BENEDETTI, Alessandro
Nato a Legnago intorno al 1450, studiò medicina sotto la guida di A. Benivieni e di G. A. Merula, laureandosi a Padova nel 1475. L'educazione classicistica e il desiderio di approfondire la conoscenza degli antichi maestri della medicina furono probabilmente le ragioni che lo indussero a trascorrere in Grecia circa quindici anni, visitando le principali città e soggiornando a lungo a Candia, a Cidonia e a Modone.
Ricco di cultura tecnica e letteraria, nel 1490 il B., aderendo all'invito del Senato veneto, si stabilì a Padova per reggervi la cattedra di medicina pratica e di anatomia. Nel 1495, durante la campagna contro Carlo VIII, i provveditori Marco Trevisani e Luca Pisani gli affidarono l'incarico di medico capo dell'esercito confederato. Al seguito dell'armata il B. partecipò così alla fase conclusiva dell'impresa italiana di Carlo VIII, assistendo alla battaglia di Forriovo e poi all'assedio posto dai confederati a Novara, occupata dal duca di Orléans. Nel corso della campagna egli redasse una rapida relazione dell'intera vicenda, pubblicata poi dal Manuzio nel 1496 col titolo Diaria de bello Carolino.
Il B. non si limitava a riferire gli avvenimenti ai quali aveva direttamente partecipato, ma tentava una rapida storia della discesa francese, dai primi propositi di crociata di Carlo VIII sino alla conquista del Regno di Napoli e poi alle vicende diplomatiche e militari che avevano costretto il re a ritornare sui propri passi. Non è possibile stabilire se il B. avesse avuto dal governo veneto l'incarico ufficiale di redigere l'operetta; certo è che essa doveva essere in qualche modo ispirata dalle autorità venete, sia civili sia militari: tanto suggeriscono una sua lettera a Marin Sanuto ("in commentariis historiam redegimus, quani expectabis", scriveva il B. al diarista il 22 luglio 1495: v. M. Sanuto, La spedizione di Carlo VIII…, pp. 516 s.) e una lettera in appendice ai Diaria ai senatori Sebastiano Badoer e Girolamo Bernardi: "Contento della mia semplicità, detta i più concisamente che non avessi promesso quand'ero alla guerra; e le posi insieme con cura pari al diletto pur in mezzo a così gravi confusioni, perché non perisse, con non lieve torto ai posteri, la notizia di tanto immane calamità, ricacciata oltr'Alpe dalla subitanea forza dei Veneziani". Ma è soprattutto il tono propagandistico dell'operetta a confermare che essa dovette essere, se non ufficialmente, almeno ufficiosamente commissionata al B. dalle autorità venete: essa fornisce infatti su tutta la vicenda una versione estremamente compiacente per la Repubblica. In ogni caso i Diaria de bello Carolino costituiscono una delle fonti principali di parte italiana sull'episodio, sia perché gli stessi "détails mensongers" che il Delaborde lamentava (p. 646) sono significativi dell'atteggiamento veneziano, sia perché sull'ultima fase della campagna, quella conclusasi sotto le mura di Novara, la testimonianza del B. è praticamente insostituibile. L'opera fu ristampata, col titolo De bello Venetorum cum Carolo VIII Gallorum rege anno 1496 gesto libri II, in appendice a Rerum Venetarum ab urbe condita ad annum 1575 historia di P. Giustiniani, Argentorati 1611, e nuovamente in Corpus historicum medii aevi di J. G. von Eckart, Lipsiae 1723, col titolo De rebus a Carolo VIII Galliae rege in Italia gestis libri duo. Ma soprattutto i Diaria ebbero corso nella vivace traduzione toscana di Ludovico Domenichi, pubblicata a Venezia nel 1549 e intitolata Il fatto d'arme del Tarro fra i principi italiani et Carlo VIII, re di Francia, insieme con l'assedio di Novarra.
Le intenzioni del B. si scoprono sin dalla ironica presentazione del protagonista della vicenda, dei suoi deliranti progetti di conquista: "domate per le sue mani l'Hispagna, Lamagna, et l'Italia, facilmente la Grecia, l'Asia, la Soria, et l'Egitto l'havrebbono adorato come un Dio: et dopo acquistata Gierusalem, posta la corona in terra, et fatta riverenza al sepolchro di Christo, vincitore et triomphante sarebbe assunto in Cielo" (p. 4). II punto di vista veneziano durante la preparazione diplomatica dell'impresa è puntualmente riproposto nella condanna dei due partiti in conflitto, mentre le fosche tinte con le quali il B. riferisce i misfatti dei Francesi nel Regno conquistato preannunziano il deciso intervento diplomatico e militare di Venezia contro Carlo VIII. Ma è soprattutto nella descrizione della battaglia di Forriovo che la fantasia del B. fa appello a tutte le proprie risorse per esaltare il contributo militare veneziano e per trasformare il dubbio risultato dello scontro in una vittoria dei confederati. Così sembra un duro parto delle sue immaginazioni il cenno a un finale ritorno offensivo dei Veneziani contro le schiere in fuga dei Francesi, ovviamente rivolto a giustificare la tesi di una vittoria confederata ed il ruolo decisivo, in essa, delle armi della Repubblica.
Con ricchezza di particolari, e con maggiore veridicità, il B. descrive poi il saccheggio dei bagagli francesi ad opera degli stradioti e, dopo di loro, dei "guatteri e i saccomanni" e dei contadini discesi dalle colline di dove avevano assistito allo scontro; gli orrori del campo di battaglia disseminato dì morti; la faticosa ritirata dei Francesi sino ad Asti, e finalmente l'assedio di Novara, per il quale è il testimone più informato e attendibile.
Da buon lettore dei classici il B. ricorre spesso all'espediente di far parlare i protagonisti stessi della vicenda e l'umanista si rivela nei discorsi di Ludovico Sforza all'ambasciatore veneziano, negli incitamenti di Carlo ai suoi prima della battaglia del Taro, "con tanta eloquentia può essere tra gli huomini idiotti (percioché i principi francesi non fanno stima di lettere)" (p. 24 v.), nel discorso, infine, sconfortato e fiero ad un tempo, di Carlo costretto a riconoscersi vinto, nel quale il B. si lascia imprevedibilmente trascinare dal proprio gusto per l'oratoria elegante e pensosa sino a dimenticare i propri programmi denigratori e ad attribuire al personaggio una dignità nuova. Naturalmente egli non manca di rivelarsi uomo del tempo suo, dando credito ad ogni sorta di superstiziosa opinione, alle voci di prodigi profetici e ai dettami degli astrologi: "Gli astrologi in quel tempo havevano predetto - scrive in apertura dell'opera - che doveva venire una gran calamità in Italia; et che 'l re Ferdinando havrebbe perduto il regno senza sangue, ma con la fama sola; indovinando ciò per Saturno economo, Marte retrogrado, e 'l Sole horoscopo dell'anno che incominciava, et per l'ecclissi passato delle Stelle" (p. 4 v.). Conclusa la campagna, il B. riprese l'insegnamento a Padova. Il Sanuto, che fu con lui in rapporti di amicizia (il B. gli dedicò le sue Collectiones medicinae e il De observatione in pestilentia), trascrive nei Diarii (II, coll. 891 s.) una sua lettera del 30 giugno 1499: il B. risiedeva allora a Zara e riferiva di una incursione compiuta in quella città dai Turchi "qui per quatriduum universum pene agrum ferro ignique devastarunt" .
Il B. morì a Venezia il 31 ott. 1512.
Il maggior merito scientifico del B. fu quello di aver saputo suscitare un nuovo interesse per le ricerche anatomiche.
Le discipline mediche stavano subendo, nel sec. XV, un profondo rinnovamento, e in particolare l'anatomia cominciava a orientarsi decisamente verso un più rigoroso assetto scientifico. Tuttavia, l'esatta interpretazione delle espressioni morfologiche esaminate e l'acquisizione di nuove, fondamentali conoscenze, erano ostacolate dalla incondizionata aderenza ai testi e alle dottrine degli antichi autori, che ben pochi avevano l'ardire di criticare.
Chiamato alla cattedra, il B. seppe dare un nuovo impulso allo studio dell'anatomia, svolgendone l'insegnamento senza aderire ad alcun particolare indirizzo scientifico del tempo, sostenendo la necessità di estendere largamente le pratiche autoptiche. Le sue lezioni sulla costituzione del corpo umano richiamavano ogni volta un folto pubblico, tra cui anche l'imperatore Massimiliano I, il latinista Ermolao Barbaro, il filosofo Antonio Cornelio. Il B. fu, a ragione, ritenuto il fondatore della Scuola anatomica di Padova: a lui, infatti, si deve la realizzazione del primo anfiteatro anatomico costruito interamente in legno e smontabile; sua fu anche la proposta di estendere le autopsie, allora eseguite soltanto sui cadaveri dei giustiziati, anche a quelli dei morti per varie malattie.
Ricercatore, anatomista e patologo piuttosto che clinico, il B., tuttavia, rifuggì sempre dalla pratica della vivisezione spesso, a quei tempi, ancora eseguita sui criminali condannati a morte.
Quella coltivata dal B. non fu, in realtà, una anatomia pura, identificabile nell'odierna "anatomia umana normale", ma, aderente soprattutto ai criteri clinici e comprendente quindi la descrizione di vari orgam ammalati, ci appare oggi come una disciplina intermedia tra l'anatomia chirurgica e l'anatornia patologica. Invero, preoccupato d'indagare e descrivere le lesioni anatorniche indotte dalle varie malattie che osservava, egli mostrò di avvertire la necessità di quelle conoscenze anatomo-patologiche che soltanto due secoli più tardi G. B. Morgagni doveva definire, nel loro preciso inquadramento dottrinale, come indispensabili alla formazione scientifica del medico pratico. Osservatore attento e scrupoloso, il B., pur non giungendo a scoperte fondamentali, fu autore di pregevoli studi anatomici: descrisse le vie di deflusso della bile dalla cistifellea al duodeno, la colelitiasi, gli sbocchi delle ghiandole vulvo-vaginali (dette, più tardi, "ghiandole vestibolari maggiori del Bartholin"); notò la similitudine della congestione cerebrale successiva alla compressione delle giugulari, più volte da lui osservata nei cadaveri degli impiccati, con quella riscontrata negli individui deceduti per apoplessia; dimostrò erronea la credenza, allora largamente diffusa, che nel lato destro del ventre materno si generano i maschi e nel sinistro le femmine; osservò la secrezione mammaria nelle vergini; tentò, fra i primi, l'allestimento di preparati anatomici a secco di vasi, muscoli e nervi.
Il B. si distinse, inoltre, per l'accurato studio della sifilide, le cui alterazioni anatomo-patologiche ebbe modo di osservare sui soldati francesi e sui cadaveri dei luetici che ebbe il coraggio di sezionare: di tale malattia, che probabilmente distinse dalla blenorragia, mise in luce la natura infettiva e le modalità di contagio (peraltro, senza addebitare alle truppe francesi la colpa di averla introdotta in Italia, ma parlandone come di un morbo già noto), le alterazioni ossee distruttive non invadenti il periostio, la terapia basata sul mercurio e i danni che possono derivare, soprattutto ai denti, dal cattivo uso di tale medicamento.
Particolare menzione merita poi l'ottima conoscenza che il B. mostrò di avere delle ferite da arma da fuoco (pregevole la descrizione della ferita da archibugio riportata dal conte Nicolò Orsini da Pitigliano, dal B. inserita nei suoi Diaria), e la sua cura di esaminare accuratamente l'intera regione anatomica colpita, per accertare l'eventuale lesione di organi interni o di ossa.
Il B. eseguì, inoltre, interventi di litotripsia e di rinoplastica, e rivendicò al suo maestro, G. A. Merula, la priorità dell'artificio di legare i denti artificiali con fili d'oro per migliorare la pronuncia.
Il B. fu autore di alcune opere mediche di un certo rilievo, pubblicate e studiate in Italia e all'estero, anche dopo la sua morte. Tra queste, la Historia corporis humani..., che vide la luce in diverse edizioni, fu certamente la più importante: in essa egli espose le proprie conoscenze anatomiche in cinque libri, neì quali suddivise la descrizione dei vari organi e apparati (parti esterne del corpo umano; visceri addominali; visceri toracici; cranio; vene, muscoli, ossa, nervi).
Elenco delle opere mediche:
De observatione in pestilentia, Venetiis 1493; l'opera ebbe varie edizioni: Bononie 1516 (inserita nel Plinii Secundi Aureum opus 7...) Parisiis 1528 (con Rhazes... de ratione curandi pestilentia, di Muhammad Ibn Zakariya), e, col titolo De pestilenti febre liber, Romae 1490 e Basileae 1531 (con De peste brittannica commentariolus, di J. Schiller); Collectiones medícinae: pubblicata per la prima volta probabilmente nel 1493 a Venezia con l'intestazione "Alexander Benedictus Veronensis Physicus Marco Sannuto Veneto patricio... S. D. Collectiones medicinae...", e ristampata con Medicinalium Observationum exempla rara. Accessere et alia quaedam..., di R. Dodoens, Hardervici 1521 e Coloniae 1581, l'opera fu successivamente pubblicata con altri scritti del Benedetti; Anatomice, sive de Historia corporis humani libri quinque Venetiis 1493, e successive altre edizioni fino all'anno 1502; in seguito l'Historia venne ristampata, insieme con altre opere, sotto titoli differenti: Anatomices liber primus - quintus. Collectiones medicinales (probabilmente Venezia 1505); A. B. Anatomice, sive Historia corporis humani. Eiusdem collectiones medicinales seu aforismi, Parisiis 1527; A. B. Anatomice, sive de hystoria corporis humani libri quinque. Eiusdem aphorismorum liber. Aphorismi Damascaeni. Hippocratis iusiurandum, Argentorati 1528; Historiae corporis humani libros quinque, De pestilentia librum unum, & Collectionum medicinalium libellum, Venetiis 1533; Omnium a vertice ad calcem morborum signa, causae, indicationes & remediorum compositiones, utendique rationes, generatim libris XXX conscripta. Praeterea Aphorismorum de Medici atque aegri officio lib. I. De pestilentiae causis, praeservatione, & auxiliorum materia lib. Humani corporis Anatome tractata lib. V, Venetiis 1535, e poi Basileae 1539.
L'intera opera medica del B. fu successivamente pubblicata e commentata da M. Hopperus: De re medica opus insigne... Omnia nunc postremum diligentiori cura recognita & anatome, tractata lib. V, Basileae 1539.
Il B. fu inoltre autore di un commento alla Storia naturale di C. Plinio Secondo, stampato più Volte: C. Plinii Secundi Veronensis historiae naturalis Libri XXXVII ab Alexandro Benedicto Ve. physico emendatiores redditi, Venetiis 1507; C. Plinii Secundi Veronensis Historiae Naturalis. Libri decem et septem, primi voluminis (libri decem et octo secundi voluminis) ab A. Benedicto Ve. Physico emendatiores redditi, Lugduni 1510; C. Plinii Secundi Veronensis historiae naturalis Libri XXXVII aptissimis figuris exculti ab A. Benedicto Ve. physico emendatiores redditi, Venetiis 1513.
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, La spediz. di Carlo VIII in Italia, a cura di L. Fulin, Venezia 1873, pp. 55 s.; Id., Diarii, II, Venezia 1879, coll. 891 s.; XV, ibid. 1886, col. 283; J. Astruc, De morbis venereis libri novem, II, I, s, Venetiis 1760, pp. 21-24; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 86 s.; A. von Haller, Bibliotheca anatomica, I, Tiguri 1774, pp. 166 s.; Id., Bibliotheca chirurgica, I, Bernae et Basileae 1774, pp. 174 s.; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, II, Napoli 1845, passim, pp. 337-456; III, ibid. 1845, p. 673; A. Hirsch, Biographisches Lex. der hervorragenden Aerzte, I, Wien und Leipzig 1884, p. 389; H. F. Delaborde, L'expéd. de Charles VIII en Italie, Paris 1888, p. 646; E. Solmi, Le fonti dei manoscritti di Leonardo da Vinci, in Giorn. stor. d. letter. ital., suppl. 10-11 (1908), pp. 93-95; R. Massalongo, A. B. e la medicina veneta nel quattrocento, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, LXXVI, 2 (1916-17), pp. 197-259; A. Casarini, Medici, militari, letterati, Poeti, artisti, II, A. B. (... 1525), in Giorn. di medicina militare, 89 (1941), pp. 201-204; A. Pazzini, Storia della medicina, Milano 1947, I, pp. 614, 671, 706, 708, 754; II, p. 179; G. Lambertini, A. B. medico e anatomico, estratto da Il contributo veronese alle scienze mediche, numero speciale de Il Fracastoro, Verona [1949], pp. 16, 63-68; E. Pellegrini, Appunti per una storia del pensiero medico veronese, ibid., pp. 16, 18-20; A. Visconti, Storia dell'univers. di Ferrara (1391-1950), Bologna 1950, p. 141; L. Thorndike, A History of magic and experimental Science, V, New York 1951, pp. 454, 501, 612; VI, ibid. 1951, p. 353; P. Pieri, Il Rinascimento e la crisi militare italiana, Torino 1952, pp. 342 ss.; G. De Bertolis, A. B.: il primo teatro anatomico padovano, in Acta Medicae Historiae Patavina, III (1956-57), pp. 1-13; C. F. Bühler, Stop-press and manuscript corrections in the Aldine edition of Benedetti's Diaria de bello carolino, New York 1949, in Papers of the Bibliographical Society of America, XLIII (1949), estr.; Encicl. medica ital., I, col. 1009, sub voce Anatomia patologica; VIII, col. 1833, sub voce Sifilide; Enc. Ital., III, p. 117, sub voce Anatomia.