Medvedkin, Aleksandr Ivanovič
Regista cinematografico russo, nato a Penza l'8 marzo 1900 e morto a Mosca il 21 febbraio 1989. Figura di cineasta originale e non allineato ai dogmi del realismo socialista, M. sviluppò nel corso della sua carriera un'idea personale di cinema come luogo d'incontro di elementi dell'immaginario collettivo e popolare (come la fiaba, il carnevale, la satira) con un linguaggio astratto, i cui dati basilari sono il montaggio, l'inquadratura, la recitazione.A diciotto anni, subito dopo lo scoppio della rivoluzione, M. si arruolò nell'Armata rossa dove diventò ispettore della Direzione politica del Commissariato popolare della difesa. In quel periodo organizzò animazioni teatrali per i soldati e fu direttore della rivista satirica "Skipidar" (Trementina). Dal 1927 al 1929 lavorò per il Reparto cinematografico militare, presso il quale realizzò alcuni brevi film didattici sia come regista sia come sceneggiatore. Nel 1930 venne assunto presso gli studi cinematografici Sovkino a Mosca, dove iniziò la sua attività cinematografica come assistente di Nikolaj Ochlopkov per il film Put′ entuziastov (1930, La via degli entusiasti). Dopo alcuni cortometraggi muti (i kinofeuille-tons, una serie di brevi film satirici, realizzati tra il 1930 e il 1932), M. fu posto a capo di un progetto, il kinopoezd (cinetreno), che prevedeva la creazione di uno studio di produzione su rotaie che avrebbe percorso l'URSS per sensibilizzare, attraverso il cinema, i lavoratori sovietici alle tematiche del primo piano quinquennale voluto da Stalin. Durante sei viaggi (tra il gennaio 1932 e il gennaio 1933), M. realizzò circa settanta tra cortometraggi comici, documentari e film didattici. Tornato a Mosca diresse Sčast′e (1935, La felicità), che gli diede grande notorietà, ma che non piacque ai vertici del potere sovietico. In quest'opera, volutamente inattuale (è una delle ultime mute prodotte in URSS), il regista rielabora in senso personale l'esperienza del cinetreno, nel corso della quale non solo aveva praticato forme filmiche diverse tra loro, ma era entrato in contatto con la tradizione popolare satirica e grottesca, portando a maturazione la sua capacità inventiva e la sua volontà di sperimentazione. Nel narrare la storia di un povero contadino che ‒ nel passaggio dal regime degli zar al comunismo ‒ raggiunge faticosamente la consapevolezza del proprio sfruttamento, il regista sa utilizzare la satira sia come arma politica sia come strumento di invenzione visiva. Nel 1934 Sergej M. Ejzenštejn scrisse una recensione entusiastica del film, ritrovando nello stile di M. una comicità in grado di coniugare sapientemente la lezione chapliniana con i temi del socialismo.
Una sorte simile a quella di Sčast′e capitò ai film successivi: la vena visionaria e creativa del regista si venne a scontrare con le direttive del realismo socialista, e opere come Čudesnica (1937, La ragazza dei miracoli) e Novaja Moskva (1939, La nuova Mosca), prodotte dalla Mosfil′m, furono accusate di superficialità e artificialità. Con il passare degli anni, M. lavorò sempre più ai margini dell'industria cinematografica, ritagliandosi però uno spazio creativo all'interno della produzione documentaristica: prima e dopo la Seconda guerra mondiale diresse infatti soprattutto film di propaganda (come My ždëm vas s pobedoj, 1941, Vi aspettiamo con la vittoria) e documentari didattici per il CSDF (Central′naja Studija Dokumental′nych Fil′mov, Studi centrali dei film documentari), tra cui Slava trudu (1948, Gloria al lavoro). In particolare nei lavori realizzati a partire dalla fine della guerra, M. esplorò la forma documentaria in profondità, sperimentando nuove strutture narrative e nuove pratiche di montaggio. Il documentario diventò così per il regista un laboratorio di innovazione cinematografica, all'interno del quale tradizioni espressive diverse (arte popolare, animazione, letteratura satirica, tecniche cinematografiche) confluivano e interagivano tra loro. Negli anni Sessanta realizzò opere più personali come Razum protiv bezumija (1960, Ragione contro follia), Zakon podlosti (1962, La legge dell'abiezione) e Skleroz sovesti (1968, La sclerosi della coscienza); mentre nel decennio successivo continuò a realizzare documentari anche duramente critici nei confronti della politica dei dirigenti comunisti in Cina (Noč nad Kitaem, 1974, Notte sulla Cina) e film-pamphlet come Pravda i nepravda (1975, Verità e menzogna).
Nel 1971, con l'uscita di una versione sonorizzata di Sčast′e in Francia (con il titolo Le bonheur) e grazie all'interessamento del regista Chris Marker, che firmò il prologo filmato della nuova versione del film (Le train en marche), l'opera di M. suscitò un nuovo interesse critico in Europa occidentale. I suoi ultimi lavori, come Pravda i nepravda e Bezumie (1980, Follia), sono tutti film-saggio in cui l'esigenza della comunicazione porta il regista a tentare nuove strade espressive. Rimasto sempre più isolato e nell'impossibilità di lavorare, M. morì nell'indifferenza generale. Tuttavia mentre in patria era stato relegato sempre più ai margini, all'estero era ormai diventato un regista di culto. Dopo la sua morte Marker gli dedicò un film, Le tombeau d'Alexandre (1992), mentre Jean-Luc Godard gli rese omaggio in Les enfants jouent à la Russie (1993).
"L'avant-scène du cinéma", 1971, 120, nr. monografico: Medvedkine. Le bonheur.
L'irrealismo socialista, a cura di A. Grasso, Roma 1973, pp. 78-109 e 129-32.
F. Albera, Le ciné-train de Medvedkine est sur les rails, in "Cahiers du cinéma", 1995, nr. monografico, p. 45.
G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Roma 2000, p. 81.