MEDICI TORNAQUINCI, Aldobrando
– Nacque a Terranuova Bracciolini, presso Arezzo, il 14 ag. 1909 da Cosimo, marchese della Castellina, e da Carmelita Cigala Fulgosi.
Interruppe gli studi di legge per un impiego in un’industria di Milano; quindi, nel 1936, entrò all’Ansaldo di Genova. Due anni dopo si trasferì a Firenze, dove costituì la Società anonima Medici importazioni esportazioni, che operava nel settore del commercio con l’estero. Negli anni immediatamente precedenti la caduta del fascismo il M. strinse amicizia con alcuni esponenti liberali fiorentini come D. De Micheli, che contribuirono alla sua maturazione politica. In casa del M. si svolsero, nell’autunno del 1942, le prime riunioni clandestine per promuovere iniziative antifasciste e, all’inizio del 1943, il M. e De Micheli parteciparono, insieme con esponenti bolognesi e romani del Partito d’azione (Pd’A), a un tentativo di cospirazione che non ebbe alcun effetto.
L’iniziativa era partita dell’avvocato bolognese E. Trombetti che, facendo affidamento sulla vecchia amicizia di De Micheli con il maresciallo P. Badoglio, intendeva sondare la disponibilità di quest’ultimo a promuovere un colpo di Stato contro B. Mussolini.
L’organizzazione liberale nel capoluogo toscano era allora inesistente né figurava alcun rappresentante liberale nel Comitato interpartiti, costituito a Firenze tra la fine del 1942 e gli inizi del 1943, e composto da azionisti, comunisti, cattolici e socialisti. Le basi del movimento Ricostruzione liberale furono poste soltanto nell’agosto 1943 in una riunione svoltasi in casa del M. e alla quale parteciparono E. Artom, V. Fossombroni, G. Querci, D. Philipson e De Micheli. In quella occasione il M. fu designato a rappresentare, insieme con M. Mari, i liberali nel Comitato interpartiti; quando, pochi giorni dopo l’armistizio, si costituì il Comitato toscano di liberazione nazionale (CTLN), il M. entrò a farne parte come delegato del gruppo liberale, assumendo la carica di vicepresidente. In ottobre divenne membro, in rappresentanza del CTLN, del comando militare, per la cui costituzione come organismo unitario, al di là delle divisioni di partito, si era fortemente battuto. Il mese successivo la gran parte dei componenti del comando venne catturata, ma il M. riuscì a sfuggire all’arresto. Si allontanò da Firenze e nel giugno 1944 raggiunse Roma dopo aver attraversato le linee nemiche.
Ritornato a Firenze, svolse un ruolo di rilievo nell’attività clandestina che precedette la liberazione della città, avvenuta l’11 ag. 1944. L’intenso impegno nelle file della Resistenza non aveva distolto il M. dall’altro importante obiettivo che si era posto: quello di definire il programma politico del gruppo liberale fiorentino.
Nella primavera 1944 aveva dato alle stampe, insieme con Artom, l’opuscolo intitolato Le nostre idee nel quale venivano enunciati «i principî della nuova dottrina liberale». Il testo venne ripubblicato il 16 agosto in L’Opinione, periodico toscano del partito liberale, introdotto da un editoriale del Medici Tornaquinci.
Presidente della sezione liberale fiorentina, membro del comitato nazionale e della giunta esecutiva centrale del Partito liberale italiano (PLI), il M. considerava la lotta clandestina la base di partenza per la ricostruzione politica e organizzativa del partito. Il 4 ott. 1944, su mandato del CTLN, si recò a Roma per incontrare il capo del governo I. Bonomi nel tentativo di superare i contrasti, insorti con la prefettura, che riguardavano la natura dei poteri dello stesso Comitato nel rapporto con gli Alleati e con l’amministrazione statale. Il 12 dicembre successivo il M. entrò a far parte del secondo governo Bonomi come sottosegretario nel ministero dell’Italia occupata, retto da M. Scoccimarro. Nel marzo 1945, per incarico del governo fu inviato nell’Italia del Nord per incontrare gli esponenti del Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia (CLNAI) e illustrare loro la posizione governativa in merito al passaggio dei poteri dopo la Liberazione.
Il governo italiano era stato sollecitato dagli Alleati a intervenire affinché le formazioni partigiane accettassero di essere smobilitate e i Comitati di liberazione nazionale (CLN) delle regioni liberate cedessero i poteri amministrativi al governo militare alleato trasformandosi in giunte consultive. Questa posizione, caldeggiata dalle forze moderate italiane, ebbe anche il sostegno del vicepresidente del Consiglio dei ministri, P. Togliatti. In un messaggio al CLNAI il leader del Partito comunista italiano si disse sicuro che la collaborazione con il M., «che ha la preziosa esperienza dell’unità e dell’attività del CLN toscano», sarebbe risultata «di efficace aiuto alla soluzione dei gravi problemi che stanno oggi davanti a tutti noi» (L’Archivio …, p. XXIV).
Il 21 marzo il M. venne paracadutato, insieme con il cugino Lorenzo Medici Tornaquinci e S. Fiorio, in una zona delle Langhe controllata dalla formazione partigiana autonoma Martini Mauri. Dopo aver raggiunto a piedi Torino, il 26 il M. incontrò i componenti del CLN piemontese, la maggior parte dei quali era determinata a respingere la sollecitazione del governo di Roma.
Alle vivaci contestazioni dei suoi interlocutori il M. replicò che non c’erano alternative e che a un contenzioso con gli Alleati dopo la Liberazione sarebbe stato preferibile un preventivo e spontaneo atto di rinuncia.
Dopo aspre discussioni, il 28 marzo il CLN piemontese accolse la proposta del M., mantenendo tuttavia la pregiudiziale di un parere definitivo sulla questione da parte del CLNAI.
Al termine dei colloqui il M. consegnò al Comitato militare regionale piemontese la bandiera del Corpo volontari della libertà, decorata di medaglia d’oro al valor militare, in riconoscimento della condotta del Piemonte nella guerra di liberazione, affinché essa potesse sfilare alla testa delle formazioni a conclusione della lotta.
Lo stesso giorno la missione guidata dal M. partì alla volta di Milano. Il 29, davanti al CLNAI riunito al completo, il M. illustrò le determinazioni del governo, riscontrando la contrarietà di principio del massimo organo dirigente della Resistenza a rinunciare alle proprie prerogative politiche nella fase di costruzione della democrazia.
Nel corso della riunione, protrattasi per dodici ore, furono rivolte critiche al comportamento del governo Bonomi per aver fatto proprie le posizioni degli Alleati, ma venne infine sottoscritto un documento nel quale si stabiliva che, con l’insediamento dell’autorità militare alleata, il CLNAI e i CLN regionali del Nord si sarebbero trasformati in giunte regionali consultive.
Il 30 marzo il M., il cugino Lorenzo e Fiorio lasciarono Milano e, sfuggendo agli appostamenti dei nazifascisti, il 1° aprile raggiunsero il posto di confine svizzero di Campocologno, dove vennero fermati e interrogati.
Poiché dai loro documenti falsi non risultava la condizione di perseguitati politici, i tre rischiarono di essere rimandati al posto confinario della polizia fascista. Dopo aver dichiarato le vere generalità furono internati per sei giorni e quindi, in attesa del foglio di via, trasferiti a Berna presso la delegazione italiana. Nella capitale elvetica il M. partecipò a riunioni e colloqui con il CLN italiano in Svizzera, con la principessa Maria Josè, moglie dell’erede al trono Umberto di Savoia, con il nunzio apostolico, con i capi dei servizi speciali alleati e ricevette la visita dei rappresentanti dei governi inglese e statunitense che vollero congratularsi per il brillante esito della missione.
Il 15 aprile il M. era a Roma per consegnare al presidente Bonomi il testo dell’accordo concluso con il CLNAI. Il M. fu quindi nominato presidente della Commissione centrale per i crimini di guerra, istituita presso il ministero dell’Italia occupata al fine di accertare i saccheggi, gli incendi, le deportazioni, le uccisioni e gli altri delitti compiuti dai Tedeschi e dai fascisti in danno della popolazione civile italiana dopo il 25 luglio 1943. In quanto membro di un governo costituitosi dopo la liberazione di Roma, il M. fece parte della Consulta nazionale. Lo scioglimento del ministero, disposto dal decreto luogotenenziale 5 luglio 1945, gli consentì di dedicarsi con maggiore impegno e continuità al consolidamento delle strutture organizzative del Partito liberale italiano (PLI) in Toscana, in vista delle elezioni amministrative e di quelle per l’Assemblea costituente. Dopo il primo congresso del PLI toscano, che si svolse a Firenze dal 3 al 5 nov. 1945, il M. fu eletto presidente del comitato regionale del partito e nominato direttore del periodico L’Idea liberale, di cui uscirono undici numeri dal 26 marzo al 29 maggio 1946.
Alle elezioni del 2 giugno 1946 egli fu candidato nelle liste dell’Unione democratica nazionale – che riuniva il PLI, la Democrazia del lavoro e l’Unione nazionale per la ricostruzione – in diverse circoscrizioni toscane, ma non risultò eletto.
Si approfondiva intanto, all’interno del PLI, la spaccatura emersa in occasione della caduta del governo Parri e che aveva portato, già in aprile, alla fuoruscita di alcuni esponenti contrari all’indirizzo decisamente conservatore seguito dalla direzione del partito.
Dopo una riunione del consiglio nazionale del PLI, tenutasi all’indomani delle elezioni per la Costituente, nella quale furono riaffermate le scelte conservatrici e respinte le istanze della minoranza, il M. lasciò il partito insieme con altri esponenti, tra cui M. Brosio ed E. Corbino. Aderì in seguito al Partito repubblicano italiano (PRI), nelle cui liste si presentò candidato alle elezioni amministrative del 10 nov. 1946 senza risultare eletto. Dal febbraio al maggio 1946 fu ispettore onorario per la Toscana del ministero dell’Assistenza postbellica e presidente del Patronato nazionale di assistenza ai grandi invalidi di guerra, che si costituì a Firenze il 26 agosto.
Il M. morì a Milano il 2 ag. 1947.
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G. Sircana