CANTONO, Alessandro
Nato a Ronco Biellese (Vercelli) da Luigi e da Pasquina Marietta il 12 dic. 1874, dopo gli studi umanistici e teologici nei seminari di Biella e di Torino (dove ricevette l'ordinazione sacerdotale nel maggio 1899), frequentò l'università, avendo come maestro, fra gli altri, il giovane Luigi Einaudi, col quale in seguito manterrà amichevoli rapporti. Durante questi anni il C. subì l'influenza di quella "scuola economico-giuridica" torinese che avrebbe dato al suo orientamento sociale un carattere scientifico-pragmatista, verificato poco dopo a Trivero, uno dei primi centri biellesi dell'industrializzazione serica, nell'esercizio pastorale come cappellano.
La concezione dinamica della società, l'analisi delle forze in essa operanti, l'ansia di tipo leoniano per il recupero operaio alla Chiesa e la coscienza democratica come forza promozionale dei ceti popolari caratterizzavano così il suo pensiero sociologico. Il C. non fu un attivista e un organizzatore, ma piuttosto un elaboratore e un divulgatore di esperienze attraverso numerosissimi articoli pubblicati sui periodici democratici-cristiani italiani d'ispirazione murriana tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nuovo secolo. Questo distacco dall'azione diretta forse lo salvò dallo scontro polemico con don Antonio Simonetti, il leader del movimento cattolico biellese fautore della linea dell'Opera dei congressi, verso il quale peraltro, il giovane cappellano di Trivero nutriva ammirazione. A far conoscere il suo nome furono per l'appunto le riviste murriane, cioè La cultura sociale (il primo articolo è del maggio 1900), Il domani d'Italia, e l'Ateneo nelle quali il C. svolse una continua e intensa collaborazione fino alla loro cessazione.
I molti saggi e articoli di questi primi anni rivelano una costante intonazione all'analisi sociologica, piuttosto inconsueta allora in campo cattolico, una tendenza alla descrizione statistica dei gruppi operai delle filande e dei campi, una enucleazione precisa dei problemi reali esistenti della zona, esaminati secondo un'ottica classista.
Dall'inserimento nel movimento murriano (agli ideali del Murri egli si manterrà sempre fedele), il C. aveva mutuato soprattutto unaprecisa ideologia per la quale l'analisi sociologica veniva a saldarsi in chiave democratica con la concezione cristiana, basandosi sul convincimento che fosse possibile una libera e graduale assimilazione dei valori civili e religiosi da parte dei ceti popolari attraverso l'incentivazione culturale da un lato (università popolari) e l'unionismo sindacale dall'altro (leghe del lavoro a carattere classista). Non a caso il suo primo studio sistematico riguardava Le università popolari (Roma 1900), ampliato due anni dopo col nuovo saggio Le università popolari e la Democrazia Cristiana (Roma 1902); a cui poi faceva seguito La Democrazia Cristiana (Torino 1902).
Nel 1903 il nuovo direttore de L'Avvenire d'Italia, Rocca d'Adria, lo chiamava a far parte della rinnovata redazione bolognese con grande soddisfazione di G. Semeria, R. Murri ed E. Buonaiuti, i quali si ripromettevano dagli scritti del loro amico la divulgazione delle idee democratiche. Il C. non li deluse: suoi infatti erano gli articoli o i corsivi o le recensioni più intonati alla modernità in campo sociale, culturale e biblico, firmati normalmente con pseudonimi (Acarato, Spectator, ecc.). Ma con la morte del cardinale Svampa (1907) e la susseguente visita apostolica promossa dalla S. Sede per soffocare a Bologna qualsiasi fermento di presunto modernismo, dopo la Pascendi di Pio X, anche il C. dovette abbandonare L'Avvenire d'Italia. Ritornato a Torino, entrò nella redazione de Il Momento, attenuando però prudentemente i toni e gli argomenti della sua collaborazione. Qui nel 1911, presso l'editore Marietti, si faceva promotore di un'iniziativa fallita sul nascere - ignote ne restano le ragioni - improntata ancor una volta alla diffusione delle idee democratiche sociali. Si trattava di una rivistina quindicinale a carattere divulgativo (L'azione sociale popolare), che in ogni numero monografico avrebbe dovuto sviluppare un problema o un aspetto della vita economico-politica. Uscì, a quanto si sa, solo il primo numero contenente un saggio dello stesso C.: Il nostro programma e il nostro appello (novembre 1911). Non per questo egli desisteva dal suo proposito di diffondere, specie fra il clero, quella sociologia cattolica che secondo lui rappresentava l'indispensabile premessa alla formazione di un partito politico. Perciò sfornava una serie di volumetti popolari e quel Manuale di economia sociale (Vicenza 1915), adottato poi in molti seminari come testo di studio e più volte ristampato. Scoppiata la guerra, senza entusiasmi nazionalistici, il C. prestò servizio come soldato di sanità nell'ospedale di Vercelli coltivando anche in grigioverde i suoi interessi sociologici (Il Comando della divisione di Torino e l'agricoltura, Torino 1917).
Nel dopoguerra diventava uno dei più ardenti propagandisti e promotori del Partito popolare in Piemonte. Come segretario eletto per la provincia di Torino partecipò a tutti i congressi nazionali del partito di don Sturzo, schierandosi nell'ultimo (Roma, 28-30 giugno 1925) con quanti rifiutavano la collaborazione col fascismo, contro il quale già precedentemente aveva propugnato l'unità sindacale da opporre alla minaccia antidemocratica. A tale scopo, infatti, aveva dato vita alla Rassegna sociale, una rivista mensile diretta e finanziata da lui stesso, tesa ad unire i lavoratori italiani, al di sopra delle differenziazioni partitiche, per farne un blocco antifascista. La rivista era durata dal maggio 1921 al dicembre 1922.
Dopo il delitto Matteotti il C. si unì ad alcuni giornalisti cattolici non aderenti al Centro nazionale per fondare un giornale torinese d'opposizione, Il Corriere, vissuto pochissimo tempo per la sopravvenuta soppressione delle libertà democratiche. Nel ventennio fascista, per difendere la sua libertà interiore, accettò l'incarico di insegnante nella scuola privata di S. Giulia a Torino e di cappellano nell'omonima parrocchia, senza peraltro troncare alcune collaborazioni di esclusivo carattere economico-sociale secondo i principi della Rerum novarum e della Quadragesimo anno in riviste cattoliche quali Vita e Pensiero,Il Solco,Palestra del clero e mantenendosi in contatto con esponenti antifascisti come Meda e Bertone. A quest'ultimo si univa durante la Resistenza, finché, caduto definitivamente il fascismo, riprese l'antica battaglia democratica cristiana dalle pagine de Il Biellese, ilbisettimanale cattolico della sua città di cui mantenne la direzione fino al 1957, e con opuscoli popolari per l'educazione democratica degli operai.
Il C. morì a Biella il 25 genn. 1959.
Bibl.: Necr., in La figura di A. C., in Il Biellese, 27 gennaio 1959; J. Bocchialini, Memorie e figure parmensi, Parma 1964, p. 29; L. Bedeschi, Ipionieri della D. C. 1896-1906, Milano 1966, pp. 99-130 (con la rassegna degli scritti); Id., A. C. e la Rassegna Sociale, in L'Avvenire d'Italia, 26 genn. 1966; Id., Il modernismo in Emilia-Romagna e Romolo Murri, Parma 1967, passim; M.L. Salvadori, Il Movimento cattolico a Torino 1911-1915, Torino 1969, pp. 99 ss.; V. Castronovo, La stampa italiana dall'unità d'Italia al fascismo, Bari 1970, p. 200.