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CASALINI, Alessandro

di Alberto M. Rossi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)
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CASALINI, Alessandro

Alberto M. Rossi

Nacque a Rovigo il 28 ag. 1839, da Vincenzo e Teresa Durazzo. Appartenente a una delle famiglie più in vista della città, fu avviato agli studi di grammatica e "umanità" presso il ginnasio locale. Portati a termine gli studi liceali a Verona, si iscrisse nel 1856 alla facoltà di matematica dell'università di Padova. Nel 1858, per aver partecipato ad alcune dimostrazioni antiaustriache (ma il fatto non è stato provato), fu sospeso dalle lezioni. Il provvedimento venne tuttavia revocato e non molto tempo dopo egli poté riprendere gli studi interrotti. Nell'agosto del 1859, dopo Villafranca, il C. varcò il Po insieme con il fratello Giovanni Battista, Giovanni Camerini e pochi altri per arruolarsi nell'esercito della lega promossa dai governi dell'Italia centrale. Scartato per insufficienza fisica, rientrò in patria per laurearsi brillantemente in ingegneria civile (24 apr. 1860).

Al giungere delle prime notizie della spedizione dei Mille, tuttavia, il giovane ingegnere raggiunse Genova nel giugno successivo, appena in tempo per imbarcarsi col secondo contingente di garibaldini diretti in Sicilia, capitanati dal Medici. Nell'Italia meridionale prese parte insieme con il fratello Giovanni Battista alla battaglia del Volturno. Conclusasi la campagna, i due fratelli si diedero a viaggi d'istruzione in Svizzera, Francia, Inghilterra.

Nel 1866, al momento della liberazione del Veneto, il C., che nel frattempo era rientrato a Rovigo, fece parte della Giunta municipale provvisoria con l'incarico di reggere la città fino all'arrivo del commissario regio A. Allievi. Nominato da quest'ultimo direttore scolastico provinciale, si occupò dell'istruzione elementare, redigendo fra l'altro una interessante relazione sullo stato di questa nella provincia (1867). Consigliere comunale di Rovigo nelle prime libere elezioni, nel 1867 venne eletto consigliere provinciale e l'anno successivo presidente dell'Accademia dei Concordi, antica istituzione culturale cittadina. Nel 1870 infine entrò in Parlamento come deputato del collegio di Lendinara per la XI legislatura.

Si discuteva allora la legge delle guarentigie, e il C., benché cattolico osservante, assunse un atteggiamento di intransigente difesa delle prerogative dello Stato nei confronti della Chiesa, ciò che gli alienò le simpatie dei gruppi clerico-moderati. Collocatosi alla destra dello schieramento parlamentare, il deputato di Lendinara, dopo una breve parentesi alla commissione per la riforma del regolamento della Camera, si dedicò allo studio della questione del macinato, oggetto di vivaci diatribe dentro e fuori il Parlamento. Il 1° apr. 1873 il C. prese la parola per una circostanziata difesa della tassa e del contatore meccanico, di cui pure suggerì alcune modifiche per una miglior esazione e contro le frodi dei mugnai.Il discorso sul macinato valse al C. il plauso del Sella, ministro delle Finanze, e soprattutto gli aprì la strada verso mete più ambiziose. Caduto infatti il ministero Lanza-Sella (giugno 1873) e formatosi il gabinetto presieduto dal Minghetti, il C. fu chiamato nel luglio di quello stesso anno a reggere il segretariato generale delle Finanze. Nel periodo trascorso al segretariato si dedicò alla riorganizzazione e al perfezionamento dell'imposta sul macinato, presentando e facendo approvare dal Parlamento (giugno 1874) un disegno di legge che prevedeva, tra l'altro, l'adozione anche di uno strumento di misura diretta, da un lato, e istituzione di particolari comitati tecnici dall'altro. Superato sia pure a stento lo scoglio delle elezioni del novembre 1874, il cui esito fu sostanzialmente sfavorevole agli uomini della Destra. il C. poté riprendere la collaborazione - trasformatasi in seguito in calda amicizia - col Minghetti, che gli affidò delicati incarichi connessi con la ventilata (e poi attuata) sottrazione ai comuni e alle province dei centesimi addizionali della ricchezza mobile e del dazio-consumo.

L'ascesa al potere della Sinistra, avvenuta nel marzo del 1876, pose fine alle fortune politiche e parlamentari del C., il quale alle elezioni dello stesso anno non si ripresentò. I circoli moderati polesani, piuttosto che andare incontro a una sconfitta ritenuta sicura (per molti il parlamentare rodigino era l'uomo dell'odiosa imposta sul macinato), gli preferirono la candidatura di D. Marchiori.

Decaduto dal mandato parlamentare, di cui sarebbe stato nuovamente investito soltanto un ventennio più tardi e in condizioni molto mutate, per il C. si aprì un periodo di intensa attività in campo finanziario e industriale. Durante la sua permanenza al ministero delle Finanze aveva conosciuto D. Balduino, il noto finanziere genovese protagonista delle più significative vicende politico-economiche dell'Italia di fine secolo. Fu questi appunto ad associarlo nella gestione delle molteplici attività affaristiche facenti capo al Credito mobiliare (costruzioni ferroviarie e di altre opere pubbliche, gestione degli appalti di monopoli fiscali o di entrate straordinarie dello Stato, come la Regia dei tabacchi, della quale il C. fu commissario liquidatore, speculazione immobiliare, ecc.). Col Balduino tuttavia il C. ruppe verso la fine del 1883, allorquando per motivi ancora imprecisati si dimise dai consigli d'amministrazione delle società di cui faceva parte, fra le quali vi era anche la Società veneta per imprese e costruzioni pubbliche, che era controllata dall'ingegnere padovano Vincenzo Stefano Breda.

Questi, dal campo delle opere pubbliche e degli armamenti, si era volto alla siderurgia, e nel 1884 aveva fondato la Società degli altiforni, fonderie e acciaierie di Terni. Qualche anno dopo l'azienda si trovava in grave dissesto finanziario, dovuto ai piani troppo ambiziosi e agli errori di direzione del suo fondatore, cui per giunta era venuta meno la fiducia degli ambienti bancari.

Il C., in un primo momento direttore soltanto di fatto dell'impresa, ottenne che i crediti riaffluissero mediante un consorzio di banche. Successivamente, gli venne affidata non soltanto la direzione tecnica, ma pure la vicepresidenza a fianco del Breda (maggio 1887) ed infine la presidenza (1891). "La gestione Casalini, malgrado l'opera di consolidamento svolta, il tentativo di aprire alla Terni la strada delle produzioni commerciali, con l'acquisto dello stabilimento di Savona (1892), non riuscì tuttavia a risolvere quello che era il problema centrale della Società, e cioè di disporre dei mezzi finanziari necessari per ridurre il cospicuo e oneroso indebitamento bancario" (Bonelli-Craveri, p. 104).

Nel giugno del 1894, mentre il salvataggio della Società veniva avviato in altri modi, il C. lasciava la presidenza della Terni al Breda per ritentare, malgrado le cocenti delusioni subite (nel 1892 era stato battuto da E. Ottavi, candidato gradito al Giolitti), la strada della politica. Nel 1895 infatti si ripresentò alle elezioni per la XIX legislatura riportando stavolta, grazie alla efficace collaborazione del fratello Giovanni Battista, un brillante successo nel suo collegio di Rovigo. A Montecitorio il C., legato ancora al mondo della Destra selliana, ribadì la propria opposizione al Luzzatti e alla riforma dell'ordinamento bancario. Nel 1898, in occasione dei moti milanesi, si pronunciò per una politica duramente repressiva. Battuto nelle elezioni del 1900 dal repubblicano I. Pozzato, esponente di una coalizione anticonservatrice, il C. si ritirò a vita privata, dividendosi fra gli studi filosofici coltivati fin dalla gioventù (ricordiamo Le categorie di Aristotele e gli Studi filosofici sulla cognizione, le sue forme e funzioni, opere edite rispettivamente a Firenze nel 1881 e a Roma nel 1914) e lo sviluppo della stazione idrominerale di Fiuggi. Nei suoi ultimi anni, rattristati peraltro dalla scomparsa della moglie Clotilde Frascara (la quale gli aveva dato quattro figli), ricevette la nomina a senatore (30 dic. 1914), avvenuta su designazione del Salandra.

Il C. morì a Roma il 17 marzo 1921.

Fonti e Bibl.: Scarse sono le fonti documentarie relative al Casalini. Se si eccettuano le lettere dirette al Minghetti e qualche altra lettera conservata presso l'Acc. di Rovigo, non si ha nulla. Dell'archivio Casalini, un tempo assai notevole a giudicare da una biografia inedita, dovuta allo storico A. Lazzari, si è persa notizia. Padova, Archivio dell'università, cataloghi degli studenti, dal 1856 in poi; lauree dal 1847 al 1867; Rovigo, Accademia dei Concordi, Fondo Concordiano, bb. 327, 328, 330 (autografi di vari); Bologna, Bibl. dell'Archiginn., Carte Minghetti, Carteggio, cartt. XVII, XVIII, XIX, XXIII; Roma, Museo centrale del Risorgimento, Carte Perazzi, b. 901; Bassano, Museo civico, Epistolario Trivellini, bb. IV-VI, XIX, XXI, XXIII s. Cfr. inoltre T. Sarti, I rappresent. del Piemonte e d'Italia nelle 13 legisl. del Regno, Roma 1880, p. 234; U. Pesci, I primi anni di Roma capitale, Firenze 1907, p. 119; A. Cappellini, Polesani ill. e notabili, Genova 1938, pp. 103-105; A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori dal 1848 al 1922, Milano 1940, I, p. 217; A. Lazzari, La cronaca domestica di Bonaventura Casalini... con cenni stor. sulla famiglia Casalini, Faenza 1941; A. Caracciolo. Roma capitale, Roma 1956, p. 149; Il contributo del Polesine al Risorgimento italiano, a cura di G. L. Ceruti, Cittadella-Padova 1967, pp. 107-109; F. Bonelli-P. Craveri, V. S. Breda, in Diz. biogr. d. Italiani, XIV, Roma 1972, pp. 103 s.; F. Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Torino 1975, pp. 25, 28 s., 42, 44, 47-49, 57, 59; Enciclopedia Italiana, IX, ad vocem. Sul C. esiste anche la tesi di laurea di C. Rosito, La figura di A. C. e il suo contributo al Polesine e all'Italia, università di Padova, anno accademico 1969-70.

Vedi anche
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Vocabolario
casalino
casalino s. m. [dim. di casale]. – Piccola casa, tugurio, casa in rovina: La vecchietta era giunta al c. (Pascoli).
casalina
casalina s. f. [der. di casa, perché fatta in casa]. – Cotonina grossolana, rigata, per vesti femminili da lavoro (detta anche casalinga).
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