CAPPONI, Alessandro
Nacque a Firenze, nel quartiere di S. Spirito, il 31 maggio 1512 da Giuliano di Piero di Gino e da Ginevra Sacchetti; fu ascritto al gonfalone del Nicchio.
Nel 1529, con l'aggravarsi della situazione politica a Firenze, il C. riparò a Lucca insieme con il fratello Luigi, seguendo l'esempio di altri esponenti delle maggiori famiglie fiorentine. Venuto a conoscenza dei bandi emanati dalla Repubblica fiorentina contro i fuorusciti, il C. rientrò immediatamente in patria, senza però prendere parte attiva alla difesa della città durante l'assedio e sostenendo anzi Malatesta Baglioni e la sua politica di patteggiamento con Clemente VII. Membro di una delle famiglie più ricche di Firenze, il C. si interessò attivamente insieme con il fratello Luigi alla conduzione degli affari paterni.
Le attività del padre Giuliano risultano strettamente legate a quelle del fratello Niccolò, il celebre gonfaloniere; ma alla morte di quest'ultimo si procedette alla completa divisione del patrimonio tra gli eredi di Níccolò e Giuliano, operazione portata a termine nel 1532: da questo momento il C. entra a far parte a pieno titolo dell'azienda paterna. Le fortune economiche della famiglia si reggevano su manifatture di tessuti di lusso (lana e seta), affiancate da un'efficiente organizzazione bancaria, che facilitava lo smercio dei loro prodotti. Inoltre l'attività della famiglia si estendeva alla partecipazione a numerose compagnie in accomandita a Lione, Siviglia, Anversa, Londra, Pisa e Venezia.
Nel 1536 il C. era a Napoli per incarico del padre, dove stabilì una compagnia insieme con Angelo di Niccolò Biffoli, di cui era già stato socio in una compagnia di arte della seta a Firenze. Proprio durante la permanenza a Napoli il C. e il socio vennero imprigionati per alcuni giorni (luglio 1536) a causa di certe irregolarità riscontrate dalle autorità spagnole nella tenuta dei loro libri contabili. Comunque la questione fu velocemente risolta, ed il C. poté uscire di prigione dietro pagamento di una cauzione. Nel 1539 rientrò a Firenze e sposò Elisabetta di Francesco Guicciardini. Il matrimonio era stato combinato dal padre, che aveva sottoscritto l'accordo con Francesco Guicciardini a nome del C. ancora a Napoli, il 5 febbr. 1539; Elisabetta portò in dote 4.000 ducati. Da questo momento il C. non si allontanerà più da Firenze, attendendo assiduamente alla cura degli affari di famiglia, che con la seconda metà del secolo vengono indirizzati anche verso notevoli investimenti fondiari. Si registrano infatti numerosi acquisti di terre e poderi nel Valdarno superiore ed inferiore ed in Valdelsa. Non per questo vengono tralasciati i tradizionali settori commerciali: alla morte del padre (8 luglio 1565) il C. e Luigi, unici figli maschi, nominati eredi ab intestato, prendono diretto possesso del patrimonio ed estendono la loro attività mercantile, entrando in rapporto con alcune delle maggiori famiglie mercantili spagnole, quali per esempio i Maluenda e i Ruiz, e portoghesi come gli Alemán e i Mendes de Saa, che dall'anno 1570 indirizzano i propri traffici verso l'Italia, particolarmente verso Firenze, importandovi soprattutto pepe e cocciniglia. Insieme con il fratello il C. ebbe un centro di affari anche a Besançon e potenziò ulteriormente quello di Lione, dove ministro della compagnia fu Francesco di Leonardo Spina, celebre per munificenza e ricchezza, ma morto povero ed indebitato, lasciando insoluti i suoi creditori, tra i quali lo stesso C. ed il fratello Luigi. Queste ulteriori attività contribuirono ad accrescere la fama del C. e del fratello, considerati fra i mercanti più in vista e più ricchi della Firenze del tempo. Alla morte di Luigi (1584) la compagnia fu trasformata e venne designata come "Eredi di Luigi Capponi", con la partecipazione, oltre che del C., anche di Francesco di Piero di Niccolò Capponi e di Niccolò e Neri di Filippo di Niccolò Capponi. Nonostante l'età avanzata, il C. curò instancabilmente, fra l'ammirazione dei contemporanei, i propri affari fino alla morte, avvenuta a Firenze il 15 febbr. 1587. Sepolto in S. Spirito ebbe, ottemperando alle sue ultime volontà, un funerale modestissimo.
Descritto dai contemporanei come uomo schivo di onori, il C. non volle mai accettare alcuna carica o pubblica onorificenza, se si eccettuano i quattro mesi (settembre-dicembre 1556) trascorsi nel magistrato degli Otto di guardia e balia ed il titolo senatorio che gli venne conferito il 19 novembre dell'anno 1586. Infatti risulta errata la tradizione che vuole il C. vicario a San Miniato nel 1560, carica rivestita invece da un suo omonimo contemporaneo, figlio di Agnolo Capponi. Solamente in occasione della festa dell'Annunciazione (marzo 1566), celebrata nella chiesa di S. Spirito di Firenze, il C. fu, con Piero d'Agostino Pitti, Simone Corsi ed Alessandro de' Medici, uno dei "festaiuoli", in riconoscimento del suo prestigio e fece dipingere la sua arma sotto la cupoletta di S. Spirito. Cercò sempre di mantenere ottimi rapporti con i Medici, utilizzando a questo fine, tra l'altro, anche la sua parentela con Francesco Guicciardini e sforzandosi di evitare qualsiasi motivo di attrito con il duca, come prova l'atteggiamento tenuto dal C. in occasione del contrasto tra Cosimo I ed il nipote Lodovico Capponi, per il matrimonio di questo con Maddalena Vettori (1558).
Da Elisabetta Guicciardini ebbe sei figlie che si imparentarono con le famiglie più importanti di Firenze e quattro figli maschi: Giuliano, Luca, Piero e Francesco. I primi due morirono in tenera età; Piero, coinvolto nella congiura antimedicea del 1574, ordita da Orazio di Pandolfo Pucci, dichiarato ribelle, riparò a Venezia e, successivamente, nei Grigioni, in Polonia, in Inghilterra, dove godette della protezione della regina Elisabetta I, ed in Francia, dove morì pugnalato da un sicario del granduca di Toscana (1582). Pochi mesi prima era morto a Venezia, dove si trovava per trattare gli affari paterni, anche l'altro figlio del C., Francesco. Fu appunto in tale circostanza che la compagnia, alla quale mancavano eredi diretti anche dalla parte di Luigi, subì un brusco declino. A seguito di questo fatto, non essendo ancora morto Piero, il C. ed il fratello Luigi chiesero al granduca di abolire l'imputazione di ribellione pendente su Piero, senza pregiudizio del fisco, e di commutargli la pena di morte con l'esilio. Tale richiesta non fu accolta, ma si ottenne che Luigi potesse disporre liberamente del proprio patrimonio ed il C. di quello eventualmente ereditato dal fratello.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Fondo Capponi (Patrimonio vecchio), 54, passim;68, ins. 20, 30, 89, cc. n. nn.; Carte Strozziane, s.3, XCV, cc. 2rv, 3r, 11r; Tratte, 86, c. 96v; Firenze, Bibl. nazionale, Passerini, 48, passim; Manoscritti, II, I, 204, cc. 40v-41r; Arch. Capponi, cass. 1, ins. III; Ibid., Bibl. Riccardiana, ms.2139, c. 24r; Nègociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di G. Canestrini-A. Desjardins, IV, Paris 1872, pp. 148, 254, 433; A. Lapini, Diario fiorentino, a cura di G. O. Corazzini, Firenze 1900, p. 151; F. Pucci, Lettere, a cura di L. Firpo-R. Piattoli, Firenze 1955, p. 152; F. Ruiz Martín, Lettres marchandes échangées entre Florenee et Medina del Campo, Paris 1965, ad Ind.;B. Arditi, Diario di Firenze... (1574-1579), a cura di R. Cantagalli, Firenze 1970, pp. 26, 49 e n. 1, 52, 54 s., 165 e n. 2; G. De' Ricci, Cronaca (1532-1606), a cura di G. Sapori, Milano-Napoli 1972, pp. 149 n. 2, 152 n. 1, 153, 361, 418, 476; D. M. Manni, Il Senato fiorentino, Firenze 1771, pp. XXVI, 32 s.; B. Varchi, Storia fiorentina, II, Firenze 1840, p: 184; A. Pieraccini, La famiglia Capponi di Firenze, Pisa 1882, tav. III; H. de Charpin Feugerolles, Les Florentins à Lyon, Lyon 1893, pp. 45 s.; E. Picot, Les Italiens en France au XVIe siècle, Bordeaux 1902, p. 107 n. 8; R. Goldthwaite, Private wealth in Renaissance Florence, Princeton 1968, pp. 187-233; P. Litta, Le fam. cel. ital., s.v. Capponi, tav. XIII.