SOLŽENICYN, Aleksandr Isaevič
Scrittore russo, nato a Kislovodsk (Caucaso) l'11 dicembre 1918; premio Nobel per la letteratura nel 1970. Entrambi i genitori avevano origini rurali (i S. erano una comune famiglia contadina, mentre il nonno materno, immigrato nella regione del Caucaso come bracciante, aveva conseguito prima della rivoluzione una considerevole fortuna). La madre, rimasta vedova ancor prima della nascita di Aleksandr, si stabilì a Rostov sul Don, dove esercitava un modesto impiego; lì il giovane S. studiò matematica e fisica, iscrivendosi anche ai corsi dell'Istituto di filosofia, letteratura e storia di Mosca. Insegnante di fisica, allo scoppio della guerra andò al fronte come soldato semplice; due volte decorato, partecipò alla grande offensiva dell'inverno 1944-45 col grado di capitano. Fu arrestato nel febbraio 1945 per gli apprezzamenti negativi su Stalin manifestati nella corrispondenza con un amico; durante gli otto anni di detenzione iniziò clandestinamente la sua attività di scrittore. Confinato allo scadere della pena nella regione di Džambul (Kazachstan), riprese il suo lavoro d'insegnante in una scuola secondaria; operato di cancro (1954) e riabilitato (1957), si trasferì a Rjazan'; ma solo il XXII congresso del PCUS e la nuova ondata di destalinizzazione lo indussero a uscire dal silenzio e a tentare la pubblicazione di un racconto sulla vita nei campi di lavoro.
Il manoscritto fu presentato a Novyj Mir, la rivista liberale diretta dal poeta A. T. Tvardovskij, ma restò a lungo nella redazione e uscì nel numero del novembre 1962, dopo che lo stesso Chruščëv ne aveva sollecitato l'autorizzazione alla stampa dal Presidium del Comitato centrale. Il racconto (Odin den' Ivana Denisoviča, trad. it. Una giornata di Ivan Denisovič, Milano e Torino 1963) dava un'immagine della società concentrazionaria, ridotta alle esigenze più elementari, regolata da un principio di violenta subordinazione, stratificata secondo una scala di privilegi e di potere; l'azione era posta in un campo dell'estremo Nord, nell'autunno 1950, e contenuta nell'arco di una lunga gionnata lavorativa; risorse del personaggio, fondamentale Ivan Denisovič Šuchov, erano la semplice saggezza e la moralità consegnate nelle antiche massime proverbiali. L'apparizione di Ivan Denisovič rappresentò assai più che un avvenimento letterario. Allegando un passo del discorso di chiusura pronunciato da Chruščëv al XXII congresso, la critica espresse generalmente un giudizio favorevole: le Izvestija qualificarono S. come ausiliario del partito nella lotta contro il culto della personalità; la Pravda rilevò lo spirito popolare e nazionale del racconto, la sua straordinaria densità e ricchezza, la qualità della narrazione epica. Da altre parti, invece, furono avanzate riserve: nonostante la finezza artistica, nonostante la verità crudele e amara, l'autore mancava di cogliere in tutti i suoi elementi la complessa dialettica dell'epoca; la sua doveva considerarsi un'opera senza precedenti, che tuttavia, nel modo di pensare e nello stesso linguaggio del protagonista, rivelava tratti di un arcaismo estraneo all'epoca della rivoluzione.
Nel 1963, sebbene la politica culturale di Chruščëv tornasse all'indirizzo ždanoviano, la posizione personale di S. restò ancora salda: egli fu accolto, infatti, nell'Unione degli scrittori di Rjazan'. I rapporti con il potere mutarono, invece, dopo la caduta del primo segretario, al momento dell'arresto di A. D. Sinjavskij e Ju. M. Daniel', quando l'archivio di S. fu sequestrato dalla polizia politica (autunno 1965). Pubblicò in quegli anni pochi racconti, sempre sulla rivista moscovita Novyj Mir, che toccavano temi fondamentali come i valori latenti nel mondo contadino, i danni della direzione burocratica, il semplice patriottismo popolare: Matrënin dvor′, 1963 (trad. it. La casa di Matriona, Torino 1963); Slučaj na stancii Krečetovka, 1963 (trad. it. Alla stazione di Krečetovka, Torino 1963); Dlja pol'zy dela, 1963 (trad. it. Per il bene della causa, Roma 1970); Zachar-Kalità, 1966 (trad. it. Zachar-bisaccia, Torino 1971). Ostacoli insormontabili incontrò un lavoro di più ampio respiro, localizzato in una clinica di Taškent, nel momento di transizione aperto dalla morte di Stalin: lo stesso autore definì il procedimento adottato - secondo il linguaggio matematico che ricorre nelle sue comparazioni - come "intersezione di piani" ("una moltitudine di piani di vite umane che s'incontrano d'un tratto in un determinato punto"). Nel settembre 1967 l'opera venne difesa da S. e da Tvardovskij di fronte al segretariato dell'Unione degli scrittori. Gli avversari le rimproveravano la critica del modo di vita della nuova classe dominante e l'ispirazione ideologica, riconducibile a un "socialismo etico"; ma, soprattutto, fu considerata inaccettabile la descrizione "naturalistica" del processo patologico, che si ripercuoteva inevitabilmente sul piano specifico, sociale e non medico, della narrazione. Rakovyj korpus fu pubblicato contemporaneamente, nel 1968, da vari editori occidentali (trad. it. Divisione cancro, Milano 1968; Reparto C, Torino 1969). Nello stesso anno apparvero, sempre all'estero, un primo testo teatrale e il "romanzo polifonico" V kruge pervom (trad. it. Il primo cerchio, Milano 1968), che accentuava la critica al sistema di potere, in un'interferenza di destini tra un singolare lager di scienziati che lavorano per il potere, e la società civile.
Nel novembre 1969 S. fu espulso dall'Unione degli scrittori: a breve distanza, con le dimissioni di Tvardovskij, si chiudeva anche l'esperimento liberale di Novyj Mir. L'attribuzione del premio Nobel a S. (novembre 1970) apparve, dunque, come un gesto di solidarietà internazionale e la cerimonia del conferimento, urtando contro ostacoli politici, divenne oggetto di una serie di chiarimenti polemici da parte dello scrittore, diretti anche contro i rappresentanti svedesi. La pubblicazione di Avgust četyrnadcatogo, Neuwied-Berlino 1971 (trad. it. Agosto 1914, Milano 1972) e poi del primo volume di Archipelag GULag, Parigi 1973 (trad. it. Arcipelago Gulag, Milano 1974) resero insostenibile la posizione di S. in patria. Si trattava di opere essenzialmente diverse: la prima, ricca di memorie familiari e di rievocazioni della natia regione del Caucaso, inaugurava la progettata analisi dei "nodi" fondamentali della recente storia russa; la seconda, invece, riassumeva l'esperienza e lo studio dei campi di lavoro. Nel febbraio 1974 S. fu arrestato, trasferito nella Rep. Fed. di Germania e privato della cittadinanza sovietica.
Le idee politiche di S. sono esposte in una serie di testi appena anteriori all'esilio: una raccolta uscita contemporaneamente presso diversi editori occidentali (ed. it. Vivere senza menzogna, Milano 1974) e l'opera collettiva Iz pod glyb, Parigi 1974 (trad. franc. Des voix sous les décombres, Parigi 1975). Esse rinnovano alcuni tratti del pensiero slavofilo, aggiornati con le critiche recenti dello sviluppo economico indefinito. Industrialismo borghese e marxismo sono considerati come la duplice componente di una civiltà occidentale in crisi; il parlamentarismo e il regime monopartitico tendono entrambi, in varia misura, a concentrare il potere nelle mani di chiuse minoranze; l'indirizzo consumistico, la distruzione del volto storico delle città, l'esaurimento delle estensioni feconde del suolo affliggono egualmente i paesi del capitalismo e del socialismo. In Russia, il dominio dell'ideologia ha imposto la collettivizzazione e la statizzazione di ogni attività produttiva, impegnando il paese in vasti progetti internazionali e distraendo energie dalle terre vergini siberiane. Non la prospettiva di una convergenza mondiale, bensì un nuovo rapporto tra l'intelligencija e il popolo può schiudere la via della rinascita. La coscienza dell'etnia russa comporta la restaurazione del legame intimo col "suolo" e, al tempo stesso, il recupero della tradizione religiosa; l'ortodossia, intesa come forza morale del mondo contadino e garanzia di libertà contro il Potere, viene distinta dalla Chiesa ufficiale e identificata con la tradizione scismatica dei "vecchi credenti" (lettera al patriarca Pimen, 17 marzo 1972). Per il futuro della Russia, in polemica con le correnti neomarxiste e liberali del dissenso sovietico, S. auspica il passaggio graduale verso un regime autoritario conciliato con le tradizioni storiche e regolato dall'osservanza della legge. Elementi di democrazia saranno introdotti mediante la restaurazione del potere dei soviet, la limitazione della sfera del partito e della burocrazia politica, l'adozione di forme di economia autogestita. Rinunciando alle ingerenze nel destino dei due emisferi, la Russia sarà libera d'investire le sue risorse nella difesa contro la minaccia cinese e nella colonizzazione degli spazi aperti a Oriente, che offrono una possibilità di salvezza di fronte alla catastrofe ecologica (lettera ai dirigenti dell'Unione Sovietica, 5 settembre 1973).
Stabilitosi dapprima in Svizzera e poi negli Stati Uniti, S. ha proseguito la pubblicazione di Arcipelago Gulag (II e III vol., Parigi 1974-76; trad. it., Milano 1975-78), radicalizzando il suo atteggiamento di ribelle: il tema della rivolta campeggia nelle parti conclusive dell'opera, dove sono rivendicati gli esempi di evasione e d'insurrezione. In Bodalsja telenok s dubom, Parigi 1975 (trad. it. La quercia e il vitello, Milano 1975) ha narrato la storia del suo lungo duello col potere e tracciato un complesso profilo di Tvardovskij, poeta contadino e burocrate liberale; portando avanti, con Lenin v Cjuriche, Parigi 1975 (trad. it. Lenin a Zurigo, Milano 1976), l'interpretazione storica aperta da Agosto 1914, ha rispecchiato in un monologo ininterrotto la febbre d'azione del personaggio, còlto nel momento di attesa alla vigilia del rientro in Russia. Ispiratore della rivista Kontinent, pubblicata in russo a Monaco di Baviera dal 1974, negl'interventi pubblici in America ha mantenuto con immutata severità la sua critica della civiltà contemporanea, assumendo atteggiamenti radicali su problemi di politica internazionale come la distensione, i rapporti economici Est-Ovest, le vicende portoghesi nel corso del 1975 (i suoi interventi sono stati pubblicati in Italia con i titoli Discorsi americani, Milano 1976, Dialogo con il futuro. Dicorsi e interviste, ivi 1977, Un mondo in frantumi. Discorso di Harvard, ivi 1978; v. inoltre l'intervista per la BBC riportata dal settimanale Il Sabato, 24 marzo 1979). S. nega che l'epoca contemporanea si riassuma nel confronto fra i due massimi sistemi politicosociali e afferma, in luogo della visione dicotomica, l'esistenza di una "frantumazione profonda e multiforme", per la quale ogni antica cultura costituisce un mondo autonomo e difficilmente penetrabile dal pensiero occidentale. La via del progresso non è unica e non passa per l'adozione del modo di vita e della democrazia partitica dell'Occidente; questo, anzi, è afflitto dal declino delle energie morali, dalla corsa all'accrescimento dei consumi e, infine, da un formalismo giuridico che si esercita nella rivendicazione di diritti individuali. Nella denuncia del sistema d'informazione e del conformismo generalizzato, la critica di S. sembra incontrarsi con quella che, da tutt'altre posizioni, ha colpito il carattere strumentale e unidimensionale della cultura nelle società mercantili. Per la Russia, dunque, il modello offerto dall'Occidente può avere scarsa attrattiva; non sarà la convergenza con le democrazie industriali sulla base del pluralismo e dell'individualismo, ma piuttosto una recuperata identità nazionale e popolare che potrà garantirle il lento e pacifico processo di guarigione di cui ha bisogno.
Bibl.: La casa editrice Posev ha ubblicato a due riprese raccolte delle opere di S.: Sočinenija ("Opere"), Francoforte sul Meno, 1966; Sobranie sočinenij ("Raccolta di opere"), voll. 6, ivi 1969-70. Tra i saggi critici più significativi: B. Bode, Die Diskussion um S. als Zentrum der Auseinandersetzungen in der UdSSR, in Osteuropa, XV (1965), pp. 679-94, 784-96; G. Lukács, Solschenizyn, Neuwied-Berlino 1970; Soljénitsyne, a cura di G. Nivat, M. Aucouturier, Parigi 1971; R. Pletnev, A. I. Solženicyn, ivi 19732; P. Daix, Ce que je sais de Soljénicyne, ivi 1973, trad. it. La verità su S., Torino 1974; Ž. Medvedev, Dieci anni dopo Ivan Denisovič, Milano 1974; C. G. De Michelis, Cinque tesi sul linguaggio religioso di Solženicyn, in Il tredicesimo apostolo, Torino 1975; O. Clément, Solženicyn in Russia, Milano 1976; A.S. Critical essays and documentary materials, a cura di J. B. Dunlop, R. Haugh, A. Klimoff, Belmont, Mass. 1976; A. Glucksman, La cuoca è il mangia-uomini, Milano 1977; V. Lakšin, Réponse à Solženicyn, Parigi 1977; H. Ja. Geller, Il mondo dei lager e la letteratura sovietica, Roma 1977.