BONACOSSI, Alessandro
Nato a Ferrara il 6 nov. 1771 dal conte Pinamonte e da Giulia Cittadella, aderì ai principi propagandati dai giacobini italiani e dall'armata rivoluzionaria francese. Nel luglio 1797 faceva parte della delegazione recatasi a Milano dal Bonaparte per chiedere l'unione di Ferrara, invece che alla Repubblica cisalpina, a quella di Venezia; l'anno successivo pubblicava, a Ferrara, un Discorso pronunciato nel Circolo costituzionale cittadino sull'utilità morale e materiale della guardia nazionale, nella quale rivestiva allora il grado di maggiore. Nel 1801, quale notabile del dipartimento del Basso Po, prese parte ai conxizi di Lione, in rappresentanza del collegio dei possidenti; da Lione si trasferì a Parigi, impiegato presso la Cancelleria della legazione italiana, ed a Parigi si trovava ancora nel 1805.
Nel 1808 entrò nell'esercito del Regno italico, ottenendo il grado di tenente nella reale guardia d'Onore; l'anno successivo partecipò alla campagna che culminò con la vittoria di Wagram, segnalandosi nella battaglia della Raab, dove ottenne la legione d'Onore. Nel 1812, trovandosi a Ferrara presso la farniglia, partecipò alle sedute del collegio elettorale. Caposquadrone dei dragoni della regina, fece la campagna del 1813-1814, partecipò ai combattimenti nelle Provincie illiriche e nella pianura veneta, conseguendo la croce di ferro nella battaglia del Mincio.
Dopo il crollo del Regno italico e la restaurazione dello Stato pontificio, abbandonò l'esercito. Riassunto in servizio nell'esercito pontificio nel 1816 col grado di capitano, l'anno successivo divenne tenente colonnello dei carabinieri pontifici nello squadrone "Marche". Nel 1819 era capo superiore della gendarmeria pontificia nelle Legazioni. Per motivi di cui nulla sappiamo, ma che non gli impediranno di godere nel 1833 del perdono di Gregorio XVI, nel gennaio 1821 abbandonò illegalmente l'esercito e cercò un rifugio in Spagna. Qui presentò alle Cortes un Progetto per estirpare la mendicità e la questua, che dieci anni dopo ripresentò al governo francese con uguale risultato negativo. Rientrato in Francia con il falso nome di Alessandro Bermudez, entrò in contatto con gli esuli italiani, aderendo al gruppo latomistico capeggiato da F. Buonarroti. Intorno al 1831 viveva nei pressi di Parigi, a Batignolles. Risale a quel periodo il Nuovo catechismo del 1831, un manifesto clandestino di quattro pagine, pubblicato in formato e stampa microscopici, per facilitarne l'introduzione in Italia.
In esso vengono affermati i principi di libertà di coscienza, di stampa, di diritto di associazione, nonché quello fondamentale di un governo repubblicano. Né manca un vago accenno socialisteggiante: alla domanda "Quali sono i buoni governi?" la risposta è: "Quelli che si occupano del bene generale, e non d'una classe particolare". L'introduzione di questo foglio in Lombardia, attraverso la Svizzera, destò non poche preoccupazioni nella polizia austriaca.
Il B. venne così ad inserirsi nel contrasto fra carboneria e Giovine Italia, fra Mazzini e Buonarroti. Difatti nel 1832 lo troviamo a Marsiglia come esponente dei Veri Italiani e come direttore de L'Amico del popolo italiano. Raccolta di scritti destinati alla rigenerazione d'Italia (i 3 numeri usciti sono presso la Biblioteca Carducciana di Bologna). Il foglio, destinato a fare da contraltare al periodico mazziniano, raccoglieva intorno a sé le opinioni variamente sfumate della vecchia opposizione carbonara, tuttora legata alla cospirazione europea e desiderosa quindi di sottomettere anche la rivoluzione italiana alle direttive del misterioso Comité Directeur che aveva sede a Parigi. Da qui il disprezzo del Mazzini per il B., accresciuto non solo dal sospetto di bonapartismo, ma anche dal fatto che questi fu erroneamente accusato di essere il compilatore dell'opuscolo Cenni storici sugli avvenimenti d'Italia nel 1831, uscito proprio in quei giorni, che conteneva alcune insinuazioni tutt'altro che benevole nei confronti di Ciro Menotti. Il B., su richiesta di Celeste Menotti, non ebbe difficoltà a dare pubblica smentita che l'opuscolo fosse opera sua, ed a dichiarare apertamente il suo rispetto per la memoria "d'un martyr de la liberté de notre patrie". Ciò non valse a dissipare del tutto il sentimento di prevenzione che il Mazzini nutriva nei suoi confronti.
Tra il 1827 e il 1830 il B., valendosi di documenti allora difficilmente reperibili e di varie testimonianze orali, aveva pubblicato a Bruxelles i Commentari di Napoleone e successivamente (1830) in Italia un Compendio storico della rivoluzione di Parigi, di cui era stato testimone oculare, auspicando una soluzione bonapartista del moto. Nel frattempo aveva sposato in seconde nozze la marchesa Barbara Felici, da cui nel 1832 ebbe un figlio, Alessandro, morto ad Ancona nel 1875.
Dopo la definitiva chiusura della parentesi rivoluzionaria e dopo il fallimento dei moti mazziniani, il B. soggiornò in varie località della Francia, tra cui Nimes, Marsiglia, Parigi, Bordeaux. Nel 1845 fece un viaggio in Inghilterra, dove s'interessò agli oggetti ed ai documenti cinesi conservati al British Museum: ne nacque il volume di carattere divulgativo, stampato a Parigi nel 1847, La Chine et les Chinois. In quello stesso anno, probabilmente in seguito all'indulto promulgato da Pio IX, rientrò in Italia e si recò a Roma per chiedere al pontefice la riammissione al godimento della pensione, che però non ottenne. In quel tempo pubblicò un breve opuscolo Sulla difesa di Venezia. Opinione del colonnello P. offerta al generale Antonini (Venezia 1848) ed una lettera aperta Il tenente colonnello B. ai Ferraresi (s. l. 1848) in cui lamenta che il governo papale gli avesse rifiutato il grado di capo di Stato Maggiore del generale Durando, cui pensava di avere diritto per il suo passato militare e per la sua qualità di cittadino dello Stato pontificio.
Morì a Firenze il 26 nov. 1851.
Fonti e Bibl.: Presso la Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara si trovano i seguenti manoscritti autografi: Progetto per estirpare dalla Francia la mendicità..., 1832, con varie notizie autobiografiche (ms. Classe I, 414); Tavola dei Bonacossi di Mantova, dall'opera delle famiglie italiane del Litta, con vari commenti autografi del B. (ms. Antonelli 90); una Lettera di A. B. a Giuseppe Antonelli, bibliotecario della Università di Ferrara, 16 ott. 1843 (Coll. Autografi, n. 453); Commentari di Napoleone, 8 voll. (s. d., ma Bruxelles 1827-1828; il primo volumetto contiene all'inizio alcune carte con notizie biografiche autografe); Compendio storico della rivoluzione di Parigi, Italia 1830, con carte con notizie autobiografiche ed autografe; La Chine..., Paris 1847, con all'inizio carte con notizie biografiche ed autografe.
Si veda inoltre: Per le nozze del nobil uomo A. B. con la nobil donna Paolina da Lezze, patrizia veneta, Parma 1800, raccolta di prose e Poesie cui collaborarono, fra gli altri, M. Cesarotti ed I. Pindemonte; R. Barbiera, Passioni del Risorgimento, Milano 1903, pp. 169 ss.; T. Casini, L'Amico del Popolo Italiano, in Arch. emil. del Risorg. naz., XXX (1908), 7-8, pp. 225 ss.; Gli ufficiali del Periodo napoleonico nati nello Stato Pontificio, Milano-Roma-Napoli 1914, ad Indicem; A. Sorbelli, L'amico del Popolo Italiano, in Rass. stor. del Risorg., XI (1924), pp. 603-623; A, Sautto, A. B., in Corriere Padano, 27 marzo 1926; A. Saitta, Filippo Buonarroti, Roma 1950-1951, ad Indicem; A. Galante Garrone, Filippo Buonarroti ed i rivoluzionari dell'Ottocento, Torino 1951, ad Indicem; S. Mastellone, Mazzini e la Giovane Italia, Pisa 1960, ad Indicem.