CALLEGARI (Calegari), Alessandro
Figlio di Santo Callegari il Vecchio, fratello di Antonio, nacque a Brescia nei primi anni del secolo XVIII.
Non molto poté apprendere dal padre che si sa morto nel 1717, ed ebbe come maestro nella scultura il fratello maggiore Antonio, del quale fu collaboratore in molti lavori, tanto che alcuni, quelli di Manerbio per esempio, in parte almeno furono pagati ai due fratelli, indistintamente. S'aggiunga che un sacerdote manerbiese loro contemporaneo, un certo don Tenchini, scrive dei due fratelli: "Due fronti in un sol Nume e un Giano approva / Tal Brescia ha due fratelli e mostra un Fidia" (cit. in Guerrini, p. 161).
Detto questo, rimane la grande difficoltà di discernere nelle varie opere la mano di Antonio da quella di Alessandro, pur deducendosi dalla testimonianza dei contemporanei e dalle firme di alcune statue che dei due fratelli migliore assai era Antonio. Da notizie di un attento biografo, il Carboni (Notizie istoriche), sappiamo però che dopo la morte del padre, il C., "perché non poteva arrivare a quel grado che desiderava", si recò in Germania dove prese moglie e lavorò per lungo tempo. Tornato a Brescia, molto lavorò. Si può supporre, argomentando da pagamenti, che la permanenza in Germania non si sia protratta oltre il 1756, anno dei lavori di Manerbio. Dove sia stato in Germania, per ora non si sa, né vi sono tracce di opere sue.
Dalle opere che gli sono attribuite cm certezza, si può pensare che, pur operando nell'orbita del fratello, non ne avesse né restro né la finezza tecnica. Perduta la maggior parte delle sculture di S. Alessandro (restano solo dei Putti all'altare della Madonna nella sacrestia) e tutte quelle di S. Clemente, possiamo giudicare l'arte del C. sia dall'altare della Madonna cosiddetta del "Tabarrino" in S. Giovanni a Brescia che da due statue di Vescovi, firmate e datate 1761, che si trovano nella parrocchiale di Piedicastello, un sobborgo di Trento.
L'altare bresciano consta di un gran drappo marmoreo, con molti putti bizzarramente disposti sopra e fuori e dentro il drappo stesso, o sulle nubi che lo accompagnano. Il complesso denota viva fantasia, non senza ricordi da quadri del Moretto dove i putti sono disposti in modo simile. Il modellato di questi angeli, come di quelli di S. Alessandro, è spesso secco e duro; nei volti manca la ricerca espressiva del fratello. Il bassorilievo dell'altare, la Fuga in Egitto, è piuttosto monotono nella composizione, anche se non manca di sensibilità luministica e di perizia tecnica.
Le altre opere che specificamente vengono attribuite al C. non sono di alcun rilievo; genericamente decorative le statue delle Artiliberali e i Putti sulla cimasa della Biblioteca Queriniana di Brescia; di ugual qualità, se è suo, è il Nettuno col delfino del giardino Suardi, in via Trieste a Brescia; non troppo migliore l'Angelo sulla facciata della chiesa della Carità in Brescia.
Le statue di Piedicastello, poi, scolpite nel 1761, con molte altre ora disperse a Trento e a Rovereto secondo S. Weber (Artisti trentini…, Trento 1933, p. 57), avrebbero avuto influenza sugli scultori trentini del tempo: sono caratterizzati da una dura geometria, specie nel panneggio che s'allarga a rombo e mostra di ricordare, alla lontana, le statue del fratello nella cattedrale di Brescia.
Il C. morì a Brescia probabilmente intorno al 1770.
Dei suoi figli Giovanni Battista, Gaetano e Paolo, sappiamo solo il nome e che furono scultori e collaboratori del padre e dello zio Antonio. Di Gelfino invece si sa che portò a termine e ricevette il pagamento (1782) di quattro statue per il duomo di Bergamo: S. Pietro e S. Paolo, già commissionate a Santo il Giovane, S. GiacomoMinore e S. Giacomo Maggiore (Pinetti, p. 60). Quest'ultima, per la genialità del modellato e l'espressione, per il vigore dell'atteggiamento, richiama assai da vicino l'arte di Antonio, e sembra, piena com'è d'animosa fiducia, far da contrapposto al S. Giacomo, appunto di Antonio, nella chiesa della Pace a Brescia, improntato a stanchezza sfiduciata. Sono pure suoi gli Angeli che, nell'altare della cappella del Rosario della parrocchiale di Alzano Maggiore (Bergamo), reggono sulla cimasa il monogramma della Madonna.
Fonti e Bibl.: F. Paglia, Il giardino della pittura, a cura di C. Boselli, II, Brescia 1967, ad Ind.(per la fam.); G. B. Carboni, Le pitture e le scolture di Brescia che sono esposte al pubblico, Brescia 1760, p. 58 (per la fam.); Id., Notizie istoriche delli pittori scultori ed architetti bresciani (sec. XVIII), a cura di C. Boselli, Brescia 1962, p. 24 (per la fam. ad Indicem);P.Zani, Enc. metodica delle Belle Arti, V, Parma 1794, passim (per la fam.); F. Bartoli, Le pitture, scolture, architetture delle chiese…, di Bergamo, Vicenza 1744, pp. 16, 22; P. Brognoli, Nuova guida per la città di Brescia, Brescia 1826 (per la fam. ad Indicem);S. Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia 1887, pp. 86-90; F.B.P., Antonio Callegari e una famiglia di scultori, in Vita d'arte, III(1910), pp. 26-30; G. Nicodemi, I Callegari, scultori bresciani del '700, Brescia 1924, passim (per la fam.); L. Fé d'Ostiani, Storia tradiz. ed arte per le vie di Brescia, Brescia 1927, ad Ind.(per la fam.); S. Vigezzi, La scult. lomb. nell'età barocca, Milano 1930, pp. 7, 12, 97, 109 (per la fam.); Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, A.Pinetti, La prov. di Bergamo, Roma 1931, ad Indicem;G. Delogu, La scultura italiana del Seicento e del Settecento, Firenze 1933; P. Guerrini, Manerbio: la Pieve e il Comune, Brescia 1937, pp. 154 s.; Catalogo delle cose d'arte e d'antichità d'Italia, A. Morassi, Brescia, Roma 1939, ad Indicem (per la fam.); G. Vezzoli, La scultura dei secc. XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 455-459, ad Indicem, per numerose ill. (pp. 415, 453, 461per Gelfino); U. Thieme-F. Becker, Allgemeine Lexikon der bildenden Künstler, V, p. 387(sub voce Calegari Alessandro); Enciclopedia Italiana, VIII, p. 392 (sub voce Calegari).