BIGNI (Begni, de Bignis), Alessandro
Figlio di Cristoforo, nacque a Nembro, nel Bergamasco, e fu attivo come intagliatore e intarsiatore in Emilia e nel Veneto nella prima metà del sec. XVI. Particolarmente stimato dallo Zani e più, pare, dai contemporanei, non ebbe sorte di lasciare ai posteri molte delle sue opere, alcune delle quali eseguite in collaborazione con il fratello Iacopo. Sopravvissero tuttavia parecchie testimonianze documentarie; più che i critici si occuparono dunque di lui gli storici, pur trattandosi di autore rinascimentale di buona formazione.
Nel 1512 lo sappiamo a Bologna al lavoro per l'altare-tabernacolo nell'oratorio di S. Maria degli Angeli che, di costruzione quattrocentesca, fu riedificato nel 1900; lavorava per la stessa Compagnia ancora nel 1525 (v. F. Malaguzzi-Valeri, 1901). Sempre in Emilia, nel 1521, firma col fratello la cornice alla pala dell'altar maggiore della collegiata di Mirandola; nel 1525, da solo, la cornice dell'altar maggiore in S. Michele di Bagnacavallo. Fra il 1532 e il 1536 cade l'opera del coro di S. Mercuriale di Forlì a doppio ordine di stalli in legno intagliato e intarsiato (tuttora esistente). Già nel 1534 è attestata la presenza del B. a Venezia: è conservato il coro intagliato del S. Michele in Isola, presso Murano, opera firmata il 6 sett. 1534 e restaurata nel 1699 da Giacinto Savorino, che vi aggiunse di suo il leggio. Al periodo veneziano, così iniziato, si riferiscono diverse documentazioni: dal testamento del 27 sett. 1534 (in Paoletti, doc. 176) al contratto in data 26 ott. 1536 "in Venezia" per la costruzione dell'ora scomparso coro della Scuola della Carità (Paoletti). Da questo documento si ricava che la residenza del B. dovette rimanere anche in questi anni Bologna, come una lettera pubblicata dal Gaye, senza data, sembra confermare, indirizzata ai fabbricieri di S. Petronio e scritta in Bologna dal B. e da Andrea da Formigine.
Il soggiorno e l'attività in Emilia furono comunque ripresi con certezza dopo il 1539, ed il B. è documentato come presente a Ravenna fra il 1541 e il 1543 per il coro di S. Vitale, ora in S. Agata Maggiore, opera comunque eseguita mentre l'autore dichiarava di abitare in Forlì (C. Ricci, 1902). Pare che le ultime tracce della sua presenza si ritrovino, poco dopo la metà del secolo, in Bologna.
Le sue strutture intagliate son di trapasso fra Quattro e Cinquecento con alcune reminiscenze tardogotiche nei lavori di traforo, come nel coro di S. Michele in Isola (Murano), dovute tuttavia più al rispetto della tradizione che ad un mancato aggiornamento. Il che è confermato dai dossali intarsiati (bicromi) assai liberi e moderni nelle parti figurate ed invece capricciosamente tardogotici o protorinascimentali negli intrecci e nei pannelli puramente ornamentali. Né manca, nel tempo, un sempre più netto accostamento al gusto più solenne dell'arte cinquecentesca.
Fonti e Bibl.: G. Gaye,Carteggio ined. di artisti dei secc. XIV,XV,XVI..., III, Firenze 1840, p. 548; [M. A. Michiel],Notizia d'opere di disegno..., pubbl. e ill. da D. J. Morelli, a cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, p. 236 (il Morelli scrive Bregaio, ciò che ha indotto in errore sia lo Zani sia il Frizzoni, che legge invece Bregno); G. A. Moschini,Guida di Venezia, II, Venezia 1815, pp. 402, 564; P. Zani,Enc. metodica..., Parma 1820, I, 4, p. 59; 5, p. 29 (sub voce Bregaio); M. Caffi,I Begni di Nembro, in Arte e Storia, VII (1888), pp. 52 s.; P. Paoletti,Architett. e scultura del Rinascimento in Venezia, I, Venezia 1893, pp. 128 s., doc. 176; F. Malaguzzi-Valeri,Qualcosa sugli intagliatori in Emilia, in Rass. d'arte, I (1901), p. 26; C. Ricci,Le tarsie marmoree dell'abside di S. Vitale di Ravenna,ibid., II (1902), p. 46; G. Lorenzetti,Venezia e il suo estuario, Roma 1956, pp. 785, 859; P. V. Meneghin,S. Michele in Isola di Venezia, Venezia 1962, p. 327; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, IV, p. 22.