BORGHESE, Alessandro
Figlio di Borghese, che fu tra i maggiori protagonisti della vita politica senese della seconda metà del sec. XV, nacque a Siena, in data imprecisabile. Come era tradizione nella sua famiglia, si rivolse alla professione forense, che esercitò per tutta la vita con notevole fortuna. Secondo l'Ugurgieri Azzolini, ebbe anche la carica di giudice civile presso i tribunali di Ancona e di Bologna, ma non è possibile stabilire in quali date e per quanto tempo la esercitasse. Maggiori notizie si hanno sulla sua attività politica, dalle quali il B., specialmente per il periodo di governo di Pandolfo Petrucci, risulta tra gli esponenti più responsabili della politica senese, più volte incaricato, nei momenti cruciali della situazione internazionale, di missioni diplomatiche della maggiore importanza.
Sin quasi alla morte del padre - avvenuta nel 1490 - il B. appare raramente in primo piano sulla scena politica, come era del resto naturale per la logica familiare e consortile della vita politica senese. Già nel giugno del 1479, però, nel momento in cui la fazione magnatizia del monte dei Nove - alla quale appunto apparteneva la famiglia Borghese - riprendeva il sopravvento in Siena con l'appoggio di Alfonso d'Aragona, il B. fu chiamato a far parte della rappresentanza novesca nel Consiglio del popolo, segno indubbio, questo, del ruolo di primo piano che gli riservava sin da allora la sua parte politica.
La prima missione diplomatica affidata al B. è l'ambasceria per l'obbedienza al nuovo pontefice Alessandro VI, nell'ottobre del 1492: un incarico prestigioso, sia in sé sia per la scelta, insieme con il B., di Leonardo Bellanti, Mariano Chigi e Bartolomeo Sozzini, alcuni tra i più influenti personaggi senesi del tempo. Subito dopo il B. comincia ad orientare la sua azione politica in senso favorevole a Pandolfo Petrucci, prendendo posizione in suo favore nel duro contrasto che oppose il futuro signore di Siena a una parte numerosa ed autorevole della fazione novesca, alla quale lo stesso Pandolfo apparteneva. E l'adesione del B. non appare, quale fu quella di tanti altri partigiani del Petrucci, come la rassegnata sottomissione ad una egemonia politica ormai inarrestabile, né un effetto dei benefici economici che Pandolfo soleva dispensare per aumentare la sua clientela, ma piuttosto come il consapevole assenso ad un programma politico che proponeva la Signoria quale solo strumento capace di stabilire una intesa abbastanza larga e consistente tra le varie fazioni cittadine, e quindi di dare all'istituto statale quella continuità e solidità che erano sin lì sempre mancate.
Questo programma incontrò negli ultimi anni del secolo una resistenza così decisa e intransigente da parte dei gruppi più esclusivi della fazione novesca al potere, sempre orientati a considerare la sopraffaziorie violenta come l'unico rapporto possibile con le fazioni avversarie, che il contrasto - secondo una prassi tradizionale nei conflitti faziosi - finì per uscire dall'ambito cittadino, proiettandosi sulle prospettive di politica estera della Repubblica. Così, laddove il Petrucci e i suoi partigiani, tra i quali emergeva sempre più autorevolmente il B., si orientavano decisamente verso l'alleanza con la Repubblica fiorentina, proponendo, mentre Firenze era impegnata nella guerra di Pisa, una tregua che regolasse gli antichi contrasti, i loro oppositori, capeggiati da Niccolò Borghese e Leonardo Bellanti, insistevano sui motivi di antagonismo con i Fiorentini e tentavano anzi di approfondire gli antichi dissidi insistendo sulle vecchie rivendicazioni territoriali, fiancheggiando le velleità restauratrici di Piero de' Medici e proponendo esplicitamente l'alleanza con i Pisani e i Veneziani.
In questa situazione l'invio a Roma del B., ormai considerato, secondo una fonte contemporanea, uno tra gli "huomini di autorità et amicissimi a Pandolfo" (Mondolfo, p. 54), dimostra che egli contribuì in maniera notevole a far trionfare nella Balia le proposte diplomatiche del Petrucci, proprio perché era uso che gli esponenti politici si assumessero direttamente la realizzazione dei programmi che caldeggiavano; il suo compito era di richiedere l'intervento mediatore di Alessandro VI perché si potesse finalmente arrivare alla conclusione della tregua, mentre a Milano, con una analoga missione presso Ludovico Sforza era stato mandato il maggior consigliere del Petrucci, Antonio da Venafro, segno anche questo che il B. faceva parte ormai della cerchia più ristretta dei collaboratori di Pandolfo.
Già l'anno successivo, del resto, quando il Petrucci si era ormai drasticamente sbarazzato dei suoi più ostinati e pericolosi oppositori, il B. era tra i sottoscrittori delle capitolazioni che davano alla signoria di fatto di Pandolfo una qualche veste giuridica, anche se in realtà si trattava soltanto di un accordo tra privati.
Nel maggio di questo stesso anno 1500 il governo senese attribuì al B. una nuova importante ambasceria, inviandolo insieme con Gerolamo Sergardi a Milano, presso il cardinale di Rouen Giorgio d'Amboise, massimo esponente della politica francese in Italia. L'ambasceria era una risposta all'invito fatto pervenire al governo senese, nel precedente mese di aprile, daLuigi XII, nuovo signore di Milano, ad eliminare ogni ragione di contrasto con Firenze, restituendole Montepulciano, che da vari anni era la più grave materia di contrasto tra le due repubbliche toscane. Il B. ed il suo compagno dovevano ricordare al rappresentante del re l'impegno preso da Luigi XII di difendere Siena da ogni attacco o pretesa altrui: ma la replica negativa del cardinale stava chiaramente a dimostrare che i Francesi erano ormai decisi a sacrificare gli alleati senesi all'amicizia dei Fiorentini, ritenuta essenziale al progetto, ormai in avanzata preparazione, di una spedizione nel Regno di Napoli.
Non si hanno notizie sull'attività del B. sino al 1512, alla morte cioè di Pandolfo Petrucci, quando si pose al vecchio gruppo di governo senese il problema della successione: il B. fu tra coloro che rinnovarono le capitolazioni stipulate nel 1500 in favore del figlio di Pandolfo, Borghese Petrucci, che avrebbe infatti per breve tempo governato la città col sostegno esterno del fratello, il cardinale Alfonso, divenuto assai influente alla corte di Roma.
In questo anno furono affidate al B. altre due importanti incombenze diplomatiche: fu dapprima a Prato, in qualità di oratore presso il comandante dell'esercito imperiale Ramón de Cardona, viceré di Napoli, per tentare di moderarne la pretesa di obbligare Siena a una grossa contribuzione per la guerra antifrancese. Tornato da questa missione, il B. fu inviato a Roma, insieme con Antonio da Venafro, Domenico Placidi e Giovanni Palmieri, per discutere con Giulio II le prospettive della guerra contro la Francia, nell'ambigua situazione conseguente alla battaglia di Ravenna, e per trattare le questioni politiche e finanziarie relative alla partecipazione di Siena alla lega antifrancese.
Tra le altre richieste che il pontefice fece al B. ed ai suoi compagni era quella che il governo senese arrestasse il duca di Ferrara Alfonso I d'Este, rifugiatosi a Siena dopo la sua fuga da Roma seguita alle trattative di pace con la S. Sede. Ma le assicurazioni date in proposito al papa dagli inviati senesi dovevano essere smentite da Borghese e da Alfonso Petrucci, i quali preferirono che il duca si allontanasse indisturbato dalla loro città.
Si ignora la data della morte del Borghese. Di un suo figlio, Borghese Borghese, si ha una breve notizia, datata in Siena "nel fondaco de Borghesi" il 25 sett. 1525, secondo la quale acquistava da un Francesco d'Alessandro Ciglioni, cittadino senese, un "albergo... denominato ``El Camello'' per il prezzo di fiorini 640"; il 1º marzo dell'anno successivo, tuttavia, lo stesso Borghese dichiarava davanti ad un notaio di aver fatto l'acquisto per conto di Niccolò di Bernardino di Niccolò Borghesi (U. Morandi, Le pergamene Borghesi conservate nell'archivio privato Sergardi-Biringucci, in Rassegna degli Archivi di Stato, XXV [1965], p. 67)
Fonti e Bibl.: A. Allegretti, Diari delle cose sanesi del suo tempo, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Script., XXIII, Mediolani 1733, coll.804, 826; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, p. 446; II, pp. 58, 61; G. A. Pecci, Mem. storico-critiche della città di Siena, I, Siena 1755, pp. s s.; N. Borghese, Vita di santa Caterina da Siena... aggiuntovi l'elenco degli uomini illustri dell'eccellentissima Casa Borghese, a cura di R. Luttazi, Roma s.d. (ma 1869), pp. 77; G. Mondolfo, P.Petrucci signore di Siena, Siena 1899, pp. 54, 56.