Alessandria
(gr. ᾽Αλεξάνδϱεια; lat. Alexandrea ad Aegyptum; arabo al-Iskandariyya)
Città dell'Egitto, situata a N-O del delta del Nilo.
di W. Godlewski
Nonostante avesse perso il significato politico avuto durante l'età ellenistica, A., sede del governatore bizantino fino al 646, rimase un grande centro commerciale cosmopolita, essenzialmente greco, con una cospicua comunità ebraica.La città tardoromana e bizantina ricoprì insediamenti precedenti, conservando forse la disposizione della rete stradale, la cui pianta fu rilevata da Mahmoud el-Falaki nel 1872. Le mura, pur danneggiate parzialmente dalle truppe di Aureliano, assolsero comunque al loro scopo difensivo nel sec. 7°, durante l'assedio arabo.
Il quartiere cittadino del sec. 4°, portato alla luce dalla missione polacca nell'area di Kōm el-Dikka, comprendeva oltre ad abitazioni, un complesso termale con cisterne, ricostruito due volte nei secc. 5° e 7° per poi essere distrutto durante l'occupazione sasanide (619-629; Kolataj, 1976; 1983), un auditorium e un teatro. Quest'ultimo, eretto nel sec. 5°, era probabilmente coperto da una cupola e fu ricostruito due volte prima della sua definitiva distruzione avvenuta nel sec. 8° (Kolataj, 1983). A E della via R4 (nella pianta di Rodziewicz, 1984, tav. I), si trova un agglomerato costituito da numerosi complessi di abitazione, ricostruiti più volte. Tra questi, alcuni ambienti, costruiti nel sec. 6° e distrutti nell'8°, fungevano da depositi. Sono stati inoltre ritrovati resti di case dei secc. 8° e 9° (Rodziewicz, 1984); diverse abitazioni sono state individuate anche vicino alle cisterne, a O delle terme, e in altre aree della metropoli moderna.
In prossimità della stazione ferroviaria (via L2, nella pianta di Rodziewicz, 1984, tav. VIII, 329), sono stati scoperti i resti di un edificio termale, databile tra la fine del sec. 5° e l'inizio del 7° (Rodziewicz, 1979, pp. 108-138). Non lontano, nella via Abdel Moneim (L2, nella pianta di Rodziewicz, 1984, tav. VIII) sono state riportate alla luce le vestigia di una casa con un mosaico e una cisterna (Adriani, 1940, fig. 56). Datati inizialmente al periodo islamico, essi sono però probabilmente contemporanei alle abitazioni di Kōm el-Dikka (Rodziewicz, 1979). A E di Kōm el-Dikka sono stati ugualmente ritrovati resti di abitazioni e numerosi oggetti d'osso (Rodziewicz, 1979), che confermano l'identificazione di un quartiere artigianale (Kopron) dei secc. 6° e 7° (Sieglin, 1893; Adriani, 1963-1966, tav. II; Rodziewicz, 1984, tav. II). Abitazioni cristiane e cisterne furono individuate inoltre a O del Serapeum (Rowe, 1946, pp. 42-48), dove si pensava sorgesse una chiesa. Furono altresì scoperte delle abitazioni sul lotto di terreno Finney (Adriani, 1940). Molti altri elementi architettonici e resti di abitazioni appartenenti alla 'fase cristiana' di A. furono identificati in varie parti della città, ma ancora non sono stati interpretati nella loro globalità (Tkaczow, 1990).
È stato inoltre sottolineato che nel sec. 5° l'arte di A. assunse un carattere sempre più provinciale. Non essendosi poi conservato alcun edificio sacro, sebbene le fonti facciano riferimento a numerose chiese (Faivre, 1914; Calderini, 1935; Martin, 1984), manca evidentemente ogni possibilità di indagine sulla loro pianta e sulla loro decorazione: in via ipotetica si può tuttavia pensare che esse fossero simili alle chiese di Marea, Abu Mena, Marina o Hermopolis.
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di M. Bernardini
Conquistata in due riprese (nel 642 e nel 645) da 'Amr b. al-'Āṣ, la città si presentò agli Arabi quale florido centro commerciale. Infatti, malgrado le devastazioni del periodo di Aureliano e quelle avvenute sotto Diocleziano, i danni causati dalle lotte tra pagani e cristiani nelle contese religiose del sec. 6° e dagli assedi del sec. 7°, all'epoca dell'insediamento dei primi musulmani, A. era abitata da 40.000/70.000 tra arabi ed ebrei e da 600.000 greci. Ma da allora essa subì una graduale decadenza che durò sino al sec. 14°, quando alla fine di un'epidemia di peste A. incominciò a tornare prospera. I nuovi conquistatori non maltrattarono gli abitanti della città all'indomani dell'invasione; è falsa la leggenda dell'incendio della biblioteca, come pare non rispondere al vero anche la notizia della distruzione delle mura da parte di 'Amr b. al-'Āṣ. Ciò che invece causò un danno considerevole ad A. fu il trasferimento della capitale al Fusṭāṭ (Il Cairo) che si trasformò nel principale centro dell'Egitto. A. si avviò così a divenire una città di frontiera del califfato e successivamente una semplice provincia dei vari regni che si susseguirono in territorio egiziano.
Le mura di A. risalivano al periodo bizantino: di esse non è rimasta traccia; le fonti per altro sono oscure e non forniscono indicazioni attendibili. Il califfo abbaside al-Mutawakkil (848-861) potrebbe averle ricostruite, ma è più probabile che il suo intervento sia consistito in un semplice restauro.
All'epoca della conquista la città doveva essere suddivisa da otto vie principali intersecantesi con otto secondarie; tale tracciato a scacchiera si conservò sino al 13° secolo. Le case erano a più piani, in genere tre, posti su pilastri.
L'isola di Faros originariamente separava il porto di A. in due bacini, uno orientale e uno occidentale; al suo interno si trovava il grande faro chiamato dagli arabi manāra, manār o fanār. Numerose sono le descrizioni che di esso fecero gli storici e i viaggiatori arabi, spesso corredate da illustrazioni (Monneret de Villard, 1921; Asin Palacios, 1933). Le versioni arabe sono comunque spesso in contraddizione tra loro e una ricostruzione definitiva della forma del faro sembra essere ancora difficile. Durante l'emirato di 'Amr b. al-'Āṣ (661-680) o il califfato di Walīd b. 'Abd al-Malik b. Marwān (705-715) il faro rischiò la demolizione, che tuttavia non avvenne, ma nel 736 un terremoto ne distrusse la parte superiore.
Ad 'Amr b. al-'Āṣ risaliva probabilmente anche una moschea detta appunto di 'Amr. Tuttavia le testimonianze relative all'edificio risalgono solo al sec. 9°; nel 989 vi fu trasportato il minbar di una moschea del Fusṭāṭ e nel 1183 Ibn Jubayr la descrisse come santuario dei malikiti (principale scuola religiosa musulmana ad A.). Forse la moschea sorgeva su una precedente chiesa detta 'delle mille colonne', oggi completamente sparita.
La moschea degli 'Aṭṭārīn (speziali) sorgeva sul sito della chiesa cattedrale di S. Atanasio, consacrata nel 370, che era stata convertita in moschea all'indomani dell'invasione; nel 1036, sotto il califfo fatimide al-Mustanṣir (1036-1094), uno dei suoi ministri, probabilmente un armeno, la fece ricostruire. Troilo la visitò nel 1777; la moschea fu demolita nel 1830 e l'attuale edificio risale al regno di 'Abbās Hilmy II (1892-1914).
Nel sec. 9° l'insediamento ad A. di arabi andalusi causò danni notevoli alla città. Essa ritrovò una certa indipendenza sotto il governatore abbaside Ibn Ṭūlūn (868-883) e nel 948 la città fu divisa dal Miṣr in una provincia autosufficiente.
Nell'828 ad A. mercanti veneziani trafugarono le reliquie di s. Marco, portandole a Venezia.Ibn Ṭūlūn restaurò il faro costruendo una cupola nella parte superiore; a lui si deve la ripulitura del canale che congiungeva A. al Nilo, che nei secoli precedenti era stato molto trascurato. Nel 955 un secondo terremoto provocò poi nuovi danni alla parte superiore del faro.
I Fatimidi (973-1071) risollevarono la prosperità della città; fu tuttavia in questo periodo (sec. 11°) che Cristodulo (1047-1077) trasferì la sede patriarcale al Cairo.
Sin dal sec. 8° la principale industria di A. era quella tessile con laboratori specializzati nella tessitura del lino, della seta, della lana e del cotone (buyūt al-ghazl), nonché per la filatura della seta grezza (buyūt al-qazzāzīn), e soprattutto con il grande laboratorio per il broccato (Dār al-Ṭirāz), la cui produzione era destinata agli articoli di lusso, tra i quali il rivestimento annuale della Ka'ba e, più tardi, i doni ufficiali per i khān mongoli. Il Dār al-Ṭirāz fu distrutto nel 1365 da un incendio durante un attacco crociato. Si suppone che gran parte delle stoffe offerte dai papi alle chiese italiane tra i secc. 8° e 9° provenisse da officine alessandrine.
Il periodo delle crociate vide numerosi conflitti nella regione: tra il 1153 e il 1155 le flotte normanne devastarono le coste egiziane e nel 1165 il re di Gerusalemme Amalrico I assediò A. per settantacinque giorni, mentre le galere pisane ne bloccavano il porto. Nel 1174 Saladino conquistò la città e vi fondò un collegio e un ospedale. Tra i secc. 12° e 13° ad A. venne inoltre fondata una delle prime madrasat egiziane.
Dal 1250 i sultani mamelucchi (1250-1517) si dedicarono intensamente alla città. Tra il 1259 e il 1278, sotto Baybars, crollò la cupola del faro costruita da Ibn Ṭūlūn; il sultano la sostituì con una piccola moschea. Nel 1302 un altro terremoto distrusse interamente il faro; sebbene Ibn Baṭṭūṭa ne avesse descritto le rovine nel 1326, solo in occasione di un secondo viaggio, nel 1349, ne constatò la totale distruzione; il sultano Qalāwūn fece costruire un secondo faro nel 1365. Nel 1477 Qā'itbāy costruì un forte sul sito del faro, unica struttura medievale ancora esistente nella città. Al sultano Baybars si deve inoltre il restauro delle mura di A.: il suo leone araldico era ancora visibile nel sec. 18° sulle porte. Tra le opere di Baybars si ricorda il restauro del canale che collegava la città al Nilo e la costruzione di Qaṣr al-Umayd, a km. 45 ca. a O di A., sopravvissuto sino alla fine del 19° secolo.
Nel 1365 Pietro I Lusignano re di Cipro conquistò A., che però tornò ben presto in mano mamelucca. Nel 1517 Selim I conquistò l'Egitto e A. entrò nell'orbita ottomana per rimanervi sino all'occupazione di Bonaparte nel 1798.
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