Alov, Aleksandr
Nome d'arte di Aleksandr Aleksandrovič Lapsker, sceneggiatore e regista cinematografico ucraino, nato a Char′kov (Ucraina) il 26 settembre 1923 e morto a Mosca il 12 giugno 1983. Insieme a Vladimir N. Naumov, con cui lavorò sino alla morte, durante la breve stagione del 'disgelo' (tra la metà degli anni Cinquanta e la metà dei Sessanta) fu uno dei protagonisti del rinnovamento del cinema sovietico, pur se in modo cauto e prudente. A partire da Veter (1958, Il vento) i due registi furono anche sceneggiatori dei loro film. Nel 1961 ottennero il premio speciale della giuria alla Mostra del cinema di Venezia con Mir vchodjaščemu (Pace a chi entra), e nel 1981 il primo premio al Festival di Mosca con Teheran 43 (Nido di spie).Arruolatosi nell'Armata rossa, durante la Seconda guerra mondiale A. combatté contro i tedeschi. Nel 1945, finito il conflitto, lasciò l'esercito e si trasferì a Mosca; iscrittosi al VGIK, vi seguì i corsi di regia di Igor′ A. Savčenko, durante i quali conobbe Naumov. I due lavorarono come aiuto registi del loro maestro sui set di Tretij udar (1948, Il terzo colpo) e di Taras Ševčenko (1950). Dopo essersi diplomati, nel 1951 portarono a termine quest'ultimo film, rimasto incompiuto per la morte del regista. Nei loro primi lavori ‒ Trevožnaja molodost′(1954, Gioventù inquieta) e Pavel Korčagin (1956), sul mondo giovanile negli anni della guerra civile (1918-1920) e in quelli immediatamente seguenti ‒ A. e Naumov operarono un recupero di alcune caratteristiche tecnico-espressive del cinema muto sovietico, come l'uso iperdinamico del montaggio coniugato con la ricerca di un'atmosfera lirica tesa a sottolineare i valori dell'eroismo quotidiano. Un loro stile personale risultò delineato in maniera compiuta con Veter e soprattutto con Mir vchodjaščemu, vero e proprio manifesto della 'coesistenza pacifica': ambientati rispettivamente nel periodo della guerra civile e in quello della Seconda guerra mondiale, sono caratterizzati da un linguaggio fondato sull'artificio esibito e sul virtuosismo tecnico (si parlò a tale proposito di 'nuovo barocco'). Ma l'irrigidimento politico seguito alla destituzione di N.S. Chruščëv nel 1964 fece sentire le sue conseguenze anche nel mondo del cinema. Così Skvernyj anekdot (1966, Un aneddoto scabroso), benché si svolgesse nella Russia dell'Ottocento, fu giudicato irriverente per il tono eccessivamente grottesco con cui veniva rappresentata l'autorità; venne tagliato e rimontato, ma nemmeno la seconda versione ottenne il visto della censura, e per la sua distribuzione si dovette attendere il 1987, dopo l'ascesa al potere di M.S. Gorbačëv. Ad A. e Naumov fu poi impedito di portare sugli schermi un soggetto, di cui avevano già scritto la sceneggiatura, sul ritorno a casa dei reduci dai campi di concentramento staliniani; anche in questo caso fu solo alla fine degli anni Ottanta che il film poté essere realizzato, ma ormai unicamente da Naumov (Zakon, 1989, La legge). Dalla fine degli anni Sessanta il lavoro dei due registi si basò soprattutto su grosse produzioni di argomento storico, ossequiose nei confronti delle imposizioni governative e piuttosto rigide nello stile, come Legenda o Tile (1976, La leggenda di Till), sulle Fiandre del Cinquecento, e Teheran 43, vicenda di spionaggio ambientata durante la conferenza di Teheran del 1943. Fu nella trattazione di opere letterarie che i due autori riuscirono talvolta a mantenere una certa autonomia espressiva. Lo testimonia Beg (1970; La guardia bianca: all'edizione italiana mancano ben 125 dei 240 minuti originali): tratto da un dramma di M.A. Bulgakov vietato da Stalin (Beg, La fuga) sulla storia di alcuni oppositori fuggiti dalla Russia dopo la guerra civile, riesce a tratti a conservare lo stile dissacratorio e ironico dello scrittore. Dal 1980 fino alla morte A. ‒ sempre insieme a Naumov ‒ fu insegnante al VGIK.
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G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Roma 2000, pp. 103-04 e passim.
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