Fortis, Alessandro
Patriota e uomo politico (Forlì 1841 - Roma 1909). Di padre israelita, laureatosi in giurisprudenza nel 1862, fu volontario nelle formazioni garibaldine durante la guerra d’indipendenza del 1866, nella spedizione su Roma nel 1867 e nella campagna dei Vosgi del 1870. Militante del Partito d’azione dal 1866, fu uno dei dirigenti della Consociazione repubblicana romagnola e partecipò al convegno di Villa Ruffi, presso Rimini, nell’agosto 1874, insieme a Aurelio Saffi, Eugenio Valzania, Federico e Alfredo Comandini, per tracciare un programma politico delle forze repubblicane in Italia e fare nello stesso tempo un bilancio della loro diffusione e della loro consistenza. Arrestato in quella sede per cospirazione antimonarchica, fu liberato solo nell’ottobre dello stesso anno e finalmente prosciolto dalle accuse. Attenuata la sua iniziale intransigenza, sostenne nel congresso di Genova del 1876 la necessità della partecipazione dei mazziniani alle elezioni per il Parlamento. Abbandonata anche la pregiudiziale repubblicana, tra le dure critiche dei suoi compagni, fu eletto deputato a Forlì nel 1880 e aderì alla sinistra costituzionale nel 1886. Brillante oratore, divenne un tipico rappresentante della sinistra trasformista, abile manovratore parlamentare, legato agli ambienti finanziari, sottosegretario all’Interno nel primo gabinetto Crispi (1887-89), si rivelò uno dei collaboratori più preziosi del presidente del Consiglio, accortissimo nel tenere compatta la maggioranza intorno al programma, che si trattasse della legge sull’emigrazione o della politica coloniale, della legge comunale e provinciale o di quella sul contenzioso amministrativo. Nel giugno 1898 entrò nel governo Pelloux come ministro dell’Agricoltura, industria e commercio convinto della necessità di restaurare l’ordine salvaguardando le libertà statutarie, ma si dissociò quando furono palesi gli intenti repressivi del governo. Entrò nella nascente maggioranza giolittiana e fu presidente del Consiglio, con il sostegno di Giolitti, dal marzo 1905 al febbraio 1906. Durante il suo breve ministero fu varato il provvedimento che avocava allo Stato l’esercizio delle ferrovie. Ottenuto un nuovo incarico, non ebbe la fiducia della Camera.