SOKUROV, Aleksandr
Regista russo, nato a Podorvicha (Siberia), il 14 giugno 1951. È uno dei più importanti registi russi, il cui nome è divenuto noto anche al pubblico straniero, sul finire degli anni Novanta, con tre film acclamati internazionalmente al momento della loro uscita sugli schermi: Mat i syn (1997; Madre e figlio), vincitore del Premio speciale della giuria al festival di Mosca, Moloch (1999) e Telec (2001; Toro). L’intera produzione di S. si configura come un’articolata riflessione sul senso di una storia tanto personale quanto collettiva, più o meno vicina.
Il nuovo millennio si è aperto, significativamente, nella filmografia di S. con un’opera che si propone come un vero e proprio tentativo di ripercorrere la storia della Russia prerivoluzionaria, mediante un viaggio attraverso le stanze dell’Ermitage, ora museo, prima dimora invernale degli zar. Russkij kovčeg (2002; Arca russa) è infatti il lavoro con cui S. fa i conti con un secolo di storia e di cinema, il Novecento, letteralmente e tecnicamente rimosso, se si considera la scelta di girare il film in un unico piano-sequenza come l’esito della volontà del regista di mettere radicalmente in discussione il principio costruttivo su cui una certa tradizione del cinema sovietico aveva fondato il proprio statuto: il montaggio.
Aleksandra (2007) apre, invece, una finestra su una del le pagine politicamente più oscure della Russia contemporanea: il conflitto ceceno. Il punto di vista è quello di un’anziana signora giunta in Cecenia per far visita al nipote, militare dell’esercito russo: lo sguardo estraneo e per certi versi ingenuo di chi proviene da un altrove storico e geografico allo stesso tempo. Una condizione di estraneità che diviene garanzia, proprio come accade in questo caso al cinema di S., della possibilità stessa di incontrare una realtà altrimenti incomprensibile come la guerra. In effetti Aleksandra rappresenta, nella produzione cinematografica di S. degli ultimi anni, l’unico vero punto di rottura rispetto a quella precedente, alla quale invece apertamente si richiamano Otec i syn (2003; Padre e figlio) – vincitore al Festival di Cannes del premio Fipresci della critica internazionale e ideale prosecuzione del precedente e già citato Mat i syn -Solnce (2005; Il sole) e di Faust (2011), premiato con il Leone d’oro alla 68ª Mostra del cinema di Venezia. Questi ultimi, infatti, contribuiscono a costituire la tetralogia sul potere, iniziata con Moloch e continuata con Telec. Solnce aggiunge a quelle di Hitler e Lenin la figura dell’imperatore giapponese Hirohito, anch’egli – come già gli altri due – mostrato nella fase di disfacimento del proprio potere e della propria esistenza.
Ma è con Faust che S., abbandonando ogni traccia di ispirazione storica e privilegiando piuttosto la matrice letteraria del testo goethiano, ha concluso la sua personalissima archeologia dell’umana e allo stesso tempo diabolica passione per il potere, con un’opera che si presenta, non solo nei contenuti, ma anche nella forma, summa e perfetta sintesi di una cifra e uno stile sempre più riconoscibili. Le atmosfere, i colori, i tempi e i contorni delle figure rarefatti sono il sintomo di un certo intimismo che ispira l’atto di creazione entro il quale si dischiude il mondo di S., dalla prime Elegija(1986) fino agli ultimi film, ivi compreso Francofonia (2015), presentato in concorso alla 72a Mostra del cinema di Venezia, in cui il regista prosegue il suo viaggio cinematografico all’interno della cultura e della storia europea, dedicando il film a un luogo simbolico in tal senso come il Louvre.
Bibliografia: Aleksandr Sokurov. Eclissi di cinema, a cura di S. Francia di Celle, E. Ghezzi, A. Jankowski, Torino 2003; D. Arnaud, Le cinéma de Sokourov. Figures d’enfermement, Paris 2005; A. Sokurov, Nel centro dell’oceano, Milano 2009; D. Brotto, Osservare l’incanto. Il cinema e l’arte di Aleksandr Sokurov, Roma 2010; The cinema of Alexander Sokurov, ed. B. Beumers, N. Condee, London-New York 2011; I corpi del potere. Il cinema di Aleksandr Sokurov, a cura di M. Pezzella, A. Tricomi, Milano 2012; J. Szaniawski, The cinema of Aleksandr Sokurov. Figures of paradox, New York 2014.