HUMBOURG, Alessandro
Nacque a Firenze il 5 genn. 1779 da Giovanni Evangelista, nobile fiorentino di antica origine vallona che aveva ricoperto l'incarico di segretario intimo di Pietro Leopoldo, e dall'aretina Maria Lucrezia Vivarelli-Fabbri.
Come già il padre, insignito per le sue funzioni dei titoli di cavaliere del Sacro Romano Impero e di commendatore dell'Ordine di S. Stefano e di S. Giuseppe, l'H. entrò giovane nella carriera burocratica in cui avrebbe assunto alcune fra le mansioni di maggior rilievo dando buona prova di sé nella gestione di strutture fondamentali come asili, scuole e ospedali. Nel 1808, attraverso gli uffici di un lontano ma influente parente, il generale H.-J.-G. Clarke (poi duca di Feltre e ministro della guerra di Napoleone I), fu nominato membro del Consiglio per la liquidazione del debito pubblico per Firenze, e da lì inviato a Lucca in qualità di direttore del Debito pubblico di quel ducato. Successivamente, dal 1814 al 1824, fu segretario del ministero degli Affari esteri sotto la direzione di V. Fossombroni e, negli stessi anni, presidente dell'Ufficio delle revisioni e dei sindacati, amministratore generale delle Regie Rendite e soprintendente generale dell'Ufficio delle poste.
La sua legittimazione formale quale esponente della classe dirigente granducale coincise con l'acquisizione della commenda di grazia dell'Ordine di S. Stefano, l'onorificenza istituita da Cosimo I de' Medici nel 1562 per premiare chiunque si fosse distinto al servizio dello Stato.
L'atto di conferimento della commenda risale al 23 giugno 1823, mentre la domanda di cavalierato fu presentata dall'H. il 17 ag. 1824. Il 24 sett. 1824 ricevette la vestizione come collatario di una commenda di grazia conferitagli da Ferdinando III. La cerimonia si svolse nella chiesa di S. Piero a Quaracchi, nella potesteria di Sesto, comunità di Brozzi, per mano del priore P.L. Ricasoli Zanchini. Dalle medesime provanze risultava che l'H. avrebbe goduto di una rendita annua di 200 scudi, "libera ed esente da qualunque vincolo, diminuzione ed aggravio, proveniente dal patrimonio in beni stabili posti nella Comunità di Firenze, in via Sant'Agostino, Popolo di S. Frediano" e, infine, che fosse proprietario della Villa del Bagnano (Arch. di Stato di Pisa, S. Stefano, Apprensioni d'abito).
La commenda in genere era accompagnata dalla concessione di una pensione, pari a 700 lire, frutto della titolarità della commendatizia di grazia, e, anche se non conferiva una formale nobilitazione, era il riconoscimento di una effettiva mobilità sociale che soppiantava l'originaria equivalenza esistente fra cavaliere e nobile. Perciò la scelta di conferire il titolo a un membro della burocrazia granducale assumeva un preciso significato politico, dato che con l'H. altri grandcommis del valore di G. Frullani, G. Baldasseroni e S. Bargagli, venivano insigniti dello stesso titolo. Tra le altre onorificenze attribuite all'H. vanno ricordate quelle di cavaliere di gran croce dell'Ordine di S. Giuseppe, di commendatore dell'Ordine di Sassonia e di cavaliere di Leopoldo d'Austria.
Lasciata la segreteria degli Affari esteri l'H. passò a dirigere la sovrintendenza generale della Corte dei conti, e durante la gestione del debito pubblico scoprì alcune gravi malversazioni di cui riferì direttamente al granduca. Fu appunto Leopoldo II che, nel dicembre del 1832, lo prepose alla direzione dell'istituto femminile della Ss. Annunziata, incarico da cui fu sollevato nel 1838, quando venne nominato al suo posto G.O. Rucellai. Contestualmente, dal 3 apr. 1833 rilevava il consigliere A. Pontenani nella delicata carica di sovrintendente all'Uffizio generale delle revisioni e dei sindacati, una funzione che avrebbe svolto con diligenza, ma senza possedere effettivamente grande cognizione in materia di amministrazione doganale.
Uno dei primi provvedimenti promossi dall'H. in qualità di sovrintendente fu quello di ampliare le franchigie del porto franco di Livorno, abolendo tutti i diritti di mare e includendovi tutti i sobborghi. Il 3 apr. 1838, su indicazione del consigliere L. Cempini, il suo incarico venne affidato a Baldasseroni, mentre l'H. fu nominato governatore di Pisa, succedendo ad A. Galilei dopo che la carica era rimasta vacante quasi per un intero anno.
La nomina ebbe luogo nel gennaio del 1839 e durò fino al 1845, e il senso della scelta di un funzionario di così elevato spessore amministrativo stava nella volontà di trasferire alcune facoltà dal centro alla periferia. La funzione di governatore, infatti, era stata regolata dalle attribuzioni riconosciutegli dal motuproprio del 2 ag. 1838 che privava questo ruolo di ogni potestà economica, nel momento in cui l'attribuiva al gonfaloniere. Durante il suo mandato, nell'ottobre 1839, si svolse a Pisa il primo Congresso degli scienziati, e in quell'occasione il governatore, in accordo con il gonfaloniere Simonelli, propose una sottoscrizione per l'erezione di un monumento a Galileo Galilei; salvo questo gesto, l'H. non si segnalò per alcuna particolare presa di posizione di fronte a un evento così innovativo, dimostrando pertanto di ignorare ogni ripercussione politica della manifestazione.
L'8 nov. 1845 l'H. fu nominato ministro degli Affari esteri nel governo guidato dal segretario di Stato F. Cempini, assumendo inoltre la direzione dei dipartimenti della Guerra e delle Finanze. La sua designazione fu accolta con favore anche dal ministro francese a Firenze che lo descrisse come "uno dei funzionari più capaci dell'amministrazione toscana" (Le relazioni diplomatiche, p. 59). E però la linea che l'H. seguì in politica estera fu ispirata a una politica decisamente filoaustriaca, come dimostra la condotta tenuta di fronte al caso di Pietro Renzi, il fuoruscito implicato nei moti romagnoli del 1845 e prontamente estradato verso lo Stato pontificio (25 genn. 1846) con una decisione che attirò sull'H. le critiche di chi, anche tra i moderati, deprecava l'abbandono della tradizione laica leopoldina.
Il 24 ag. 1847, mentre si infittivano le agitazioni popolari in favore delle riforme, l'H. dovette lasciare la titolarità degli Esteri a Neri Corsini, marchese di Lajatico e governatore di Livorno. La rimozione fu compensata con un incarico di assoluto prestigio, che sarebbe stato riservato anche ad altri funzionari lorenesi, la presidenza della Corte dei conti.
L'H. morì a Firenze il 14 ott. 1856.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Segreteria e Ministero degli Esteri, f. 1470; Arch. di Stato di Pisa, S. Stefano, Apprensioni d'abito, 1190 bis, c. 15v; Apprensioni d'abito, Provanze di nobiltà, 456, ins. 24.
Le relazioni diplomatiche fra la Francia, il Granducato di Toscana e il Ducato di Lucca. Seconda serie, a cura di A. Saitta, II, 9 genn. 1844 - 29 febbr. 1848, Roma 1960, ad ind.; G. Montanelli, Memorie sull'Italia e specialmente sulla Toscana dal 1814 al 1850, Torino 1853, II, pp. 61-67; E. Poggi, Storia d'Italia dal 1814 al dì 8 ag. 1846, Firenze 1883, II, p. 368; L. Cappelletti, Austria e Toscana. Sette lustri di storia (1824-1859), Torino 1918, p. 69; G. Baldasseroni, Memorie 1833-1859, a cura di R. Mori, Firenze 1959, pp. 11-14, 26-28, 41-54, 63-76; Id., Leopoldo II granduca di Toscana e i suoi tempi. Memorie…, Bologna 1974 (rist. anast. dell'ed. Firenze 1871), ad ind.; Il governo di famiglia in Toscana. Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859), a cura di F. Pesendorfer, Firenze 1987, pp. 191-194; Pisa ottobre 1839. Il Primo Congresso degli scienziati italiani (catal.), Pisa 1989, ad ind.; D. Barsanti, Le commende dell'Ordine di S. Stefano attraverso la cartografia antica, Pisa 1991, pp. 7-50; S. Franchini, Élites ed educazione femminile nell'Italia dell'Ottocento. L'istituto della Ss. Annunziata di Firenze, Firenze 1993, pp. 103, 236; D. Barsanti, Organi di governo, dignitari e impiegati dell'Ordine di S. Stefano dal 1562 al 1859, a cura di R. Bernardini - D. Marrara, Pisa 1997, pp. 213-228; A. Volpi, I governatori di Pisa cavalieri dell'Ordine di S. Stefano, in L'Ordine di S. Stefano e la città di Pisa. Dignitari della Religione, dirigenti dello Studio e funzionari del governo nei secoli XVI-XIX. Atti del Convegno… 1997, Pisa 1997, pp. 361-377; E. Polidori, Il carteggio del ministro Antonio Raffaelli con Carlo Ludovico e Tommaso Ward negli ultimi mesi del Ducato, in Actum Luce, XXVI (1997), 1-2, p. 192.