GROPPALI, Alessandro
Nacque a Cremona il 5 maggio 1874 da Stefano e da Caterina Ghilardotti. Seguì gli studi universitari a Cremona (dove fu allievo di A. Ghisleri), quindi a Padova. Si laureò in giurisprudenza e poi in filosofia (1898) con la tesi La genesi sociale del fenomeno scientifico (Torino 1899, con prefazione del maestro R. Ardigò). Già titolare di filosofia nei licei, il G. fu incaricato di sociologia all'Università di Ferrara (1899-1902); divenuto ordinario insegnò filosofia del diritto e materie affini a Modena (1902-24) e a Milano (1924-31), continuando, comunque, a esercitare la professione forense.
Avendo egli deposto, nel 1929, davanti a una commissione d'inchiesta contro il gerarca R. Farinacci, fu da questo ingiustamente denunciato per diffamazione: caduta la proposta di licenziamento, non venne però accolta la sua richiesta di autodifesa in un procedimento disciplinare. Infine venne trasferito d'ufficio all'Università di Cagliari, con grave danno per la sua salute e per la situazione famigliare e professionale, dovendo chiudere lo studio legale.
Il suo ricorso di autodifesa al capo del Governo è interessante per l'applicazione dei principî giuspositivistici contro le prevaricazioni del regime in base alle norme del medesimo.
Durante la permanenza a Cagliari (1931-39) divenne preside - carica poi revocata perché privato, dopo lo scontro con Farinacci, della tessera del Partito nazionale fascista che aveva preso nel 1919 -, istituendo, fra l'altro, un corso di perfezionamento per segretari comunali e una scuola sindacale. Ottenuto, infine, il trasferimento a Venezia (1939-45), dopo la caduta del regime venne reintegrato nella sede di Milano (1945-49). Nel 1949 fu collocato a riposo e nominato professore emerito.
Il G. espresse il suo pensiero preferibilmente in manuali o in opere didattiche relative alle materie insegnate (sociologia, filosofia del diritto, istituzioni di diritto pubblico, dottrina dello Stato); dei numerosi scritti quelli maggiormente significativi sono: Elementi di sociologia (Genova 1905); Dottrina dello Stato (Milano 1936), e altri saggi vari (fra cui I caratteri differenziali della moralità del diritto nella scuola positiva inglese, Verona-Padova 1901), oggetto di traduzioni e di discussione. La saggistica su periodici è stata quasi tutta raccolta e ordinata dal G. stesso in volumi fra cui si ricordano: Saggi di sociologia, Milano 1899; Studi giuridici e sociali, ibid. 1954; Sociologia e teoria generale del diritto, ibid. 1958.
Fin dall'inizio il G. orientò la propria ricerca verso la dimensione sociologica del diritto inserendosi, al seguito di Ardigò, nella scuola positivistica, anche in funzione di supporto alla lotta politica e di classe, cui affiancò la collaborazione con il partito socialista cremonese al tempo di L. Bissolati (Le origini del movimento operaio socialista nella provincia di Cremona, Leonida Bissolati ed Ettore Sacchi, in Sociologia e teoria generale…, pp. 43 ss., 61 ss.), che venne meno con la sua adesione al fascismo.
Nel 1895 aveva iniziato lo studio dei principali indirizzi della sociologia, disciplina che egli fa derivare dal positivismo come superamento della filosofia della storia e delle precedenti discipline sociopolitiche (I principali indirizzi della sociologia contemporanea, in Saggi…, p. 1) e che considera inizialmente (in adesione all'intervento di E. Ferri al I Congresso di sociologia di Parigi) come supporto naturale del socialismo scientifico (Il principio della causalità economica secondo il Marx e secondo il Loria, in Critica sociale, V [1895], pp. 359-361; poi: Il principio della causalità sociale secondo il Marx e secondo il Loria, in Saggi…, pp. 145-156; La legge di regresso apparente nella sociologia e nella storia, in Critica sociale, V [1895], pp. 215 ss.).
Sul finire del secolo il G., già affermato fra i sociologi del diritto, aggiornato sulla produzione straniera (specialmente francese), estese le sue ricerche in una pluralità di settori (popolazione, partiti politici, movimenti sociali), sempre mirando a collegare l'analisi scientifica con le vicende politiche, in quanto considerava la sociologia una filosofia particolare, chiamata a studiare limiti e condizioni di conoscibilità e di interpretazione dei fatti sociali, da inquadrarsi in una più ampia visione dell'essere e della società per coglierne le leggi di formazione in funzione di una loro utilizzazione che andasse al di là della sola determinazione di un principio di giustizia (Elementi di sociologia, p. 24).
Mentre da un lato andava assumendo posizioni autonome in ordine al rapporto fra sociologia e materialismo storico (Roberto Ardigò, la sociologia e il materialismo storico, in Saggi…, pp. 90-114; Le teorie sociologiche di Ardigò, in Sociologia e psicologia, Padova 1902, pp. 17-74), difese polemicamente la propria interpretazione positivistica del socialismo (Il materialismo storico, i caratteri differenziali e la contenenza del materialismo storico, in Saggi…, pp. 117 ss., 127 ss.) sempre nel quadro della filosofia del diritto che, per il G., coincide con la sociologia del diritto (La funzione pratica della filosofia del diritto, Verona-Padova 1905, poi in Sociologia e filosofia del diritto, Piacenza 1908, pp. 169 ss.) in ordine sia all'oggetto di studio (cause, leggi, funzioni del diritto) sia al metodo (rilevamento e spiegazione, cfr. Filosofia del diritto, Milano 1906, p. 34; posizione riaffermata nell'ed. del 1944, pp. 23 s.). Tale coincidenza si esplicita soprattutto nell'approccio alle tematiche fenomenologica (il diritto nasce e si evolve in rapporto agli stessi fattori che generano e sviluppano corpi sociali e istituzioni), deontologica (il diritto si evolve sotto l'impulso di un bisogno di giustizia determinato dalle condizioni materiali storiche della vita degli uomini e della società: ibid., 1944, pp. 411, 414) e della dottrina dello Stato.
Il G. supera, perciò, la distinzione tra la dimensione filosofica del diritto e quella sociologica, in quanto l'impostazione positivistica conferisce la propria impronta alle tematiche filosofiche e giuridiche che vengono così a convertirsi reciprocamente (cfr. Etica, Livorno 1903; Morale sociale, ibid. 1915; La dottrina del piacere in Platone e Aristotele, in Rendiconti dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXXIII [1900], pp. 115 ss.; I caratteri differenziali…, cit., in Saggi…). Conseguentemente, nelle trattazioni strettamente giuridiche si attiene all'impostazione normativistica (pur dissentendo da H. Kelsen) definendo il diritto come complesso di norme imperative fornite di sanzione, poste dallo Stato per assicurare la convivenza con tutti i suoi corollari (Filosofia del diritto, 1906, p. 199) ed escludendo l'impostazione istituzionalistica (ibid., 1944, p. 178; per il dibattito in ambito privatistico in rapporto al diritto vigente, per la critica al "contratto di associazione" di L. Bourgeois e per la fondazione del solidarismo sulla "coscienza giuridica collettiva", si veda I fondamenti giuridici del solidarismo, Genova 1914, pp. 45, 86, 119 ss.).
Anche negli ultimi scritti il G. ribadì l'impostazione positivistica (Avviamento allo studio del diritto, Milano 1951; Studi giuridici e sociali, cit.; Sociologia e teoria generale del diritto, cit.) imperniata soprattutto sulla critica alle posizioni degli avversari cui attribuiva la formulazione di teorie fondate sull'astrazione anziché sullo studio oggettivo della realtà e sul conseguente misconoscimento della volontà sovrana dello Stato (cfr. Dedica all'Avviamento…). Questa critica venne dal G. polemicamente sviluppata, con sempre aggiornate argomentazioni, nei confronti dei contemporanei aderenti alla "scuola del diritto libero" e alla "dottrina sociale del diritto" (per la critica alla scuola realistica nel diritto internazionale e alla concezione del diritto come giudizio sociale, si veda Le premesse ideologiche della scuolarealistica e il carattere delle norme giuridiche, in La Scuola positiva, s. 4, I [1959], 2, pp. 173 ss.; per la critica del criterio di effettività come fondamento dell'ordinamento giuridico si veda Il principio di effettività e la riduzione del diritto al fatto, in Studi giuridici e sociali, p. 147; per la critica alle teorie dell'"attuazione spontanea del diritto" e del "diritto vivente" o dei "privati", fondata sulla necessaria connessione fra rapporto sociale intersoggettivo e tutela coattiva dell'ordinamento giuridico indipendentemente dalla volontà delle parti si veda L'attuazione spontanea del diritto, ibid., p. 138). L'argomentazione critica del G. si rivolse anche alle nuove rielaborazioni del diritto naturale (per la critica al giusnaturalismo cattolico come vincolo per legislatore, giudice e cittadino nonché al concetto di diritto naturale universale e perenne di fondamento divino, al quale contrappone non l'adesione al fatto compiuto ma un diritto scaturito dalla dialettica sociale e dalla coscienza umana, cfr. Il diritto naturale e la Corte costituzionale, e I diritti naturali nella Costituzione italiana, ibid., pp. 3 ss., 17 ss.).
Negli anni Cinquanta, nel constatare la ripresa di interessi sociologici in chiave giuridica, dopo gli ostacoli frapposti al positivismo sia da parte idealistica (crociana e gentiliana) sia da parte cattolica, il G. mise in guardia da un'adesione che, priva degli strumenti culturali adeguati e dettata dal desiderio di conformarsi a una tendenza attuale, presentasse l'impostazione positiva e sociologica del diritto come novità mentre essa, al contrario, vantava radici secolari, nelle quali egli inseriva G.B. Vico, C. Jannelli, G.D. Romagnosi, C. Cattaneo (La vecchia e la nuova sociologia generale positiva, in Riv. italiana di filosofia del diritto, s. 3, XXXV [1958], p. 440; Filosofia e sociologia, in Sociologia e teoria…, pp. 14 s.).
Si dedicò inoltre a un'analisi critica delle correnti sociopositivistiche statunitensi, cui riconobbe meriti in quanto applicazioni al mondo del lavoro ma anche il difetto di eccedere nelle analisi statistiche e di non fondare le scarse sintesi su di una concezione organica della vita e del mondo (Il nuovo indirizzo della sociologia in America, in Sociologia e teoria…, p. 26. Per la concezione della sociologia come scienza di analisi e di sintesi ma a fondamento filosofico: La vecchia e la nuova sociologia…, p. 441; La sociologia e il concetto sociologico del reato nel pensiero di Filippo Grissini, in Sociologia e teoria…, pp. 37 s.).
Il G. registrò anche una convergenza con L. Sturzo circa la necessità di fondare la sociologia su di una specifica concezione della vita e su un complesso di finalità e di valori (Le teorie sociologiche di don Sturzo, in Studi giuridici e sociali, pp. 81 ss.). Viceversa, lo divise da Sturzo il rifiuto della dimensione metafisica e l'accettazione di un'etica che vede l'essere umano in conflitto con le leggi oggettive della natura per risolvere solidarmente i problemi collettivi (La vecchia e la nuova sociologia…, p. 445).
Furono una conseguenza del positivismo del G. sia le posizioni laiche che egli sostenne (nel Consiglio comunale di Cremona [1906-07] perorò l'abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari e l'istituzione di ricreatori civili: cfr. Il pericolo clericale, Piacenza 1908), sia una concezione antidogmatica del sapere concepito come libera discussione e progressiva conquista dialettica in ossequio al principio del dubbio metodico (Filosofia del diritto, passim).
Il G. morì a Milano il 3 ott. 1959.
Nell'esaminare il pensiero del G., mentre Treves e Agnelli hanno posto l'accento sulla sua costante fedeltà all'impostazione positivistica senza pronunciarsi sulla sua originalità, Mongardini accentua le proprie riserve proprio in ordine a quest'ultimo aspetto, attribuendo la scarsa incisività del contributo del G. alla sociologia del diritto sia perché "sommersa dalla corrente di pensiero da cui essa proviene" sia per le "numerose aporie fra ragionamento filosofico e intuizione ideologica" (p. 850).
Fonti e Bibl.: Necr. in La Scuola positiva, 1959, n. 4, pp. 588-590 (S. Ranieri); Riv. italiana di filosofia del diritto, s. 3, XXXVI (1959), 6, pp. 734-744 (R. Treves); Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell'Istruzione superiore, 16.49, b. 243 (documenti accademici e giudiziari); G. Vailati, A. Groppali. La dottrina del piacere in Platone e Aristotele, in Id., Scritti, Leipzig 1911, pp. 300 s.; Id., A. Groppali. I caratteri differenziali della morale e del diritto secondo la scuola positiva, ibid., pp. 364-367; E. Brundy, L'idea del diritto nelle nuove correnti della filosofia giuridica in Italia, Napoli 1929, pp. 97-99; Nel 40° anno d'insegnamento del prof. A. G., in Studi economico-giuridici della Facoltà di giurisprudenza della R. Università di Cagliari, Cagliari 1939, pp. 1-4; P. Dourado De Gusmão, A. G., in O pensamento jurídico contemporâneo, São Paulo 1955, pp. 98 s.; E. Di Carlo, G. A., in Enc. filosofica, II, Venezia-Roma 1957, coll. 917 s.; C. Mongardini, Definizioni e compito della sociologia in A. G., in Riv. italiana di filosofia del diritto, s. 3, XLIII (1966), pp. 813-851; R. Orecchia, La filosofia del diritto nelle università italiane. 1900-1965. Saggio di bibliografia, Milano 1967, pp. 271-285 (bibliografia dell'opera del G.); A. Agnelli, G. A., in Enc. filosofica, Roma 1979, IV, coll. 63 s.; R. Orecchia, Maestri italiani di filosofia del diritto del secolo XX, Roma 1978, pp. 97-100; Novissimo Digesto italiano, VIII, Torino 1962, p. 16.