DE GIOVANNI, Alessandro
Nacque a Occimiano (Alessandria) il 13 marzo 1871 da Evasio e Barbara Rito. Fu personalità rilevante del movimento operaio in età giolittiana: socialista con forti venature sindacaliste rivoluzionarie, autodidatta, segretario di varie Camere del lavoro (fra le quali quelle di Parma e di Torino) e deputato socialista per le legislature XXIV, XXV e XXVI.
"È di carattere impetuoso e irascibile, rozzo di maniere e di sentimenti, di limitata intelligenza e di cultura rudimentale. Sa appena leggere e scrivere". Così la prefettura di Genova segnalava nel 1896 il giovane "sovversivo" che aveva già avuto modo di far parlare di sé e che avrebbe corretto da autodidatta i limiti della propria formazione culturale. Di umili natali, fu nominato messo comunale nel suo paese di nascita nel 1895, lavoro che dovette abbandonare per le difficoltà incontrate in quanto socialista e si trasferì a Genova nel febbraio 1896, dove trovò impiego come falegname.
A Genova si iscrisse alla sezione socialista e rappresentò i falegnami nell'esecutivo della Camera del lavoro. Nel 1898 subì una condanna per aver tentato di ricostruire il disciolto circolo socialista. Nel novembre 1901 si trasferì a Valenza Po (provincia di Alessandria) quale funzionario del PSI e segretario della locale sezione. Qui fondò e diresse anche la Camera del lavoro. Contemporaneamente corrispondeva con Idea nuova di Alessandria. Condannato a dieci mesi di reclusione per diffamazione a mezzo stampa, finì di scontare la pena nel dicembre 1904.
Assunse nel febbraio 1905 la segreteria della Camera del lavoro di Parma - che avrebbe mantenuto per un biennio - nel periodo in cui andava manifestandosi un aperto dissenso di segno sindacalista rivoluzionario nell'area socialista, tendenza dalla quale il D. sarebbe stato notevolmente influenzato per vari anni. La sua attività presso la Camera del lavoro di Parma - che egli stesso aveva contribuito a spostare, nel settembre 1906, su posizioni sindacaliste in contrapposizione con quelle riformiste della Camera di Borgo San Donnino - fu estremamente intensa e differenziata sia in città sia nella provincia.
Le note della prefettura sul suo conto registrano una lunga serie di conferenze e comizi di carattere politico e sindacale (contro le spese militari, per l'alleanza tra mezzadri e braccianti, per il suffragio universale, ecc.) e un'intensa attività organizzativa relativa soprattutto alle leghe contadine e alle cooperative.
Nel febbraio 1907 assunse la carica - messa a concorso per le dimissioni di Oddino Morgari - di segretario della Camera del lavoro di Torino e si trasferì nel capoluogo piemontese inserendosi nel vivace dibattito tra socialisti "integralisti" e sindacalisti rivoluzionari. Riuscì infatti a convincere buona parte della commissione esecutiva della Camera del lavoro alla politica sindacalista, ma la vittoria elettorale e politica degli "integralisti" nel giugno dello stesso anno lo mise in posizione minoritaria.
Fedele al mandato ricevuto, osteggiò - nell'ottobre - un ordine del giorno apertamente sindacalista, passato poi a maggioranza, per la proclamazione dello sciopero generale. Ma il clima rovente fra le tendenze del movimento operaio torinese lo costrinse alle dimissioni dall'esecutivo camerale (novembre 1907).
Nel 1908 fu, a più riprese, segretario della Federazione lavoratori del legno (con sede a Torino), organizzatore dei militanti piemontesi di tendenza sindacalista, condirettore del giornale della Camera del lavoro di Parma, L'Internazionale, e segretario della Camera del lavoro di Piacenza, lavorando, insieme con i dirigenti di Parma, a sostegno del grande sciopero agricolo del Parmense. Ma gli ultimi mesi del 1908 segnarono anche il suo distacco dalle posizioni sindacaliste. Delegato al II congresso nazionale della Confederazione generale del lavoro (Modena, 6-10 sett. 1908), sostenne la necessità di evitare un troppo stringente assoggettamento delle Camere del lavoro alle federazioni.
Pur mantenendo ampie riserve sulla politica del PSI ("partito latte e miele", che ha dimenticato "che è il movimento delle masse ad influire sulla borghesia assai più delle manovre parlamentari", come si espresse in un contraddittorio con Rinaldo Rigola nel novembre) ruppe definitivamente nel dicembre con il gruppo di Alceste De Ambris (l'anno stesso aveva pubblicato un opuscolo dal titolo Nozioni pratiche di socialismo che riprendeva alcuni articoli già editi su L'Idea, giornale sindacalista di Parma).
Candidato, senza esito, nelle liste socialiste per la Camera nel gennaio 1909, il mese stesso riprese la segreteria della Camera del lavoro di Torino e tentò di impostare, senza riuscirvi, una grande vertenza per la giornata lavorativa di otto ore. Negli anni tra il 1909 e il 1913 tentò una difficile mediazione tra le contrapposte tendenze del movimento operaio come segretario delle Camere del lavoro di Mirandola (settembre 1910-marzo 1911) e di Bologna (dicembre 1912-ottobre 1913), ma la crisi del riformismo lo mise più volte in condizione di subire le polemiche di un movimento di classe radicale e "spontaneo" che gli rimproverava un'adesione opportunistica alle posizioni riformiste.
Nell'ottobre 1913 fu eletto deputato nel collegio di Vigevano per la XXIV legislatura e si stabilì a Torino, dove avrebbe risieduto fino al 1926. Non particolarmente rilevante fu la sua attività parlamentare che si protrasse senza interruzioni fino al 1924 (fu rieletto infatti nel 1921 nel collegio di Pavia e nel 1921 a Milano). Va comunque segnalato che - pur essendo il gruppo parlamentare socialista in grande maggioranza su posizioni riformiste - il D. rimase costantemente, per le due prime legislature, collegato all'ala massimalista del partito. Per quasi tutto il periodo in cui mantenne il seggio ebbe stretti contatti col movimento operaio torinese e fu membro del comitato esecutivo di quella Camera del lavoro.
Pur su posizioni pacifiste, non incoraggiò lo sciopero contro la guerra del maggio 1915 e, coinvolto nella repressione dei moti, si adoperò affinché il lavoro riprendesse. Durante tutto il periodo bellico incoraggiò (anche contro posizioni diverse in ambito socialista) la protesta popolare contro la guerra con dibattiti e conferenze, attività per le quali fu anche condannato a pene leggere. Nell'agosto 1917, durante i moti per il caroviveri, partecipò alle manifestazioni popolari, non fra i più accesi; poi fu autore - con altri deputati socialisti di Torino - di un proclama che invitava a porre fine alle agitazioni e contribuì a ricostruire gli organismi proletari (sezione socialista e Camera del lavoro) sciolti dall'autorità. Dopo la Rivoluzione d'ottobre manifestò simpatie per i bolscevichi e rimase nella corrente intransigente rivoluzionaria schierandosi, al IV congresso del PSI (Roma, 1-5 sett. 1918) con la propria frazione, contro le posizioni "parlamentariste".
Negli anni a seguire attenuò fortemente sia il radicalismo politico sia l'impegno militante. Nel corso della XXVI legislatura - durante la quale fece parte della Commissione permanente Esercito e Marina - aderì al Partito socialista unitario, nato da una scissione socialista nell'ottobre 1922 e ripropose la propria candidatura, nell'aprile 1924, nelle liste della formazione riformista, senza venire eletto. Nei mesi successivi al delitto Matteotti il D. si limitò a frequentare la sezione torinese del PSU, per uscire poi rapidamente dalla scena politica e da ogni attività militante.
Non più giovane e sostanzialmente povero, si trasferì a Genova e si adattò a esercitare vari mestieri, rinverdendo la sua vecchia amicizia con l'allora presidente del Consiglio Benito Mussolini, al quale si rivolse più volte per ottenere favori. Nel 1933 chiese allo stesso Mussolini l'iscrizione al Partito fascista. Fu per alcuni anni impiegato in una banca di Sestri Levante; si trasferì poi, in età avanzata, ad Occimiano.
Il D. morì a Biella il 28 ag. 1945.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1659, ad nomen; Ibid., Segreteria particolare del Duce (cart. ord.), ff. 209.456/7/8, 531.226, 539.058, 545.257, 551.462; Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legisl. XXIV, XXV, XXVI, ad Indices; R. Michels, Storia critica del movim. socialista ital., Firenze 1926, p. 196; Y. De Begnac, L'arcangelo sindacalista (Filippo Corridoni), Milano 1943, p. 184; Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio italiano, Bibliogr. del socialismo e del movimento operaio ital., I (Periodici), I-III, Roma-Torino 1956, ad Indicem; II (Libri A-D), ibid. 1962, ad nomen; L. Ambrosoli, Né aderire né sabotare, Milano 1961, ad Indicem; Storia del Parlamento ital., XII, Palermo 1967, ad Indicem; XI, ibid. 1980, ad Indicem; L. Cortesi, Il socialismo ital. tra riforme e rivoluzione, Bari 1969, ad Indicem; A. Pepe, Storia della C.G.d.L. dalla fondazione alla guerra di Libia, Bari 1972, p. 294; P. Spriano, Storia di Torino operaia e socialista, Torino 1972, ad Indicem; G. Perillo-C. Gibelli, Storia della Camera del lavoro di Genova. Dalle origini..., Roma 1980, pp. 226, 239, 253, 392 s.