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ROMANOV, Aleksej Petrovič

di Andrea CAFFI - Enciclopedia Italiana (1936)
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ROMANOV, Aleksej Petrovič

Andrea CAFFI

Principe russo, nato il 18 (28) febbraio 1690 dallo zar Pietro I e da Eudossia (figlia di Feodor Lopuchin), morto il 26 giugno (7 luglio) 1718 nella fortezza dei Ss. Pietro e Paolo, forse in conseguenza della tortura, a cui fu sottoposto. Figlio di genitori disuniti, crebbe senza affetti familiari, senza educazione regolare, senza una chiara posizione, nello sconvolto palazzo, quando infuriava la tormenta che avrebbe rinnovato l'impero. La nonna Natalia Naryskina, che con la sua autorità riusciva a mantenere almeno l'apparenza di rapporti normali nella famiglia imperiale, moriva nel 1694; nel settembre 1698, la zarina Eudossia era ripudiata e rinchiusa in un chiostro. Del bimbo di otto anni si occupò la zia Natalia Alexeevna, secondata da familiari d'antico stampo (Nikifor Vjazemskij, Leonzio Men′šikov). Doveva essere mandato a Dresda, perché vi crescesse da perfetto europeo. Ma assorbito dalle riforme, dalla sanguinosa repressione degli "strelzi", dai preparativi della grande guerra contro la Svezia, lo zar solo in rari momenti si ricordava del figlio, per il quale non sentiva nessun affetto. Pessimi i precettori stranieri, scelti a caso. Il primo (Neugebauer) dovette esser mandato via nel luglio 1703. Il secondo (Huyssen) si occupò principalmente di trovare moglie al suo alunno e combinò (nel 1707) l'accordo con la casa di Brunswick-Wolfenbüttel. In quell'anno stesso il principe segretamente aveva fatto visita alla madre reclusa. Il partito dei "bigotti" che gli stava attorno aveva soverchiato ogni influenza tedesca: cosa naturale, data la repulsione, fatta soprattutto di terrore morboso, che Alessio sentiva per il padre e per tutta l'opera di lui. Invece di studiare l'aritmetica e la geografia aveva letto sei volte tutti i libri delle Sacre Scritture ed assiduamente copiato larghi estratti di una traduzione del Baronio. Fedele, poi, anche alla peggiore tradizione moscovita, egli si ubriacava, era manesco e crudele. Fungeva da confessore e confidente d'ogni suo proposito il pope Jakov Ignatiev, uomo torvo e spregevole. Zelantissimo nel rinfocolare i rancori e i malvagi disegni del suo pupillo, si vendicava tuttavia dell'umiliante trattamento che doveva subire quando Alessio, abbrutito dalla vodka, lo percuoteva e gli strappava la barba. E si fece delatore del principe, presso la polizia dello zar. Questa tensione di rapporti tra padre e figlio fu allentata dalla partenza di Alessio per la Germania, dove rimase tre anni (1709-1712). Sotto gli auspici dell'imperatore asburgico, si celebrò a Torgau, il 14 (25) ottobre 1711, il matrimonio del principe con Carlotta di Wolfenbüttel. Ma un'antipatia reciproca rese fin dagl'inizî tristissima l'unione. Peggio andò quando la coppia venne in Russia. I rapporti fra padre e figlio continuarono ad essere un tetro incubo. Alessio beveva e bestialmente maltrattava la moglie. Entrò allora nella sua vita Eufrosina Feodorovna, una schiava finlandese donatagli dal compagno d'infanzia Vjazemskij. Spontaneamente si costituì intorno al principe un "partito di cospiratori": uomini oscuri, malfidi, frammischiati a santoni e a fanatici, Kikin, Dubrovskij, Ivan Boleši, uomini tuttavia capaci anche del sacrificio personale.

Il 22 ottobre (2 novembre) 1715 moriva, mentre dava alla luce il suo secondo figliuolo, la principessa Carlotta. Pietro, che sperava lasciare il trono a un figlio della sua seconda moglie Caterina, donna di bassa origine, smetteva qualsiasi riguardo per il primogenito; e il 19 (30) gennaio 1716, gli indirizzava una lettera aspramente minacciosa. Alessio fu colto dal panico; e, con l'aiuto dei "cospiratori", in compagnia di Eufrosina, riuscì a fuggire a Gdansk (Danzica); donde, nel novembre, implorava la protezione di Carlo VI imperatore, stabilendosi poi nel castello di Ehrenberg (Tirolo). Ma per poco. Nel maggio 1717 era nel castello di Sant'Elmo a Napoli, dove credette di aver trovato un asilo più sicuro. Ma qui, sfruttando obliqui compromessi diplomatici fra Pietroburgo e Vienna, venne a scovarlo l'astuto Pietro Tolstoj. Con raggiri e false promesse, costui riuscì a persuadere il fuoruscito a imbarcarsi, sempre insieme con Eufrosina, e il 14 (25) ottobre 1717 li sbarcò prigionieri in Russia. Il 3 (14) febbraio successivo avvenne una scena tremenda: il primo colloquio fra lo zar e il reduce. Subito dopo, Alessio venne dichiarato decaduto dalla sua qualità di principe ereditario e rinchiuso a Mosca. Nello stesso tempo si incarceravano i presunti complici. Il processo venne condotto con i metodi spaventosi che usava Pietro; parecchi furono torturati e decapitati. Col 15 (26) marzo il prigioniero fu trasferito a Pietroburgo, dove l'inquisizione lavorò con nuova lena. Per una settimana intera dopo il 19 (30) giugno, Alessio fu sottoposto agli strazî della "questione", presente il padre, che non rifuggiva da simili spettacoli. La moglie Carlotta gli aveva dato, nel luglio 1714, una figlia Natalia e il 12 (23) ottobre 1715, un figlio, divenuto poi l'imperatore Pietro II. Del bambino che Eufrosina doveva dare alla luce quando fu imprigionata contemporaneamente all'amante, non si poté conoscere la sorte.

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    Principe russo (n. 1690 - m. 1718), figlio primogenito di Pietro I. Avverso alle riforme avviate dal padre, entrò con questo in aspro contrasto. Nel 1717 si rifugiò in Austria presso il cognato Carlo VI e di lì passò a Napoli. Convinto da Pietro I a rientrare in Russia con la promessa del perdono, fu ...
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