CARISSIMI, Alessandro
Nacque a Bergamo nel 1829 da Pietro e da Anna Benedetta Cattaneo. La madre, rimasta vedova dopo la nascita di una seconda figlia, Marianna, si unì in seconde nozze con un ricco possidente bergamasco, Ludovico Caroli, da cui avrebbe avuto altri tre figli.
Scarse sono le notizie sulla giovinezza del C.; secondo l'anonimo estensore del necrologio apparso sul Secolo di Milano del 24 ag. 1902, nel biennio 1848-49 egli si sarebbe dapprima arruolato come volontario nel corpo dei dragoni lombardi e quindi avrebbe invano tentato di raggiungere Roma per partecipare alla difesa della città assediata dai Francesi. In seguito, preso dal desiderio di viaggiare, si imbarcò come mozzo e sul finire del 1851 lo si ritrova a New York, dove l'incaricato di affari del Regno di Sardegna, L. Mossi, ne segnalava la presenza in un dispaccio inviato al ministero degli Interni di Torino, contenente un elenco di esuli italiani che gravitavano intorno al Comitato nazionale di quella città. A questa la sola testimonianza che consenta di affermare l'interessamento giovanile del C. per gli ideali democratici. Egli trascorse poi alcuni anni di vita avventurosa: fu nell'America meridionale, in Australia, in alcune isole del Pacifico, in India.
Ritornato in Italia, il C. partecipò alla campagna del 1859 tra i volontari garibaldini come comandante di una delle tre squadre che costituivano il plotone di guide a cavallo istituito, con compiti di avanscoperta e di ricognizione, dal maggiore F. Simonetta il 25 aprile; dopo avere efficacemente operato a ridosso dei Cacciatori delle Alpi, il corpo venne sciolto e il C., ottenuta la promozione al grado di sottotenente nell'esercito regolare, presentò subito dopo le proprie dimissioni.
L'anno seguente, venuto a conoscenza della partenza dei Mille, raggiunse Genova il 24 maggio e si aggregò alle truppe guidate da Giacomo Medici, che lo nominò suo aiutante di campo. Imbarcatasi il 9 giugno sul "Washington", la spedizione Medici, effettuata una sosta di cinque giorni a Cagliari, raggiunse la Sicilia il 17 giugno e il 18 si ricongiunse a Garibaldi a Palermo. Dopo aver combattuto a Milazzo, il C. restò nelle retrovie per organizzare il passaggio dello Stretto; quindi giunse a Napoli dove - come ricorda egli stesso - il 15 settembre fu, su ordine di Giuseppe Sirtori, posto agli arresti per essere intervenuto attivamente a una manifestazione in favore di Garibaldi.
Della sua partecipazione alla seconda parte della campagna dell'Italia meridionale il C. ha lasciato un breve e colorito diario in cui descrive le fasi della lotta cui partecipò di persona: dalla sua prosa non certo elegante, ma non priva di arguzia, emergono un acceso anticlericalismo, la devozione per Garibaldi, la grande amicizia per Giuseppe Missori, e, soprattutto, una scarsa attitudine a comprendere la realtà siciliana (Il Diario dell'aiutante del gen. Medici nella spedizione di Sicilia, pubbl. da B. Rizzi in Bergomum, Studi garibaldini, I [1960], 1, pp. 43-62).
Dimessosi con il grado di maggiore, il C. mantenne saldi i legami con il movimento garibaldino, tanto che Mazzini, facendogli credito di un ascendente che probabilmente non aveva, il 5 sett. 1861 gli scriveva per esortarlo a diffondere e a fare accogliere tra i suoi amici l'esigenza di anteporre la liberazione del Veneto alla conquista di Roma, secondo una strategia che in quell'epoca divideva i mazziniani, che la propagandavano, dai garibaldini che la respingevano. L'invito di Mazzini dovette cadere nel vuoto dal momento che nel 1862, quando Garibaldi tentò la spedizione verso Roma, il C. raggiunse quest'ultimo a Catania, e, nominato addetto allo Stato Maggiore, fu inviato a Messina per noleggiare un vapore inglese; mancandogli la somma necessaria, il 25 agosto tornò a Catania, donde nel frattempo Garibaldi era già partito; allora passò in Calabria e il 27, due giorni prima dello scontro di Aspromonte, si ricongiunse ai volontari. Quando Garibaldi fu ferito, una tempestiva fuga per i monti gli consentì di sottrarsi all'arresto e di tornare in Sicilia per mettersi in salvo.
Quindi tornò alla vita privata, resa agiata dai consistenti possedimenti paterni. Nel 1864 Mazzini, come tre anni prima, gli inviò una lettera nel tentativo di ottenerne la collaborazione ai suoi progetti di insurrezione; ma il C. probabilmente non condivideva le posizioni antimonarchiche di fondo dell'esule ligure, e si riaffacciò all'impegno politico attivo soltanto nell'aprile del 1866 allorché a Milano, nel corso di un raduno di ex garibaldini, fu eletto membro di un Comitato democratico cui fu affidato l'incarico di organizzare, d'intesa con Garibaldi, le forze della democrazia in vista del conflitto con l'Austria. Nel luglio seguente, con la partecipazione alla breve campagna del Tirolo, il C. chiudeva definitivamente la sua esperienza di combattente. Ritiratosi quindi a vita privata, poté coltivare la sua passione per il teatro e per la musica lirica.
Il C. si spense a Milano, assistito dalla moglie Paolina Dejon, il 22 ag. 1902.
Fonti e Bibl.: Necr., in La Lombardia, 25 ag. 1902; Ediz. naz. d. scritti di G. Mazzini, LXXI, pp. 373-375; LXXIII, p.136; LXXVIII, p. 49; LXXIX, p.103; G. Adamoli, Ricordi di un volontario. Da San Martino a Mentana, Milano 1892, ad Indicem;G. Castellini, Pagine garibaldine (1848-1866), Torino 1909, ad Indicem;Id., Eroigaribaldini, Bologna 1911, I-II, ad Indicem; Autobiografia di Manfredo Camperio, Milano 1917, pp. 50, 74-80, 100; A. Colombo, A prop. di una lett. ined. di G. Mazzini al sig. Soulé…, in Rass. stor. del Risorg., XIX(1932), p. 9; B. Belotti, Storia di Bergamo, VI, Bergamo 1959, pp. 161, 163; G. P. Bognetti, Nella libertà e per la libertà (1859-1873), in Storia di Milano, XV, Milano 1962, p. 94; Diz. del Risorg. naz., II, ad vocem.