CACCIATORE, Alessandro
Figlio di Didaco e di Veronica Gualberti, nacque a Milano probabilmente intorno al 1630.
Entrato nell'Ordine degli agostiniani scalzi nel 1651, vi assunse il nome di Eustachio di S. Ubaldo. Studiò a Milano e a Roma, quindi insegnò teologia a Milano, a Genova e a Roma. A Milano fu anche consultore del S. Uffizio, e inoltre provinciale e visitatore generale dell'Ordine. Autore di apprezzati Discorsi sacri (2 voll., Roma 1665) e di Sacri trattenimenti per i popoli divoti (Milano s.d.), il C. fu soprattutto un erudito e uno storico di formazione e di tradizione premaurina, vicino, per inclinazione e preparazione, più al Puricelli che non al giovane Muratori, con il quale pure entrò in diretto contatto. Nel 1661 pubblicò a Milano una raccolta di Quodlibeta regularia (riedita sempre a Milano nel 1691), nei quali tracciò una vera e propria storia dell'Ordine agostiniano e dei suoi ordinamenti, divisa per argomenti, e intese sostenere che s. Agostino fu monaco; non mancano nell'opera, farcita di vasta erudizione patristica, accenni alla preminenza rigoristica della regola degli agostiniani scalzi. Dall'esame degli statuti dell'Ordine il C. allargò successivamente i suoi interessi allo studio della liturgia ambrosiana, che affrontò nell'opera De Dei benedictione commentariolus (Milano 1695), nella quale sono contenute due dissertazioni particolari sulle origini del Te Deum, da lui attribuito congiuntamente a s. Agostino e a s. Ambrogio, e sul canto ambrosiano.
Per la stesura dell'opera il C. utilizzò anche la cosiddetta Datiana Historia, da lui decisamente attribuita al secolo VI ed a s. Dazio vescovo di Milano. L'antichità dell'Historia costituiva un elemento di grande importanza per il C., impegnato allora nella preparazione di un'opera di carattere più generale riguardante la preminenza della sede vescovile milanese rispetto a quella di Pavia. Ma a controbattere le sue affermazioni (pure ampiamente riprese nel frattempo da B. Bacchini nel suo Giornale de' letterati dell'anno 1696, Modena 1697, pp. 109-116) insorse il Muratori in una dissertazione dal titolo De antiquo iure metropolitae Mediolanensis in episcopum Ticinensem, edita nei suoi Anecdota… ex Ambrosianae Bibliothecae codicibus…(I, Mediolani 1697, pp. 221-246), e dedicata, con molte lodi, al C., in cui si sosteneva essere l'opera da attribuire piuttosto al cronista milanese Landolfo seniore (tesi ripresa poi dallo stesso Muratori, dopo la morte del C., in Rer. Ital. Script.IV, Mediolani 1723, coll. 51-54; cfr. anche F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300. La Lombardia, I, Milano, Firenze 1913, pp. 661-717, ove peraltro il C. non è ricordato).
Due anni appresso il C. pubblicò la sua maggiore e più matura opera erudita, dedicata appunto alla rivendicazione delle origini apostoliche della Chiesa milanese e della sua preminenza su quella pavese e anche su quella ravennate (De Metropoli Mediolanensi dissertatio…, pubblicata a Milano nel 1699).
Ivi il materiale utilizzato è assai vasto e va dalle antiche cronache locali alle storie di T. Calco e di B. Corio, dai codici dell'Ambrosiana ai documenti degli archivi cittadini, sino alle opere moderne del Puricelli, dell'Ughelli, del Mabillon, e agli appunti forniti direttamente al C. dal defunto prefetto dell'Ambrosiana P. P. Bosca. L'intera trattazione del C., anche se basata su principi metodici razionali (cfr. p. 14), è però falsata dal pregiudizio campanilistico, che nasceva e traeva alimento nelle vaste e complesse contese ecclesiologiche e religiose del tempo, e che indusse l'autore non soltanto a sostenere di nuovo l'antichità della Datiana Historia e la ormai improponibile fondazione della Chiesa milanese per opera di s. Barnaba apostolo, ma anche ad affermare la falsità di alcuni documenti, sicuramente fededegni (pp. 276-285, 316-327), e a proporre al contrario la genuinità di altri assai dubbi (pp. 219-227). Proprio nel campo della critica diplomatica, infatti, il C., erede di una vecchia erudizione prevalentemente ecclesiastica e libresca ormai superata dai tempi e dai metodi della nuova storiografia, mostrava i limiti della sua preparazione ed autorizzava così il Muratori a rinunciare addirittura ad ogni replica diretta.
Raccoglitore di manoscritti e proprietario di una ricca biblioteca, il C. morì a Milano nel monastero dei SS. Cosma e Damiano, oggi non più esistente, nel 1700. Rimasero manoscritte di lui alcune opere elencate dall'Argelati (p. 255), tra cui dissertazioni sulle elezioni pontificali e sul concilio di Trento.
Bibl.:F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, pp. 254 s.;J. F. Ossinger, Bibliotheca Augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1776, pp. 916 s.; P. F. Kehr, Italia pontificia, VI, 1, Berolini 1913, pp. 46, 175; D. A. Perini, Bibliographia Augustiniana, Firenze s.d. (ma 1929), pp. 164 s.; S. Bertelli, Erudizione e storia in L. A. Muratori, Napoli 1960, pp. 30, 32, 36, 44, 47, 71.