevolezza del ruolo economico delle partecipazioni statali e la volontà dei gruppi dirigenti del partito di maggioranza relativa di servirsi delle partecipazioni stesse per affrancarsi dall'influenza politica ed economica delle associazioni degli imprenditori. Questo processo, finora forse più tracciato nelle linee generali che minutamente ricostruito, fu parallelo e convergente a quello di costruzione della DC come partito organizzato di massa, intrapreso a partire dalla segreteria di A. Fanfani, che mirava a una maggiore autonomia dall'appoggio, e dai conseguenti condizionamenti, delle organizzazioni del movimento cattolico.
Momenti qualificanti furono l'istituzione del ministero delle Partecipazioni statali (in base alla legge 22 dic. 1956, n. 1589) e l'uscita delle aziende a partecipazione statale dalla Confindustria (Confederazione generale dell'industria): oggetto di forti polemiche da parte degli ambienti liberisti, all'epoca particolarmente influenti sia nel campo industriale sia in quello della cultura economica.
Il quadriennio di presidenza del F. segnò un importante momento di svolta, dove si intrecciavano gli sviluppi della situazione politico-economica complessiva e quelli più specifici e interni alla vicenda dell'IRI come gruppo industriale. Dal complesso delle sue prese di posizione durante il quadriennio emerge la sua idea del ruolo dell'Istituto e delle partecipazioni statali nell'ambito della politica economica. Anzitutto la consapevolezza delle peculiarità connesse con l'origine storica dell'Istituto, dalle quali faceva derivare la necessità dell'intervento statale nel caso italiano. Su questa base il F. sviluppava una vera e propria difesa della validità della "formula IRI". Ne veniva sottolineata la specificità giuridica ed economico-gestionale rispetto alla statalizzazione: le singole aziende rimanevano sottoposte al diritto comune e ai criteri di economicità di gestione propri di qualsiasi attività imprenditoriale.
Non mancava una serrata polemica su due fronti: verso i tentativi di uso congiunturale e assistenzialistico delle partecipazioni statali, per cui erano frequenti le spinte dei settori della maggioranza di governo, e verso gli ambienti industriali privati che contestavano l'idea stessa di una politica complessiva delle partecipazioni statali che andasse al di là di episodici salvataggi e di una gestione puramente patrimoniale delle partecipazioni azionarie che lo Stato si trovava a possedere. Questo secondo aspetto si inseriva negli strascichi della polemica sullo "sganciamento" dalla Confindustria, che era parte del più ampio scontro ideologico e di interessi connesso con la definizione dei confini tra sfera privata e sfera pubblica dell'economia.
Questa polemica su due fronti presenta una oggettiva analogia con la linea mediana, né liberista ma nemmeno programmatrice, perseguita dalla DC in occasione della complessa gestazione delle norme istitutive del ministero delle Partecipazioni statali.
Il F. defini diverse possibili funzioni delle aziende IRI. Una funzione antimonopolistica, nei casi in cui la presenza di realtà monopolistiche private ostacolasse il normale funzionamento del mercato o comunque fosse definita in sede politica come contraria all'interesse pubblico. Una funzione di gestione di servizi, in quei casi in cui l'iniziativa privata si rivelasse insufficiente o inadeguata. Una funzione di statalizzazione, attraverso la concessione di gestione monopolistica di settori in cui non si ritenesse però opportuno il diretto intervento statale. Veniva inoltre indicato come possibile, ma solo come eccezione residuale, un ruolo di sostegno congiunturale all'occupazione in particolari ed eccezionali circostanze.
Durante la presidenza del F. si verificò una significativa estensione dei settori coperti dalle partecipazioni statali in regime di concessione monopolistica. L'estensione riguardò la maggior parte del settore telefonico (dove pure rimaneva una diretta presenza statale) e del settore delle autostrade, in cui una apposita nuova società del gruppo IRI veniva incaricata come concessionaria di costruire la nuova grande rete autostradale, al tempo stesso aspetto della politica delle grandi infrastrutture e del sostegno allo sviluppo dell'industria automobilistica nazionale.
Rilevante nel quadriennio anche la crescita della presenza nel settore elettrico, sia dal punto di vista strettamente economico sia dal punto di vista del dibattito allora in corso sui confini della presenza pubblica nell'economia. La nazionalizzazione, infatti, dell'industria elettrica sarà una delle questioni centrali nell'avvio dell'esperienza dei governi di Centrosinistra.
Morì a Pisa il 25 sett. 1960.
Fonti e Bibl.: Mancando una biografia scientifica complessiva del F. e lavori esaustivi su aspetti della storia politico-economica del secondo dopoguerra, si indicano alcuni contributi utili per ulteriori ricerche. Sulla figura del F. cfr. M. T. Brunori De Siervo, A. F., in Diz. storico del movimento cattolico in Italia, Casale Monferrato 1984, III, pp. 352 s.; B. Visentini, A. F., in Notizie IRI, Rassegna bimestrale, n. 19, agosto-settembre 1960, pp. I-IX. Sul movimento cattolico pisano cfr. Il cardinale Pietro Maffi arcivescovo di Pisa. Primi contributi di ricerca, Pisa 1983; M. Andreazza, La partecipazione alla vita politica dei cattolici pisani tra il 1900 e il 1924, in Boll. stor. pisano, LVII (1988), pp. 297-309; F. Ingrasciotta, Il cardinale Maffi e la sua attività pastorale a Pisa 1904-1931, Pisa 1984; G. Merli, Giovanni Gronchi: contributo ad una biografia politica, Pisa 1987. Sulla DC in Toscana nel secondo dopoguerra cfr. L. Ballini, La Democrazia cristiana, in La ricostruzione in Toscana dal CLN ai partiti, II, I partiti politici, Bologna 1981, pp. 21-247. Per singoli aspetti dell'IRI nel secondo dopoguerra cfr. A. Becchi Collidà, La formazione dell'imprenditorialità pubblica: i gruppi dirigenti delle partecipazioni statali, in Annali dell'Ist. G. G. Feltrinelli, XVI (1974-75), pp. 495-524; B. Bottiglieri, Le partecipazioni statali negli anni Cinquanta: alcune premesse al dibattito odierno, in Economia e lavoro, XV (1981), 2, pp. 79-101. Un primo contributo sulla presidenza del F. è quello di F. d'Arcais, Il quadriennio..., in Civitas, XII (1961), 5, pp. 23-33. Spunti critici sulle partecipazioni statali nel primo periodo della presidenza F. sono in B. Bottiglieri, La politica economica dell'Italia centrista (1948-1958), Milano 1984, soprattutto pp. 299-306, e in Il Governo dell'industria in Italia, Bologna 1972. Per il periodo di presidenza IRI, fondamentale: A. Fascetti, Scritti e discorsi, Milano 1960. Sulla vicenda dello "sganciamento" delle aziende a partecipazione statale dalla Confindustria italiana, Il distacco delle aziende a prevalente partecipazione statale dalle organizzazioni degli altri datori di lavoro, Roma 1958-59.